(Ultimo aggiornamento: )

di Francesco Di Miero
da Corriere della sera, 23 agosto 1982, p. 7

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PESCARA — Ha volato con sette aerei anziché nove la pattuglia acrobatica delle «Frecce Tricolori» dell’Aeronautica militare impegnata ieri nella manifestazione aerea internazionale dl Pescara cui hanno assistito circa 50 mila persone.

Una formazione ridotta in quanto due aerei «MB 339» durante le prove della classica «bomba», uno degli esercizi più difficili del repertorio della pattuglia, nel pomeriggio di sabato avevano urtato i fili di una linea elettrica che corre lungo la pista dell’aeroporto «Liberi». Mentre un reattore é uscito pressoché indenne dall’Incidente, l’altro ha riportato un’avaria al congegno che controlla elettronicamente la fuoruscita del carrello.

Il capitano Accorsi, che pilotava l’«MB 339» in avaria, si messo in contatto con il capo pattuglia che a sua volta ha avvertito la torre dl controllo. Otto aerei sono atterrati regolarmente uno alla volta mentre in aria é rimasto soltanto il reattore pilotato dal capitano Occorsi che ha ritenuto opportuno consumare tutto il carburante contenuto nei serbatoi.

Nel frattempo a terra migliaia di persone che assistevano alle prove sono state fatte allontanare dal bordi dell’aeroporto nel timore del peggio. L’«MB 339» ha continuato, a sorvolare la città fino a quando il carburante si é completamente esaurito.

Il capitano Accorsi si é portato verso le colline alle spalle della città dove ha iniziato la manovra In direzione del mare. Invece che sulla pista in cemento dell’aereoporto «Liberi» l’aereo, con precisione davvero incredibile, ha planato sull’adiacente prato. In meno dl duemlla metri il pilota è riuscito ad arrestare d velivolo che ha riportato soltanto lievi danni. Quando il capitano Occorsi é uscito perfettamente Incolume dall’«MB 339» la folla che era rimasta ugualmente al bordi del campo è esplosa in un lungo applauso.

Ieri pomeriggio nonostante li tempo incerto ed li vento forte la manifestazione aerea si è svolta regolarmente, con una serie dl voli, figure acrobatiche, passaggi di grosso effetto spettacolare.

Alla manifestazione ha preso parte anche una pattuglia acrobatica francese con aerei «Alpha Jet».

Come sbattere contro un cavo a 600 all'ora e rimanere calmi

La pattuglia acrobatica aerea continua ad affascinare e a stupire

Un incidente del genere è capitato a Pescara tre giorni fa a un aviogetto delle «Frecce tricolori» - La freddezza del pilota, che è atterrato senza carrello, ha evitato la tragedia

di Franco Giliberto
da La stampa, anno 116, n° 179, 25 agosto 1982, p. 7

DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE UDINE — Volare a 600 chilometri l’ora in semipicchiata; sbattere contro un cavo d’acciaio (3 centimetri di diametro) teso tra due piloni; perdere una letta di lamiera, un serbatoio e il circuito idraulico per l’uscita del carrello e per le manovre dei flaps; sentire — amplificato 10 mila volte — un terribile schiocco di frusta. Come fare tutto ciò senza perdere il sangue freddo?

Il pilota, capitano Piergiorgio Accorsi, un veronese con i baffi alla Pedro Armendariz, ti stringe la mano vigorosamente e non risponde. Sorride. Tre giorni fa, sul cielo di Pescara, quell’incidente è capltato proprio a lui (2300 ore di volo sulle spalle), primo «gregario di destra» delle Frecce tricolori.

Le migliaia di spettatori che assistevano all’esibizione non hanno avuto il tempo di accorgersi della tragedia appena sfiorata, un chilometro e mezzo lontano dalla pista dell’aeroporto abruzzese. Non si sono accorti di nulla perché era stata appena eseguita la «bomba» e i nove aviogetti MB-339 Aermacchi. dopo essere saliti in verticale convergendo, si erano d’improvviso svincolati, scendendo verso la pista con un coordinato moto centrifugo a stella da mozzare il fiato a chi lì sotto stava a guardare. È stato durante l’allontanamento, cioè nella fase finale della stupefacente figura acrobatica, che l’aereo del capitano Accorsi ha puntato, come prevedeva il programma, verso le collinette a Occidente, per poi riprendere quota.

Su quelle alture ci sono due tralicci che reggono i cavi del l’alta tensione. «Che cosa fa un pilota in questo caso? Dà un’occhiata rapidissima a destra e a sinistra, misura l’altezza dei tralicci, gli passa in messo badando a non abbassarsi oltre il limite superiore dei pilastri. Questo perché i cavi ad alta tensione, normal mente, non sono tesi ma laschi e a metà strada tra i due tralicci c’è sempre spazio abbondante per un calcolato passaggio del genere», spiega il maggiore Vito Posca, capoformazione delle Frecce tricolori, 2850 ore di volo all’attivo.

«Ma questa volta, teso tra le estremità superiori dei tralicci, c’era un cosiddetto cavo di guardia che non è conduttore d’elettricità. Alcuni palloncini sferici colorati, in questi’casi, segnalano la presenza dell’ostacolo. A Pescara non c’erano palloncini».

Cosi l’aviogetto ha «toccato con la pancia», ha avuto danni gravi. «Devo aver preso un cavo», è stata l’immediata, ma flemmatica comunicazione via radio del capitano Accorsi al capoforinazione. Il maggiore Posca ha subito interrotto il programma della pattuglia. Gli otto aviogetti indenni sono atterrati tranquillamente. Quello lesionato ha continuato a sorvolare l’aeroporto per qualche minuto, mentre dalla torre di controllo si cercava di controllare i danni: «Il carrello non esce, i flaps non funzionano, ti è saltata una paratia. Atterra sulla pancia, va là, tu che sei un mago…»…

L’aviogetto è sceso.perfettamente in linea, alla minima velocità che i comandi alterati consentivano. Si è appoggiato sull’asfalto della pista toccandola dolcemente dapprima con i due serbatoi dei gas fumogeni tricolori (sono posti uno sotto ogni ala) e poi con la parte inferiore del velivolo: qualche scintilla per l’attrito, molte vibrazioni, un fastidioso stridio. Ma i mezzi di soccorso, compresi i pompieri con gli schiumogeni, sono rimasti inattivi ai bordi della pista. «Quello è stato, in assoluto, il più bell’atterraggio di Piergiorgio — commenta il maggiore Gianfranco Da Forno, ufficiale addetto alle pubbliche relazioni della pattuglia acrobatica — un capolavoro di freddezza e di concentrazione. L’aereo non si è sfasciato: in un mesetto con le dovute riparazioni sarà di nuovo in corsa».

Da sei mesi i piloti dell’ormai leggendaria pattuglia acrobatica volano sugli MB-339 Aermacchi. Sembrano macchine affidabilissime, assai più maneggevoli e funzionali — quanto a prestazioni acrobatiche — dei pur gloriosl Fiat G-91. Undici metri di lunghezza, dicci di apertura alare, 4 tonnellate di peso massimo al decollo, 465 metri di corsa per alzarsi in volo, 415 metri sufficienti all’atterraggio, un motore Rolls Royce Fiat R.R. Viper che consente una «spinta statica» di 1815 chilogrammi.

L’età media dei piloti che salgono sulle Frecce tricolori oggi è di 31 anni. Non erano neppure nati quando, poco lontano dall’attuale sede, di Rivolto, a Campoformido. il colonnello pilota Rino Corso Fougier faceva nascere in Italia la prima scuola di acrobazia aerea collettiva, insuper ta ancora oggi nel mondo.

«Non siamo superman»

UDINE — Un pilota delle Frecce tricolori, con una dozzina di anni di anzianità, moglie e due figli, ha uno stipendio di un milione e 300 mila lire al mese. Non è un granché, se rapportato agli stipendi dei piloti delle linee civili. Si spiega così, forse, l’esodo di circa 250 specialisti dell’aeronautica militare che negli ultimi due anni si sono congedati, per passare — richiestissimi — all’Alitalia o ad altre società analoghe.

Un disegno di legge che prevede un incremento delle retribuzioni delle forze armate è insabbiato in Parlamento, c’è qualche malumore: «Si verifica, per esempio, che a un pilota sia affidato un cacciabombardiere come il «Tornado» da 40 miliardi oppure un più economico MB-339 Aermacchi da 3 miliardi e mezzo; e poi si discute se aumentargli o no lo stipendio di 50—100 mila lire al mese. Non è un paradosso?».

Il capo formazione delle Frecce tricolori maggiore Vito Fosca, non vuole discutere di queste cose: «Invece parliamo delle caratteristiche di questi specialisti — suggerisce — perché si deve smantellare il luogo comune che siano dei «super men» o della gente con il gusto del pericolo». Fosca sostiene che due doti, principalmente, sono richieste ai piloti della pattuglia acrobatica: professionalità rigorosamente accertata e maturata in centinaia di ore di volo; entusiasmo totale.

— Entusiasmo che confina con il fanatismo?
«Per carità – risponde – proprio il contrario del fanatismo, della gigloneria, del velleitarismo, dell’individualismo. Entusiasmo, semmai, come convinzione e amore per il volo, come generosità nei confronti del prossimo, come dedizione al lavoro di gruppo, come sensibilità anche per i valori morali, senza la minima ambiguità. E uno spirito più sportivo che bellicoso – data la situazione di pace in cui viviamo -, una vocazione e un gusto per i risultati tecnici da raggiungere più che uno sprezzo del pericolo».

Rimane il fatto che durante le semestrali visite mediche di controllo, questi personaggi che disdegnano ogni definizione iperbolica, hanno encefalogramma e cardiogramma perfetti, pressione arteriosa ideale, vista e udito più acuti della media. Portati artificialmente, in ambulatorio, a 5000 metri di quota, non ansimano nemmeno un po’.

da Gianfranco da Forno, Frecce Tricolori – La storia, Battivelli, 2009, p. 62

[…] Un altro episodio che rivedo ogni tanto nella mia mente è quello relativo al volo prova di Pescara del 21 agosto. All’apertura della “bomba” i due gregari di destra, capitani Piergiorgio Accorsi (numero 3) e Gabriele De Podestà (numero 5), nella loro traiettoria, risalendo lungo le colline che circondano l’aeroporto abruzzese, avevano trovato sulla loro strada dei cavi dell’alta tensione non segnalati. Non fu possibile evitarli del tutto e le conseguenze per i due velivoli furono di una tanica danneggiata (De Podestà) e la perdita dell’impianto idraulica (Accorsi). De Podestà atterrò regolarmente, mentre Accorsi fece un atterraggio sul ventre da manuale.

Le conseguenze, diciamo, civili, furono il “black-out” elettrico in buona parte della regione, treni fermi, semafori spenti, case senza luce e un velivolo dell’Alitalia costretto a rientrare a Roma con i suoi 80 passeggeri.

Questa mancata segnalazione di ostacolo, prevista dai regolamenti internazionali, avrebbe potuto provocare ben altri danni. Entrambi i velivoli furono rimessi in ordine dagli uomini di Vania e tornarono a volare dopo pochissimo tempo. […]

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