Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio 2024
Venerdì 24 novembre 2023, a Codroipo, si è tenuta una interessante conferenza intitolata “Frecce Tricolori: storie di uomini”, organizzata dal Club Frecce Tricolori di Codroipo. Alla conferenza erano presenti il gen. Giacomo Zanelli, ufficiale tecnico delle Frecce Tricolori dal 1988 al 2006, il col. Alberto Moretti, comandante della PAN nel biennio 1991 – 92, Giuseppe Liva, pilota in Pattuglia dal 1976 al 1980, e Andrea Soro, ex speaker e responsabile delle pubbliche relazioni dal 2012 al 2016.
Occasione per ascoltare, dalla voce dei protagonisti, aneddoti e curiosità riguardanti le Frecce Tricolori.
Troverete nel blog la trascrizione dei singoli interventi di ciascuno degli ospiti della serata.
Ringrazio Arturo V. per avermi fatto pervenire il video da cui ho tratto gli interventi.
trascrizione dell’intervento di Andrea Soro
Devo ringraziare Bruno [presidente del club Frecce Tricolori di Codroipo, ndr] che mi ha portato qui con l’inganno: in realtà pensavo fosse un’inaugurazione, una presentazione e poi, all’ingresso, ho visto che nella locandina aveva aggiunto , in maniera truffaldina, anche il mio nominativo.
Se Jack [Giacomo Zanelli, ndr] è andato a braccio, io lo facevo sempre perché il mio lavoro mi ha permesso di raccontare la storia, la vita e il volo delle Frecce Tricolori in Italia in quel modo; all’estero magari leggendo e cercando di raccontare il volo nelle diverse lingue dei vari paesi in cui ci siamo esibiti.
Sono rimasto molto affascinato perché il tema è a me molto caro. Io ho lasciato l’aeronautica 5 anni fa. Ho fatto una scelta di vita devo dire più logistica e geografica perché ho cercato di restare in questa regione. Pur essendo originario della Sardegna, mi sono innamorato ormai di 22 anni fa di questa terra e qui ho deciso di restare. Ormai da cinque anni mi occupo di tutt’altro rispetto a quello che sono gli aeroplani e l’Aeronautica Militare però mi occupo di persone. Sono queste persone che cerco sempre di mettere al centro delle mie giornate e di quelle dei manager e dei direttori dell’azienda dove ho la fortuna di lavorare.
Quello che hanno detto le persone che ci stanno accompagnando in questa serata dedicata alle persone delle Frecce Tricolori sono tutte cose che dovremmo un po’ metabolizzare nelle nostre giornate: non dimenticarci mai che indipendentemente dal lavoro che facciamo, dal fatto di indossare un’uniforme, di vestire giacca e cravatta, di indossare la punta di meccanico piuttosto che la divisa di muratore o da autista di un autobus dovremmo ricordarci sempre che tutte le persone che incontriamo si portano dietro una storia. Una storia che merita di essere ascoltata e rispettata anche all’interno delle relazioni di lavoro e di un gruppo come può essere quello delle Frecce Tricolori.
Non mi sono preparato anche perché come vi dicevo prima sono stato portato qui un po’ con l’inganno e quindi non saprei neanche quale possa essere l’episodio più divertente o più interessante da raccontarvi. Però vi volevo parlare un po’ delle emozioni perché abbiamo parlato delle persone e le persone sono fatte di emozioni e di sentimenti.
Abbiamo ascoltato due punti di vista (poi ascolteremo anche il terzo, di Beppo [Giuseppe Liva, ndr]: il punto di vista del capoformazione, il punto di vista del Comandante questa grande responsabilità di portare in volo non solo 10 aeroplano, ma portare in volo 10 persone – perché ogni aeroplano è condotto da un pilota – e portare il carico di rappresentare l’Italia e l’Aeronautica Militare in Italia e all’estero.
Dall’altra parte sono anche molto felice di aver sentito così tante parole giuste, belle, sentite, per quella parte che ha sempre lavorato un po’ dietro le quinte.
Io l’ho sempre riconosciuto: il lavoro delle Pubbliche Relazioni delle Frecce Tricolori è il lato più bello perché forse è quello fisicamente meno stancante perché non vivi la fatica del volo. Il comandante Moretti non l’ha detto ma il volo acrobatico è estremamente faticoso perché necessita di grandi concentrazione, necessita di grande allenamento fisico e di grande rigore fisico. Gli specialisti ugualmente hanno un grande sforzo fisico perché lavorare come diceva Jack in qualunque condizione meteorologica, a qualunque ora, in posizioni anche anatomiche (possiamo chiamarle così) non proprio usuali perché l’aeroplano è anche particolarmente complicato da gestire soprattutto quando si è in rischieramento.
Le pubbliche relazioni sono un po’ come il marketing delle grandi aziende: mentre tutti lavorano e sudano, quelli del marketing pensano a fare i banchetti, i rinfreschi e ad invitare le ballerine o i ballerini agli eventi aziendali. Questa è un po’ una fortuna ma anche una grande responsabilità. Io non ho fatto 42 anni in aeronautica, ne ho fatti solo 22 però quello che spero di essere diventato dopo questo tempo in Aeronautica lo debbo soprattutto alle grandi esperienze che ho vissuto all’interno della forza armata. All’interno delle Frecce Tricolori ho vissuto circa nove anni durante i quali ho conosciuto molte persone, ne ho conosciuto anche alcune che purtroppo non ci sono più e sono persone che, ognuno a modo loro, mi hanno lasciato un grande insegnamento.
Il primo è quello proprio dell’umiltà, del riconoscere i propri errori che è una dote anche nel mondo quotidiano – se pensiamo alla quotidianità delle nostre famiglie, delle nostre vite con i nostri familiari, con nostra moglie, con i vostri mariti -: a volte ammettere di aver sbagliato è anche molto complicato. Partiamo sempre da questo presupposto che tutto quello che noi facciamo sia magari corretto. Una cosa che io cerco di predicare anche nelle mie giornate lavorative è mettere da parte la polemica ma crescere e far crescere nella realtà quello che io chiamo il senso critico.
La critica è molto diversa dal senso della polemica, la critica serve per migliorare le organizzazioni, anche le modalità relazionali: come dico spesso ai miei collaboratori, se stasera torno a casa con un po’ di mal di pancia, domani mattina forse è meglio che lo racconto alla persona che me l’ha fatto venire perché altrimenti quel mal di pancia domani sera diventa una gastrite e fra due giorni diventa un’ulcera.
Faccio sempre questi esempi molto pragmatici perché credo che poi nella vita di relazione delle persone sia fondamentale cercare di dirsi le cose chiaramente. Non tutti magari hanno la dote di essere molto bravi a parlare, non tutti hanno magari la dote di essere molto bravi a scrivere, però tutti, per fortuna, siamo in grado di provare dei sentimenti. Allora quello che io suggerisco sempre alle persone (e le Frecce in questo mi hanno aiutato molto) è anche quello di condividere le emozioni che le persone ci trasmettono.
Non ho un episodio migliore degli altri. Ve ne racconto due che mi sono venuti in mente mentre ascoltavo le storie raccontate dal Comandante Moretti e Jack.
La prima – credo che fosse fine dell’estate del 2009 – in un momento politico forse simile a quello attuale perché il Ministro della Difesa era Ignazio La Russa… Ho una fortuna rispetto a tanti miei amici, miei colleghi che adesso posso raccontare un po’ di cose senza paura di alcune ritorsioni: mentre il Generale Lant giustamente ha necessità gioco forza di restare un po’ impacchettato io posso permettermi di esserlo un po’ meno. Ricordo ancora quando l’allora governo Berlusconi decise di mandare le Frecce Tricolori in Libia poco tempo prima che succedesse la disfatta di Gheddafi. Ricordo che il giorno prima di partire, il Ministro della Difesa venne a Rivolto, ci incontrò in mansarda… credo che tutti più o meno siate più o meno di casa al 313° Gruppo, quindi la mansarda, questo luogo un po’ intimo, mitologico dove la mattina i piloti e gli ufficiali del Gruppo vanno a fare colazione tutti insieme… che poi è una cosa un po’ strana perché solitamente la colazione si fa a casa con la moglie e i figli: pensate che razza strana questi ufficiali delle Frecce Tricolori che ogni giorno fanno colazione insieme dopo il briefing delle 8 del mattino… e quindi l’onorevole La Russa, che era Ministro della Difesa, venne a farci questo In bocca al lupo ovviamente con questa voce sempre molto delicata, molto pacata. In quel momento il comandante era Massimo Tammaro, capoformazione era Marco Lant (a riprova di questa grande tradizione delle Frecce). Partimmo un po’ in maniera anche inconsapevole verso questa terra che nessuno di noi aveva mai visitato che era appunto la Libia. Quando arrivammo in Libia scoprimmo una cosa che non riuscimmo a interpretare subito per il peso che aveva: solitamente le Frecce quando vanno in trasferta in Italia e all’estero, rispetto ahimè ai colleghi dell’esercito e delle altre forze armate, hanno questo grande privilegio spesso di essere ospiti in strutture alberghiere: mentre solitamente i militari vanno a dormire nelle tende da campo, i piloti e gli specialisti delle Frecce Tricolori spesso, quando vanno in trasferta, hanno la fortuna di andare lì perché chi organizza le manifestazioni in Italia e all’estero si preoccupa anche di sponsorizzare la parte alloggiativa. Quindi decisero di farci alloggiare su una piccola nave da crociera delle dimensioni più o meno di un traghetto. La sera stessa scoprimmo che oltre ad essere un traghetto era anche una “prigione”, per cui non potevamo scendere, non potevamo lasciare la nave quindi i nostri tre o quattro giorni in Libia si consumarono all’interno di questa nave dove c’era un corpo di ballo – credo di ballerine e ballerini che venivano forse dall’Ucraina e dall’Unione Sovietica – che ogni sera faceva lo stesso spettacolo. Lo dico da sardo ma anche un po’ da friulano: alcol zero perché ovviamente in Libia non si poteva avere neanche la birra. Per questi 40 / 45 colleghi tra ufficiali e specialisti sono stati delle giornate un po’ complicate.
Vi racconto l’episodio della Libia perché, almeno per me, all’inizio della mia avventura: in quel momento ero ancora a capo ufficio comando del Gruppo e poi da lì a poco avrei sostituito Andrea Saia – che mi piace sempre ricordare quando racconto la vita delle Frecce -.
Lì successe una cosa un po’ strana perché noi in Libia non percepivamo qual era il peso che stavano dando alla presenza delle Frecce Tricolori in Libia. Con noi avevamo a bordo anche un gruppo di giornalisti, inviati di agenzie. In Italia stava montando non dico una polemica già dai primi giorni però c’erano un po’ di rumors sul fatto che il governo Berlusconi avesse deciso di omaggiare – questo sembrava che fosse – un leader come Gheddafi che sicuramente non possiamo definirlo democratico ma tutt’altro. Polemica che culminò in una richiesta che arrivò al comandante Massimo Tammaro ovvero “Va bene. Fate volare le Frecce Tricolori ma anziché con i fumi tricolori fate i fumi gialli (se non sbaglio gialli e verdi o gialli e neri) comunque con i colori della della Libia e della Lega africana” perché in quel periodo in quelle giornate c’era un summit dell’Unione africana.
Fortunatamente l’incontro con il Ministro La Russa proprio il giorno prima della partenza agevolò tutta una serie di relazioni che, per chi indossa e ha indossato al divisa, conosce bene quanto sia complicato per un tenente colonnello arrivare a parlare fino a quel Ministro della Difesa e quindi, per tutta una serie di triangolazioni, avevamo la fortuna di avere il filo diretto con il portavoce del Ministro della Difesa: tutte le volte che Massimo Tammaro coglieva che c’era qualcosa che non era popolare avevamo questo filo diretto. La linea del Governo italiano era assolutamente quella che “le Frecce Tricolori non potranno e non dovranno mai cambiare i fumi”.
Per darvi l’intensità, Gheddafi aveva già dato l’ordine ai suoi scagnozzi di andare credo in Inghilterra ad acquistare i fumi con i colori proprio per permettere alle Frecce di volare con questi fumi particolari. Nella nostra inconsapevolezza ci rendemmo conto che in Italia, credo Il Corriere della Sera titolò “Il tenente colonnello che ha detto di no al colonnello Gheddafi“: quel titolo secondo me doveva vincere il premio Pulitzer del giornalismo perché dava proprio tutto il peso di quello che stava succedendo per noi quasi inconsapevolmente. Non dico che per noi fosse una missione come un’altra però era una trasferta interessante e complicata: la Libia stava già cominciando a passare un momento sicuramente complicato. Da lì poi a pochi mesi, alla fine del 2009, ci fu credo il primo intervento se non ricordo male dei francesi. Successe poi quello che tutti conosciamo… e questo è un po’ un episodio che è la cartina di tornasole di quello che le Frecce poi possono fare, di quello che le Frecce fanno in Italia e all’estero.
L’altro episodio che vi racconto, in realtà è un po’ fotocopia: credo che alcuni di voi magari l’hanno anche vissuto è quando decidemmo di istituire (credo fosse 2009 – 2010) una giornata dedicata ai bambini degli asili. Come dicevamo prima le Frecce più o meno dal mese di marzo / aprile aprono – credo lo facciano ancora due – tre giorni a settimana vengono numerosi gruppi in visita. Lì ci accorgemmo che c’era qualcosa che non andava perché avevamo magari gruppi di associazioni d’Arma Aeronautica, gruppi aziendali, scuole elementari, bambini piccoli… decidemmo di organizzare, anche con l’aiuto lo dobbiamo riconoscere di tante istituzioni sul territorio e di tante aziende locali che ci chiedono una grande mano una giornata interamente dedicata ai bambini della scuola dell’infanzia. Lo facemmo credo poi per almeno 4-5 anni (poi onestamente non so se questa iniziativa sia proseguita). Forse una parte politica del paese giudicherebbe tale iniziativa quasi propagandistica e con dei richiami verso il mondo militare ma che in realtà, pur essendo all’interno di una base militare, tutto sembra tranne che inneggiare alla guerra e al periodo bellico. Immaginate di vedere 20 / 30 / 40 scuolabus arrivare tutti insieme all’interno dell’aeroporto, organizzare la merenda per i bambini, dare a tutti i bambini una piccola bandiera italiana col tricolore e vederla far sventolare: ecco, se devo dirvi qual è il ricordo più bello che ho delle visite (al di là magari di tante personalità che ho avuto la fortuna di incontrare in questi nove anni di Frecce Tricolori), il più bel momento è vedere quei bambini che con grande spensieratezza, mentre gli aeroplani decollavano davanti a noi, sventolavano una piccola bandiera dell’Italia.