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Pattuglia Acrobatica Nazionale:è la designazione ufficiale delle Frecce Tricolori, che tra pochi mesi celebrano i 35 anni della loro costituzione. Il nostro collaboratore, innamorato perso di tutto quanto è cielo, è riuscito a ottenere un privilegio straordinario: volare come passeggero a bordo di uno degli undici Pony (Aermacchi MB 339) che compongono la leggendaria pattuglia, mitico "biglietto da visita" dell'Aeronautica Italiana nel mondo.
Scopriamo con lui chi sono gli uomini che riescono a pilotare i loro jet tra i 300 e più di 800 chilometri l'ora mantenendo pochi metri di distanza con gli altri aerei e per giunta in uno spazio tridimensionale. E che effetto fa, sapendo che, in caso di emergenza, pensa a tutto Martin Baker.

di Pio Geminiani
da “No Limits World”, 1994 – articolo incompleto –

“Love’s in the air”, l’amore è nell’aria diceva David Bowie in una vecchia canzone, vecchia ma sempre attuale per uno come me che ha fatto dell’aria una ragione di vita, innamorato come sono di cielo e attratto da tutto ciò che fa a pugni con la legge di gravità, che rimane aggrappato all’atmosfera con l’aiuto di un motore, o ne scivola dentro confidando sulla dinamica delle forme come un aliante o un paracadute.
Praticare il paracadutismo in tutte le sue varianti, dalle grosse formazioni al base jump, non ha stemperato in me la voglia di cielo e di aria, sempre latente come un “richiamo della foresta” che mi fa sollevare gli occhi al semplice ronzio di un aeroplanino o perdere con la mente dietro le scie lasciate nel blu dagli aerei dl linea.
Ecco perché vivere il cielo come lo vivono i piloti delle Frecce Tricolori rappresenta per me il massimo delle sensazioni cui può ambire un comune mortale.
Un sogno, un desiderio stemperato solo in parte dalla pratica dei lanci, inseguendo emozioni solo immaginate attraverso i libri e i filmati, e poi raccontate dalla viva voce dei protagonisti, finché un giorno il sogno è diventato realtà: ho volato con le mitiche Frecce Tricolori!!!
Chi non conosce la PAN, la Pattuglia Acrobatica Nazionale, designazione ufficiale delle Frecce Tricolori? E chi non ha seguito almeno una volta le loro evoluzioni?
I più esperti sapranno tutto di loro, dalla macchina, un Aermacchi MB 339 con i fattori di carico che può sopportare, i chili di spinta del motore, la quota di tangenza, a tutto Il programma acrobatico figura per figura, pontificando magari che dopo l’Arizona si esegue il BulI’s Eye, mentre il solista inserisce tra i due la Scampanata e cosa via.
Da terra siamo rapiti dafl’armonia del volo, dalla precisione e dall’eleganza delle figure, ma è l’aereo che vediamo, o le scie colorate: ci sfugge che c’è un uomo là dentro, e non un extraterrestre come il casco, la visiera e la maschera dell’ossigeno fanno sembrare, un uomo che in quel momento, pur sottoposto ad accelerazioni contrastanti che lo comprimono o cercano di strapprlo dal soggiolino, riesce a controllare i parametri e a manovrare i comandi con delicatezza e la precisione estrema che gli consentono di dominare la macchina per volare, ala contro ala, in perfetta sincronia con altri nove compagni.
Volare in coro, è il titolo di un bellissimo libro fotografico dedicato alla Pattuglia… niente di più vero per esprimere questo modo di volare.
Ma lasciatemi dire che si conosce ben poco della Pattuglia se non si conoscono personalmente questi ragazzi, soprattutto dopo che certi film ci hanno proposto la figura del pilota come un improbabile personaggio in cui spavalderia e aggressività sono i tratti fondamentali.
Niente di più sbagliato: quelli che conosco (ma non solo loro!) sono giovani e seri professionisti, in loro competenza ed esperienza sono amalgamate da una sconfinata passione per il volo, e tuttavia la serietà professionale non soffoca una innata simpatia e cordialità che si esprimono nella semplicità con cui offrono la loro amicizia. Non per niente anche la particolare disponibilità di carattere, oltre ai requisiti puramente tecnici e professionali, è un elemento di selezione per entrare in Pattuglia.
A parte questo, il volo acrobatico richiede una concentrazione mentale al di sopra di qualsiasi altro tipo di attività, come può essere pilotare un jet tra i 300 e più di 800 chilometri all’ora mantenendo le distanze tra ogni aereo ridotte a pochi metri, per giunta in uno spazio tridimensionale. Nello stesso tempo il corpo deve sostenere lo stress di una pura fatica fisica che non è data tanto dal governare una macchina, eccezionalmente docile ai comandi, quanto dai g positivi e negativi che si incassano innumerevoli volte nel corso di una manifestazione.
I venti minuti del programma che vediamo sono il risultato di ore e ore di ailenamento intensivo, giorno dopo giorno, accumulando ogni anno centinaia di esibizioni, effettive o di prova, ognuna delle quali costa al fisico un dispendio di energie pari a un’attività lavorativa pesante di otto ore.
Ecco perché quella della Pattuglia deve essere considerata un’attività sportiva al più alto livello agonistico, che non si esaurisce “soltanto” negli allenamenti è nelle manifestazioni, ma va ad aggiungersi ai trasferimenti, ai rischieranenti su basi in altre parti del mondo raggiunte sempre in volo con i propri aerei, e non ultima un’intensa attività di pubbliche relazioni, quasi sempre a scopi benefici o umanitari.
Ma non dimentichiamo che la straordinaria efficienza della Pattuglia è dovuta anche ad altre ottanta persone tra ufficiali e sottufficiali, cui si deve il funzionamento perfetto delle macchine e la sicurezza di ogni pilota: sono gli specialisti, i tecnici superesperti di meccanica e di elettronica, che controllano e mettono a punto il velivolo ore e ore prima e dopo ogni volo, a qualsiasi latitudine la Pattuglia si esibisca.
Chi ha avuto modo di vederli in azione sulle linee di volo martellate dalla pioggia e dal gelo, o su piste arrostite dal sole, non può negare che anche per loro si tratta di pura passione ed entusiasmo per questo lavoro!
Bene, la mia indimenticabile giornata in Pattuglia inizia alle 8.30 quando entro alla base di Rivolto come in altre occasioni. Si, ma oggi c’è qualcosa di diverso e non è certo il clima, che per essere una giornata di maggio delude un po’, con una pioggia fitta e persistente, quasi autunnale.
Il meteo comunque assicura che si manterranno le minime per volare.
La mattina si prospetta lunga, ma non ho tempo di annoiarmi impegnato come sono in tutti i briefing: tanto per cominciare indosso subito la tuta di volo e la combinazione anti-g… e già il fatto di indossare il capo più esclusivo nell’abbigliamento di un pilota di jet ha il potere di portarmi su l’adrenalina! Quindi passo a provare il casco, a familiarizzare con la maschera dell’ossigeno, per arrivare a una lezione dettagliata sul Martin Baker e sul suo funzionamento nell’ipotesi di un’emergenza in volo.
Vedo così smontato il mitico seggiolino che ha salvato tante vite e vengo istruito sui particolari della sequenza di lancio (eject! eject! e subito tirare la maniglia di espulsione), non senza battute ironiche da parte del capitano Riccardo Rinaldi, amico e responsabile delle relazioni pubbliche, circa mie… “tentazioni” di sperimentare una nuova tecnica di paracadutismo.
Ancora istruzioni, salendo su un aereo e prendendo confidenza con il cockpit, gli strumenti di bordo, i comandi di radio e interfono, cosi che arriviamo alle due del pomeriggio, in gergo “ore tredici Zulu: briefing di missione”.
Il tenente colonnello Gianluigi Zanovello è il comandante del 313° Gruppo Addestramento Acrobatico. Sarà lui che mi porterà in volo insieme al capitano Antonino Vivona (Nino per gli amici) che ci accompagnerà come gregario.
Gigì, come si fa subito chiamare Zanovello con la cordialità che è di casa qui in Pattuglia, presentando il programma di volo lo fa con meticolosità, ma anche con una semplicità tale che mi fa illudere di uscire per una scampagnata in bicicletta. A ogni manovrà che spiega fa seguire un rassicurante ” certamente nou avrai problemi”, arrivando in crescendo alla fine di un programma tosto che mi lascia seri dubbi sulla mia integrità intestinale nelle prossime ore; dubbi che ho dimenticato quando si va in linea di volo.
Continua a piovere ma poco importa, quando mi avvicino all’aereo casco sotto braccio e tubo dell’anti-g che penzola sul fianco della mia tuta! E mi sento più che mai uno di loro quando mi arrampico nell’abitacolo posteriore e comincio ad allacciarmi le cinghie, aiutato dagli specialisti che sembrano condividere Ia gioia che evidentemente non riesco a nascondere.
Collego le ‘giarrettiere’ ai tiranti del Martin Baker, che in caso di lancio mi raccoglieranno le gambe stringendole al seggiolino in modo da farmi uscire dall’abitacolo in posizione corretta, regolo il dispositivo di espulsione secondo il mio peso, indosso il casco, collego ossigeno e anti-g, abbasso la visiera, ed ecco: adesso sono tutt’uno con l’aereo.
Probabilmente qualcuno l’avrà già detto, ma è vero! Ho la sensazione che l’aereo sia parte di me, e mi è difficile pensarlo come una macchina: respiro il suo ossigeno e mi sembra qualcosa che vive con me, ma è tutta la sua struttura, le ali, il timone, che mi sembrano parte del mio corpo, e lo sento più vivo che mai quando la pressione delIo starter anima strunienti, lancette, indicatori, facendoli pulsare di vita.
Il motore risponde, temperature, pressioni, carburante, radio. Tutto OK, si chiude il tettuccio, cinture bloccate, spina di sicurezza del Martin Baker disinserita, a questo punto lo specialista ci autorizza al rullaggio.
Ci fermiamo in testa pista affiancati, Pony 1 e Pony 2 secondo il codice di chiamata radio, ulitma prova motore, la manetta che saIe, sale, e il muso che si abbassa trattenuto dai freni, l’indicatore di giri su fino a 100% rpm, poi giù… e poi su ancora… qui dentro un soffio attutito, fuori un ruggito infernale che fa scuotere lo stomaco… “Pony da torre: siete autorizzati al decollo’: ci siamo! Via i freni e una spinta di 1800 chili ci lancia in una corsa che in pochi secondi diventa volo!
Qui, in volo a soli due metri da noi, ora che siamo nell’aria, il piccolo 339 di Nino sembra enonne, stagliato contro Io sfondo uniforme del cielo grigio, ma la sensazione di vedere qualcuno che si muove nell’aria cosi vicino a me ha qualcosa di familiare: ritorno con la memoria al mio primo indimenticabile relativo, col mio istruttore di tanti anni fa… ma non è momento di abbandonarsi ai ricordi.
Virata sfogata sulla sinistra, un tranquillo sorvolo della campagna con l’emozione che aumenta mentre il pensiero va a tutti coloro, laggiù, che si stanno sporgendo dai finestrini delle loro macchine col naso in su per guardare noi.
Stiamo per rientrare sul campo alle spalle della torre… ed è quel momento entusiasmante, epico! che si ripete in apertura di ogni manifestazione, ma stavolta sono quassù!! e ho la pelle d’oca quando mi sembra di sentire: “… Signore e signori, ho l’onore di presentare la pattuglia acrobatica nazionale! Ecco a voi le “Frecce Tricolori!”…! Fumi colorati… Via! La voce di Gigi scandisce ordine e tempo di esecuzione della figura come dal vero e saliamo con i fumogeni in azione, su, su, su, in cabrata per il primo looping.
Inchiodati ai nostri seggiolini dall’accelerazione che segna numeri in crescendo sul g-meter stiamo passando al volo rovescio, l’orizzonte si abbassa fino a sparire, le nuvole ci vengono incontro sempre piu vicine, poi sotto anche loro, finché ecco di nuovo la terra in una prospettiva assurda sopra di noi, e allora giù!i Continuando la traiettoria che srotola al contrario il panorama fino a riportarlo al suo posto.
Ma per poco: d’ora in poi niente di ciò che sta fuori rimarrà fermo più di qualche attimo, e infatti… viiia! Ripartiamo con una Schneider, una di quelle virate in cui l’aereo si mette a coltello come se dovesse affettare il terreno che scorre stavolta al nostro fianco! Tiriamo 2,3, fino a 4 g, e raddrizziamo dopo un’inversione di 180 gradi esatti per ripartire subito per un altro looping… ma Nino che fa, prosegue da solo? Terra,.. poi cielo, poi terra… stessa storia di prima ma chi si annoia? Un giro completo e ci ritroviamo livellati proprio nel momento in cui infiliamo la nostra stessa scia di fumo in chiusura di un perfetto cerchio bianco.
Ma eccolo là Nino, davanti a noi! E andiamo a ricongiungere con Pony 2 che ha disegnato la stessa manovra in un’altra parte di cielo: tecnicamente abbiamo eseguito l’Apollo 313, ma per me stiamo semplicemente correndo su un fantastico ottovolante che la mia mente ha trasformato in realtà! Altra Schneider, più tirata stavolta, con la pelle del viso e gli occhi che si piegano in un espressione che sotto la maschera deve essere di una tristezza infinita e htvece sono al massimo dei giri!
Leggo 4,5 g… buffo pensiero di vedermi schiacciato da 4,5 me stesso spaparanzati addosso, con l’anti-g che aggiunge la sua buona dose di pressione nèl compito di ricacciare in su il sangue che viene spremuto in fondo ai piedi: è solo l’inizio, però comincio a rendermi conto di cosa sia la fatica fisica del volo acrobatico
Rientriamo sul campo, volo livellato, prossimo numero Tonneau lento, “Sei pronto?” come no?… Lentamente si abbassa l’ala destra mentre si alza la sinistra.., piano, piano, dolcemente… una che punta verso il cielo, l’altra che affonda verso terra… un movimento lento ma deciso, che si ferma quando siamo a capofitto ma prosegue… prosegue…
Stavolta niente accelerazioni che trattengono contro il seggiolino, ma la sensazione di essere appesi alle cinghie, con il tubo della maschera che sballonzola da un lato all’altro, effetto un po’ della rotazione un po’ della mia frenesia nel guardare dentro per curiosare gli strumenti, e fuori per vedere il campo che rotola intorno.
“Bene, stavolta lo faremo più veloce.., a posto… via!!”
Uau! Stavolta mi becco un avvitamento rapido rapido che finisce così velocemente com’è iniziato, “tutto bene?” sssì… (però vorrei sapere dov’è finito il mio stomaco), “allora tonneau in quattro tempi”, il tempo di rimetterci in asse pista con la solita Schneider, “pronto? …via!”.
Voilà! Un colpo di cloche, e di batto siamo con la pista che si mette dritta come una parete sulla nostra sinistra, hop! Altro secco strappo e stavolta la pista diventa il soffitto… hop! E di nuovo un muro che passa a destra… e hop! con l’ultimo quarto di giro l’aereo riprende l’assetto perfettamente orizzontale.
Pochi secondi di pausa per ricongiungere… poi Big Apple!
La Grande Mela è ancora una salita a gran volta verso il cielo, muso ancora su, come su è l’entusiasmo che trasmetto con gesti a Nino qui allineato in perfetta ala destra, ma sono quasi subito interrotto da un secco ordine: “Apertura… Via!”.
Pony 2 “rompe” e si allontana portandosi dietro la sua scia, lo vedo rovescirsi con un mezzo tonneau e salire ancora per formare il picciolo di una enorme mela mentre noi continuiamo il looping perdendolo di vista…
Ma per poco: dopo qualche secondo eccolo arrivare al traverso sulla nostra destra, che infila come una saetta il centro esatto della mela disegnata dai nostri fumi!
E ora? NeIl’interfono mi amva uno scambio di parametri recitati con la stessi tranquillità di voce di chi se ne sta in pantofole e telecomando del televisore in mano. Non tutte le parole sono chiare per me, ma una, magica, si: bomba! Non può esser vero! Io qui, dentro un aereo delle Frecce Tricolori a eseguire la più famosa e spettacolare delle figure acrobatiche, creata proprio dalla nostra Pattuglia, unica a eseguirla in formazione di nove aerei!! Sogno… sicuramente sogno… ma no che non sogno! Perché Pony 2, che si è riportato qui a due metri in ala destra, sta scalando ancora le nubi con noi… arriviamo proprio sotto… ci rovesciamo…
“…Fumi bianchi… via!”
Giù!! e stavolta la picchiata dura di più, il campo è ancora un muro davanti a noi…
“Pronti per apertura… via!”
Fine della picchiata… scattiamo in direzioni opposte sopra la pista aprendoci in una corolla di fumate bianche come un’esplosione piovuta dal cielo, con me che storco il collo per riuscire a vedere Nino schizzato chissà dove…
Livellato…
Qualche attimo come schegge sopra gli alberi, allontanandoci dal campo mentre vengono confrontate quote, velocità e altri parametri di volo.
“…4, 3, 2, 1, su… 1.200… 1.600… 2.100… quasi rovescio…”
Mi metto tranquillo con i miei inutili contorcimenti perché ora Pony 2 compare sopra di noi, un “sopra” molto relativo perché stiamo salendo in verticale in posizioni opposte e i lontanissime, tanto lontani ci ha portati la velocità!
“…3.800… 4.200… rovescio!” ~
Anche quel puntino laggiù che si riconosce solo per la fumata arriva al culmine del looping, e in perfetta sincronia con noi inizia la discesa… e
“…2.800… inverto… ora!”
Mezzo tonneau per raddrizzarci… lo perdo ancora, lo cerco, dov’è finito? E là! Lo vedo, lo vedo! eccolo che arriva! –
Ci buttiamo sull’asse pista e ci corriamo incontro! Il terreno schizza via a velocità incredibile, – so quale, la sensazione è unica, irripetibile, sono incollato con gli occhi su Pony 2 che si avvicina… si avvicina… si ingrandisce, pochi attimi all’incrocio… adrenalina alle stelle! zooom!!! È passato!!! Mi volto, lo seguo, ed è già un puntino là dietro, che vira per ricongiungersi con noi.
Vorrei comunicare le mie impressioni ma non riesco a trovare le parole adatte, qualsiasi termine mi sembra ridicolo, inadatto, perfino povero, come povera mi sembra quasiasi altra esperienza, i lanci, il base cosa sono? Ma le riflessioni verranno stasera perché ora stiamo partendo per la Scampanata!!
Su di nuovo per questa terza dimensione oggi così familiare, stavolta dritti in verticale con la ferma intenzione di non cedere alla forza di gravità, e infatti il Viper qui dietro ce la mette tutta per spingerci su a razzo verso il soffitto di nubi. Ma la teoria del vecchio Newton è valida, così dopo un po’ la velocità scende, scende, rallentiamo, ma quanto? Non mi viene in mente di guardare gli strumenti, e così a occhio ho la sensazione che siamo quasi fermi!
Beeeep! Un alarme suona nell’auricolare, tre spie lampeggiano, sto per chiedere lumi quando mi accorgo dl Pony 2 che sta volando (si fa per dire) come noi, sulla sinistra, e infatti eccolo là un po’ distanziato stavolta, che riflette come in uno specchio la nostra stessa sorte: la fumata non più dispersa dalla velocità diventa sempre più densa accumulandosi dietro la coda dell’aereo, sembra che lo voglia sostenere, anzi no! Sembra che salga oltre l’aereo, lo avvolge.
Beeeep!! Non sento più il mio peso, senza peso sono le gambe, le breccia, il tubo dell’ossigeno qualche traccia di polvere prima invisibile.., siamo fermi, fermi in perfetto equilibrio verticale: per un attimo siamo astronauti a gravità zero!
Poi la Terra ci richiama, lentamente cadiamo, con il muso che punta verso il basso sballottandoci proprio come il battacchio di una campana, fuori e dentro la nostra stessa scia, giù. Non so da quanto stiamo volando, ormai il tempo è diventato una dimensione irreale, ma dovremmo essere circa a metà del programma, quindi se ben ricordo briefing le vere “prove” mi aspettano proprio ora.
È cosi che infiliamo una serie di virate in g negative poi mia stliza di tonneau a botte, che hanno la caratteristica micidiale di non avere l’asse di rollio fisso ma in rotazione a sua volta, come all’interno di una botte, e nella botte di Attilio Regolo mi sembra di essere! Ho l’impressione di aver perso da qualche parte del cielo il mio stomaco con quel poco che ho messo giù a pranzo, tanto che accolgo con piacere i rientri sul campo con quelle belle Schneider che mi ricacciano a posto anche se con poca cortesia tutte le frattaghie!
Altri dieci minuti così, forse anche più, penso proprio cli usare il sacchetto di plastica con cui mi sono premunito ma è un falso allarme, il Comandante qui davanti si congratula per la mia resistenza, cosa che mi carica non poco: niente tensioni o paure, emozioni alle stelle questo si, in fondo sto vivendo un sogno diventato realtà, ma ora sto provando sulla mia pelle la “vera” stanchezza fisica di questo volo.
Sono freddo di sudore, che mi fa scivolare la maschera sul naso durante le accelerazioni, cerco di guardare solamente fuori, di resistere alla curiosità di seguire gli strumenti e di limitare i bruschi movimenti del capo causa principale di disorientamento, così quando mi sento proporre il prossimo exploit sono un po’ titubante, ma mi trascina con un “finora sei andato benissimo, sei tosto, vai forte, vedrai che non avrai problemi!” e allora come dire di no? Forza! Facciamoci questa Schneider tirata a 7 (dicasi Sette!) g!!!
Porto il selettore dell’ossigeno al 100%, tiro qualche boccata….

Purtroppo l’articolo si blocca qui: chi ha fornito l’articolo non ha la versione integrale. Chiunque avesse anche la parte rimanente di tale articolo, ci farebbe immensamente felici se ce lo inviasse… o rimarremo con la fantasia, seduti nel seggiolino dietro di Pony 1, senza mai atterrare!

L’autore dell’articolo

La formazione in cabrata

Dopo il decollo [in due sezioni di 5], ricongiungimento e Schneider sinistra in formazione

Looping a triangolone – La Grande Mela
Ricongiungimento dopo la figura della Grande Mela, dove il solista compie tonneau in 4 tempi

La palestra dell'atleta tecnologico

Da quando esiste il volo si è cercato di migliorare le prestazioni del pilota attraverso l’attività fisica. Sport di resistenza come la corsa di fondo e mezzofondo, nuoto, ciclismo eccetera sono raccomandati per la situazione ipossica (carenza di ossigeno) che si viene a creare a causa dello squilibrio tra richiesta e disponibilità di ossigeno da parte del corpo, simile a quella che si sperimenta in volo soprattutto in condizioni di forti accelerazioni e stress fisici o emotivi. L’allenamento infatti permette all’organismo di adattarsi a questa situazione ottimizzando i processi di scambio di ossigeno tra l’aria, il sangue e i tessuti, ottenendo come risultato il miglioramento delle funzioni respiratorie e cardiocircolatorie.
Un buon tono muscolare poi ha la sua importanza quando per effetto delle accelerazioni tutto il fisico è sottoposto a carichi anche notevoli, che gravano non solo sui muscoli, ma anche sugli organi interni, sulle vertebre e tutto l’apparato scheletrico; si pensi per esempio al peso che assume un corpo di 70 kg sottoposto ad accelerazioni di 5, 6 g, abbastanza normali su aviogetti: è tale peso moltiplicato per 5, 6 volte, 350 o 420 chili!
L’effetto più subdolo delle accelerazioni comunque viene subito dall’apparato vestibolare: situato all’interno dell’apparato uditivo, il vestibolo, con i suoi canali semi-circolari, permette di discriminare il tipo e la direzione in cui si verifica l’accelerazione.
Con l’allenamento si ottiene di diminuire la sensibilità alla stimolazione e nello stesso tempo di innalzare il valore-soglia, cioè l’entità dell’accelerazione che può determinare disturbi; in questo modo il pilota è in grado di rendersi conto della propria posizione nello spazio, senza cadere in crisi di disorientamento, squilibrio o vertigini.
La vertigine è in pratica una situazione di black-out dei recettori dell’apparato vestibolare che manda segnali contrastanti e confusi, tali da creare illusioni di spostamento dell’ambiente e del corpo, in assenza o in contrasto con effettivi movimenti, accompagnando a queste sensazioni ulteriori reazioni negative come abbassamento di pressione, alterazione della frequenza cardiaca e del respiro. Esiste dunque un allenamento che si differenzia in allenamento vestibolare semplice e allenamento vestibolare rotatorio. Il primo è eseguibile semplicemente con il tappeto elastico, dove si passa da un’accelerazione testa-piedi a una piedi-testa, in termini aeronautici da g positivi a g negativi, “+g” quando sale, “-g” quando scende: anche se in condizioni di volo reale l’entità delle accelerazioni è ben diversa, le continue ripetizioni per tempi sempre più lunghi abituano il fisico a rispondere agli stimoli con minor sensibilità (maggior soglia), con benefici comunque sotto l’aspetto fisico anche per tutti gli organi interni e della massa sanguigna, che si adattano a trazioni e spostamenti continui proprio a causa dei g.
Tuffi, ginnastica, esercizi rotatori con gli anelli o le parallele, su sedie girevoli, ma anche a corpo libero con capovolte e capriole, tutti questi e altri esercizi possono essere fatti e vengono metodicamente eseguiti nelle scuole di volo per l’allenamento rotatorio dell’apparato vestibolare.
Allenamenti cosi eseguiti aiutano anche nel superamento di condizioni di stress psicologico (paura, ansia, emotività, tensione) spesso causate proprio da torbe vestibolari, connesse molto frequentemente a disorientamento spaziale.

Per battere la Forza G un pallone per pantalone

Le sollecitazioni che agiscono sul corpo (e sull’aereo) durante un volo si possono riportare a due tipi: accelerazioni positive e accelerazioni negative, che gli addetti ai lavori chiamano g-positivi e g-negativi.
Il g è l’unità di misura della forza di gravità, perché in sostanza si riporta a essa la misurazione dell’accelerazione, ecco perché essere sottoposti a 2, 3, 4 g vuol dire subire l’equivalente di 2, 3, 4 volte la forza di gravità: all’atto pratico ritrovarsi nel proprio corpo che pesa 2, 3, 4 volte più del normale.
Normalmente consideriamo il peso come una forza che ci spinge verso il basso, nella direzione testa-piedi, ed ecco spiegati i g-positivi: subiamo un’accelerazione positiva per esempio quando ci sentiamo premuti sul sedile della moto impostando una curva in velocità, inclinando il corpo all’interno della traiettoria.
Se sulla stessa moto fossimo per assurdo inclinati dalla parte opposta, con la testa all’esterno della curva, ecco che saremmo soggetti a g-negativi.
Nel primo caso l’effetto più pericoloso è dato dal sangue che viene spinto nelle parti più basse del corpo, privando il cervello dell’irrorazione necessaria al punto da provocare perdita di conoscenza.
Nel secondo caso si ha il deflusso del sangue nel senso opposto, creando prima la cosiddetta visione nera, per il sangue che va a invadere i capillari delle retine degli occhi, fino ad arrivare a emorragie cerebrali nei casi estremi.
La combinazione anti-g è simile a un paio di pantaloni dotati di camere d’aria in corrispondenza di addome, cosce e polpacci, che si gonfiano automaticamente all’aumentare dei g: in questo modo viene respinto entro certi limiti l’afflusso del sangue verso le parti basse del corpo, permettendo di sopportare accelerazioni più impegnative.
L’aria utilizzata viene introdotta nella tuta tramite un apposito collegamento, dopo essere stata spillata dal compressore del motore.
Non esiste per ora alcun aiuto per contrastare artificialmente i g-negativi: ecco perché le accelerazioni negative sono le più temute e le meno sopportate.
Anche la struttura dell’aereo e soggetta a queste sollecitazioni: per questo viene sempre definito, in fase di collaudo, il fattore di carico che può sopportare l’aereo, espresso in numero massimo di g-positivi e g-negativi, mantenendo tuttavia ampi margini di sicurezza.
Tutti gli aerei militari sono dotati di strumenti che registrano sia l’intensità che la quantità (cicli) di accelerazioni subite, controllati poi durante le manutenzioni.

Tonneau sinistro a diamante mentre il solista compie tonneau alternati rovesci e diritti.
Le figure Ventaglio e Apollo 313 in formazione mentre il solista compie una serie di tonneau.
Tonneau destro a cigno mentre il solista compie una Schneider rovescia.
Looping a calice della formazione con Numero 4 e 5 a posto. Il solista compie un tonneau lento.

Gli eredi del getto tonante

Sintesi dell’alto grado di professionalità dei piloti e degli specialisti della nostra Aeronautica Militare, le Frecce colori sono gli eredi delle famose Pattuglie Acrobatiche (Diavoli Rossi, Getti Tonanti, Lancieri Neri, Tigri Bianche cetera) che negli anni Cinquanta si formavano presso i vari reparti da caccia per rappresentare l’Italia nelle manifestazioni nazionali e internazionali. La data esatta di nascita è il 1° luglio 1961, come 313° Gruppo Addestramento Acrobatico, volando prima su North American F-86 Sabre, poi su Fiat G-91, e dalla fine del 1981 su Aermacchi 339 PAN, sigla che indica appunto la speciale versione che ha come modifica più evidente il generatore delle fumate (queste non sono poi che olio di vaselina colorato che si vaporizza per effetto dell’iniezione nello scarico del reattore). Attualmente il reparto si compone di circa 95 uomini di cui 14 sono i piloti: il Comandante, la formazione di 9+1 soIista, il Supervisore all’Addestramento Acrobatico e due piloti in addestramento.
I requisiti richiesti a un pilota per poter far parte del Gruppo sono: un’esperienza di volo su aviogettldi almeno 750 ore e due anni di piena operatività presso un reparto, l’attitudine al volo acrobatico collettivo, particolari doti caratteriali di predisposizione ai rapporti umani e sociali.
Nell’attività della PAN l’addestramento acrobatico si alterna a quello operativo, soprattutto nei mesi invernali e primaverili, quando la Pattuglia è libera da impegni di rappresentanza, ed è quindi a tutti gli effetti un reparto operativo.
Le ore di volo totalizzate annualmente in Pattuglia sono circa 2.500, mentre 1.706 sono le manifestazioni volate fino a oggi, oltre che in Italia in tutti i Paesi europei, del Nord Africa, Medio Oriente, Canada e Stati Uniti.
Particolarmente prestigiosa e di successo è stata la trasferta del 1986 la Canada e Stati Uniti, ripetuta neI 1992 su espresso invito dei governi per celebrare il cinquecentenario della scoperta del Nuovo Mondo.
I componenti della PAN per la stagione 1994 sono:

Ten. Col. Pilota Gianluigi Zanovello Comandante 313′ Gruppo Pony 0
Ten. Col. Pilota Giampaolo Miniscalco Leader Pony 1
Ten. Pilota Ettore Papa 1° Gregario Sinistro Pony 2
Magg. Pilota Pier Luigi Fiore 1° Gregario Destro Pony 3
Cap. Pilota Umberto Rossi 2° Gregario Sinistro Pony 4
Cap. Pilota Flavio Danielis 2° Gregario Destro Pony 5
Cap. Pilota Norbert Walzl 1° Fanalino Pony 6
Ten. Pilota Stefano Giovannelli 3° Gregario Sinistro Pony 7
Cap. Pilota Maurizio De Rinaldis 3° Gregario Destro Pony 8
Ten. Pilota Roberto Valoti 2° Fanalino Pony 9
Ten. Col. Pilota Stefano Rosa Solista Pony 10
Cap. Pilota Antonino Vivona Supervisore all’Addestramento Acrobatico
Cap. Riccardo Rinaldi Speaker ufficiale e Addetto alle Pubbliche Relazioni
Cap. Pilota Maurizio Rossi Pilota in addestramento
Ten. Pilota Alessandro Fiaschi Pilota in addestramento

Ma non dobbiamo dimenticare chi lavora dietro le quinte:

Ten. Col. Carlo Baron Capo Servizio Manutenzione
Cap. Adriano Vendramin Capo Ufficio Comando
Cap. Giacomo Zanelli Ufficiale Tecnico

e quasi ottanta sottufficiali specialisti.

La Pattuglia combatte anche contro il cancro

Tra le molteplici iniziative di carattere sociale e umanitario delle Frecce Tricolori, l’ultima in ordine di tempo è stata la concessione, per la prima volta, del proprio simbolo a sostegno della lotta contro il cancro. È nata cosi Blue Jet, una mountain bike superaccessoriata, con stemmi e colori della pattuglia acrobatica più famosa del mondo, il cui ricavato di vendita, detratte le pure spese di produzione, è devoluto alla Fondazione Oncologica dei Professor Umberto Veronesi per la creazione del personale medico specializzato nella lotta contro il cancro.
Per avere informazioni, o anche solo per parlare di aerei, visto che il titolare Alberto Turconi è sfegatato della PAN, telefonare all’azienda costruttrice, la Master Più di Saronno (Va), allo 02/96701652.

Mr Martin Baker; di professione fa il buttafuori

Noto anche ai meno esperti di cose aeronautiche, il Martin Baker, dal nome degli ideatori che hanno poi fondato I’omonima società tra gli anni ’40 e ’50, è il poi conosciuto dispositivo di salvataggio dei piloti, che si basa su un complesso sistema costituito da uno speciale seggiolino integrato con il dispositivo di lancio, il paracadute, e un completo equipaggiamento di sopravvivenza per ogni ambiente, terrestre o marittimo.
Dai primi “semplici” dispositivi, costituiti essenzialmente da una carica di lancio esplosiva che imprimeva al seggiolino accelerazioni istantanee e traumatiche per il pilota (si parla di 15/17 g), si è passati a sofisticatissimi apparati dove la carica esplosiva fornisce solo la spinta necessaria per la fuoriuscita dall’abitacolo, mentre un pacco di razzi ha il compito di imprimere una traiettoria di sicurezza per l’apertura del paracadute.
I moderni MB sono in grado di garantire il salvataggio del pilota anche ad aereo fermo sulla pista, chiamandosi per questo tipo zero-zero (cioè quota O velocità O).
Contrariamente a quanto potrebbe sembrare, la modesta quota raggiunta dal seggiolino (40/60 metri) è più che sufficiente per un sicuro spiegamento del paracadute: infatti sofisticati sensori e dispositivi asserviti elettronicamente a un computer controllano Ia traiettoria iniziando la sequenza di apertura del paracadute già durante la fase ascendente parabola, completandola prima della discesa. Dopo l’abbandono dell’aereo vengono attivati lo sgancio del seggiolino dal corpo del pilota, la riserva d’ossigeno d’emergenza e, al momento dell’atterraggio (o ammaraggio), i dispositivi radio di rilevazione, il battellino di salvataggio, i liquidi antisquali eccetera.
Alcuni si chiedono come avvenga il passaggio attraverso il tettuccio della cabina: o viene sfondato da appositi rostri soIidali con la struttura del seggiolino (è il caso dell’MB-339), o sganciato da piccole cariche esplosive attivate automaticamente dal comando di lancio.
Una curiosità: “Martin Baker Ties Club” è Il nome dell’escløsivo club che riunisce tutti coloro che grazie a questa invenzione hanno avuto salva la vita, e che ormai da qualche anno ha superato, il millesimo socio: più di mille vite salvate dunque, considerando che alcuni hanno addirittura avuto una duplice esperienza.
Una pergamena rilasciata dalla Martin liaker insieme a una vera e propria cravatta commemorativa ricordano al protagonista l’avventuroso episodio.

Formazione Arizona con evoluzioni d’incrocio e Scampanata del solista.
Bull’s Eye (occhio del toro) completata da tonneau, Schneider e pull-up negativo del solista.
Doppio tonneau in formazione. – Apertura a bomba della formazione mentre il solista incrocia.

Bibliografia

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Le Frecce Tricolori di Giuseppe Lenzi, tenente colonnello nei Servizi dell’Aeronautica, è dedicato alle Iminagii scattate dall’autore in innumerevoli voli con le Frecce: grandi effetti, suggestioni di voli tra montagne, cime innevate e cieli blu. Di grande interesse per gli appassionati di fotografia i capitoli dedicati alle ottiche, alle pellicole impiegate e alla tecnica di ripresa per realizzare queste immagini bellissime e di straordinaria suggestione. Il volume può essere ordinato direttamente ad Arti Grafiche Friulane, via IV Novembre, 33010 Tavagnacco (Udine). Citando No Limits world nelle richieste il costo del libro è di 38.000 lire invece di 48.000; e di 150.000 invece di 160.000 il prezzo dei tre volumi de La Meravigliosa avventura. Chi volesse fare un regalo a un amico straniero sappia che Le Frecce Tricolori è edito anche in inglese.
A titolo di curiosltà citiamo un lungonìetraggio girato nei primi anni Settanta, Forza G: forse non molto realistico nella descrizione dei personaggi, certo molto rotnanzato, ma piacevole e di indubbio effetto sia per le belle immagini in volo, sia perché l’attore principale è il leggendario G 91, l’aereo in dotazione alla Pattuglia a quei tempi, rimasto in servizio solo alla Scuola di Volo e ormai prossimo a essere radiato e sostituito dall’AMX.

Incrocio del solista nella bomba.
La formazione si ricongiunge: il solista compie tonneau e looping a carrello estratto.
Schneider destra della formazione e volo folle del solista.
A conclusione del programma acrobatico la formazione, con il carrello estratto, disegna nel cielo il tricolore italiano, mentre il solista incrocia con la figura del Lomçovak.

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