Ultimo aggiornamento: 28 Settembre 2021
Pattuglia aerea acrobatica privata
da La stampa, anno 116, n° 218, 9 ottobre 1982, p. 7
VICENZA — All’aeroporto «Arturo Ferrarin» dell’Aeroclub di Thiene (Vicenza) è stata costituita la prima pattuglia acrobatica privata italiana, denominata «Aquile delle Alpi». Finora, infatti, esisteva soltanto la pattuglia acrobatica dell’aeronautica militare, le «Frecce tricolori».
di Christian Vaccari
da hangaritaly.it [ fonte ]
Foto di Angelo Boscolo scattate da Carlo Madoglio – Foto Alpi Eagles di Silvano Cazzara
Quando tutto ebbe inizio
Nacque dalla volontà di appassionati e piloti la prima pattuglia acrobatica civile italiana.
Le Alpi Eagles (Aquile delle Alpi) iniziarono a operare presso l’aeroporto Arturo Ferrarin di Thiene (VI) dal 1981 con una formazione di 4 Pitts Special. Gli sponsor, essenziali al sostentamento del Team, furono Alpilatte e Nordica e venne impostata una livrea bianco, verde, azzurra agli aeroplani.
Al debutto i piloti della formazione erano noti ai più del settore: Pietro Purpura, Vincenzo Soddu, Angelo Boscolo e Sergio Valori, tutti provenienti dall’Aeronautica Militare e con un curriculum d’eccellenza, avendo solcato cieli nazionali e non solo, con i Fiat G-91 delle Frecce Tricolori.
Un gruppo affiatato e collaudato che, già in partenza, avrebbe posto le giuste basi della neo costituita pattuglia.
Di seguito alcune foto scattate al comandante Angelo Boscolo.
Qualche difficoltà iniziale per le Alpi Eagles
Il velivolo in dotazione, elogiato in America per le straordinarie doti acrobatiche, purtroppo rivelò limiti durante il volo in formazione e non solo.
La ridotta apertura alare favoriva le manovre sull’asse longitudinale e meno in quello trasversale.
L’abitacolo e la combinazione a doppia ala “biplano” non garantiva i giusti parametri di posizione e di visibilità.
Il primo spiacevole segnale avvenne durante un looping quando Nunzio Ruggiero, collega in tante manifestazioni durante il periodo alla PAN, perse la vita provando in volo uno dei primi Pitts acquistati dal Team.
La svolta: una formazione di nove SF-260 sorvola l’Atlantico per raggiungere gli Stati Uniti
Oltre le difficoltà morali e tecniche, le Alpi Eagles per due anni riuscirono a collaudare un programma ad hoc da esibire agli appassionati durante le manifestazioni, fino al 1983…anno della memorabile svolta.
In occasione dei cinquant’anni dalla trasvolata atlantica di Italo Balbo, dall’Italia agli Stati Uniti (compiuta con l’utilizzo di idrovolanti Savoia-Marchetti S.55), la SIAI Marchetti (gruppo Agusta) organizzò una trasvolata commemorativa di nove SF-260.
Il monomotore ad ala bassa e carrello retrattile della ditta varesina venne progettato dall’Ing. Stelio Frati e inizialmente denominato F-250.
Acquistati i diritti sul velivolo ne proseguì la produzione con opportuni accorgimenti e l’introduzione del motore Lycoming O 540 E4A5 da 260 cavalli.
Da qui l’era del “piccolo Mustang”, così venne battezzato in America, un aereo per privati, adatto anche all’addestramento dei piloti di compagnie aeree e forze armate, e con eccellenti doti acrobatiche.
I componenti delle Alpi Eagles si unirono all’impresa aviatoria ad altri colleghi e, sul campo di Vergiate, vennero effettuati per un mese svariati voli, prima con sorvoli in formazione e dopo con vere e proprie figure ed incroci mozzafiato.
Lo stupore per le evoluzioni in cielo e il fascino delle linee del piccolo aereo ad elica posero la prima pietra per la ricostituita formazione acrobatica.
La trasvolata fu un successo, promuovendo il gioiello di casa SIAI con varie esibizioni durante le innumerevoli tappe nella rotta.
Alla gioia per la buona riuscita della rievocazione, la tragica scomparsa del pilota collaudatore SIAI Floro Finistauri, comandante della formazione dei nove SF-260 ferito durante un esibizione a trasvolata conclusa, in territorio statunitense.
Il ritorno in patria
Al ritorno in patria, le Alpi Eagles vennero riequipaggiate con quattro SF-260C ed il programma acrobatico interamente rivisto e studiato a tavolino per adattarlo al nuovo mezzo. Riproporre in chiave sportiva la disciplina militare del volo collettivo fu un’impresa che al Team fruttò ammirazione e stima da parte di molti piloti professionisti, per un programma acrobatico tra i più difficili.
L’immagine del Team venne curata e garantita da altrettanti sponsor: Retequattro, Merit, Agusta, Fidia Farmaceutici, Frezza, Volare, Chesterfield, Api, Brain, Sete, Agip, EBM ed altri ancora, che negli anni mutarono la livrea della pattuglia in colore e grafica.
Un’alternanza di nomi non solo sulle carlinghe degli aerei, ma anche negli abitacoli. Ai primi componenti si unirono, avvicendandosi a volte nelle posizioni: Massimino Montanari, Jack Zanazzo, Beppe Liva, Vittorio Cumin e Gian Battista Molinaro, per tutti “Gibì” indiscusso solista nelle Frecce Tricolori e dal 1987 anche nelle Alpi Eagles.
Nello stesso anno venne fondata la Ithifly, quale società finanziaria che assorbì il Team acrobatico costituendo una sezione executive.
Ai velivoli del servizio aerotaxi venne posto il logo delle Alpi Eagles, volando con gli stessi piloti del Gruppo acrobatico e sfruttando l’indotto pubblicitario dal medesimo.
Tutto si concluse, ma niente fu perduto!
Quel 14 ottobre 1990, quando le Alpi Eagles solcarono il cielo per l’ultima volta davanti a 40000 persone, all’apice della loro fama, si concluse definitivamente una bellissima iniziativa fino a quel momento unica in Italia, e molti ammiratori stentarono a rassegnarsi. Tutto si concluse, ma niente fu perduto!
Alpi Eagles: l’indimenticata pattuglia!
di Christian Vaccari
da theaviation.net, 14 ottobre 2019 [ fonte ]
Foto di Gianangelo Uboldi, Luca Orsini, Silvano Cazzara
Sono trascorsi 29 anni dall’ultima esibizione in pubblico della prima pattuglia acrobatica civile italiana: le Alpi Eagles. In questo grande frangente temporale la memoria di appassionati e fans non ha dimenticato le eccezionali imprese aviatorie di questo team: una dimostrazione di saper volare bene (“in coro”) tramandata da una scuola d’eccellenza: le Frecce Tricolori, su un aereo che in Aeronautica ha forgiato le ali a molti piloti militari.
Ripercorriamo in queste poche righe gli anni d’oro della pattuglia, assieme alle testimonianze di alcuni appassionati che ne seguirono gli appuntamenti del tour estivo.
[…] (il testo è lo stesso riportato qui sopra, ndr)
Ed è ancora viva fra appassionati e ammiratori la compagine acrobatica espressa a cavallo fra gli anni ’80 e ’90. Ricordi che si fanno più nitidi se correlati agli scatti fotografici di quelle manifestazioni.
Grazie alla disponibilità di alcuni fans della pattuglia, possiamo assaporarne le manovre acrobatiche e le splendide linee geometriche del Team nel cielo azzurro sopra piste erbose, aeroporti o litorali.
Giangangelo ricorda l’esibizione sopra lo specchio d’acqua del Lago di Como: «Nonostante la grande passione, ho avuto pochissime occasioni per vedere la PAN dal vivo per cui quando le Alpi Eagles vennero a Como per me fu una grande occasione. I piloti, le manovre, le emozioni, tutto uguale… nemmeno mi accorsi che erano circa la metà e che non cavalcavano dei jet. Così vicini mentre evoluivano sul primo bacino del lago che pareva di toccarli, immensi!»
Luca, legato al mondo aeronautico per il papà pilota, ci racconta: «Non c’è molto da dire se non che a Massignano, con papà istruttore di volo, a quei tempi potevo fotografare con grande tranquillità e di conseguenza ogni scatto, nei limiti di sicurezza era una gioia. L’unica nota negativa era legata alla macchina fotografica che per le mie risorse era non granché. La soddisfazione di scattare in ogni posto era al massimo. Oggi con il digitale sarebbe fantastico. A quei tempi ne respiravo di manifestazioni…La possibilità di vederli senza restrizioni! Il resto scorreva rapido per immortalare quanti più scatti si potesse fare».
Silvano, fedele alle Alpi Eagles, fa un tuffo nel passato: «Tanti ricordi sulle Alpi Eagles, seguite in vari aeroporti militari, civili o grandi prati con piste in erba, dove cercavano sempre di atterrare. Per la manifestazione ci si preparava sempre settimane prima e ci si organizzava per il viaggio con amici o famigliari. La notte si dormiva poco per l’eccitazione e all’alba si partiva a volte con un grande zaino pieno di macchine fotografiche assieme a panini ed acqua, altre volte anche con frigorifero, vettovagliamento e ombrellone. In piccoli campi per deltaplani arrivavano di sorpresa alle spalle del pubblico, ti sfioravano i cappelli e ti lasciavano quell’odore di combustione misto a olio in una nuvola di fumogeno. Il programma simile a quello della nostra PAN, abbastanza basso specie dall’arrivo negli anni successivi del 5° 260 del grande GB.»
La “piccola PAN”, così come fu soprannominata, riuscì a garantire la presenza agli appuntamenti grazie alle cure dei loro specialisti, professionisti invidiati da diverse aziende aeronautiche per la messa a punto dei velivoli, sia per i voli di trasferimento sia per gli elevati stress di motore e cellula durante il repertorio acrobatico. Mai una noia, mai una cancellazione per motivi tecnici: il 260 si è dimostrato all’altezza delle aspettative, sfoggiando doti acrobatiche innate e portavoce della fantasia e della voglia di volare dei piloti.
Quel 14 ottobre 1990, quando le Alpi Eagles solcarono il cielo per l’ultima volta davanti a 40000 persone, all’apice della loro fama, si concluse definitivamente una bellissima iniziativa fino a quel momento unica in Italia, e molti ammiratori stentarono a rassegnarsi.
La grande magia del loro volo terminò quel giorno all’aeroporto di Thiene, abbracciati da tutti coloro che con il naso all’insù li seguirono ovunque e che, ancora oggi, ne ricordano le straordinarie qualità.