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di Mario Blasoni
da ricerca.gelocal.it/messaggeroveneto, 2 febbraio 2004 [ fonte ]

Massimo Montanari, brevetto di pilota civile a 17 anni, nell’aeronautica militare dal 1958 al ’95 (quando ha ottenuto il congedo per limiti d’età col grado di generale di brigata aerea), ha svolto nelle Frecce tricolori la funzione di jolly: ha cominciato nel 1966 come gregario destro passando agli altri ruoli fino a quello di primo leader della PAN, negli anni del grande comandante Franzoi e del mitico speaker Rocchi.

Ma non solo: nell’88 ha guidato la delegazione della nostra aviazione nella missione di pace in Somalia e ha comandato l’aerobase di Rivolto durante il travagliato periodo della guerra nell’ex Jugoslavia. Oggi dirige soltanto l’aeroclub di Campoformido, ma è in ausiliaria a disposizione, come da norma, dell’aeronautica, il che vuol dire che è ancora attivo come istruttore, insegnante ed esaminatore ai corsi per piloti.

Come tanti altri aviatori qui giunti da tutta Italia, Montanari è friulano d’adozione. È nato, infatti, a Modigliana (Forlì) dove i suoi conducevano una grossa azienda agricola.
Nonno Angelo e papà Cesare vedevano in me il futuro, classico ‘fattore”, che continuasse il loro lavoro. Ma io li ho delusi…

La passione per il volo gli è venuta, forse per reazione, dai ricordi della guerra, che ha segnato duramente la sua famiglia.
Eravamo sull’Appennino tosco romagnolo attraversato dalla Linea gotica. Assistevo spaventato, ma affascinato, ai combattimenti aerei, al passaggio di grosse formazioni di bombardieri. Per circa sei mesi, tra il 1944 e il ’45, ci furono avanzate e ritirate da parte degli alleati. Negli ultimi giorni di guerra, la pagina più dolorosa: gli inglesi colpirono, con proiettili di mortaio, la nostra casa causando la morte della mia sorellina di 4 anni e di un mio zio. Un bambino rimane choccato, da simili vicende, nel bene e nel male….“.

Poco più che ventenne Montanari ha cominciato la carriera nell’Arma azzurra frequentando le scuole piloti di Alghero, Lecce e Amendola. Ha volato con i primi jet americani T.33, quindi sul G.59 a Elmas (Cagliari) e nella 5a Aerobrigata di Rimini con l’F.84 F, ottenendo la qualifica di Full combat readyness (come Tom Cruise, il protagonista di Top gun…) E, in attesa di approdare a Rivolto, è stato impiegato anche a Ghedi (1° gruppo Strike della 6a Aerobrigata) e nella nuova base di Cervia. Nel luglio 1966 Massimo Montanari è arrivato in Friuli e non se ne è più distaccato.

Con le Frecce – come si è detto – ha interpretato tutti i ruoli volando prima col G.91 e poi con l’attuale MB.339. Il passaggio alla nuova macchina, di avanzata tecnologia sia aerodinamica che strumentale, avvenne nel 1981 e aprì alla pattuglia nuove prospettive tra cui due missioni di grande successo negli Usa. Ma fin dagli anni 1960-’70 la PAN era conosciutissima, in tutta Europa e nel mondo, grazie alle parate aeree (a cominciare da quelle di Aviano) cui partecipava.

Alla popolarità di apparecchi e piloti contribuì pure un film, ‘Forza G.“, che il regista Duccio Tessari venne a girare nel 1970 a Rivolto. Anche se…
Doveva essere tutt’altra cosa – ricorda Montanari – invece ne uscì un romanzetto rosa, con qualche sfumatura hard (c’era la splendida Barbara Bouchet!). Avevamo preparato le riprese di spettacolari esibizioni aeree e tra gli interpreti dovevano esserci nientemeno che Steve McQueen e Richard Burton, quest’ultimo nei panni del comandante. Ma saltò l’accordo con inglesi e francesi: forse anche perché il copione prevedeva che nelle sfide tra pattuglie, dovevano vincere i nostri!“.

Una bella soddisfazione Montanari l’ha avuta nel 1983, quando gli è toccato organizzare e guidare (come primo leader) la Trasvolata atlantica bis, nel cinquantenario dell’impresa di Italo Balbo.
Partimmo da Vergiate, dalla fabbrica dei Siai Marchetti 260, i velivoli di allora, rifatti con le stesse caratteristiche. Parigi, Nord dell’Inghilterra, Reykjavik, Groenlandia, Terranova e infine Chicago, dove atterrammo con i 9 apparecchi impiegando, nella tappa finale, lo stesso tempo (spaccato al minuto!) del 1933. Fu un grande successo, gli americani ammirarono i nostri Siai 260, che definirono le Ferrari dell’aria!“.

Nel 1988 il colonnello Montanari era a Mogadiscio, come capo della delegazione dell’aeronautica italiana in Somalia, quando dovette rientrare in seguito alla tragedia di Ramstein. Assunse poi il comando dell’aeroporto del Nord Est Udine – Rivolto poco prima dell’inizio della guerra (1991-1995) nell’ex Jugoslavia.
Nella nostra aerobase avevamo gruppi di volo francesi di elevatissima professionalità che operavano con apparecchi Jaguar. In collaborazione con gli americani di Aviano e, appunto, con i francesi abbiamo svolto, nell’ambito dell’Alleanza atlantica, esclusivamente missioni di pace“.

Alla vigilia dell’intervento Nato, Montanari aveva detto no agli inglesi, che volevano operare dalla Base friulana (sono andati a Gioia del Colle, in Puglia). Il pilota romagnolo-friulano di Rivolto non si sente un guerriero, ma crede nei valori umani, nel bene della forza armata in tempo di pace, nell’Aeronautica che forma uomini preparati e produce tecnologia per il progresso (“La PAN è spettacolo – sottolinea – ma non è tutto…“).

Più di ottomila ore di volo come militare e quattromila da civile, diversi primati al suo attivo (è stato anche uno dei primi italiani a vincere, in Turchia, le gare di tiro simulato aria-aria e aria-terra della Nato), Massimo Montanari ha volato l’ultima volta (l’ultima da militare, ovviamente) il 27 febbraio 1995, in formazione con le Frecce che hanno salutato il suo congedo. Da allora ha potuto dedicarsi di più alla famiglia: alla moglie Mariolina (“L‘ho conosciuta a Bologna, lavorava in un negozio sotto la Torre degli Asinelli; nel 1974 ha aperto una profumeria in via Poscolle che ora, dopo trent’anni, stiamo restaurando“) e alla figlia Jessica, che pure ha messo radici in Friuli (“Ha sposato un panettiere di Mereto di Tomba ed è felicissima!“).

Da una quindicina d’anni Massimino (per tanti amici è ancora l’enfant prodige del volo!) dirige l’aeroclub di Campoformido che attualmente, come tutti in Italia del resto, è in crisi. Sono pochi i giovani che riescono a conseguire il brevetto, anche a causa dell’alto costo. Ma ci sono norme dell’Ue sulla sicurezza molto severe, che comportano ulteriori spese. E i contributi, statali ed europei, sono insufficienti. Peccato, perché le scuole di volo italiane sono formative, hanno prodotto piloti, alti ufficiali e istruttori molto apprezzati nella Nato e, in particolare, negli Stati Uniti.

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