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Facciamo il punto sulla P.A.N. a 35 anni dalla sua costituzione

di G. Galvan e P. Francis – Eagle Press
da “Aerei”, anno XXIII, n° 1, gennaio 1995, pp. 20 e segg.

Parlare, senza scadere nella prevedibile «aria fritta», della nostra Pattuglia Acrobatica Nazionale sembrerebbe quasi impossibile, ma ci siamo accorti che da qualche tempo tale argomento è un po’ trascurato sia dalla stampa specializzata, e di questo siamo molto dispiaciuti, sia da quella quotidiana, anche se di quest’altro fatto ci dispiace molto meno! Perciò abbiamo deciso di affrontarlo.
Spieghiamo subito che nel primo caso il disinteresse verso il 313° Gruppo Addestramento Acrobatico (denominazione militare della P.A.N.) è dovuto al fatto che il taglio dei finanziamenti ha bloccato qualsiasi rinnovamento della linea di volo; nel secondo caso il buon andamento delle manifestazioni cui partecipa il team, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza, ed il notevole gradimento per il lavoro svolto dai nostri piloti da parte del pubblico italiano e straniero non «fanno notizia», anzi sono scomodi per molti: ecco perché, se tacciono per questo motivo, ci dispiace molto meno. Abbiamo recentemente colto l’opportunità, offertaci dall’Ufficio Documentazione e Attività Promozionali dello S.M.A., di seguire la P.A.N. durante una trasferta in Svezia per cercare di prendere coscienza dell’attuale situazione del Gruppo, delle sue problematiche e, su queste basi, fare alcune considerazioni.

Un po' di storia

Ci scusino i vecchi appassionati, ma sentiamo innanzitutto il dovere di riassumere, brevemente e per il pubblico più giovane, il percorso dell’acrobazia collettiva militare italiana nel dopoguerra, che ha il suo sviluppo attuale nel gruppo in questione. La prima Pattuglia Acrobatica su jets nasce nel 1950 sui de Havilland DH-100 Vampire del 4° Stormo (allora 4a Aerobrigata), denominata «Cavallino Rampante» dallo stemma del Reparto. Nel 1953 appare la prima compagine dei «Getti Tonanti» sui Republic F-84G Thunderjet della 5a Aerobrigata e nel 1955 sullo stesso velivolo arri-vano le «Tigri Bianche» della 51a Aerobrigata. Nel 1956 ricompare il «Cavallino Rampante» sui Canadair CL-13 (F-86E Sabre) e nel 1957 tocca ai «Diavoli Rossi» della 6a Aerobrigata su F-84F Thunderstreak, seguiti di nuovo dai «Getti Tonanti» nel 1959 sempre sul caccia Republic. Nello stesso anno compaiono i «Lancieri Neri» della 2a Aerobrigata dotati di Sabre ed è proprio con questo velivolo che viene dotato, nel 1960, il primo reparto dell’A.M. dedicato esplicitamente all’acrobazia collettiva: il 313° Gruppo Addestramento Acrobatico basato a Rivolto del Friuli, in provincia di Udine.

Il significato della P.A.N.

Si può notare che negli anni ’50 praticamente tutti i Reparti, a rotazione, hanno avuto la possibilità di esprimere un loro team acrobatico, di solito di 4 o 5 velivoli, mettendo a punto, grazie anche all’esperienza dei nostri estrosi piloti, molte delle figure e delle tecniche attualmente utilizzate dalla P.A.N.

Ovviamente tali pratiche, esercitate nell’ambito di Reparti operativi (in quegli anni si era «molto» operativi) potevano creare qualche problema tecnico ed economico, che in molte aeronautiche ha portato semplicemente all’eliminazione dei teams, mentre nella nostra, al pari di quelle americana, inglese e francese, ha portato alla creazione di questo reparto di «élite», anche per preservare le grandi tradizioni acrobatiche che fanno parte da sempre della cultura di ogni pilota italiano.

Infatti a differenza, per esempio, della scuola americana, sin dai corsi di Latina e Lecce ai nostri piloti vengono insegnate, oltre al pilotaggio militare vero e proprio, anche alcune figure di acrobazia collettiva, per instillare in loro la pratica e la passione per un volo che non significhi solo usare al meglio un’arma da guerra, ma avere con il mezzo e con i propri compagni il massimo affiatamento possibile, cosa che rende, secondo uno spirito tipicamente italiano, il pilota un po’ meno «robot» ed un po’ più protagonista.

Tornando alla storia della P.A.N. vera e propria, dal 1963 entra in linea il FIAT G.91 P.A.N. che, per l’epoca, riveste particolari significati per l’industria aeronautica italiana e la Forza Armata. Primo aereo da combattimento prodotto in Italia nel dopoguerra, il G.91 aveva vinto nel 1960 il concorso per un caccia leggero indetto dalla NATO, venendo però adottato solo dalla Germania, per problemi politici. Derivato direttamente dal Sabre, di cui era una copia ridotta, aveva eccellenti qualità di maneggevolezza che, unite alla capacità di operare da piste non preparate, creavano non poche preoccupazioni agli Stati Maggiori del Patto di Varsavia. L’idea dell’ing. Gabrielli non era molto diversa dalla filosofia degli stessi sovietici: un gran numero di caccia-bombardieri «spendibili» in caso di attacco da parte di grosse colonne motorizzate. E fu proprio il famoso progettista, che alla cerimonia di consegna degli Aermacchi MB.339 alla P.A.N., il 27 aprile 1982, promise che dopo il «turno» della ditta di Varese sarebbe tornata la volta di un progetto FIAT. Promessa non mantenuta a seguito del ritiro della ditta torinese dal settore aeronautico, ove la sua erede a capitale pubblico, l’Alenia, ha sviluppato il successore del G.91, l’AMX, che da subito era stato visto anche come prossimo velivolo per la P.A.N. considerando l’addestratore Aermacchi «ad interim», date le sue relativamente modeste prestazioni.

Abbiamo sempre seguito con affetto ed ammirazione le esibizioni della P.A.N., stimiamo tutti coloro che vi militano e vi hanno militato, e ci rimangono ancora negli occhi le emozionanti prestazioni del G.91, che consentiva formazioni strettissime, allineate rigorosamente sullo stesso piano, tonneau sull’asse fulminanti, oltre ad un insieme di manovre «nervose» ed aggressive, molto vicine alle fantasie avventurose del pubblico, specie di quello meno «esperto». Con l’avvento dell’MB.339 il programma si è fatto più sobrio, più elegante, la formazione scalata, dovuta alle ali diritte, è più «fotogenica» e riempie meglio il cielo, mentre le velocità inferiori consentono di pennellare di più le manovre e di riman-re sempre nel campo visivo del pubblico.

Per quello che riguarda il futuro, anche se da più parti si levano commenti non entusiastici sull’AMX, tale velivolo sembrerebbe comunque il logico successore del «339», e speriamo che i tempi lunghi di tale sostituzione giovino alla sua messa a punto, che sembra alquanto laboriosa, specie per quanto riguarda il propulsore, e quindi si possa tornare a vedere la P.A.N. in una versione più «bellicosa». C’è poi da fare un’altra considerazione: la Pattuglia Acrobatica Nazionale è anche un ottimo «veicolo pubblicitario» per l’industria aeronautica nazionale; oggi pubblicizzare un velivolo che, pur nascondendoli molto bene, ha comunque i suoi bravi 19 anni (primo volo il 12 agosto 1976) non ha più molto senso. Al contrario ne avrebbe se, in quest’ottica, venisse un po’ «spinto» proprio l’AMX. Un eventuale maggior successo di esportazione gioverebbe poi alla stessa Aeronautica Militare riducendo il costo dei velivoli. Un’acquisizione importante da parte di una Forza aerea estera potrebbe addirittura far sviluppare quell’idea di modernizzazione e potenziamento del propulsore che, con i soli finan-ziamenti dell’A.M., non è neanche pensabile.

Gruppo di famiglia P.A.N.in una base

La Pattuglia è composta da dieci piloti «titolari», nove della formazio-ne ed un solista. Il comandante, Ten. Col. Gianluigi Zanovello, un vero «gentleman» veterano P.A.N. dal 1983, non pilota durante le esibizioni, ma partecipa col suo velivolo (Pony 0) a tutte le trasferte e soprattutto dalla «biga» (la postazione a terra a lato del centro pista) segue e «corregge» le acrobazie via radio.Assieme a lui è il Cap. Vivona, supervisore all’addestramento acrobatico, che mette a disposizione la sua lunga (dal 1986) esperienza in Pattuglia, nonché la sua notevole carica umana, per l’addestramento dei piloti.

Il nominativo radio dei velivoli è appunto «Pony» seguito dal numero che indica la posizione nella formazione che nel 1994 è stata così composta: Pony 1, leader, Ten. Col. Miniscalco; Pony 2, 1° gregario sinistro, Ten. Papa; Pony 3, 1° gregario destro, Magg. Fiore; Pony 4, 2° gregario destro, Cap. Rossi; Pony 5, 2° gregario destro, Cap. Danielis; Pony 6, 1° fanalino, Cap. Walzl; Pony 7, 3° gregario sinistro, Ten. Giovannelli; Pony 8, 3° gregario destro, Cap. De Rinaldis; Pony 9, 2° fanalino, S. Ten. Valoti; Pony 10, solista, T. Col. Rosa.

Qualche statistica sui 10 piloti P.A.N. ci dice che lo Stormo di provenienza più rappresentato è il 6°, con quattro piloti, seguito dal 3° (due) e dal 51° (due), con singoli rap-presentanti per 9° e 5°, e questo sottolinea come i piloti di Tornado, che molti immaginano come «bombardieri», rappresentino il 40% di un team classicamente dedicato ai «cacciatori».

Il resto delle «combat readiness» è ovviamente di provenienza su F-104, con l’eccezione del S. Ten. Valoti formatosi anche su AMX. Ricordiamo inoltre che questo pilota è stato protagonista di un drammatico lancio nei dintorni di Verona dopo il quale, pur con un piede fratturato, ha salvato una donna dalle fiamme provocate dal velivolo schiantatosi nei pressi della sua casa. Casi di cronaca a parte, tutti i piloti P.A.N. sono un po’ speciali, ed alcuni di essi hanno partecipato alle azioni contro l’Iraq, aggiungendo anche un background «bellico» alle memorie della pattuglia.
La selezione cui sono sottoposti i piloti viene realizzata in modo non traumatico, tramite una serie di scambi di opinioni e proposte tra il Comandante del 313° ed i Comandanti degli Stormi da combattimento.

Alla fine, ogni anno vengono scelti due piloti, che vengono subito aggregati al team e ne seguono tutte le attività, integrandosi progressivamente nella formazione durante i voli di allenamento ed imparando ad eseguire le manovre acrobatiche insieme ad un numero crescente di velivoli. I piloti in allenamento quest’anno sono il Ten. Fiaschi (ex 50° Stormo su Tornado) ed il Cap. Rossi (ex 51° su AMX). La permanenza in Pattuglia dura normalmente un minimo di tre anni.

Qualche problema negli ultimi anni lo sta provocando la diminuzione generalizzata delle ore di volo dei nostri piloti militari, che ha portato il livello minimo di ingresso in Pattuglia attorno alle mille, quando fino a qualche anno fa esso era almeno doppio, cosa che richiede più lavoro per inserire i «nuovi» nella formazione, con grande gioia del Cap. Vivona.

Per completare il ritratto di famiglia, vogliamo citare lo speaker e responsabile P.R., il Cap. Rinaldi, ex Vice Comandante dei «Falchi Blu», che dal 1990 con voce discreta e suadente commenta al microfono le esibizioni della Pattuglia. Da non dimenticare il gruppo degli specialisti, protagonisti come i piloti del successo della Pattuglia, capeggiati dal Ten. Col. Baron, Capo Servizio Manutenzione, e dal Cap. Zanelli, Ufficiale Tecnico. Stando con loro cinque giorni, abbiamo potuto verificare di persona la passione e l’entusiasmo per un lavoro che chiede sempre qualcosa di più, anche sotto la pioggia, condizione nella quale hanno lavorato con lena, quasi montassero il palco per un concerto.

Per quanto riguarda quella che è sempre stata la base del Reparto, Rivolto del Friuli, più volte negli anni scorsi si è parlato di un trasferimento del reparto altrove, per esempio a Pratica di Mare, al fine di lasciare l’aeroporto friulano a reparti da combattimento (anche se la P.A.N. è comunque considerata tale), specie in funzione dell’abbandono dell’aeroporto di Treviso S. Giuseppe da parte del 2° Stormo. Anche se ai romani avrebbe fatto molto piacere (un po’ meno ai friulani che tifano P.A.N. da sempre), tale soluzione è stata ritenuta per ora inattuabile e si è proceduto al rischieramento del 2° Stormo, con i suoi AMX, a fianco del 313° Gruppo su una sede di dimensioni ed infrastrutture limitate.

Oltre a quelli logistici, alcuni problemi di non facile soluzione sono stati creati anche dalle diversissime procedure operative dei due reparti, e come si può ben immaginare nelle giornate «volabili» i piloti della Pattuglia mordono il freno.

Negli ultimi tempi si parla di Forze Armate molto spesso solo in funzione dei tagli alle loro spese che, specie nelle attività propagandistiche e di prestigio, sono state ridotte veramente all’osso. Ovvio che la prospettiva di un rinnovo della linea di volo, con il ritorno di un velivolo da combattimento, come l’AMX, si allontana sempre più, mentre la vita dei «339» in dotazione, che sono più o meno sempre quelli iniziali, si sta avvicinando alle 2000 ore, per lo più vissute «intensamente». Si pone quindi il problema di mantenere in condizioni di volo una dozzina di macchine che richiedono interventi sempre più estesi di manutenzione, al fine di mantenere efficienti almeno i dieci velivoli della formazione che, lo ricordiamo, tra le acrobatiche è la più numerosa.
Noi speriamo che nelle varie ristrut-turazioni, ottimizzazioni, razionalizzazioni, etc. etc., ci sia sempre posto per la P.A.N. che oltre a rappresentare un momento estremamente importante nella carriera dei nostri piloti, nonché ambitissimo, è simbolo innanzitutto dell’unità e dell’identità nazionali, rappresentate dalla nostra Arma Aeronautica. Ovviamente l’Aeronautica Militare Italiana non è solo P.A.N., ma il 90% degli italiani non è in grado di apprezzare l’oscuro ma importante lavoro svolto 24 ore su 24, dal personale degli aerei da combattimento, dei pattugliatori, dei trasporti e di tutti gli altri aeromobili, senza che qualche volta i fumi tricolori solchino i nostri cieli.

Un particolare ringraziamento va al Ten. Col. Cuccu del V Reparto dello S.M.A., al Ten. Col. Mucia della I Regione Aerea e, soprattutto, ai gentili ospiti Com.te Zanovello e Cap. Rinaldi della P.A.N.

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