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Parla Ambra Brovedani

È la consorte dell'ex «freccia» triestina magg. Fabio Brovedani - I ricordi

di Furio Baldassi
da Il Piccolo, anno 107, n° 190, 30 agosto 1988, p. 3

CODROIPO — «E’ una cosa impossibile, non esiste uno sbaglio del genere. Questo non è un lavoro che si fa a casaccio. Ogni passaggio è studiato e ristudiato. Nell’incidente di Ramstein posso prendere in considerazione solamente l’ipotesi di un malore capitato a uno dei piloti». Le parole vengono fuori di getto, precise al punto da non ammettere quasi repliche. Ma a pronunciarle non è un pilota con migliaia di ore di volo alle spalle. Ambra Brovedani è la moglie di uno delle Frecce. Anzi, dal 1.o luglio scorso, di un «ex».

Suo marito, ii triestino Fabio Brovedani, 40 anni, è rimasto nella Pattuglia acrobatica nazionale per nove anni e mezzo. Poi ha passato la mano, «nel momento giusto, quando era ancora in tempo per incominciare qualcosa di diverso», Quel «qualcosa» si chiama attività civile. Attualmente Brovedani trasporta in giro per i cieli d’Europa l’industriale trevigiano Luciano Benetton. Egualmente Rivolto, la Pan, quella grande famiglia dei cieli che si chiama formalmente 313.o Gruppo di addestramento acrobatico, continuano a far parte della vita di tutti i giorni. Oggi ancora più di ieri. C’è un filo che lega i piloti e le famiglie delle Frecce. Qualcosa di più dell’amicizia e qualcosa di meno dell’intimità. Complicità, forse.

Per questo il salotto di casa Brovedani, in una villetta alla periferia di Codroipo, a momenti sembra un centralino. All’apparecchio telefonico, lì, nell’angolo, arrivano telefonate che non si sarebbero mai volute sentire. E da quello stesso telefono vengono rimandate parole che non si sarebbero mai volute pronunciare. La casa, invece, di «aeronautico» ha ben poco. Qualche miniatura in tema alle pareti, qualche isolato poster con le «Frecce» in volo sulle Piramidi o sul Marocco. Le foto di piloti, a decine, sono tutte racchiuse negli album. «E’ la passione a spingerli, sono loro a chiedere di entrare nel gruppo. Alla gente le loro acrobazie piacciono. Ai piloti anche di più. E, purtroppo, fanno spettacolo anche quando cadono».

Parla franca, la signora Brovedani. Con l’esperienza e l’approccio di chi, certi momenti, certe sensazioni le ha vissute per dieci anni. Che diventano venti, se si considera la carriera del marito. Ci si aspettava forse una «donna del pilota» da mitologia popolare, costantemente tesa nel terrore di cattive notizie. Davanti abbiamo invece una signora normale.

Eppure la paura è entrata anche in questa casa. Capitò il 2 settembre del 1981. Quel giorno Fabio Brovedani aveva decollato per un normale volo di addestramento assieme al comandante della pattuglia acrobatica, Antonio Gallus. Un attimo, i due «G 91» che si toccano. Brovedani riuscì ad atterrare, Gallus no. «Seppi dell’incidente nella piazza di Codroipo, dalla gente. Succede sempre così. A Wilma Naldini (moglie di uno dei morti di domenica n.d.r.) è andata peggio. Ha appreso della morte del marito dalla televisione, a Lignano. Leri Nutarelli, poi, era addirittura sui posto, a Ramstein… ».

E l’angoscia, la voglia di smettere, la ricerca del tran-tran quotidiano, non passano mai per la mente della moglie di un pilota? «Inutile nasconderselo, alla possibilità di una disgrazia si pensa. Ma potrebbe capitare anche sulla strada. Sinceramente, se fossi moglie di un camionista mi preoccuperei molto di più».

Fatalismo nei confronti di un lavoro pericoloso per eccellenza? «No, non mi considero fatalista. Tra l’altro, detto per inciso, non mi piace volare, non mi sento a mio agio, lassù. E non vado nemmeno a guardare le esibizioni delle “Frecce”. Ma so, invece, che su quegli aerei non può salire una persona che non sia assolutamente a posto ed equilibrata in ogni sua caratteristica. E so anche, ho imparato, che dietro a ogni evoluzione ci sono mesi di prove, di perfezionamenti. L’acrobazia aerea non si improvvisa. Adesso hanno già cominciato a scrivere che quello finale era un passaggio difficilissimo. Invece era pura routine, gliel’assicuro. E dopo incidenti del genere l’unica cosa da fare è riprendere a volare».

Già, volare. Fabio Brovedani continua a farlo, da privato, «anche se adesso non è più quello, è un lavoro», precisa la moglie. Ma le «Frecce» in un Paese come il nostro, più emotivo che razionale, continueranno a farlo? Sulla parete del salotto campeggia un quadro coloratissimo. Due aerei che si incrociano e la scritta «Il cielo è tutto blu». Ma lo sarà ancora, dopo Ramstein, quello della Pan?

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