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di Elvira Serra
da corriere.it, 24 febbraio 2024 [ fontefonte video ]

BASE AEREA DI RIVOLTO (UDINE) — Il paradiso può attendere, mentre gli angeli, bloccati a terra dalla nebbia, si dedicano ad attività più prosaiche, come pianificare tappe, rifornimenti e prenotazioni logistiche dell’imminente tournée americana.

«Non tornavamo lì dalla missione Columbus del 1992. Questa volta ci ha invitati la Royal Canadian Air Force che compie 100 anni», racconta il tenente colonnello Massimiliano Salvatore, 42 anni, una moglie, due figlie, un cane malconcio, da tre mesi comandante delle Frecce Tricolori, reparto di élite dell’Aeronautica militare italiana. Pony 0 della formazione acrobatica, sempre in testa durante le trasferte come quella che il 10 giugno li porterà per tre mesi prima in Canada — con scali tecnici in Olanda, Scozia, Islanda e Groenlandia — e poi negli Stati Uniti, con sorvoli d’obbligo sopra New York, Washington, Los Angeles, il Grand Canyon, le Cascate del Niagara e sulle principali città, dove migliaia di emigrati li accoglieranno con i nasi all’insù.

Il briefing del mattino

La giornata è uggiosa e si apre, come tutte, con il briefing delle 8.15, posti assegnati, silenzio assoluto e sull’attenti quando entra il comandante. Rapporto tecnico sulla sicurezza di volo, aggiornamento meteo, la faccia di Massimiliano Salvatore si distende e si allarga in un sorriso quando annuncia due promozioni. Applausi e via nella mansarda, il piano «ricreativo» dei piloti scelti del 313° Gruppo addestramento acrobatico nell’aeroporto militare di Rivolto, venti chilometri da Udine. Alla macchina del caffè c’è Emanuele Bernuzzi, la nuova recluta, che nei primi mesi di addestramento al ruolo di Pony 7 ha volato nella posizione del «sacco», cioè dietro un altro pilota. Debutterà ufficialmente con la pattuglia il 1° maggio, quando ci sarà l’ultima esercitazione riservata ai familiari delle Frecce e ai Club (ce ne sono 136 nel mondo, il coordinatore si chiama Bruno, ed è il tassista che ci ha portato da Codroipo alla base).

I sogni dei bambini

«Sognavo di diventare pilota militare da quando ero un bambino», racconta Bernuzzi, 30 anni di Reggio Emilia, che dopo le scuole medie si è trasferito in convitto a Forlì per frequentare le superiori con indirizzo aeronautico. Anche lui è una «vittima» di Top Gun, visto non sa più quante volte. «Per fortuna adesso c’è pure il secondo, così si può passare da un film all’altro». Non è l’unico. Federico De Cecco, 37 anni, Pony 10, vale a dire il solista del gruppo, si immaginava su un aereo da quando il papà lo portava nel Museo storico dell’Aeronautica militare di Vigna di Valle, vicino a casa sua. Franco Marocco, Pony 6, 39 anni di Orbassano, è il primo fanalino, cioè il responsabile di separazioni, incroci e ricongiungimenti in volo («Nessuna pattuglia al mondo fa queste tre fasi davanti al pubblico», racconta con orgoglio): lui si è appassionato grazie a una collana di videocassette prese in edicola.

In mansarda

Vederli fare il bis con le brioche arrivate da Udine, scherzare su Sanremo o parlare del depuratore dell’acqua del capo formazione Pierluigi Raspa, Pony 1, accanto a un biliardino e a memorabilia accumulate in 62 anni di onorata carriera (le maglie dell’Udinese e della Juventus sono in bella vista accanto a quella del Cagliari di Zola) dà un senso di famiglia. Che è il punto cruciale di questo corpo di eccellenza dove si accede in media sui 30 anni e con 800 ore di volo e si resta per poco più di un lustro. Stipendio tra i duemila e i tremila euro, a seconda dell’anzianità. Pony 1, Pony 6 e Pony 10 sono quelli con più esperienza (hanno all’attivo 2.600, 3.100 e 2.400 ore di volo; il comandante ne ha 3.400) e maggior peso specifico (sono loro tre a esprimere una preferenza nella scelta del comandante, assieme a quello uscente).

Mentre il nuovo pilota lo decidono le altre Frecce, nella settimana di selezione che si svolge sempre qui tra febbraio e marzo: uno vale uno, come con i 5 stelle. «Le donne sono statisticamente di meno. L’anno scorso erano tre su 13 candidati», spiega il comandante. La scelta non segue la logica dei requisiti, che si danno per scontati. «Non cerchiamo il più bravo, ma quello che si può inserire meglio nel gruppo perché il gruppo viene prima di tutto. Comunque un team di psicologi arriva da Guidonia e ci supporta: le loro valutazioni sono in linea con le nostre».

Spirito di squadra

Avere spirito di gruppo significa mettere da parte l’ego. Come fece nel 2023 Federico De Cecco. Si era addestrato tutto l’anno per fare il solista, ma dopo la scomparsa prematura di Alessio Ghersi, il 29 aprile con un ultraleggero proprio alla vigilia della presentazione della nuova formazione, ne aveva preso il posto come Pony 5. Debutterà finalmente a maggio e darà senso all’addestramento speciale di questi due anni. Spiega: «Sono l’unico che arriva a 7G, vuol dire che in volo il mio peso si moltiplica per sette. Per evitare di svenire, come tutti indosso i pantaloni anti G, ma sono allenato a contrarre muscoli di gambe e glutei per rallentare il deflusso del sangue». La manovra che gli piace di più è il Tonneau lento, e poi il Lomcovák, che si svolge sui tre assi ed è molto spettacolare.

Emozioni

Difficile entrare nelle emozioni in volo, e il simulatore a disposizione nella parte museale non rende onore a cosa può significare guardare dall’alto le città, scendere in picchiata sui lungomari e risalire appena in tempo con un colpo di cloche. «Le emozioni sono diverse e tante, ma ci ripensi dopo, perché in volo sei troppo concentrato», dice Simone Fanfarillo, che con Oscar Del Do’ è il gregario più anziano in quanto a esperienza (ha 33 anni). Tutti, però, considerano assolutamente speciale il momento in cui si atterra e si alza il tettuccio: così finalmente possono dedicarsi alle persone che sventolano il tricolore e applaudono. «Sono l’unico che in volo può guardare anche a terra per tenere sotto controllo i parametri, a differenza degli altri che hanno come punto di riferimento un altro pilota», racconta Raspa, il capo formazione. «Noi in genere entriamo quando finisce l’Inno di Mameli. Mi emoziona sempre vedere migliaia di persone che cantano con la mano sul petto», aggiunge. L’esibizione comprende 18 manovre: la sua preferita è quella del cuore, nata per la vittoria dei Mondiali del 2006.

Aerei italiani

Tutto il nucleo del 313° Gruppo Addestramento Acrobatico conta un centinaio di persone. Questo ce lo racconta il capo hangar, Paolo Bellina, mentre mostra i segreti degli MB339, aerei meccanici progettati e costruiti in Italia da Aermacchi (oggi Leonardo) con un motore Rolls Royce, pure questo assemblato in Italia su concessione dell’azienda automobilistica inglese. Il loro destino è il pensionamento, forse già entro il 2030. «La manutenzione di un jet prevede molte professionalità: gli armieri dei fumi e del seggiolino eiettabile, i montatori per la parte strutturale, gli elettromeccanici di bordo, i motoristi, i responsabili del controllo di qualità. Prima di ogni volo l’aereo viene controllato per 50 minuti, la stessa cosa quando rientra: uno di noi si occupa di coccolarlo».

Un po’ di tristezza

Adesso, per esempio, stanno sostituendo un adesivo sulla coda del velivolo di Del Do’ e lo stesso pilota è andato a recuperare quello vecchio per attaccarlo nelle portelle di un armadio di casa. Nella foto ricordo che faremo alla fine lui è l’unico che non sorride. Ed è facile collegare il velo di malinconia all’incidente di Caselle del 16 settembre, quando morì una bambina di 5 anni e il pilota si salvò eiettandosi con il seggiolino. Su questo tema, l’unico a parlare è il comandante: «Non esiste il rischio zero, ma noi ci addestriamo per annullarlo. C’è un’inchiesta in corso, però sappiamo che il pilota ha seguito la procedura». Sulla famiglia della vittima aggiunge soltanto: «La Forza Armata è in contatto con loro».
Piccolo privilegio da Freccia: alla mensa salta la fila. «Ma è solo perché noi siamo un reparto operativo!». Il paradiso non attende più.

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