Ultimo aggiornamento: 17 Giugno 2024
di Michele Dalla Riva, Alessandro Carrarini, Marco e Matteo Troiani
da knotsairspeed.com, 7 dicembre 2023 [ fonte ]
Abbiamo dialogato con il Colonnello Piergiorgio Accorsi, dal 1980 al 1993 pilota della PAN e pietra miliare di un periodo storico incredibile della nostra Pattuglia, in cui gioie e tragedie si sono avvicendate, e dove imprese ed avventure a lieto fine sono stati tasselli che hanno contribuito a costruire quella leggenda tricolore che tanto ci appassiona ancora oggi.
Non neghiamo che incontrare “Il Nonno” – così era ed ancora oggi è conosciuto all’interno della Pattuglia – se da un lato ci riempiva di entusiasmo, dall’altro ci dava anche un pò di timore reverenziale, anche solo visti i suoi trascorsi.
Se a questo si aggiunge il fatto che, vista la nostra passione sfociata fin dalla più tenera età, il ricordo non poteva che correre subito a quelle foto quasi ai limiti della leggenda metropolitana che ritraevano questo pilota delle Frecce Tricolori con i baffoni stile poliziotto newyorchese anni ’70 con la bandana del Sol Levante, è chiaro che almeno una leggera trepidazione ci ha accompagnato fino al nostro primo appuntamento.
Il tutto però è svanito subito, grazie ad una vigorosa stretta di mano ed un morbido sorriso nascosto da quegli iconici baffi, ancora presenti, come un tempo, in grado di metterci subito a nostro agio.
In più di un’occasione, anche dopo aver rivisto più volte l’intervista, la pelle d’oca ha fatto capolino su di noi, la disponibilità del Colonnello a parlare di tutto quello che gli abbiamo chiesto è stata totale, permettendoci così di riaprire un portale che ci ha consentito di ricordare uno spaccato di storia dell’Aeronautica Militare dalla viva voce di chi ha vissuto quei momenti, e questo secondo noi è un valore importantissimo.
Grazie di cuore Colonnello.
Mi chiamavano “il nonno” perché ero il più anziano e via dicendo. Ancora adesso tantissimi colleghi tra cui Zanovello non mi chiama Piergiorgio mi chiama “il nonno”. Per gli amici dell’altra compagnia sono “il comandante”… e poi ci sono altri soprannomi: Ugo e via dicendo. La mia figura è questa qui, semplice semplice… Sono nato prima degli altri sono arrivato lì…chiaramente era importante insomma… è importante per me ancora adesso.
– Quante ore ha il suo attivo di volo?
16.000
– L’ultima volta che ha volato quando è stato?
Mi sta colpendo basso… La signora Fornero mi disse che dovevo stare a casa: era un dicembre del 2019.
– Non tanto tempo fa comunque…
È stato l’ultimo volo che ho fatto: sono andato Malpensa – Sharm e Sharm – Malpensa ma avrei voluto venire a casa… lavoravo lì invece. Ho fatto il mio volo senza dare fastidio a nessuno, chiamare la riserva quindi in ritardo eccetera. Mi è rimasta un po’ sul gozzo perché non fu una bella azione. Ma questo è un problema mio personale, niente politica.
– Su che aereo era?
Su un Airbus 320.
– Come nasce la sua passione per il volo?
Da prima che finissi il l’istituto tecnico… Eravamo a Milano e avevo un cugino che era pilota della Marina e poi passò all’Alitalia. Mi sono appassionato così: mi sono preso un po’ di libri, ho cominciato a studiare eccetera. Ho cominciato nel ’71 a fare il corso degli allievi ufficiali di complemento. Ho superato le visite mediche e poi fatto la prassi normale insomma quella che studi, passi l’esame e vai a fare l’addestramento. All’epoca c’era Lecce e Alghero: Lecce era sui jet e Alghero sugli elica. Andavano a dispari pari, pari dispari e io andai a Lecce. Quindi da lì ho cominciato: Lecce, Amendola poi il 2° Stormo di Treviso, poi l’istruttore ad Amendola, 13 anni di Pattuglia Acrobatica, poi ho fatto 3 anni e mezzo di Ciampino con Falcon 50 e dopo un’occasione, nonostante avessi 46 anni, sono uscito dall’Aeronautica.
– Lei è ricordato soprattutto per il suo passato nelle Frecce Tricolori… Il percorso che l’ha portata ad entrare nelle Frecce Tricolori qual è stato? Com’è arrivata diciamo la chiamata?
La chiamata è arrivata perché c’era un collega istruttore con me, carissimo amico peraltro, che aveva avuto l’input da parte della Pattuglia Acrobatica perché vieni scelto, non è che sei tu che… Rinunciò perché lui voleva tornare a Villafranca e e io invece dispostissimo. Dopo una settimana, un mese, quello che è stato, viene giù il comandante della Pattuglia Acrobatica insieme a un collega, hanno fatto dei sondaggi – ma li avevano già fatti prima – e mi hanno chiesto se io chiaramente… Ho detto sì subito con un piede! Infatti quando andai a casa della moglie e le dissi: “Sai che cambiamo casa?”. “Dove andiamo questa volta?”. Questo è quanto…
Che cosa ha significato per lei il periodo trascorso nella Pan?
Stupendo, una cosa magnifica! Tra l’altro ci piaceva anche quel tipo di attività, quel tipo di volo. Si è anche po’ portati ad essere sinceri, lo fai con entusiasmo, si fa tanta fatica: posso garantire che è fatica fisica! Arrivare a casa la sera dopo aver fatto due voli o tre e sotto G eccetera… Io mi addormentavo sulle gonne della padrona, la moglie, perché ero stanco. Dopo si fa l’abitudine, come un giocatore di calcio: si allena si allena si allena poi arriva all’apice. È una cosa meravigliosa perché nonostante purtroppo gli incidenti che ci sono stati… Noi siamo andati nell’86 con 12 aeroplani siamo andati negli Stati Uniti facendo il percorso con un motore e abbiam fatto questo tour “coast to coast”: siamo partiti da est per andare fino a ovest, abbiamo fatto 15 manifestazioni in due mesi e e mezzo circa, 2 mesi e 10 giorni, era uno ogni tre solo che per spostarsi da lì è tanta l’America tantissimo e il Canada abbiamo fatto da Toronto fino a Vancouver.
Ho avuto la fortuna di fare tanti anni ma tutti i ragazzi che sono passati con cui ho lavorato insieme e che ho addestrato – tra virgolette insomma, perché poi sono stato anche supervisor negli anni, sono diventato anche quello ma non perché ero più bravo, perché ero più anziano e più esperto… E allora poi ti vedi che fanno il leader, che fanno il comandante della pattuglia, poi vanno nel centri particolari dell’Aeronautica, dove conta essere passati per la Pattuglia… Nel 92 c’è stato il secondo giro: quindi io avevo ancora tante persone nuove. Lì lo feci però non da protagonista, ma ero un aggregato perché essendo responsabile del settore del volo, dovevo stare a terra a guardare e quindi era praticamente è stato un passaggio di consegna tra il il nuovo e il vecchio…
– Penso che sia più duro stare giù che non essere in volo…
Non vi è alcun dubbio. Hai detto una cosa molto molto bella. È dura perché stai lì però l’età anagrafica è quella e devi lasciare spazio agli altri che abbiano la possibilità di godere di questa possibilità che hanno, che è stupenda, è magnifica, non tanto perché la gente ti acclama.. no, no. Abbiamo una bandiera che è la più grande del mondo fatta da 10 aeroplani! Le nostre sfide con i francesi e gli inglesi non sono sfide. Ognuno fa il suo mestiere: loro lo fanno in un modo, noi lo facciamo in un altro! Loro più spettacolare: hanno due solisti. A noi basta un solista. E ho detto tutto.
– Tornando alla trasferta degli Stati Uniti: se non sbaglio avevate fatto addirittura un corso in Inghilterra.
A Plymouth, che è a sud dell’Inghilterra, verso ovest e lì abbiamo fatto un corso di sopravvivenza sul mare perché facendo la traversata, quel mare un pochettino freddo… attraverso l’Irlanda, l’Islanda fino ad arrivare in Groenlandia. Avevamo le tute mimetiche, quelle visibili arancioni, complete perché c’era pure il pedalino, il giubbetto di sopravvivenza. Mi ricordo un aneddoto: sono stato recuperato per ultimo in quanto ti buttavano giù dall’elicottero in acqua e poi arrivava quello che ti portava il gommone di salvataggio che hai sotto seggiolino eccetera… salivi su questa robetta così e chiaramente eri tutto bagnato. Avevamo una pompetta come quella che usi per gonfiare i materassini per buttare fuori l’acqua e insomma… era pieno febbraio, la temperatura là non è che fosse simpatica! Tenga presente che con la temperatura di 10° dell’acqua lei ha la sopravvivenza – statistiche fatte all’epoca – di 20 minuti dopodiché lei muore assiderato. Sono stato recuperato…io che soffro il caldo… quel freddo lì è un po’ eccessivo! Mi sono messo sotto le coperte in camera: eravamo in ambiente militare quindi sti casermoni alti in inglese, con termosifoni a 1000 perché era freddo. Sotto le coperte perché avevo il fondo schiena ghiacciato!!!Abbiamo fatto questo corso: è stato molto interessante.. piacevole… freddo.
– Un aneddoto di questo traversata, di questi show che avete fatto, qualcosa che le viene in mente…
Ce ne sarebbero tantissimi… Il primo è nell’86 che un collega avuto un problema alla notte ed è dovuto andare al Pronto Soccorso in ospedale l negli Stati Uniti: aveva dei calcoli renali. Molto molto brutto!Dopodiché il giochino è stato espulso e ho dovuto andare in volo con lui perché per sicurezza non si sa mai che magari avesse avuto qualche problema durante l’attività… La mia posizione era gregario destro quindi andavo a nozze perché ho fatto il numero 3 numero 5… Alla sera eravamo un po’ spaventati in quanto il giorno dopo c’era la manifestazione eravamo Toronto mi pare… Abbiamo fatto senza problemi.
Nella seconda mandata invece è stato il problema che decollando dal Canada mi pare… non me lo ricordo… decollando c’è stato acqua planning, pioveva molto, era brutto tempo! Due velivoli si sono toccati, si sono fermati in pista, uno è decollato ed è ritornato a casa… Bisognava cambiare il motore! Sono rimasto lì io, il futuro leader e gli specialisti: in 6 ore hanno cambiato il motore, sfilato, rimesso messo in moto e dopo bisognava fare il volo di prova solo che c’era tempo schifoso: i voli prova vanno fatti con il sereno come adesso. Lì abbiamo giocato bene: andati in volo 1500 piedi, roba da niente, sotto l’acqua, nubi provavamo sto motore… Funziona! Atterrati, siamo ripartiti, siamo andati in Texas, dove c’è la scuola internazionale a Shepherd: due aeroplani, tre piloti e uno specialista. Siamo arrivati non ci aspettavano neanche: se non riuscite a venire qui a fare la manifestazione, andate direttamente qua…Invece, arriviamo arriviamo!
– Cosa ha pensato la prima volta che ha volato con la Pattuglia che è arrivato lì il primo giorno…
Sono arrivato il primo settembre dell’80, avevo già il certificato sul G91 ed ero anche istruttore di conseguenza… Sono decollato con questo grandissimo di pilota che si chiamava Tony Gallus che era il leader di quell’anno. Io certosino, ho preparato il piano di volo, per andare… facciamo questo, quest’altro… “Ma mettilo lì!”. Andiamo su e dopodiché cielo campo, ha cominciato a fare un po’ di manovre… Quando arrivai a terra, ho chiamato subito la padrona e le ho detto: “Che figata!”. Da lì è nata tutta un’energia pazzesca. Dopo 20 giorni sono tornato a trovare casa, è venuta giù la moglie con la figlia. Si lavorava in maniera talmente semplice e volitiva che fatica zero… ma la sentivi alla sera. Si faceva cena con le famiglie, ci si trovava, si lavorava praticamente da marzo a ottobre, a parte i sorvoli che si facevano sul sacrario a Redipuglia… si finiva quindi a novembre. Eravamo molto uniti. Ancora adesso!
– C’era una figura che prediligeva cioè che diceva: “Che bello! Adesso facciamo questa figura…”
No, erano tutte belle perché cominciavano in un modo, dopodiché c’era sempre una difficoltà maggiore…quindi quando arrivavi lì, sapevi quello esattamente quello che dovevi fare. Non c’era niente che potevi dire: “Preferisco questa che non quella”. C’era da dire che magari i piloti di sinistra, i piloti di destra… A destra si faceva magari meglio il doppio tonneau e a sinistra facevano meglio il ventaglio… o viceversa. Dopo ci si incontrava… si andava in volo insieme… ci si avvicinava perché la cosa più importante era essere simmetrici, cosa che le altre pattuglie acrobatiche… sceneggiate pazzesche… noi lavoravamo sulla simmetria. Dobbiamo essere anche un po’ presuntuosi.
– Lei è sempre stato mi diceva Pony 3 e Pony 5… non l’ha scelto lei cioè gli è stato assegnato…
Sono arrivato facevo il Pony 5 con il G.91. Dopo abbiamo cambiato l’aeroplano, il 339, e sono passato a numero tre perché ero il più anziano. Perché il rombo del della pattuglia è formato dal numero 1, numero 2, numero 3 e numero 6 che è il leader della seconda sezione: questo qui deve essere perfetto, il meglio possibile per dare la possibilità agli altri di essere ben consci di quello che stanno guardando. Soprattutto perché rende le cose più facili. Il rombo col G91 era più facile perché l’aeroplano aveva le ali a freccia. Il 339 ha le ali un pochettino più larghe quindi il rombo che facevamo e che fanno tuttora è leggermente schiacciato.
– Com’è stato il passaggio dal G91 al 339
Non è stato facile perché partimmo di ottobre perché dopo l’incidente di di Gallus il 2 settembre dell’82 in cui si incrociavano eccetera… han dovuto cambiare l’aeroplano perché non ne avevamo più abbastanza avevamo rimasti con sette aeroplani. Allora siamo andati a fare il corso giù a Lecce con il 339 che aveva le tanichette in fondo quindi abbastanza noiose e noi facevamo le stesse cose che facevamo con il G.91 in quel modo. Dopo abbiamo parlato con la ditta e detto: “Se le mettete sotto magari è meglio”. E così è successo. Abbiamo fatto un lungo lavoro. Siamo tornati il 22 di dicembre, se mi ricordo bene, che abbiamo festeggiato il Natale in Pattuglia.. poi piano piano sono arrivati gli aeroplani, siamo andati a prenderli a Venegono, venivano a portarceli… Insomma è stato tutto una conseguenza. Abbiamo ricominciato alla grande.
– Tra voi piloti è stato subito ben apprezzato questo cambio o magari sentivate nostalgia del modello precedente…
Io ho fatto praticamente 30 anni sul G.91 però oramai era andato, vecchio… Questo qui era il nuovo con strumentazioni diverse, anche di comunicazione: una cosa veramente all’avanguardia per l’epoca. Era il 1982, siamo nel 2023: ha 41 anni. Abbiamo testato tutto, abbiamo portato questo aeroplano in giro per l’Italia prima. per il mondo dopo.
– Ha voglia di parlare di Ramstein?
Ecco questo è un argomento… non mi dà nessun fastidio. Io purtroppo ero presente quel giorno e quindi mi ricordo perfettamente tutto. Io per qualche notte non ho dormito: facevo i salti nel letto. Un evento che si può neanche spiegare. Questo è il numero 1, il 2 e il 4. Allora il 2 ha picchiato l’1… io ero qua dall’altra parte e ho visto tutto sto casino. Sono morti tre piloti in quell’istante, il quattro si è salvato perché ha visto sparire tutto, io uguale: ho avuto per 6 mesi mal di schiena perché ho tirato via storto, in quanto ho visto questa palla di fuoco… e poi il mio collega – non so come abbia fatto a starmi in ala – fa: “Nonno guarda che c’hai l’orpano pieno di buchi!”… io volevo andare così (facendo il gesto di andare dritto, ndr) e lui invece andava di là (facendo il gesto di virare a destra, ndr) e quindi dovevo dare piede sinistro per tenere il muso dritto perché avevo ristretto il cono di scarico, dove c’è il motore e anche il timone di coda quello direzionale era storto… Allora il comandante mi ha detto: “Nonno, portati a Sembach”, la prima pista che c’era lì intorno. Dico io: “Sì volentieri ma sto andando storto!”. Sono atterrato per ultimo, è stata una bella battaglia tra me e l’aeroplano. L’abbiamo messo giù… poi ho visto com’era l’aeroplano e mi rendevo conto perché andava in quel modo.
– Restando in tema di atterraggio un po’ particolare, nell’82 ne ha fatto uno a Pescara che è ancora nella storia…
Lì è stato il primo casino tra virgolette in cui è cominciata la quella stagione anche per problemi personali… Abbiamo fatto questa apertura della bomba classica con un un gran leader – che poi è morto a marzo purtroppo – e una volta che si faceva l’apertura uguali… è da dire che non ero alto, ero basso però… ci sono i tralicci dell’alta tensione che sono bianchi e rossi e c’è però il traliccio di del filo di guardia che non erano però segnalati con i pallini bianchi e rossi. Io ho guardato i due tralicci e ho pensato: “Vabbè, sto bene qua!”. Un par di balle. L’ho picchiato in pieno! Solo che non l’ho preso dritto sennò non sarei qua! L’ho preso storto. Quindi mi ha tranciato tutto l’impianto idraulico tutte le madonne varie, si è rotto e quindi non avevo né il carrello né l’aerofreno – quello che per ridurre la velocità – né i flaps – quelli che servono per ridurre e per atterrare – e qui dietro (al seggiolino, ndr) c’è un interruttore che fa andare all’impianto di emergenza per il carrello. Io mi sono massacrato un gomito, non ci sono riuscito, anche perché bisognava anche guidare l’aeroplano.
Prima della pista di Pescara, c’è l’autostrada, ci sono le case – tenendo il mare alle spalle – e poi c’è la pista. Su tutte le case c’era la gente che guardava! Allora faccio il primo giro: ero veloce, non ce l’avrei mai fatta. Ho detto: “Faccio questo, dopodiché vado sul mare e mi lancio!”. Non mi andava proprio per niente. Tutto registrato eh. Ho cominciato a dargli quelle quattro, cinque remenate di quelle giuste (facendo gesto come se avesse la cloche per le mani, ndr). Penso che quelli che erano sul tetto delle case han detto: “Questo è fuori di testa!”. Vabbè, probabile! L’ho messo giù. Sono atterrato sulle taniche dei fumi. Le taniche dei fumi, da quando è stato cambiato l’aeroplano, contengono anche carburante. Ne però avevo forse per un altro giro, ma non lo so. Allora l’ho messo giù. E lunga la pista!!! 2 km e mezzo. Prima che cominciasse ad accelerare, ho cominciato a slegarmi, ho aperto il tettuccio e cercato di tenerlo in qualche modo con la pedaliera fin quando funzionava – che dopo una certa velocita non serve più -, si è messo sulla riga Bianca un po’ sulla destra… Ma io ero già uscito, avevo già spento tutto… e poi non mi trovavano. Ero per i campi: sono andato al bar nel Circolo ufficiale e mi sono preso una birra. Mi hanno misurato la pressione: avevo 220! Sopo la birra sono arrivato a 140.
– Un’altra cosa che parlando di birra: adesso si fa molta attenzione alla preparazione atletica, all’alimentazione… anche ai suoi tempi era così?
No, ai nostri tempi uno poteva fare l’attività sportiva quando e come voleva se voleva farla… e se non voleva farla non era assolutamente obbligatorio. Io sono nato sportivo perché ho sempre giocato a calcio quindi non mi dava nessun fastidio fare attività: palestra, corsa, calcio… Tra l’altro noi avevamo una squadra di pallone piuttosto interessante perché con noi giocava un certo Ciccio Graziani quando giocava nell’udinese, 84-85 mi pare… e siamo molto amici peraltro. Lui veniva con noi a giocare e ci insegnava e soprattutto, quando giocava diceva: “Amico amico! Mo je famo neri!”. Però qui veniva per divertirsi, perché con noi si divertiva… ma c’era tutto il Friuli che voleva giocare, ogni 15 giorni!!! Perché c’era Ciccio Graziani. Poi è venuto Patrese, è venuto un certo Rivera. Io però non c’ero già più… e tanti altri personaggi dello sport, insomma… il motociclista Orioli… è friulano! Quindi per dire: eri libero di fare quello che desideravi, l’importante era (facendo il gesto con la mano destra che indica “rigore”) alla mañana, alle ocho… duri… non solo alla mañana, ovunque si andava. Eh sì c’era nessuno che veniva a controllarti. Eravamo talmente responsabili… Quindi si mangiava, si beveva e compagnia cantante nel fine settimana quando non si lavorava e dopo integerrimi. Sempre!!!
– Gli aerei di adesso sono più quasi dei computer oramai più che il mezzo meccanico che porta in volo…
Lei sta parlando degli F35…
– Sì F35 F22..
Sì sono over the top!
– Cito Niki Lauda che diceva che una macchina da corsa va guidata col sedere…
Certo!!! È vero… E sensibilità!
– … tutta questa tecnologia ha fatto perdere un po’, secondo lei, questa necessità di sensibilità, se così possiamo dire…
Io non credo… anche perché ormai sono fuori da un pochino… non credo. Credo che un che un pilota che guida questi aeroplani che sono straordinari sì che ti facil in tutto per tutto quindi… tecnologia estrema però sotto la devi sentire insomma. È qualcosa che non funziona… io sono ancora convinto di questo… probabilmente sto dicendo una banalità. Per me il fondo schiena conta ancora…
– Non si è perso lo spirito ecco… era quella la mia domanda
Credo di no… però bisognerebbe chiedere ai ragazzi che hanno la fortuna di pilotare questi aeroplani straordinari, che ti facilitano tutto nella guida… ma devi essere presente, sei tu sempre che comandi il giochino, non c’è niente da fare.
– Questo mi porta all’ultima domanda: se lei potesse scegliere un aereo, cosa sceglierebbe? Un aereo di quelli dei giorni nostri o anche del passato…
Come militare, F35. È il meglio che si circolazione a terra, sulle navi… una roba pazzesca! Noi abbiamo un collega che è stato in Pattuglia 5 anni, trentino, (Vigilio Gheser, ndr) che è stato quello che ha portato avanti il discorso… per poi andare ad atterrare e decolare dalle navi e via dicendo… quindi decollo corto, come si chiama. Tira su la padella, tutto motore, poi si ferma… un aereo straordinario. Ai tempi miei esisteva l’aeroplano inglese, l’Harrier… noi lo chiamavamo l’Ariel, quello che si mette nel bucato: quello era già precursore di quello che poi è venuto fuori. Aveva solo un piccolo difetto che consumava tanto perché per poter decollare da fermo, quando dava motore poi partiva come una bestia! Andava 450 nodi quindi, a bassa quota, una belva! Solo che… (facendo il gesto del bere, ndr)… carburante, quello che abbiamo noi quando siamo a tavola… per dire.. F35… poi son scelte personali…
– L’F104 ha mai avuto modo di pilotarlo?
No, è stata la mia sfortuna o fortuna da un lato perché noi eravamo in otto nel mio corso; finito Amendola, non mi chiamavano: dovevo andare anch’io a Grosseto a fare il passaggio sul TF. Non mi hanno chiamato… Chiamo io: “Guardi lei deve andare a Treviso”. “Ah… e i miei colleghi?. “Sono tutti quanti a Grossetto”. “Ah, va bene”. Mi vien da dire che non gli interessava Piergiorgio Accorsi all’epoca… No però sono contentissimo, soddisfatto, soprattutto il mio proseguo della carriera militare perché poi sono rimasto in Aeronautica come di complimento: avevamo solo 5 anni dopodiché ci hanno raffermato e ci avevano messo a paragone con quelli dell’Accademia. Ho avuto analogamente anch’io il grado di tenente anche tu e via. Sono arrivato a tenente colonello quando alla fine avevo 46 anni. Mi hanno congedato da colonnello perché è quello che è previsto, mentre uno dell’Accademia va via da colonello lo fanno generale… io ero un AUPC, Allievo Ufficiale Pilota di Complemento, un “manovale della cloche”, noi ci chiamavamo così, e abbiamo fatto delle belle cose. Tenga presente che all’epoca la Pattuglia Acrobatica era fatta solo piloti di complemento. Del “ruolo speciale”, quelli che da complemento sono passati al ruolo speciale similare all’Accademia, in posizione per diventare Generali, ce n’erano due: Mario Naldini, che non c’è più, e Nutarelli… Tutto il resto eravamo di complemento: i manovali proprio, i picconatori…
– Averne di manovali così…
Da anni ormai non esiste più: non fanno più corsi di complemento, fanno solo corsi dell’Accademia limitati: chi è capace va avanti eccetera… sono tutti dell’Accademia chiaro che poi vanno, soprattutto se poi sono leader quando finisce diventa poi comandante…. e piglian i posti dell’Aeronautica che riterranno opportuno i generali. Sono tutti dell’Accademia… è giusto che sia così… hanno fatto un cambiamento, hanno voluto un cambiamento… ci sta benissimo… sono fiero di questo che sia successo perché non hanno fatto più corsi di complemento… quelli delfamoso “radi e getta”… No quello non esiste più. Meno male. Io ho avuto questa fortuna di esserci per tanto tempo, quindi sono orgoglioso, felicissimo e sono felice che questa gente qua possa andare avanti anche perché validissima, sanno tutti l’inglese, vengono da aeroplani F35, Tornado (che tra un po’ leveranno), l’EFA quindi aeroplani ultramoderni e quindi è giusto che vadano avanti e facciano la loro carriera perché se lo meritano.
– Mi ha fatto venire in mente un’altra domanda: molti di voi come anche lei dopo siete passati al civile. Secondo lei è un pilota che viene dal militare e passa al civile, ha una marcia in più diciamo… Senza voler nulla togliere al pilota civile…
Noi modestamente dobbiamo dire che è così perché il pilota civile fa un percorso talmente diverso… conoscerà bene l’inglese va benissimo ci mancherebbe con un trascorso negli Stati Uniti o dove, spendendo in quintalate di quattrini… E quando arrivano lì non hanno, non perché non siano capaci… assolutamente no… è perché bisogna essere pochettino quaglianti: se l’aeroplano corre più di te e sei già in arrêtre! Tu devi essere davanti all’aeroplano, devi prevedere che cosa succederà fra 2 minuti.. 5… Noi piloti militari (non è per denigrare i civili… per l’amor di Dio! Perché c’è gente che è partita a 25 anni nel civile è arrivata a 60 anni sempre nel civile… forse non ha apprezzato tanto, non avendo la possibilità… non fatto militare)… quindi bisogna essere svegli perché l’aeroplano corre, corre come una bestia: quando c’è nebbia e tu sei tutto in automatico, devi controllare che tutto funzioni, ma per fare questo devi essere “avanti”: dici “Se mi capita questo, in questo momento, o atterro o vado via!”. Allora, se avevi un copilota con le palle, problemi zero! Se avevi uno così ti potevi fidare. Io a 46 anni ho cambiato un mestiere: stavo bene in aeronautica, stavo benissimo, la moglie era contenta… Dopo è stata non meno contenta ma cambiava la questione economica logicamente… Però anche lì… Eh sì… lavorare
– Non posso che ringraziarla…
Ma di che? È stato solo piacere… anzi mi ha fatto ricordare cose che erano passate… che non è che ci pensi ma ogni tanto succede poi ci sia gente che si interessa di queste cose… fa ancora più piacere perché se posso dire qualcosa della mia vita vissuta, di quello che ho fatto… A parte che è semplicissimo: si va su Google, lei mette “Piergiorgio Accorsi” e lì trova tutto il deghejo… Io non sono mai andato…
– Ci sono delle foto sue molto carine
Ecco vedi già cominciano adesso con le foto…
– L’idea della bandana
La bandana… lì eravamo nell’86, Stati Uniti, a New York… come si chiama il posto… fu la prima manifestazione che iniziò il nostro giro che peraltro un certo signor Zanovello che era il mio corrisposto – io facevo il 5, lui faceva il 4 – giocavamo a squash… Ad un certo punto, ha deciso di darmi una racchettata e mi ha massacrato un occhio!!! Eravamo in una base americana… a Maguire… Allora mi ha preso e portato all’ospedale della base – tutte le basi americane hanno l’ospedale – … C’era un bestione di nero….
Parentesi per dire il ricordo… Gigi Zanovello che è un carissimo amico, mio corrispettivo, 41 anni che ci conosciamo, mi fa: “Nonno, adesso ti danno dei punti..”. “Dove?”. “Eh lì!!!”. Mi aveva fatto uno sbrego!!! Quattro punti. “Allora il medico ti fa un’iniezione così non senti dolore, qui a destra”. Fa l’iniezione. “Adesso cominciamo a cucire” – dice il medico – “C’è l’assistente che le dà questo asciugamano. Quando sente dolore, stringa l’asciugamano”. Stringo… l’ho sbregato!!!! Insomma, alla fine, mi messo quattro punti… Noi avevamo un medico a bordo che veniva con noi nel giro… dopo una settimana devo togliere i punti… per togliermeli ho sofferto come una bestia talmente stretti e vicini…. il giorno dopo c’era la manifestazione… io quindi ho volato con un caldo assassino, sudore, bruciore… dopo il volo è venuto il medico lì… “Come andiamo? Va bene… ok ok…”. Per toglierli, bestemmie che ho tirato perché mi tirasse via sta roba qua…. per dire sì sì una delle tante cose che sono successe….
– Da allora si è messo la bandana…
La bandana era per quello… perché era un “Eja eja Alalà”