(Ultimo aggiornamento: 10 Luglio 2021)

Il programma dell'Air Show

Un sentito ringraziamento a Roland Fuchs per aver fornito tutta la brochure

Foto dalla pagina Facebook Ivo Nutarelli

da “La meravigliosa avventura” di Renato Rocchi – Aviani Ed. – pp. 366 e segg.

28 agosto – air base Ramstein
• “Open House”
• organizzazione: Comando U.S.A.F.E.

• la rassegna dell’anno, che vedeva accorrere gli appassionati di tutta l’Europa

• oltre 300.000 spettatori

• in programma

l’“Asas de Portugal” con 6 CE T-37 A/C. La disposizione dei piloti nella formazione:

Leal
Barbara Pinho
Viriato
W.G.
Dias

la “Patrouille de France” con 6+2 Alpha Jet la disposizione dei piloti nella formazione:

Velluz
Weber – Mougel
Girbe – Bossert
Hendel
Manzo (solo)
Bonin (solo)

alle 15.40 locali decollavano le “Frecce Tricolori” per presentare il programma “Alto di 9+1 MB 339-A PAN”. La disposizione dei piloti nella formazione:

Naldini
Alessio – Accorsi
Guzzetti – Vivona
Groppiero
Rosa – Miniscalco
Tricorni
Nutarelli (solo)

Nel “cardioide” – all’incrocio delle due sezioni – il “solista” entrava in collisione con la prima sezione, investendo’ il primo di sinistra – Giorgio Alessio e il “leader” della formazione il Mario Naldini.
In una sequenza drammatica, apocalittica, il velivolo del “solista” andava a disintegrarsi su una linea di “roulottes” e di autovetture, coinvolgendo gli spettatori.
Al disastro provocato dal velivolo, ridotto ad una palla di fuoco, si aggiungeva il disastro provocato dalle bombole di gas e dai serbatoi di benzina.

Al momento trenta morti, cinquecento feriti.
Era la fine per Naldini, Alessio e Nutarelli.
Addio, con tanto dolore!

Una maledetta fatalità!
Mai nella storia degli “air-shows” si è riscontrato un tale disastro, un tale coinvolgimento di spettatori.
In tali situazioni, di solito, a pagare è il pilota, il protagonista, e c’è sempre il Padreterno che interviene all’ultimo momento per evitare che paghino gli innocenti.
Questa volta il Padreterno era attento altrove. Senz’altro in luoghi meno importanti di Ramstein.

Segui la grande “bagarre” provocata dall’emozione e dal dolore.

Raccolgo le impressioni degli interminabili momenti vissuti dal Cap. Maurizio Guzzetti, un pilota che a Ramstein era lassù, nella formazione:
“… sì, sabato abbiamo effettuato la “prova”, rispettando gli orari schedulati nel programma. Oltre 1”“Alto” abbiamo provato il “Basso”, perché il tempo non prometteva bene… invece domenica avevamo cielo sereno e visibilità oltre i 20 chilometri. Chiudevamo noi l’air-show il decollo alle 15.35 locali siamo entrati con il looping alle spalle… poi il “cardioide”… era la seconda manovra del programma. Dopo l°apertura, .all’incrocio.,. io ero “secondo sinistro”, in ala al povero Giorgio Alessio, e Lui in ala a Mario Naldini… essendo gregario sinistro, naturalmente, guardavo ma destra… dopo l’incrocio c’era d’andare a “bastone”… ho visto la seconda sezione che stava passando e mi predisponevo con il gradino (negativo) per portarmi a “bastone”… quando ho sentito non un botto… ho sentito un rumore che non mi era mai successo di sentire perchè… perché mai un aeroplano mi era passato così vicino… e non ho visto l’aeroplano a passare, in quanto veniva dalla mia sinistra ed io controllavo il parametro a destra… ho sentito questo rumore… e non ho visto più il n. 2 (Alessio) perché nell’impatto è andato subito a picchiare… il filmato lo confermerà… e una fiammata che mi lasciavo sulla destra… era il n. 10 (Nutarelli)… però, ripeto, non ho visto l’aeroplano (Nutarelli)… ho visto l’aeroplano del povero Mario Naldini… lo ricordo nitidamente… l’aeroplano dentro è color verde… ho visto il velivolo senza metà ala sinistra e senza la parte posteriore… girava lentamente verso di me, a sinistra… poi si è messo di traverso… ricordo di aver visto il casco bianco e le maniche della tuta blu, e mi chiedevo perché non si lanciasse..; in quel momento tutto mi e sembrato così lento, dilatato nel tempo, fino a che non ho visto il filmato… sì, Mario non ha avuto il tempo di lanciarsi… tutto è avvenuto in meno di un secondo… per me, dal momento dell’impatto, erano corsi almeno 10 secondi…
Alessio non l’ho visto… noi si viaggia con il “trim” a picchiare… è stato colpito sul muso… e l’aeroplano ha continuato a picchiare…
Ricordo soltanto che quando li ho visti sparire sotto di me ho avuto la sensazione… non so… mi capita quando mi cade un bicchiere, di stringermi e di aspettare che rompa al suolo… e ho sentito il botto degli aeroplani per terra… ho visto il riflesso sul tettuccio delle fiammate dei velivoli di Giorgio e di Mario sotto di me… sono caduti sul raccordo, oltre il piazzale del parcheggio-velivoli… ho tirato tanti “G” per levarmi d°attorno …. dopodiché la torre ci ha informati dell’incidente… non credevo fosse stato il “10” pensavo fosse stato un velivolo dell’altra sezione, in contromano… ho fatto un “check”… si sono messi tutti dietro a me, in quanto ero il n. 4 parlavo bene l’inglese… il “3” (Accorsi) aveva il 339 pieno di buchi… anche il “5” (Vivona) era malmesso.. [ vedi foto pagina successiva ] siamo andati ad atterrare a Senbach… a 15 NM da Ramstein, perché la pista era piena di rottami…
Da Senbach abbiamo telefonato.. onestamente non pensavo che gun velivolo fosse andato tra la gente… perché il tempo di aver fatto una virata di 180° ho guardato in pista ed era già tutto spento… sì abbiamo telefonato subito a Ramstein, in torre di controllo, dove si trovava Raineri… ci ha detto: “Sembra che ci sia andato di mezzo qualche spettatore… abbiamo chiesto se si era lanciato “qualcuno”… ha risposto di no!…” Non dimenticherò mai, il mio specialista – il Sergente Balasco – quando mi ha visto mi ha guardato come vedesse un fantasma… ha dilatato gli occhi e mi disse: “Come, Capitano ,… è ancora vivo?! ” e non mi aveva portato neanche il giubbotto, sicuro com’era che…
Poi mi spiegò: a terra, avevano visto coinvolti i sinistri… e pensavano all’“1” al “4” e al “10”…
Sì, a Ramstein la Polizia tedesca ci fece il prelievo del sangue… un “iter” normale, da “routine” in qualsiasi incidente in Germania… Siamo rientrati due giorni dopo… abbiamo lasciato a Senbach i 2 velivoli che in seguito saranno recuperati…
Ad ogni modo non è vero quanto han detto i giornali… che si sono comportati male… che ci han dato dei delinquenti…
A Ramstein i piloti americani ci han trattato da amici, perché capivano come ci si sentiva essendo piloti anche loro gli altri, gli Ufficiali addetti alle indagini, ci han fatto le domande di rito.. i piloti de la “Patrouille de France” sono venuti a trovarci e piangevano… i piloti del B1 – avevamo legato il sabato, in occasione di una visita fatta all’“ultimo nato” – quando eravamo in rullaggio per rientrare a Rivolto… li abbiamo trovati schierati davanti al velivolo ci salutarono militarmente…
Sì, l’inferno l”abbiamo trovato in Italia ….”.

Fotogrammi di un’animazione ricavata dal sito focus.de

E che inferno!

Dovuto alla grande “bagarre” provocata dall’emozione e dal dolore, che però non potevano giustificare quei giudizi negativi, cattivi, sferzanti, “sparati” a caldo dagli onorevoli del Palazzo – buona parte, ma non tutti, grazie a Dio! – che rinnegavano i valori di uominì,’di protagonisti un tempo portati ad esempio e ad orgoglio della Nazione; da intellettuali, o meglio identificabili nei “maitres a penser” – e dalla gente della carta stampata, che, dimenticando gli incensi concessi ieri, senza scrupoli mettevano al rogo un “team” di piloti considerati eccezionali, così una attività; da una televisione di Stato che si scannava a ripetere impietosamente quelle immagini terribili, da brivido, e di proposito, oserei pensare – perché mai un “incivolo” è stato ripetuto a ogni sospiro sul piccolo schermo, dando l’impressione che fine ed intenzione erano distruggere, cancellare la passione per una disciplina nata con l’avvento dell’aeroplano.

Non per giustificare, ma per una serena riflessione, riporto il pensiero di Luca Goldoni, pubblicato sul “Corriere della Sera” del 31 agosto 1988.

A caldo, perciò!

Per me vita è far volare ancora le Frecce

di LUCA GOLDONI

In poco più di una settimana la televisione ci ha mostrato in diretta due tragedie: i criminali tedeschi che uccidono il ragazzo italiano, il pilota italiano che uccide con il suo errore decine di tedeschi. Quasi una nemesi misteriosa e feroce.
La palla di fuoco di Ramstein non si è abbattuta solo sulla folla. È uscita dagli schermi seminando sgomento in ogni angolo della Terra. Le dimensioni della strage hanno (prevedibilmente) scatenato le reazioni più dure. Sotto accusa gli acrobati del cielo e gli organizzatori dei loro spettacoli. la frase che (ricorre maggiormente nelle recriminazioni è che tutto ciò “non ha senso”.
Le stesse parole si usarono quando la macchina di Von Trips falciò la folla a Monza, o quando una Mercedes piombò nella tribuna di Le Mans o quando la vettura di un rally vola fra gli spettatori. Affermare che un atteggiamento umano non ha senso sarebbe corretto se contemporaneamente si elencasse tutto ciò che nella vita ha senso.
Vorrei porre in proposito qualche domanda. Ha senso abbuffarsi quando basterebbe alimentarsi con diete razionali? Ha senso consumare la vita in scalate di Borsa anziché in salutari passeggiate in montagna? Ha senso l’alpinismo con tutte le sue vittime? Ha senso perder la vita in un inutile, voluttuario charter di vacanze? Ha senso mettersi in macchina la domenica pomeriggio sapendo che matematicamente, a sera, si conteranno decine di morti e centinaia di feriti? Ha senso rischiare ictus e infarti in uno stadio impazzito? Ha più senso ibernare il cervello a “Domenica In”?
Rivedo sbigottito la povera gente di Ramstein, travolta da quella vampata che ci ha ricordato il napalm del Vietnam. Penso a tutta la gente che è attratta dagli spettacoli aviatori: è forse il solo pubblico che assiste a una manifestazione sportiva senza tifare furiosamente come a un incontro di calcio o di boxe, applaudendo invece tutti gli atleti. La più candida e mite fra le folle è mossa da un impulso infantile, “irrazionale”. Guardare in sù, togliendo gli occhi dal marciapiede, dalla scrivania, dagli strumenti di lavoro. Il cielo di notte lo si guarda spesso ma di giorno è come se non esistessel È il circo degli aeroplani che lo riempie di spettacolo: dai biplani di Faulkner con le majorettes in piedi sulle ali, al giorno d’oggi in cui volano i computer. Irrazionale ieri, irrazionale oggi, come spesso lo sono emozioni e felicità.
La tragedia di Ramstein ci richiama alla realtà: tali emozioni non valgono un prezzo così sconvolgente. Per quanto sarà un obbligo intervenire con leggi, imporre misure di sicurezza, così come si è cercato di fare negli autodromt obbligare i piloti a limitare la loro temerarietà.
Ma cancellare semplicemente queste manifestazioni (che assomigliano più a pacifiche sagre che non, come qualcuno sostiene, a bellicose parate) sarebbe un po’ come proibire ai bambini di correre in bicicletta perché possono cadere e rompersi la testa.
Quando precipita una funivia per qualche settimana nessuno ci mette più piede. Poi tutto ricomincia come prima, vivere significa dimenticarsi che si può morire.
Ogni giorno milioni di uomini affrontano rischi non necessari. Chi va a vela sa che può finire in una buriana e chi naviga a motore ha letto le notizie sui serbatoi che si incendiano. Chi si piazza sulla curva di una gara automobilistica sa che corre un rischio e lo sa chi pigia sull’acceleratore perchè è in ritardo, chi va a caccia, chi si abbronza col ventaglio riflettente nonostante i buchi di ozono, chi si aggancia gli sci, chi si immerge con la maschera, chi vola su un trabiccolo da safari, chi va a una manifestazione acrobatica, non ignaro che l’incidente è possibile, ne sono già accaduti. Semplicemente ognuno crede che non toccherà a lui e su questo calcolo delle probabilità tira avanti la nostra vita. Chi non accetta questo principio, coltiva ortensie.
Di Ramstein ci ha sconvolto quella strage nell’attimo di un fotogramma. Nei nostri ospedali ogni giorno muoiono ignorate, altrettante persone per errori di diagnosi e nefandezze di assistenza. A uno spettacolo aereo si può decidere di non andare. A un ospedale si è condannati. Il rischio subito ha infinitamente meno senso di quello affrontato liberamente.

ll “dopo Ramstein” è stato il momento più brutto, più sofferto, vissuto nei ventotto anni di esistenza della Pattuglia.

Le “Frecce”, fino a ieri alle stelle, oggi, con il castigo dell°angolo, accusate di tutte le colpe da una buona parte di stampa disinformata, passo dopo passo, in punta di piedi, riprendevano l`addestramento grazie alla volontà e alla determinazione del Capo di Stato Maggiore dell’A.M. – il Gen. Franco Pisano – un pilota che ha conosciuto la “vita in pattuglia” per la sua permanenza proprio nelle “Frecce Tricolori” quale “leader” in volo – e del Ministro della Difesa – l’On. Valerio Zanone -, un “liberale” proveniente da quella Torino che ha dato i natali all”aviazione italiana.

Soltanto a questi Uomini si deve la sopravvivenza delle “Frecce Tricolori”.
Diamo a Cesare quello che è di Cesare!

Il 1° di settembre, lo Stato Maggiore faceva rientrare in Pattuglia il Ten. Col. Alberto Moretti, e trasferiva dal 51° Stormo al 313° Gruppo il Ten. Giuseppe Andrea Coggiola.
Veniva anche “riesumato” un“ultra-inossidabile” in transizione alla Scuola Elicotteri di Frosinone, per riportarlo a Rivolto quale responsabile dell’addestramento.
Così il Ten. Col. Massimo Montanari assurgeva a “guru”!

Non poteva mancare il pensiero, l’alta decisione, la saggia determinazione, il consenso o meno della Commissione Difesa della Camera.

Per il momento alle “Frecce” erano consentiti soltanto i “passaggi” in formazione a “quota di sicurezza”, a “distanza di sicurezza”, per esclusiva rappresentanza dell”Aeronautica Militare.
ln proposito, un giornalista friulano – Albino Comelli – scriveva in un servizio su Ramstein
“… si è pensato di onorare la memoria dei morti, umiliando i vivi, cioè quello che rimane della pattuglia nazionale”

Una scottante verità!

da “Frecce Tricolori – La storia” di Gianfranco da Forno, Battivelli ed., 2009, p. 67-68

Alla fine di agosto, domenica 28, a Ramstein, in Germania, il destino di tre piloti e più di 70 spettatori si uniranno tragicamente. Erano da poco passate le 15 e 30 e le Frecce stavano volando in chiusura di manifestazione, un onore che i tedeschi ci riservavano sempre: Looping alle spalle, uscita per il rientro dal Cardioide. SaIita, separazione della formazione di 9 in due sezioni e del solista. Le due sezioni procedono una verso l’altra per incrociare sula pista, come sempre da 27 anni, mentre il solista avrebbe raggiunto qualche istante dopo l’incrocio e invece Ivo Nutarelli è in anticipo, se ne accorge, riduce motore e aziona gli aerofreni; la sua velocità diminuisce ancora ma non è sufficiente, il vento probabilmente lo ha portato troppo vicino alla pista; vede all’ultimo momento la sezione di 5 velivoli che viene dalla sua destra, chiude gli occhi, dà tutto motore e tira la barra a sé con tutta la sua forza; il velivolo va in secondo regime e le estremità alari emettono scie di condensazione, il motore ha bisogno dei suoi tempi per erogare la massima potenza; si avvicina sempre di più… e l’impatto è inevitabile. Naldini, capo formazione, ha il velivolo spezzato in due, e senza controllo impatta al suolo. Giorgio Alessio, colpito a sua volta dal velivolo di Nutarelli, con una leggera picchiata, senza controllo, precipita non lontano dall’aereo di Naldini, mentre il velivolo di Nutarelli, senza la parte anteriore distrutta dall’impatto, prosegue la sua corsa in una palla di fuoco, arrestandosi contro un enorme camion della Coca Cola e travolgendo la folla, compreso il fotografo della P.A.N. [n.d.R.: Andrea della Rossa] che stava filmando il volo. ll velivolo del 1° gregario di destra Piergiorgio Accorsi (n° 3) ed il velivolo del 2° gregario di destra Nino vivona (n° 5) vengono danneggiati dal detriti dell’impatto e vengono dirottati con il resto della formazione a Sembach, una base vicina a Ramstein. ll resto e noto: una commissione d’inchiesta tri-nazionale (U.S.A.F. come utilizzatori della base di Ramstein, aeronautica Tedesca, come padroni di casa, e Aeronautica Militare italiana, come “proprietaria” delle Frecce Tricolori) attribuirà responsabilità oggettive anche se nessuno saprà mai cosa è accaduto veramente all’interno del velivolo numero 10. La ricostruzione dell’incidente e in parte frutto dell’immaginazione dello scrivente, sebbene l’ordine degli eventi sia corretto.
ln Italia ci attendeva una campagna di stampa inusitatamente violenta, soprattutto da parte di quei media che fino al giorno prima avevano osannato il Reparto. Ma questo è un altro argomento.

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