Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre 2024

articolo proprietario scritto dal curatore del blog, Claudio Pisu

Dopo Vittorio Cumin, lo scorso 13 agosto è venuto a mancare un altro pezzo di storia delle Frecce Tricolori: Diego Raineri.

Nato il 25 maggio 1949 a Novara, studia all’Istituto Tecnico Industriale Omar di Novara dove nel 1969 si diploma di perito aeronautica.

Raineri è successivamente entrato in Accademia aeronautica a Pozzuoli, corso «Leone III°», diventando un provetto pilota militare. Nel 1975 con la prima promozione a tenente è destinato al IX stormo caccia intercettori «Francesco Baracca» di base a Grazzanise su F104-S.

Nel luglio 1978 entra in Pattuglia col grado di capitano alle «Frecce Tricolori» assumendo il ruolo di gregario destro. È un periodo arduo nella vita delle Frecce Tricolori per la perdita di piloti sia per ragioni professionali sia per incidenti occorsi durante l’attività in Pattuglia (ricordiamo quelli successi a Piergianni Petri e Antonio Gallus).

Alla «pattuglia» rimane fino al 1981, sino a quando, cioè, promosso al grado di maggiore, viene inviato al 20° Gruppo di Grosseto quale Istruttore dei piloti di TF-104.

In questa foto di gruppo tratta dal sito dell’Associazione 4° Stormo, si vede Diego Raineri al 20° Gruppo di Grosseto nel 1983. Tra i suoi colleghi, troviamo un altro pilota destinato a far parte negli anni a divenire Comandante delle “Frecce Tricolori” proprio dopo lo stesso Raineri: Luigi Lorenzetti.

Raineri torna alle «Frecce Tricolori» nel 1985 (con il grado di tenente colonnello) già predisposto a futuri incarichi di comando. Segue la «pattuglia» nel primo tour nordamericano del 1986 che porta le «Frecce Tricolori» da luglio a settembre ad esibirisi tra Canada e Stati Uniti.

Il 9 ottobre 1986 diviene Comandante delle Frecce Tricolori succedendo al ten. col. Giuseppe Bernardis che viene mandato a Roma, presso lo Stato Maggiore, quale Aiutante di volo del Capo di stato maggiore dell’Aeronautica generale Franco Pisano.

A gennaio 1988, la sua città lo premia quale Novarese dell’anno per il suo ruolo alla PAN, «un incarico di grande responsabilità che testimonia l’impegno e la professionalità di questo novarese cui è affidato il compito di mantenere e rafforzare il grande prestigio della nostra aeronautica anche grazie alla pattuglia acrobatica».

Nell’agosto di quell’anno il fatto che mette alla prova il suo ruolo di Comando e la capacità di tenere unita la Pattuglia di fronte agli strali che giungono da ogni parte.

«Non si sono accorti dl nulla. E io sono stato ben attento a non spiegar loro nulla. Per non sconvolgerli, per non emozionarli. Il mio problema era di guidarli all’atterraggio, da qualche parte. Avranno capito dopo, virando, e osservando il rogo e il fumo sulla pista» dichiara in un’intervista al Corriere della Sera parlando della sua reazione subito dopo il fatto.

Il Gen. Franco Pisano difenderà le “Frecce Tricolori” aiutandole nel momento più difficile. Per far fronte agli impegni in calendario, Raineri assume il ruolo di capoformazione delle Frecce Tricolori.

Nel 12 dicembre 1988, un incidente sul campo di Rivolto: il ten. col. Paolo Scoponi, candidato successore al comando delle “Frecce Tricolori”, precipita durante un volo di addestramento.

Il 13 febbraio 1989 Raineri lascia il comando della Pattuglia al ten. col. Luigi Lorenzetti, trasferimento al comando della prima legione aerea. Nel suo discorso, descrivendo il suo periodo di Comando, ricorda come «sono accadute moltissime cose, bellissime e tremende, ma tutte con un comune denominatore: sono state difficili».

Nel 1992 è stato poi al comando dell’8° Stormo CBR su G. 91Y per poi passare, dal 2000, a Vice Comandante della Brigata (poi Divisione) CBR.

Fiducia

di Mario Antognazza
dal gruppo Facebook “Piloti di G91 R – Y-T-PAN” [ fonte ]

Maggio è sempre stato il mio mese preferito: la natura esplode, le giornate si allungano, le temperature diventano gradevoli ed il cielo è perfetto per volarci dentro.

Questa volta, però, c’è qualche cosa in più.

Ad Amendola il corso sul G91T è ormai agli sgoccioli e gli Allievi Piloti, hanno quasi l’aquila turrita appuntata sulla divisa.

L’ultima disciplina che i ragazzi devono imparare, e che noi Istruttori di Tiro non vediamo l’ora di poter insegnare, è quella dedicata alla tecnica di volo da usare nei poligoni aria-suolo ed aria-aria.

I primi rudimenti del circuito aria-suolo vengono impartiti usando il “campetto di casa”, ad un tiro di schioppo, anzi di Browning, dalla pista.

Qui la schiena di noi istruttori viene messa a dura prova dalle maldestre “tirate” dei quasi aquilotti seduti nel posto anteriore, fintanto che la cloche e la manetta non vengano più confuse con la zappa ed il piccone.

Durante queste missioni, di breve durata ma tirate come corde di violino, sono però previsti solamente passaggi in “bianco” (… maliziosi!… e non pensate nemmeno alla pasta o al riso condito con olio e parmigiano), cioè senza sparare o sganciare effettivamente.

Va da sé che per rilasciare l’armamento di bordo sono previste le cosiddette “Campagne di Tiro”, normalmente effettuate presso il poligono di Punta della Contessa a Brindisi, o in quel di Capo Frasca con rischieramento a Decimomannu: una specie di visita istruzionale di fine anno scolastico, dove gli imminenti Piloti militari possono respirare qualche alito di aria di Reparto Operativo.

Ma, come dicevo all’inizio, questo mese di maggio mi stava riservando una bella sorpresa!

Quest’anno, Il poligono scelto per la campagna di tiro è quello di Maniago, alla confluenza del fiume Cellina con il Meduna e, udite udite, la base di rischieramento sarebbe stata, nientepopodimeno ché quella di Rivolto.

Altro “piccolissimo” particolare: tra i sei Istruttori di Tiro ci sarei stato anche io! (leggi: sto facendo i salti mortali dalla gioia!).

Da dove deriva tutta questa propensione ad esercizi ginnici ad alta valenza tecnica, chiederete voi?
Semplicissimo, rispondo io!

Per prima cosa – iniziando a contare dal pollice della mano destra – Maniago è il “mio” poligono, quello del mio Reparto, del mio Gruppo, dove ho iniziato ad affinare la difficile e sottile arte nell’uso del collimatore di Gi.

In secondo luogo – e qui entra in funzione l’indice – potrò dedicarmi a tempo pieno a quel tipo di volo che, personalmente, ritengo il più appagante anche se, a fine giornata, la mia colonna vertebrale mi insulterà pesantemente, lanciandomi epiteti irripetibili…, ma si vive una volta sola!

Terzo – ed il medio è completamente esteso (non in quel senso… malpensanti !) – il fatto di essere a Rivolto, nel nido delle nostre Frecce, offre l’opportunità di poter osservare e “scrutare” i loro voli di allenamento, poter condividere la stessa pista, lo stesso cielo campo, e perché no, scambiare quattro chiacchiere con loro il più spesso possibile, a costo di passare per gli invadenti e rompico….ni di turno.
Finalmente il diligente e preparato allievo, seduto davanti a me, sfiora con le ruote del carrello di GiT l’asfalto della pista di Rivolto ed il bianco parafreno sboccia dietro di noi rallentando drasticamente la nostra corsa, con un pieno abbraccio all’aria del Friuli.

Questa volta ce lo portiamo con noi, fino al parcheggio dove i solerti e insostituibili Capi velivolo, arrivati il giorno precedente con tutti gli “ammennicoli” e le attrezzature del caso, ci stanno aspettando impazienti.

Durante il taxi ho avuto modo di inserire tutte le spine di sicurezza del Santo Martino (un buon istruttore deve sapersi destreggiare negli abitacoli di GiT con l’agilità di un’anguilla), in modo di essere libero di scendere il prima possibile.

Scivolo rapidamente dalla scaletta appena agganciata mangiandomi in un balzo i 7 gradini che mi separano da terra e, togliendo il casco, respiro a pieni polmoni il profumo di erba appena tagliata dal primo sfalcio di stagione.

Guardo verso nord e ritrovo le Alpi che fanno da sfondo: sono quasi a casa!

In poco tempo tutti e sei velivoli sono parcheggiati perfettamente allineati, uno accanto all’altro, con i tettucci aperti.

Lasciamo la piccola, ma efficiente linea di volo nelle mani sapienti dell’Ufficiale Tecnico e dei Capi velivoli mentre ci dirigiamo nei locali a noi destinati per iniziare le previste attività!

Eugenio, il nostro Boss e Capo del rischieramento sa il fatto suo.

Sicuramente con lui faremo un ottimo lavoro e, unendo l’utile al dilettevole, passeremo certamente un bellissimo periodo.

L’attività inizia rapidamente, come pianificato.

Gli armieri hanno il loro bel da fare nel caricare i nastri di cartucce nei portelloni delle mitragliatrici e appendendo le piccole bombette azzurre da esercitazione sotto i travetti alari.

I briefings pre volo e quelli post missione si susseguono ben cadenzati tra una slot e l’altra.

I giovani aquilotti sono sempre più “presi” da questo tipo di volo e, inevitabilmente, inizia la sana competizione di chi vuole portare a casa i risultati migliori mentre, noi Istruttori, ci prodighiamo nell’offrire loro tutta la nostra esperienza e tutti i nostri migliori “trucchetti e segreti” per metterli in grado di scalare la classifica del miglior “Grilletto” e del miglior “ Bombarolo” della Campagna.

Questa era l’atmosfera che si respirava, quando un bel mattino la routine delle missioni programmate viene interrotta da una comunicazione del nostro Boss Eugenio.

– “Ragazzi – ci annuncia con entusiasmo – c’è nell’aria odore di sostituzione del G91 alle Frecce, per cui è stato deciso che la PAN provi a volare con il “Tango”. Noi metteremo a disposizione i nostri sei velivoli e quindi si farà una formazione di sette aerei compreso quello che loro hanno in carico.”
– “Ok, benissimo – risponde il “compilatore” del il programma giornaliero – ditemi quando ed io organizzo.”
– “Non è finita qua – continua Eugenio – noi Istruttori andremo in volo con loro nel posto posteriore!”

A questo punto le bocche di noi sei si spalancano e la salivazione si blocca…

Non appena le lingue vengono riarrotolate e riposte nella loro giusta posizione i “give mi five” si sprecano e l’euforia è spalmata a quintali sulle nostre facce.

Questo, in poche e superflue parole, significa che il sottoscritto avrebbe partecipato, seduto nel posto posteriore ad un volo della PAN: non so se sono stato abbastanza chiaro!!!

Non sto nella pelle, anzi nell’anti-g, mentre assisto zitto e buono in un angolino, al briefing del Leader (con la L maiuscola), Antonio Gallus.

Cerco di registrare nella mente quei momenti, i gesti, le parole, il modo di presentare il susseguirsi delle manovre, la capacità di toccare con poche parole i punti più salienti del volo, i consigli, le battute…
Sono nel nido delle Frecce!

Con Diego ci conosciamo da molto tempo, eravamo in Accademia insieme, lui un “Regolare” io al piano degli Ascari.

Ora condividiamo lo stesso abitacolo di GiT nella formazione come primi gregari di destra. Strana la vita vero?

I controlli e la messa in moto avvengono senza nessun intoppo ed un attimo dopo siamo pronti al decollo.

Il sogno si sta avverando: sto decollando dalla pista di Rivolto per un volo di allenamento coi Piloti della PAN! Mi vengono i brividi!

Diego mi dice in interfono:
– “Marietto mi raccomando se faccio qualche ca…ta dimmelo e intervieni, mi raccomando!”
Risposta, sottolineata in blu da una grassa risata:
– “Ma va in mona Diego!”

La formazione è praticamente un freccia, il Leader con due gregari a destra e due a sinistra con il primo e secondo fanalino a bastone di Antonio.
Alla mia destra c’è il “Tondino” e ogni tanto ci guardiamo.

Chi ha fatto formazione con Gi e GiT sa di cosa parlo.
Sa cosa vuol dire cercare di tenere fermo il proprio velivolo sui riferimenti di quello che sta davanti a pochissima distanza, mentre vengono disegnate sempre nuove traiettorie nelle tre dimensioni dello spazio.
E una continua correzione di motore e di cloche, l’attenzione è tutta là, su quel benedetto traguardo e allineamento.
Sembra di camminare a piedi nudi su di una lastra di vetro bagnata e cosparsa di sapone che ondeggia continuamente come appoggiata alla superficie del mare.

Siamo in volo e non mi accorgo nemmeno di stare in formazione.

I movimenti di Diego sui comandi sono i minimi indispensabili, sembra correggere l’errore prima che si manifesti.

Siamo tutti incollati al Leader ed il fantastico balletto perfettamente sincronizzato nei movimenti per mantenere la prospettiva durante le virate, da esterni o da interni, sembra la cosa più facile di questo mondo.

La voce calma e tranquilla di Gallus introduce le manovre e, con il tono indica anche la velocità di esecuzione, esattamente come un direttore di orchestra con il movimento della sua bacchetta.

E’ strabiliante vederli all’opera, questa volta non con il naso all’insù, bensì sotto gli stessi tettucci e condividendo lo stesso cielo.

Da quassù ho la sensazione che non ci siano sette velivoli staccati, ma uno solo, magistralmente “portato” dalla mano leggera del Leader.

Mai un attimo con le ali livellate, sempre leggermente “tirati e pesanti“ sul seggiolino in modo tale che i gregari non debbano sentire la necessità di “appoggiare” in avanti la barra…

Sembra quasi sia Toni a fare formazione su di noi, e non viceversa.
Semplicemente straordinario!

Il tipo di volo che mi sarebbe piaciuto fare per tutta la vita… ammesso di averlo saputo fare!
Immerso in tutti questi pensieri è arrivata l’ora di iniziare il programma con il looping di ingresso.

GiT è un aereo dal pilotaggio molto diverso da quello di Gi PAN.
E’ più pesante, leggermente più grosso e “se la tira un poco“ specialmente nelle manovre verticali con una velocità compresa tra i 210 e 300 KTS.
Basta una leggera pressione in più sulla barra e diventa irascibile entrando in “buffeting” peggiorando drasticamente le caratteristiche aerodinamiche.

Come ogni buon cavallino di razza che si rispetti, fa i capricci e sembra voler rifiutare l’ostacolo. Guai a prenderlo di punta, basta assecondarlo e, sopra i 300 nodi, diventa nuovamente filante e malleabile.
Iniziamo la tirata del looping attorno ai 400 KTS, come sull’R.
Sembra che la mano di Toni sia sulla cloche di ciascun velivolo tanto è perfetto il sincronismo dei gregari.

I “g” aumentano decisamente, ma con una gradualità tale che quasi non mi accorgo che la tuta anti-g si sta gonfiando schiacciandomi sul seggiolino, mentre i sette musetti dei Tango stanno scalando rapidamente il cielo.

Siamo rovesci e mi rendo conto di aver raggiunto la sommità del looping perché l’accelerazione diminuisce in quanto sempre concentrato sulla posizione: qui soltanto il leader ha il compito di guardar fuori; il mondo del gregario è unicamente il riferimento, da mantenere ad ogni costo ed in ogni situazione.

La velocità decresce rapidamente e attraversando i 300 nodi, proprio nella fase di richiamata ecco che GiT inizia a fare le bizze, la tirata di briglie gli dà fastidio e non la sopporta.
Inizia a vibrare rifiutando ogni ampio movimento di barra.

Immaginate di trovarvi a meno di 6000 piedi con il muso del velivolo che punta decisamente verso il basso assieme ad altri sei velivoli appiccicati a voi e di non essere liberi di tirare la cloche come vorreste per rimettere le ali il prima possibile parallele al suolo.

La terra ci viene rapidamente incontro quasi a volerci ingoiare tutti in un sol boccone.
Piergiorgio ed io ci guardiamo e, anche sotto le maschere e le visiere abbassate, ci capiamo al volo.

Sento la scossa sotto la lingua.
Il cuore non pompa più sangue ma adrenalina pura.
Le vibrazioni continuano e penso che se la situazione non cambia potrebbero essere guai seri.
Il tempo si dilata e gli attimi diventano ore.

Penso al gesto estremo per un Pilota da Caccia.
Rimane poco cielo sotto di noi e l’assetto in affondata è ancora critico.
Non dico nulla in interfono!

A Diego scappa un “c…o” (caspiterino), mentre Toni Gallus interviene in frequenza con il tono di voce più pacifico e suadente che abbia mai sentito:
– “Ragazzi, calmi che ne usciamo! Seguitemi!”

Penso che il Leader, con una freddezza e una lucidità che pochi avrebbero in quella manciata di secondi, abbia accarezzato la barra non con il guanto di velluto bensì con il palmo della mano destra avvolto nel piumino d’oca il più leggero che ci possa essere in commercio.

Il buffeting cessa e la tirata può essere decisamente più energica.
Mai come in questo caso ho accolto, con sollievo e come una liberazione, la pressione della mia anti-g che mi stringeva le gambe e si sfogava contro il mio stomaco.
Siamo usciti, bassi, molto bassi, ma siamo usciti.

Guardo nuovamente il Tondino alla mia destra, questa volta senza visiera e con la maschera di entrambi slacciata.

Filiamo via a più di 400 nodi, pronti per infilare la manovra successiva e, indicando il casco del numero 1, facciamo il gesto di allungarci il mento, che tradotto suonerebbe più o meno cosi:
“Hai visto che diavolo di manina ha questo alieno?”
Il programma prosegue come stabilito.

Toni Gallus ha capito GiT e se l’è fatto amico, mentre io continuo a godermi il volo forse più bello della mia vita.

Ritornando, per il debriefing, ho rivisto nella mia mente tutto il volo ed ho capito una cosa dal valore incommensurabile che lega gli Uomini delle Frecce al loro Leader: la fiducia!
Fiducia incondizionata!

In quei momenti sarebbe stato semplice abbandonare la formazione e cercare la salvezza in altra maniera.
Nessuno di loro ha fatto un piega!
Nessun commento si è sentito in frequenza!
Tutti hanno mantenuto perfettamente la loro posizione in formazione.

La fiducia in qualsiasi lavoro, ma in questo in particolare, è un potente amalgama che unisce professionalità già di per se stesse eccezionali, formando un Gruppo fortemente coeso.

Ancora una volta ho avuto la conferma che la fiducia non si applica a comando e neppure è automaticamente acquisita con il numero delle strisce dorate sulla manica dell’uniforme, ma la si conquista giorno dopo giorno, azione dopo azione, decisione dopo decisione.

Continuo a pensare che quel giorno Antonio Gallus mi abbia regalato una vera e propria magia che custodirò, preziosa, nella mia mente.

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