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«Sono i nostri eroi ma il rischio è troppo grande»

Nella base friulana la consegna del silenzio, la gente è divisa fra commozione e timore

di Marzio Breda
da Corriere della sera, 30 agosto 1988, p. 2

DAL NOSTRO INVIATO
RIVOLTO (Udine) — «Ho celebrato almeno venti funerali in venti anni, negli hangar della base. Sono troppi». Monsignor Giovanni Capolutti si sfoga cosi per un attimo, ma mostra di pentirsi subito. Assume una espressione imbarazzata, si tormenta le mani e prega i cronisti dl dimenticare la frase. Di non riportarla nei resoconti sulla strage delle Frecce Tricolori. Chiede specialmente che nessuno scriva la parola «troppi».

Il parroco dl Codroipo ci perdoni, tuttavia non è possibile accontentarlo. Infatti sbaglia, nel voler tenere la conversazione solo sui (doverosi, è ovvio) toni dolenti che il momento impone. Sbaglia perché in realtà sono proprio quella riflessione a voce alta e quella parola, in particolare, a dare ll senso di come il Friuli stia vivendo la tragedia di Ramstein.

Senso riassumlblle in una richiesta, secca: «Qualcosa adesso deve cambiare». Cioè: bisogna ridurre al minimo il rischio dl incidenti, dipendano essi dall’uomo o dalla macchina, anche sui cieli italiani. E ancora: la acrobatica resti pure qui, ma con più garanzie dl sicurezza per i piloti che stanno alla cloche e dunque pure per quelli che stanno sotto. Le migliaia di persone che abitano e lavorano nel paesi mille volte fotografati, in quanto scenario d’addestramento di questi funamboli del volo.

Sono questioni che oggi, a camera ardente ancora da allestire, nessun friulano pone in modo esplicito. Se non per motivi dl affetto — autentico, popolare sul serio — verso gli ufficiali uccisi e colleghi in lutto, quanto meno per ragioni di discrezione, buon gusto, decenza. Questioni che la gente dl Rivolto, dove ha sede la base, e dei vicini Codroipo, Passariano e tanti altri comuni, si può dire scopra soltanto ora.

Dice Bruno Cavazzuttl, un commerciante accorso davanti all’aeroporto, per portar condoglianze e avere notizie: «Le sento e le vedo tutti i giorni, le Frecce. Si allenano giusto sulle nostre campagne ed è bellissimo sapere che portano gli stessi numeri in giro per il mondo. Sono la faccia bella dell’Italia, no? La faccia del coraggio, della preparazione, della tecnica. Però, questa sciagura in Germania mi ha costretto a pensare. A pensare alle altre volte, infinite, in cui quegli stessi numeri li provano qui sopra. E al pericolo che possono correre i tanti come me, che si fermano col naso in su, sempre sbalorditi».

Ecco: ammirazione, simpatia, solidarietà e, da domenica, una nuova, mai provata prima, inquietudine. È campionario dei sentimenti che resta segnato sul taccuini dopo una mattinata trascorsa davanti ai cancelli dell’aerobase. C’è una piccola, continua processione di abitanti del luogo, come Cavazzutti, e di vecchi piloti in congedo.

Giancarlo Bonollo, ad esempio, partito da Parma per stringersi ai vecchi compagni d’arme. Il piantone non lascia passare nessuno. Per mezz’ora neppure Bonollo, anche se ha dieci anni dl anzianità nel team, col ruolo di «fanalino». Il capitano, convertito all’aviazione civile, Inganna il tempo chiacchierando con un altro ex, Ottavio Toso, che ha comandato la base dal 1983 al ’78 e che è subito venuto qui, di corsa, pure lui. «Sciogliere le Aquile? — commentano asciutti i due, entrando —. «Ma no. Che senso avrebbe? È stato un incidente. Fa parte del mestiere».

Dopo un’altra ora dl bivacco dl telecronisti e fotografi (e dl gelido, Imbarazzato silenzio dei responsabili dell’aerobase), si presenta una delegazione di parlamentari friulani, il ministro dei Trasporti Santuz in testa, assieme al presidente della Regione Biasutti.

Una visita privata, dl condoglianze, compiuta nei minuti in cui sulla pista sta atterrando un Jet che ha a bordo una delle vedove dl Ramstein. È la giovanissima, ventiduenne moglie del capitano Alessio, salita quassù dalla Puglia per salutarlo un’ultima volta.

Viene scortata lontano da flash e telecamere, mentre escono i deputati. Alzano tutti le spalle, quando qualcuno azzarda domande sul futuro della formazione. Santuz tenta dl smorzare ogni vento, sia pur soffiato pianissimo, di polemica.

«Suvvia — esorta con sussiego — siamo civili. Non è il caso di aprire problemi e contenziosi. Comportiamoci come gli uomini delle frecce, con cui ho passato una bellissima giornata proprio mercoledì scorso, ad Agordo. LI ho accompagnati a ricevere un premio, per la loro discrezione». La raccomandazione viene comunque Infranta nel giro dl poche ore.

Al termine cioè dl una inutile conferenza stampa, concessa dal colonnello Salvi, che ha la responsabilità della base. Un incontro pieno dl «non so», «dipende tutto dallo Stato maggiore», «rivolgetevi a loro».

E tocca a un’altra delegazione di deputati, del Pci questa, lo scomodo ruolo di «guastatori». Cordoglio a parte, il gruppo guidato dall’onorevole Isaia Gasparotto (vicepresidente della commissione Difesa della Camera) riferisce di una imminente interrogazione al governo. Anche lui, come Il parroco dl Codroipo, parla dl «troppi caduti, tra gli ufficiali della pattuglia acrobatica».

Ma non si accontenta della constatazione: sollecita blocco, da subito, di ogni manifestazione aerea militare; propone Il varo dl una commissione che prepari un corpo di norme di garanzia; chiede uno studio sulle soglie di rischio, per le Frecce Tricolori e per tutti gli altri aviatori.

La mossa dl Gasparotto, in un Friuli trasformato da anni in caserma d’Italia, costituirà un formidabile acceleratore di polemiche, nei giorni a venire. Dopo la camera ardente dl oggi, a Campoformido. Dopo i funerali, a Udi-ne, mercoledì mattina.

Dopo l’incidente un elicottero raccoglie rottami nella base dl Ramsteln (Foto AP)

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