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Uccello blocca il motore, precipita una Freccia

Aermacchi Mb 339 della Pattuglia acrobatica nazionale si «pianta» in fase d'atterraggio dopo un volo d'addestramento nei cieli della base di Rivolto

Il pilota e il passeggero si salvano grazie al seggiolino eiettabile: solo ferite lievi. Il velivolo finisce in una vigna

di Luca Perrino
da Il Piccolo, anno 121, n° 42, 28 ottobre 2002, p. 7

RIVOLTO Si e sfiorata la tragedia ieri mattina alla base aerea di Rivolto, sede ca del 313° gruppo di addestramento acrobatico dell’ Aeronautica militare italiana. Un Aermacchi Mb 339 Pan in dotazione alle Frecce Tricolori, il numero 10, precipitato al suolo pochi attimi prima di toccar terra al termine di una normale missione addestrativa nella quale erano impegnati da oltre mezz’ora nove velivoli. Erano quasi le 11 quanto il jet militare, l’ultimo di un terzetto impegnato nelle fasi di atterraggio, ha «ingerito» un volatile postosi sulla traiettoria. L’animale ha cosi causato l’immediata «piantata» dell’unico motore di cui e dotato l’aereo, che si a subito spento. A bordo si trovavano il pilota, il capitano Andrea Braga, e un «passeggero», il parigrado Stefano Commisso, 30 anni.

È stato lo stesso pilota a mettersi immediatamente in contatto con la torre di controllo della base friulana, nella quale si trova anche it 2° stormo caccia dotata di velivoli Amx, e a dichiarare lo stato di emergenza.

Sono stati secondi di grande concitazione e di naturale trepidazione, quelli seguenti. Ma Braga, da piiota esperto e qualificato, non s’e perso d’animo. A una velocita di 200 chilometri all’ora e mentre l’Mb 339 si trovava a una quota di 3-400 metri dal suolo, riuscito a posizionare il velivolo in direzione della pista, in modo da ridurre al minimo le conseguenze dello schianto. Poi ha azionato il «Martin Baker», il seggiolino eiettabile: Braga e Commisso sono stati «sparati» fuori dall’abitacolo.

Intanto il jet ha continuato la sua folle corsa e dopo aver raso al suolo una quindicina di pali di sostegno della rete di recinzione della base, è finito su un uno dei tanti vigneti che costeggiano l’aeroporto, senza provocare conseguenze a persone anche con danni limitati alle cose. I due ufficiali sono riusciti con successo a lanciarsi e aiutati dal paracadute sono finiti poco lontano dalla carcassa dell’aeromobile. Quest’ultimo, pur non esplodendo, difficilmente potra essere recuperato.

Immediati i soccorsi giunti dalla base di Rivolto. Braga e Commisso, che nell’impatto con it suolo hanno riportato ferite leggere e alcune contusioni, sono stati trasportati, assistiti dall’ufficiale medico della base, il capitano Luca Zoldan, all’ospedale civile di Udine e ricoverati per accertamenti. Il capitano Stefano Commisso potrebbe essere dimesso già nella giornata odierna, mentre per il capitano Andrea Braga si sospetta la frattura di due vertebre, conseguenza diretta di quanto può avvenire quando si utilizza il seggiolino eiettabile. Sono risapute le sollecitazioni che si hanno alla spina dorsale in situazioni di emergenza come hanno vissuto i due ufficiali ieri mattina. Ma Braga, come ha sottolinato lo stesso Zoldan, dopo un peri-odo di busto, potra senz’altro tornare a volare.

La zona in cui è caduto l’Aeromacchi Mb 339 e stata accuratamente delimitata e sottoposta sotto sequestro, cosi come l’aeromobile, dalle autorita giudiziarie. Sara una commissione dell’Ispettorato alla sicurezza del volo dell’Aeronautica militare, che ha aperto un’ inchiesta, ad accertare l’esatta dinamica dell’incidente, anche se non sembra ci siano dubbi che la «piantata» del motore sia stata determinata da un impatto con un volatile. La base aerea di Rivolto è stata chiusa al traffico immediatamente dopo l’incidente e i due velivoli che affiancavano l’Aermacchi precipitato sono stati dirottati all aeroporto di Ronchi dei Legionari, dove sono atterrati verso le 11.15.

In dotazione alla Pattuglia Acrobatica Nazionale dal 1983, l’Mb 339, realizzato dall’italiana Aermacchi, stato adottato dalle forze aeree di nove nazioni. Ha una lunghezza di poco inferiore agli 11 metri, un’altezza di 3 metri e mezzo e un’apertura alare di 10.25 metri. La sua velocita massima a supera i 900 chilometri orari, quella di decollo e di atterraggio sono rispettivamente di 195 e 181 chilometri l’ora. Può anche montare serbatoi supplementari sotto le all, mentre nel giro di poche ore può essere convertito in configurazione di guerra, adottando missili aria-terra, aria-aria e cannoncini per missioni operative di supporto tattico e in funzione di anticarro e antielicottero.

I DUE MILITARI ALL'OSPEDALE

Capitano Andrea Braga

È nato a Milano it 10 febbraio 1973. Nella Pan ha it ruolo di «secondo fanalino», è entrato nell’Accademia Aeronautica nel 1993 con it 113° corso Aupc, quindi ha conseguito la «Combat Readiness», ovvero l’abilitazione al combattimento, su un velivolo F-104 S/ASA del 23° gruppo caccia intercettori del 5°,storno dell’Aeronautica militare italiana. È stato assegnato alla Pattuglia acrobatica nazionale nel 2001, come «Pony 9». All’attivo ha 1.520 ore di volo, tra cui 450 «collezionate» al comando dell’MB 339. È abilitato a volare anche su altri velivoli militari, tra i quali l’SF 260, il TF 104G e l’F-.104 S/ASA-M.

Capitano Stefano Comisso

È il capo della sezione tecnica e programmazione del 313 gruppo di addestramento acrobatico. Ieri si trovava nel seggiolino posteriore dell’ MB 339 caduto. Nato a Udine l’8 novembre 1972, Comisso ha fatto ingresso in Aeronautica Militare nel 1991 con l’89° corso Auc, specialità Genio aeronautico. Dopo sei anni di servizio all’ ufficio sorveglianza tecnica delle Officine aeronavali di Venezia, nel 1998 è stato assegnato alla Pattuglia acrobatica nazionale con l’incarico che svolge tutt’ora. Un giovane ufficiale apprezzato e ben voluto, che fa parte di quel servizio tecnico che l’ossatura delle Frecce Tricolori.

IL COMANDANTE

«Niente panico, siamo addestrati per mantenere il sangue freddo»

Parla il colonnello Maurizio de Rinaldis, dal 2000 alla guida della Pan

RIVOLTO Era in volo anche lui, it tenente colonnello pilota Maurizio de Rinaldis, romano, classe 1965, dall’ottobre 2000 comandante del 313° gruppo di addestramento acrobatico dell’Aeronautica militare italiana. Ha quindi vissuto tutte le fasi dell’emergenza che ha coinvolto il velivolo pilotato dal capitano Braga.

«Era l’ultimo aereo impegnato nella fase di discesa – racconta it comandante de Rinaldis – e it fattaccio si consumato pochi secondi prima che il velivolo toccasse la pista. Il pilota, come da manuale, ha allertato immediatamente la torre di controllo, spiegando quanto era successo e dando così il via alle operazioni di soccorso che sempre si mettono in moto quando accadono cose del genere. Ogni conseguenza pia grave è stata evitata in quanto l’Aermacchi era ormai in dirittura di pista e il pilota è riuscito a mettere in atto tutte le manove che hanno portato it velivolo a schiantarsi in una zona sicura».

«Ciò che voglio sottolineare – aggiunge de Rinaldis – che sono ormai parecchi anni, dal quel terribile 1988 a Ramstein, che un aereo della Pan non viene coinvolto in un incidente. Tutto ciò in conseguenza diretta dell’estrema sicurezza con cui si svolgono tutte le manifestazioni aeree che ci vedono impegnati, ma anche dell’efficienza in cui si trovano oggi i nostri 12 velivoli. Anche l’incidente di oggi non si è verificato a causa di un’avaria o per problemi legati allo “stato di salute” dell’Mb 339. L’ingestione di un volatile è cosa che può succedere in aviazione e spesso quando un uccello entra nel motore le conseguenze sono terribili».

Come si difendono le Frecce da simili inconventienti? «La base di Rivolto – dice ii comandante – è dotata di un sistema per l’allontanamento dei volatili costituito da alcuni cannoncini che sparano dei colpi a intervalli più o meno brevi. Ma spesso gli uccelli si abituano anche a questi sistemi ed è per questo motivo che i “pezzi” periodicamente vengono cambiati. Ma ci sono anche momenti, in giornate particolari, che la presenza di uccelli in pista o nelle vicinanze della base è tanto numerosa che risulta quasi impossibile da tenere sotto controllo”.

Come hanno vissuto i piloti quegli istanti terribili? «Non c’e stato alcun panico in quegli attimi – racconta it comandante delle Frecce Tricolori – in quanto ogni pilota è scrupolosamente addestrato non solo per cornpiere le manovre acrobatiche che compongono it nostro programma, ma anche per gestire al meglio ogni possibile emergenza. È frutto di un addestramento pianificato a terra in ogni suo minimo dettaglio. Certo il capitano Andrea Braga e il suo compagno di volo, il capitano Stefano Commisso – ammette de Rinaldis – hanno dimostrato davvero gran sangue freddo e lucidità in quei pochi attimi seguenti all’impatto con il volatile».

LE TESTIMONIANZE

Un aviere: «Ho temuto il peggio»

Nessuno ha assistito direttamente da terra allo schianto. Sul posto una folla di curiosi

Gli abitanti della zona hanno sentito it botto, poi le sirene

RIVOLTO Non sembrano esserci testimoni oculari diretti all’incidente occorso ieri mattina a un Aermacchi MB 339, velivolo in dotazione alla Pattuglia acrobatica nazionale già dal 1983. Ma comunque ieri erano in molti ad affollare la base aerea di Rivolto per quella che doveva essere l’ultima missione addestrativa al termine di una stagione lunga e intensa che ha visto protagoniste le Frecce sia sul territorio nazionale, sia in molti Paesi esteri. Colleghi dei due ufficiali coinvolti nell’incidente, personale della base e alcuni amici, accreditati proprio per seguire da vicino le evoluzioni che da sempre contraddistinguono quella che è considerata la miglior Pattuglia acrobatica al mondo.

Tutti hanno seguito con trepidazione quanto stava succedendo. La macchina dei soccorsi si è messa immediatamente in moto. Inevitabilmente le sirene e i mezzi antincendio che uscivano a tutta velocita dalla base e imboccavano la «Pontebbana» hanno provocato tra i presenti tensione e una forte carica emotiva.

«Sono stati minuti terribiii – racconta un aviere ancora tremante -. Non nascondo che per alcuni lunghissimi istanti ho temuto ii peggio. Ma fortunatamente tutto si a risolto al meglio. Certo che in situazioni come queste non si sa proprio a che pensare. Ma si deve mantenere la calma e avere tanto sangue freddo. Sono contento che non ci siano state conseguenze per le persone».

Accorrono tanti curiosi nella zona in cui, a poche centinaia di metri dalla pista, si e schiantato it jet militare. Carabinieri e personale della Vam hanno il loro bel daffare a tenere alla larga la gente. Persone che vogliono capire ciò che successo. Tra loro anche qualcuno che abita nei dintorni.

«Ho sentito un forte botto – racconta un uomo arrivato in bicicletta – e ho subito pensato a un incidente occorso a un aereo delle Frecce Tricolori. Li avevo sentiti volare stamattina e come sempre ho alzato gli occhi al cielo per seguire le loro evoluzioni. Sì, ho avuto paura. Pensavo ci fosse stato uno schianto su una casa o che il pilota avesse avuto delle conseguenze più serie. La gente che abita qui attorno ha un forte legame con la Pattuglia acrobatica nazionale. Sono i nostri vicini di casa, forse un po’ scomodi, ma comunque delle persone che reputiamo preparate e dotate di grande professionalità. Tiro un sospiro di sollievo ora che ho saputo che none successo nulla di grave».

I PRECEDENTI

Ancora vivo il terribile ricordo del disastro dell’88 a Ramstein. Da allora nessun incidente grave

Un caso simile a quello di ieri nell’aprile 2001

RIVOLTO Un «mostro» e un terribile ricordo da scacciare dalla mente. Ma l’incidente che ha coinvolto ieri mattina la «famiglia» delle Frecce Tricolori, seppur senza conseguenze alle persone, non ha potuto non far venir in mente la tragedia di Ramstein, in Germania, consumatasi il 28 agosto 1988. Durante un’esibizione sui cieli della base tedesca alcuni velivoli vennero a collisione. Morirono il capoformazione, il tenente colonnello Mario Naldini, il gregario sinistro, il capitano Giorgio Alessio, e il solista, tenente colonnello Ivo Nutarelli e con loro 47 persone che stavano assistendo alla kermesse della Pattuglia italiana. Oltre 400 furono i feriti in quello che fu l’ultimo incidente capitato alla più famosa e abile formazione acrobatica al mondo.

Prima di allora avevano perso la vita undici piloti delle Frecce Tricolori. L’ultimo incidente, in ordine di tempo, sulla base friulana, risale al 20 febbraio del 1985. Ne è protagonista il tenente John Miglio, 27 anni ancora da compiere, che precipita mentre a bordo di un Mb 339 sta compiendo un volo di addestramento. È il primo incidente mortale dopo il passaggio dai Fiat G 91 ai nuovi jet.

Il 2 settembre del 1981 proprio un G 91 si era schiantato al suolo dopo essersi scontrato con altro velivolo. Allora perse la vita il tenente colonnello Antonio Gallus.

Una tragedia si è evitata sui cieli della base friulana il 19 aprile del 2001 quando ai comandi di un Aermacchi si trovava l’attuale comandante, il tenente colonnello Maurizio de Rinaldis: anche allora la causa fu l’«ingestione» di un volatile. Pochi secondi dopo il decollo, mentre si trovava ancora a bassissima quota, l’impatto con l’uccello causò la «piantata» del motore. Nonostante le sfavorevoli condizioni di quota e di velocità dell’aeromobile, tali da rendere quasi impossibile l’impostazione di un atterraggio di emergenza, de Rinaldis decise di atterrare sulla base secondaria dello scalo, senza conseguenze. Un’operazione per la quale gli è stata concessa, con decreto del Presidente della Repubblica, la medaglia d’argento al valor aeronautico.

Un corvo nel motore della Freccia precipitata

Non ci sono dubbi sulle cause della «piantata»

Il velivolo è ancora adagiato nel vigneto adiacente alla pista. In corso l'indagine degli ispettori dell'Aeronautica

di Luca Perrino
da Il Piccolo, anno 121, n° 254, 29 ottobre 2002, p. 11

RIVOLTO Il giorno dopo la tragedia sfiorata nei cieli di Rivolto. Alla base aerea sede del 313° gruppo di addestramento acrobatico dell’Aeronautica militare italiana la vita, dopo l’incidente occorso a un Aermacchi MB 339 domenica mattina in fase di atterraggio, è ripresa a pieno regime. Ieri mattina sono rientrati i due velivoli temporaneamente ricoverati all’aeroporto regionale di Ronchi dei Legionari, nel pomeriggio c’è stata anche attività addestrativa da parte di alcuni piloti al comando del tenente colonnello Maurizio de Rinaldis. Segno che il «trauma» è stato superato e che, nonostante il grande spavento e la sicura tensione, si torna a volare.

Intanto, come annunciato, sono arrivati da Roma gli esperti dell’Ispettorato sicurezza al volo dell’Aeronautica ai quali spetterà il compito di far piena luce sulla dinamica e sulle cause dell’incidente che ha visto protagonista un velivolo, il numero 10, in dotazione alle Frecce Tricolori e sul quale viaggiavano il pilota, il capitano Andrea Braga ed il capo della sezione tecnica e programmazione, capitano Stefano Commisso, entrambe lanciatisi con successo prima che il jet finisse su un vigneto. Ma non sembrano esserci dubbi sulle reali cause di quanto successo: un uccello, ed è quasi certo si sia trattato di un corvo, postosi sulla traiettoria dell’Aermacchi è stato «ingerito» dal motore che si è immediatamente spento. Solo la grande abilità e il sangue freddo del pilota hanno permesso che l’aereo continuasse il suo folle volo in direzione della pista, evitando il peggio e quindi evitando che esso potesse arrecare danni a persone e cose.

L’Mb 339 è rimasto ancora per tutta la giornata di ieri nella zona dello schianto, a disposizione degli esperti che hanno provveduto a un primo esame e a effettuare puntigliose misurazioni. Sarà rimosso solo nella giornata odierna.

Sono migliorate, intanto, le condizioni dei due ufficiali della Pattuglia acrobatica nazionale. Il capitano Stefano Commisso, trent’anni, friulano, è stato dimesso ieri nel tardo pomeriggio dopo esser stato accolto nel reparto di ortopedia dell’ospedale di Udine. Ne avrà per una ventina di giorni e ciò a causa delle contusioni riportate al momento dell’impatto con il suolo dopo essersi catapultato con il seggiolino eiettabile di cui è dotato l’Mb 339. Rimane ancora ricoverato all’unità spinale dello stesso nosocomio udinese il capitano Andrea Braga, 29 anni romano, che ha riportato lo schiacciamento di due vertebre della colonna vertebrale. La prognosi è di 90 giorni, ma alla base di Rivolto assicurano che dopo una corretta riabilitazione tornerà a volare.

«Li ho trovati entrambi tranquilli e coscienti di quanto era accaduto – ha riferito il capo ufficio relazioni esterne della Pan, capitano Andrea Saia – e anche il loro morale mi è sembrato alto».

Come detto le Frecce Tricolori hanno ripreso la loro normale attività addestrativa a bordo degli Aermacchi Mb 339 in dotazione dal 1983. Prossimo impegno il sorvolo dell’altare della Patria, a Roma, lunedì 4 novembre, in occasione della giornata delle Forze Armate.

«Non c’erano case, allora ci siamo lanciati»

Il racconto del capitano Stefano Commisso, uno dei due aviatori rimasti feriti. «Appena fuori dall’abitacolo sono svenuto»

RIVOLTO È rientrato a casa nel tardo pomeriggio di ieri il capitano Stefano Com-misso, 30 anni, nativo di Udine, dal 1991 in Aeronautica militare e dal 2001 a capo della Sezione tecnica e programmazione della Pattuglia acrobatica nazionale. Ne avrà per una ventina di giorni. Un esito positivo se si pensa al pericolo che, assieme al pilota, il capitano Andrea Braga, ha corso domenica mattina quando, a bordo di un Aermacchi Mb 339 al rientro da una missione addestrativa, è precipitato, salvandosi grazie al seggiolino eiettabile che lo ha espulso dall’abitacolo pochi attimi prima che il jet si schiantasse in un vigneto che costeggia il perimetro della base di Rivolto.

È stanco, provato, ma lucido e cosciente di quanto è successo. «Ricordo molto bene l’impatto che abbiamo avuto con il volatile nelle fasi immediatamente precedenti l’atterraggio – racconta Commisso – e subito dopo il motore del velivolo che ha perso di potenza, sino ad arrestarsi completamente. Abbiamo valutato l’emergenza, abbiamo applicato le procedure previste in questi casi poi, nel giro di due tre secondi al massimo, la decisione di abbandonare l’aereo. Ho sentito l’ordine impartito dal pilota di azionare il seggiolino eiettabile – continua – e ci siamo lanciati. Ho perso conoscenza e mi sono risvegliato solo al momento dell’atterraggio al suolo, quando il paracadute penzolava su un vigneto».

Comisso tende a minimizzare: «Un gesto eroico il nostro? Non credo proprio, Come dicevo abbiamo valutato l’emergenza e la decisione di lanciarsi è stata presa solo quando abbiamo potuto vedere sotto di noi c’erano solo vigneti e che l’impatto del velivolo non avrebbe potuto arrecare danni a persone o cose. Tutto qui».

E mentre il pensiero del capitano Stefano Commisso va al collega e parigrado Andrea Braga, ancora ricoverato all’ospedale di Udine, tranquillizato dalle notizie che riportano il suo buon stato di salute, c’è il tempo di chiedergli se tornerà a bordo di un aereo della Pan. «Certo che lo farò – sottolinea sicuro – e spero anche nel più breve tempo possibile. Solo tornando in volo si può combattere e sconfiggere la paura del volo».

Dunque pericolo scampato per il giovane ufficiale udinese che, come egli stesso rammenta nel corso della conversarzione, rammenta che a salvargli la vita è stato l’ormai famoso «Martin Beker», un seggiolino eiettabile dell’ultima generazione, di cui è equipaggiato l’MB 339, che consente di catapultarsi al di fuori dell’abitacolo anche a quota zero. Ma secondo il comandante della Frecce, Maurizio del Rinaldis, il peggio è stato evitato anche grazie all’abilità di chi in quel momento si trovava a bordo. Ed è per questo che Braga e Commisso meriterebbero l’encomio, lo stesso che è stato assegnato a de Rinaldis nel novembre scorso.

del Cap. Stefano Commisso
da “Circolo della PAN” – Notiziario riservato ai Soci del Circolo della Pattuglia Acrobatica Nazionale
anno 5 – n° 7 – 1/05/2003 – p. 6

Il 27 ottobre 2002 volavo a bordo di una delle “Frecce” in compagnia di “Pony 9”, il Cap. Andrea Braga; era il volo di chiusura della stagione delle manifestazioni e ci stavamo allineando all’atterraggio.

Improvvisamente un uccello entra in una presa d’aria motore e lo spegne. In men che non si dica, Braga realizza l’accaduto, attua tutte le azioni previste dalla “check list” delle emergenze, valuta freddamente il momento (ed ancora oggi mi chiedo come abbia fatto a mantenere il sangue freddo), poi mi ordina di eiettarmi, perché non ce l’avremmo mai fatta a portare l’aereo in pista. Dopo aver verificato il mio lancio e l’aereo, che manteneva un assetto adeguato per l’impatto al suolo, lontano da zone pericolose (abitate), solo in quel momento si è lanciato. Dirò solamente che la mia quota al momento del lancio non superava i 100-120 ft; provate quindi ad immaginare a che altezza si è eiettato lui, considerando che il “339”, “planava”senza spinta in configurazione “flaps e carrello down”!

Credo assolutamente che la freddezza e la rapidità con cui Braga ed io (in minima parte come passeggero) abbiamo gestito l’emergenza sia derivata dalla nostra preparazione professionale, frutto di anni di esperienza e di costante applicazione. Il ripetere incessantemente e giornalmente le procedure di emergenza ( i piloti lo fanno ogni mattina, al briefing generale) sarà senz’altro una “noia”, però fa sì che esse vengano praticamente interiorizzate, così da essere usate quasi meccanicamente quelle rare volte (per fortuna!) che dovessero servire. Nel nostro caso, eravamo veramente bassi ed il tutto si è svolto in una manciata di secondi; di sicuro uno spegnimento motore a 10.000 ft lo avremmo gestito con un filo in più di calma. Ma quella mattina non c’era proprio tempo per fare niente, se quanto abbiamo fatto (e lo abbiamo fatto bene!), applicando quelle procedure trite e ritrite che anche i piloti esperti della P.A.N. ripetono “sempre”.

Incidente di Volo MB 339 PAN - Anatomia

Impatto con volatile… quando l’addestramento aiuta a salvarti!

a cura del Ten. Col. Pil. Andrea BRAGA
da “Circolo della PAN” – Notiziario riservato ai Soci del Circolo della Pattuglia Acrobatica Nazionale, anno 20 – n° 35 – 01/03/2018 – pag. 15
anche in Sicurezza del Volo, Anno LXV, n° 321, maggio/giugno 2017, p. 12 e segg.

DESCRIZIONE DELL’EVENTO

Comincio a leggere l’articolo dell’ultimo numero della Rivista SV e…cavolo! …mi accosto al computer ed ecco rispuntare le mie impressioni di quel lancio di quasi 15 anni fa, scritte distese sul letto e poi lasciate lì, travolto dai pensieri della convalescenza, del recupero dell’idoneità, dalla voglia di tornare in formazione e nello stesso tempo dal terrore che la schiena non tenesse.
Ve lo riporto ora, così a caldo, come l’ho vissuto allora…
È passato un mese dal giorno dell’incidente e, approfittando del riposo imposto dalla convalescenza, decido di raccontare gli avvenimenti che mi hanno coinvolto.
Il tutto si è svolto in brevissimo tempo, o meglio in una manciata di secondi.
Per questo, oltre a descrivere ciò che è accaduto, ripercorrerò quegli istanti cercando di rivivere i pensieri e le emozioni (assai più numerosi dei secondi) di quei concitati momenti.

È il 27 ottobre, una tranquilla domenica in cui dobbiamo effettuare un sorvolo, nelle vicinanze dell’aeroporto, in occasione di una cerimonia degli alpini.
Con me vola come passeggero, l’Ufficiale Tecnico di Gruppo Cap. Stefano COMMISSO,
… ”Comandante con chi vado in volo?”…, chiede al Comandante di Gruppo.
… ”scegli tu”, gli risponde lui…
Scelta non fu più azzeccata!
La giornata è una delle migliori, perché al rientro dalla missione ci aspetta una grigliata per concludere in bellezza una stagione intensa, ma ricca di soddisfazioni. Per l’occasione, infatti, sono venuti in base alcuni familiari ed amici: è un giorno di festa.

La missione, abbastanza breve, si svolge regolarmente senza intoppi e in formazione di nove velivoli ci portiamo all’iniziale per un atterraggio singolo.
Il mio posto in Pattuglia è di secondo fanalino, in gergo “numero nove”, e sono l’ultimo nella sequenza d’atterraggio (il solista, il numero 10, non partecipa ai sorvoli).
Termino la virata base e controllo la mia posizione sul sentiero d’avvicinamento, per evitare la fastidiosa scia dei velivoli che mi precedono.
“Sono messo bene”, penso, ma un istante dopo vedo un volatile venirmi addosso con una velocità di chiusura tale da non poterlo evitare.
Lo stesso sparisce quasi subito dalla mia visuale sulla sinistra della fusoliera, ”…no porc……” sono sicuro che urterà l’aereo, è troppo vicino ”…non entrare nel motore…”; ma la mia preghiera non funziona e, una frazione di secondo dopo, le mie speranze svaniscono.

Nella mia precedente esperienza di Pilota presso il 23° Gruppo mi è capitato più di una volta di avere impattato un volatile con lo “spillo”, ma il “J79” non mi ha mai abbandonato, anzi, sembrava proprio non risentire  dell’inconveniente: in questo il 104 era di certo una garanzia!
Rimango molto sorpreso quando, dopo il rumore tipico dell’impatto, ne percepisco un altro, un po’ meno tipico in volo: quello del motore che si spegne, come uno “shut-down” al parcheggio; il calo improvviso di spinta e di giri confermano il mio timore.

Da quel momento in poi il mio cervello subisce una dilatazione temporale: ogni attimo è per me un’eternità (anche se la Commissione d’Investigazione ridurrà gli avvenimenti a circa 10 secondi).
Un istante d’incredulità! Subito la mia mente va alle azioni d’emergenza e alle esperienze analoghe dibattute nei briefings e riprodotte tantissime volte in addestramento.

Il velivolo è configurato per l’atterraggio, allineato in finale a 130 kts circa, ad una quota di 280 ft.
Effettuo la chiamata radio: ”nove, emergenza, ho preso un uccello mi si è spento il motore” (mi precedono due velivoli non ancora atterrati) e contemporaneamente applico la procedura di “riaccensione calda”.
Dico all’Ufficiale Tecnico: “se non si riaccende mi sa che ci dobbiamo lanciare”, mentre il “sette” e l’”otto” riattaccano per lasciarmi priorità nell’avvicinamento.
Purtroppo, il motore non dà segni di vita, e, poiché sto sorvolando una zona priva d’abitazioni, sgancio le taniche sub-alari nel tentativo di migliorare l’efficienza per planare verso la pista, pensando inoltre di posizionare i flaps da LAND a T/O.
Ricontrollo i parametri: la velocità di 100 kts in diminuzione non mi permette alcun cambio di configurazione, la distanza dalla pista e l’elevata velocità d’avvicinamento al suolo mi confermano l’impossibilità di tentare l’atterraggio.
“…Lanciamoci…”
“Ok”, mi risponde.
La risposta rilassata e tranquilla mi stupisce, non sono sicuro che abbia capito.
”…Lanciati!” Gli ripeto con sollecitudine.

Poco dopo lasciati i comandi, a mia volta, tiro la maniglia d’eiezione.
Sono catapultato fuori e nell’uscire dall’abitacolo avverto un forte colpo sul casco. Il seggiolino si proietta a sinistra del velivolo, ruota e intravedo la terra…
”…speriamo che si apra subito…”, penso tra me. Non riesco a finire il pensiero che sento lo strattone del paracadute che si apre… ”ha funzionato…”.
Avverto però un forte dolore alla schiena, pendolo verso il basso e subito guardo verso terra. Inoltre, ho un dolore in fronte, sopra l’occhio destro e del sangue scende in quantità impedendone la corretta visuale.
Vedo sotto di me i filari di una vigna. ”…speriamo d’evitarli…”. La discesa è lenta, ma è solo un’illusione: in due secondi sfioro un filare con i piedi e tocco terra.
L’atterraggio riesce meglio delle aspettative, sono provato dai traumi del lancio, ma riesco ad attutire il colpo accasciandomi al suolo su un fianco.
Un attimo prima ero dentro l’abitacolo e ora sono sdraiato all’aria aperta in mezzo ai filari su cui si distende il paracadute.
Sono contento, perché sono vivo. Questa è la mia prima sensazione, ma un attimo dopo comincio a preoccuparmi… ”…da dove viene tutto questo sangue?…”.
Mi sgancio la “release box” e mi libero dalle cinghie, il casco è calzato correttamente con la visiera abbassata, me lo tolgo, sembra integro, a parte una crepa sul copri-visiera e dei graffi sulla visiera stessa.
Mi tampono col sottocasco l’occhio destro che intanto si è gonfiato a dismisura…
”…almeno ci vedo e muovo le gambe…”, penso. L’aereo è a circa quaranta metri da me. “Ma dov’è il mio passeggero?”. Non riesco a vedere l’abitacolo posteriore e sono preoccupato per lui. ”…Speriamo che si sia lanciato…”. Passa un manciata di secondi e lo vedo poco lontano da me. “Bene, ce l’ha fatta anche lui!”

I due velivoli che hanno riattaccato sorvolano il luogo dell’incidente, faccio un cenno con la mano, ma sono alti, al secondo passaggio si abbassano un po’ di più e provo ad alzarmi per farmi vedere. Il dolore alla schiena è forte, riesco solo a mettermi “carponi”, li saluto e mi ristendo. Sono vicino alla rete aeroportuale, non mi resta altro che aspettare i soccorsi.
Li vedo sbucare da dietro il relitto del velivolo: quattro persone a piedi seguite da un gigantesco Perlini. “Eccolo lì, eccolo lì!” sono le indicazioni di un cacciatore (che di certo non ha fatto bene il suo mestiere) che si avvicina dalla parte opposta.
L’Ufficiale Tecnico ed io veniamo caricati sull’ambulanza e poi via verso l’ospedale dove, dopo alcune ore di esami vari, la diagnosi: ferita lacero contusa palpebrale destra e frattura postraumatica delle vertebre D9 e D10 per me e una distorsione alla caviglia per il mio passeggero.
Ho qualche perplessità riguardo alle mie ferite: “come potevo essermi tagliato sopra l’occhio, se la visiera era abbassata e integra?”.
“Perché avevo un forte dolore alla schiena?”.
La preparazione al lancio è stata veloce, ma mi sembrava di aver assunto la posizione corretta.
Dopo l’indagine, l’ipotesi formulata nella relazione della commissione è che il casco abbia urtato una parte di tettuccio non completamente frantumato; questo avrebbe provocato la frizione contro la fronte e quindi il taglio, il colpo potrebbe avermi scomposto in fase di uscita dall’abitacolo, provocando le fratture vertebrali.

…sta il cacciator fischiando sull’uscio a rimirar
fra le rossastre nubi stormi di uccelli neri…

ANALISI

È incredibile quanti pensieri affollino la mente in una situazione improvvisa di pericolo: tutte le azioni intraprese sono state conformi alle procedure previste, ma anche inglobate nel più ampio panorama della conoscenza e della memoria di episodi analoghi in cui i carichi non sono stati sganciati o il pilota non si è lanciato procurandosi lesioni maggiori. Sono conoscenze derivate da chiacchere aeronautiche davanti ad un caffè o da una semplice lettura di articoli, ma a prescindere dalla provenienza sono esperienze su cui un professionista di questo mestiere ama confrontarsi e riflettere.

La pista d’atterraggio era lì vicino, quasi a portata, ti viene da far di tutto per raggiungerla, ma quando vedi i filari di una vigna avvicinarsi con una prospettiva e una velocità veramente inusuali, capisci che è il momento di tirarsi fuori e che rimanere dentro non è salutare.

La condizione del relitto mi ha poi dato ragione.

Malgrado fossi cosciente dell’eccezionalità della situazione, la decisione è stata naturale. Sono rimasto lucido durante il lancio: erano chiari l’orientamento, le forze che agivano sul mio corpo e le
sensazioni fisiche.

Oggi racconto questo evento grazie anche all’intenso addestramento che mi ha permesso di riconoscere immediatamente la situazione e predispormi per le previste azioni di eiezione. L’addestramento serve a contrastare il cosiddetto ”oblio dell’informazione”, ovvero quel fenomeno per cui se un dato, una procedura, una situazione non vengono riviste continuamente e costantemente finiscono per essere dimenticate, oppure difficili da recuperare in brevissimo tempo.

CONSIDERAZIONI e RACCOMANDAZIONI

L’essere umano ha delle oggettive limitazioni cognitive legate ai processi di memorizzazione, attenzione e percezione che influenzano direttamente il processo di decision making. L’impatto con volatili è un fenomeno difficilmente prevedibile le cui conseguenze sono molteplici.

Per poter evitare di perdere la S.A. rimanendo sorpresi è indispensabile addestrarsi a tutti i possibili scenari che si possono verificare. Non ultimo l’eiezione dal velivolo. L’addestramento continuo e costante permette di rafforzare i processi di “recupero” delle informazioni, ampliare le conoscenze sulle potenziali situazioni di pericolo che si possono verificare, migliorando quindi la percezione. Così facendo si favorisce un rapido accesso alle informazioni disponibili e una rapida e corretta azione di decison making.

Non sottovalutiamo, quindi, l’addestramento che rappresenta una delle più efficaci azioni di prevenzione. Un lancio col Martin Backer non ve lo auguro, ma nello sfortunato caso accada, spero che la mia esperienza vi possa aiutare.

Per la cronaca… esattamente un anno dopo l’incidente, dopo il briefing mattutino e l’elogio da parte del Comandante di Gruppo sulla gestione dell’emergenza per l’anniversario dell’evento, siamo andati in volo, all’atterraggio ho avuto un altro bird strike.

La mia comunicazione radio è stata seguita da un gelido silenzio del leader, che ho subito rassicurato sul funzionamento del motore. Da quel giorno il 27 di ottobre cerco sempre di stare in ferie.

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