(Ultimo aggiornamento: )

di Roberto Bianchin
da repubblica.it, 13 dicembre 1988

RIVOLTO (Udine) Le ali delle Frecce tricolori si sono di nuovo insanguinate.
A poco più di tre mesi dalla tragedia di Ramstein, nei cieli di Germania, quando l’ aereo del solista si abbatté sulla folla uccidendo settanta persone e morirono anche tre piloti un altro incidente ha scosso la pattuglia acrobatica italiana. Uno dei nuovi piloti, il tenente colonnello Paolo Scoponi, 36 anni, di Montefiascone, sposato con due figlie, già designato a diventare con l’ inizio del prossimo anno il comandante delle Frecce tricolori e del 313° gruppo aereo dal quale dipendono, è morto ieri mattina nella base di Rivolto, dove ha sede la pattuglia acrobatica. E’ precipitato con il proprio aereo, un Aermacchi MB 339A, durante un normale volo di addestramento. Stava volando da solo quando per cause in corso di accertamento, come recita uno scarno comunicato ufficiale (ma c’ è il sospetto che si tratti di un’ avaria al motore) il suo aereo è caduto e si è schiantato a terra, in uno spiazzo erboso dentro la base, a cinquanta metri dalla pista. Sul fatto sono state aperte due inchieste: una militare (alla base aerea di Rivolto era già al lavoro ieri pomeriggio una commissione di indagine) ed una della magistratura ordinaria, condotta dal procuratore della Repubblica di Udine Ennio Diez. L’ incidente è avvenuto alle 9,45 del mattino. Paolo Scoponi si era alzato in volo da appena una decina di minuti.

Era arrivato a Rivolto da soli due mesi e stava prendendo confidenza con l’ Aermacchi raccontano un aereo col quale aveva volato poco, perché aveva consumato le tremila e passa ore di volo al suo attivo su altri tipi di aviogetti da combattimento, in particolare sugli F104. Non faceva alcuna manovra particolare, ma del semplice addestramento da solo perché doveva riprendere la mano con questo tipo di aereo racconta il tenente colonnello Gianfranco Da Forno, speaker della pattuglia acrobatica e addetto alle relazioni pubbliche del gruppo. Con le Frecce non aveva ancora mai volato aggiunge Da Forno e non era stato chiamato qui per sostituire il solista, un ruolo ancora vacante dopo la morte di Ivo Nutarelli a Ramstein, o qualcun altro, ma per prendere il posto nell’ 89 del tenente colonnello Diego Raineri al comando del gruppo e della pattuglia acrobatica. Quindi dopo l’ addestramento individuale avrebbe volato insieme alla pattuglia nelle esercitazioni, ma nelle esibizioni avrebbe avuto un ruolo di riserva (il comandante dirige tutte le manovre da una postazione a terra) e si sarebbe alzato in volo solo in caso di forfait del capo formazione.

Paolo Scoponi volava basso. E’ passato un paio di volte avanti e indietro con l’ Aermacchi dipinto di un azzurro intenso, lungo la pista della base di Rivolto, una lingua di cemento in mezzo ai campi di granturco. Ad un certo punto l’ aereo è precipitato. E’ piombato diritto sul prato vicino alla metà della pista, dalla parte interna della base, non lontano dalla torre di controllo. Non ha detto nulla e non si è lanciato fuori azionando il meccanismo di espulsione del seggiolino dice il tenente colonnello Da Forno non mi risulta che sia riuscito a dare l’ allarme via radio. Non sappiamo proprio cosa sia successo. Cause in corso di accertamento ripetono monotone le fonti ufficiali, abbottonatissime al punto che il generale Giovanni Savorelli, comandante della prima Regione aerea da cui dipendono le Frecce, ha annullato una conferenza stampa annunciata e per tutta la giornata di ieri i cancelli della base di Rivolto, diversamente da quant’ era successo dopo Ramstein, sono rimasti rigorosamente chiusi.

Un incidente standard fa sapere a sua volta l’ aeronautica. Ci sono invece due testimoni che accreditano la tesi di un’ avaria al motore dell’ Aermacchi. Sono Dario Carcich, figlio della padrona dell’ albergo Frecce tricolori che si trova proprio davanti alla base, e Roberto Mancin, un amico che ha una casa lì vicino. I due stavano parlando fra loro, ieri mattina, nel giardino dell’ albergo, quando hanno sentito tossire il motore dell’ aereo. Si sono sentiti come degli scoppiettii raccontano e subito dopo un botto, l’ aereo che si schiantava a terra, seguito da un’ esplosione. E immediatamente le sirene del sistema di allarme e quelle dei pompieri. Non abbiamo visto però l’ aereo cadere, solo un attimo dopo il fumo nero che si alzava da terra e alcune auto di passaggio che si sono fermate lungo la strada. Altri testimoni raccontano di aver visto l’ aereo, poco prima di cadere, con il carrello fuori, come se tentasse di atterrare. I rottami dell’ aereo erano sparsi in un raggio di 300 metri, tutti accartocciati. Si riconoscevano solo le parti di un’ ala e della fusoliera. Il corpo del pilota era stato pietosamente composto, coperto da un telo bianco, accanto ai rottami. Paolo Scoponi, che abitava a Verona dove si svolgeranno i funerali, probabilmente nella giornata di domani aveva il volo nel sangue.

Era figlio di un maresciallo dell’ Aeronautica, Aldo, e aveva fatto l’ Accademia prima di diventare pilota collaudatore al corpo sperimentale di volo a Roma e di assumere poi il comando del 132ø gruppo all’ aeroporto militare di Villafranca (Verona). Dopo due anni passati a Villafranca, il 4 ottobre scorso Scoponi era stato trasferito a Rivolto dove, dopo un periodo di addestramento, avrebbe dovuto assumere l’ incarico di comandante del 313ø gruppo del quale fa parte anche la pattuglia acrobatica. Il pilota non aveva ancora preso casa in Friuli, e la sua famiglia la moglie Bruna di 32 anni e le figlie Martina di 6 e Susanna di 3 era rimasta a vivere a Villafranca. Accompagnati da alcuni ufficiali della base, i familiari, sconvolti dal dolore, sono arrivati a Rivolto ieri pomeriggio. La nuova tragedia che si è abbattuta sulle Frecce, che hanno alle spalle un’ inquietante storia di sangue 13 morti in 27 anni ha avuto l’ effetto di un’ autentica mazzata sulla pattuglia che non si era ancora risollevata dalla domenica nera di Ramstein. Dopo quel terribile 28 agosto la pattuglia acrobatica non si è più esibita. Solo qualche passaggio dimostrativo, appena un atto di presenza, ma più neanche un’ esibizione.

Ancora tragedia. Si schianta un pilota delle Frecce

L'incidente sulla pista di Rivolto. Muore (tredicesima vittima) il futuro comandante della pattuglia acrobatica

di Silvano Goruppi e Vittorio Ragone
da L’Unità, 13 dicembre 1988, p. 5

L’aereo si è schiantato ai bordi della pista della base di Rivolto. Il tenente colonnello Paolo Scoponi è la tredicesima vittima della tragica catena di incidenti che in un quarto di secolo hanno colpito le «Frecce tricolori» della Pattuglia acrobatica nazionale. Scoponi era giunto alla base della Pan il 4 ottobre scorso: era destinato a sostituirne nel 1989 it comandante, colonnello Diego Raineri.

RIVOLTO (Udine) È morto prima ancora di aver potuto prendere confidenza con il nuovo ambiente delle «Frecce Tricolori». Il pilota collaudatore Paolo Scoponi, di 36 anni, è precipitato mentre era impegnato in una solitaria esercitazione sopra la base di Rivolto, sede della Pattuglia acrobatica nazionale, di cui entro il 1989 sarebbe dovuto diventare il comandante. L’aereo, un MB-339 Aermacchi, si è schiantato come una bomba ai bordi della pista, esplodendo. Istantanea la morte del pilota, nessun ferito.

La sciagura è avvenuta verso le 9,45 di ieri. L’allarme è stato dato da alcuni abitanti della zona che hanno udito lo scoppio, mentre accorrevano i componenti della Pattuglia. Del magnìfico aereo blu non rimanevano però che i resti disintegrali, sparsi lungo la pista. Paolo Scoponi era decollato da solo – senza impegnarsi in esercitazioni o «figure» con altri aerei – una decina di minuti prima. Le cause dell’incidente – informa un comunicato dello Stato maggiore dell’Aeronautica – non sono state ancora accertate. Sono in corso due inchieste, una della magistratura – ordinata dal procuratore delia Repubblica di Udine, Diez – l’altra dell’Aeronautica militare. Sul disastro viene mantenuto il più stretto riserbo.

Il tenente colonnello Paolo Scoponi era nato a Montefiascone (Viterbo). Lascia la moglie e due figli, di 5 e 10 anni. Era stato destinato al 313° Gruppo di addestramento acrobatico di Rivolto, dove ha sede la Pan, il 4 ottobre scorso. Insieme a lui, altri tre piloti avevano fatto ingresso nei ranghi delle « Frecce tricolori »: il tenente colonnello Alberto Moretti e i tenenti Andrea Coggiola e Norbert Walzl. I quattro erano destinati, dopo un perìodo di addestramento, a reintegrare le perdite subite dalla Pattuglia nella spaventosa sciagura di Ramstein, il 28 agosto scorso. In particolare, Moretti dovrebbe prendere il posto del tenente colonnello Mario Naldini, il capo-pattuglia delle «Frecce» perito nel rogo in Germania. Paolo Scoponi, invece, sarebbe dovuto subentrare nel corso del 1989 al colonnello Diego Raineri, che comanda il 313* Gruppo. Sarebbe cioè divenuto il massimo responsabile della Pattuglia, colui che – pur non volando, se non in casi straordinari, nella formazione – ne cura le attività e l’addestramento.

Scoponi era un pilota collaudatore molto apprezzato e di lunga espenenza. Aveva al suo attivo oltre tremila ore di volo. Dopo aver frequentato il corso « Marte » dell’Aeronautica militare, aveva prestato servizio presso il Reparto sperimentale di volo di Pratica di Mare. Più recentemente aveva comandato il 132° Gruppo del terzo stormo a Villafranca, che vola su velivoli F104. Secondo alcuni testimoni dell’incidente, il suo Aermacchi, prima di schiantarsi al suolo, aveva, il carrello d’atterraggio abbassato; dall’aereo – sempre secondo testimoni – provenivano scoppiettii, come se il motore dell Aermacchi perdesse colpi o non ricevesse benzina. L’esplosione sarebbe avvenuta quasi in concomitanza con il risuonare delle sirene di emergenza della base, il che fa pensare che il pilota, accortosi di un’avaria, abbia avvertito il comando a terra e tentato un atterraggio di fortuna.

Sono dubbi che solo le inchieste potranno risolvere: ieri pomeriggio il comandante della Prima regione aerea, generale Savotelli, ha visitato la base aerea di Rivolto. E il ministro della Difesa, Zanone, ha espresso «profondo e commosso cordoglio ai familiari del colonnello Scoponi».

Volevano dimenticare Ramstein. Ora tornano le polemiche

ROMA Le immagini trasmesse dalla tv tedesca il pomeriggio del 28 agosto 1988 sono di quelle che non si dimenticano, per una vita intera: tre aerei della Pattuglia acrobatica, impazziti dopo una collisione, piombarono come proiettili di fuoco sui bordi della pista di Ramstein. Uno, quello del tenente colonnello Ivo Nutarelli, annientò decine e decine di spettatori. Gli sguardi ammirati per i funamboli del cielo cedettero il posto alle urla disperate, ai corpi bruciati. Qualcuno dei morti è ancora oggi senza nome. Qualche ferito tenta ancora di cancellare i segni delle ustioni.

La pattuglia aveva ripreso il suo addestramento portandosi dentro l’angoscia della tragedia e il peso delle polemiche. Polemiche, innanzitutto, sull’opportunità che esista un manipolo di superpiloti dedicati all’acrobazia aviatoria, eredi di una mistica del coraggio che può mettere a repentaglio la propria incolumità e – come Ramstein ha dimostrato – quella degli altri. Dalle polemiche lo Stato maggiore si difese rivendicando le « tradizioni del cielo » e la necessità, ai fini  dell’addestramento e degli impieghi militari, di esplorare il limite dell’uomo e delle macchine. Le esibizioni delle « Frecce », falcidiate a Ramstein, furono sospese. Sulla base di Rivolto calò il silenzio.

L’Aeronautica chiese che ai compagni dei tre piloti morti fosse riconosciuto il diritto ad un dolore solitario. E insieme, com’è costume dell’aviazione, a riprendere il volo, lasciandosi alle spalle l’accaduto e tentando di imparare anche dalle sciagure.

È quello che si stava tentando di fare, in questi giorni, a Rivolto: studiare e ristudiare tutte le «figure», alla ricerca del particolare, il più imprevedibile, che può condurre al disastro; rivedere i programmi e le misure di sicurezza, insieme alle pattuglie acrobatiche di altri paesi; modificare le evoluzioni, per poter tornare sulle piste scrollandosi di dosso la macchia sanguinosa di Ramstein. Per questo si stava addestrando anche il tenente colonnello Paolo Scoponi, che avrebbe sostituito fra pochi mesi il colonnello Raineri, comandante del 313° Gruppo di addestramento acrobatico. Un pilota con 3000 ore di volo, fra i migliori della nostra Aeronautica. Un aereo, l’Mb 339/A, considerato affidabile e maneggevole. Eppure la tragedia si è ripetuta.

Naturalmente, la morte di Scoponi appartiene ad una diversa casistica. Non è come Ramstein: va piuttosto ad allungare la fila sterminata dei velivoli militari che, in Italia e nella Nato, cadono durante normali attività di routine. Nell’Alleanza atlantica, da un anno a questa parte, gli aerei caduti sono stati cento. Solo in Italia, almeno otto. Un tributo che i vertici militari, invocando le statistiche, considerano quasi inevitabile: un incidente ogni 13-15mila ore dì volo. Più sì vola, più saranno gli incidenti.

Resta il fatto che i piloti delle «Frecce» non sono piloti qualsiasi, e che il passato pesa: errore umano o errore tecnico, la sciagura di Rivolto conferma che i margini per riparare a una distrazione sono infinitesimali, pressoché nulli, a quel livello di prestazioni È prevedibile che le polemiche saranno rinverdite. Ed è d’altra parte legittimo che sul futuro della Pattuglia acrobatica si chieda – e si sappia – di più: quali sono i programmi addestrativi in corso? Quali modifiche sono state previste per incrementarne la sicurezza? E quale sarà il destino delle « Frecce tricolori », una volta reintegrata la formazione, quando in primavera si riaprirà la gran kermesse delle manifestazioni acrobatiche?

«Frecce», è ancora tragedia

In fase di atterraggio è esploso l'aereo pilotato dal futuro comandante della squadriglia - Era il tenente colonnello Paolo Scoponi di 36 anni - Lascia moglie e due figlie - »Il motore faceva strani rumori»

di Gian Antonio Stella
da Corriere della sera, 13 dicembre 1988, p. 7

DAL NOSTRO INVIATO
UDINE — «Veniva giù in modo strano. Il motore brontolava, come se avesse degli strappi — racconta un testimone, Roberto Mancin — Ha fatto un paio di giri, poi è sparito dietro i capannoni. Ho sentito un boato, poi una seconda eplosione. E da lì in fondo, a circa ducento metri dalla torre di controllo, è salito un fumo nero e gonfio. Santo Dio, ho pensato: ne é morto un altro».

Erano le dieci meno un quarto di ieri mattina. Sulla pista dell’aeroporto militare di Rivolto, vicino a Codroipo, si chiudeva con uno schianto l’anno più tragico delle «Frecce tricolori», già colpite nell’agosto scorso dalla sciagura di Ramstein, in Germania, dove tre caccia della pattuglia acrobatica italiana ai erano scontrati in volo ed erano piombati sulla folla uccidendo settanta spettatori.

Il pilota morto era il nuovo comandante delle «Frecce». Si chiamava Paolo Scoponi, aveva 38 anni, portava le mostrine di tenente colonnello, era sposato e aveva due bambine. Nominato il 4 ottobre, doveva ancora entrare in carica. Sarebbe subentrato al comandante uscente, Diego Raineri, solo fra qualche mese, ma si era già trasferito nella base aerea udinese.

Sulla tragedia sono state aperte due inchieste, condotte la prima dal procuratore della Repubblica di Udine Ennio Diez, la seconda da una commissione di indagine dell’Aeronautica Militare. Entrambe sono nelle mani dei periti. che cercheranno di ricostruire le cause dell’incidente partendo dai resti dell’aereo. Un compito difficile: dopo lo schianto, il caccia é infatti esploso.

Cosa sia accaduto, per ora. é un mistero. A costo di lasciare via libera ad altre polemiche sul ruolo della pattuglia acrobatica, già messo in discussione dopo la sciagura di Ramstein, le autorità militari della base di Rivolto hanno rifiutato non solo l’accesso all’aeroporto a tutti i cronisti, ma qualsiasi notizia non filtrata dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica, che da Roma ha emesso tre laconici comunicati. Tutte le ipotesi, al momento, sono buone. «Non sappiamo nulla —ha detto il portavoce della pattuglia, il tenente colonnello Gianfranco Dal Forno —. L’unica cosa che posso dire è che non mi risulta che prima dello schianto ci sia stato un contatto radio, né che il pilota abbia cercato di farsi catapultare fuori dal meccanismo di espulsione».

Nato a Monteflascone, in provincia di Viterbo, figlio di un maresciallo dell’Aeronautica oggi in pensione, Paolo Scoponi era cresciuto con il culto degli aerei. Dopo l’Accademia. aveva prestato servizio come pilota collaudatore al reparto di volo sperimentale di Pratica di Mare, quindi era stato promosso a comandante del 132° gruppo all’aeroporto di Villafranca. Nominato ai primi di ottobre comandante del 313° gruppo, del quale fanno parte la Pattuglia acrobatica e alcuni servizi di supporto, l’ufficiale aveva lasciato la moglie Bruna, 32 anni, e le due fignolette, Martina, di 6 anni, e Susanna, di 3, a Verona, e si era trasferito alla base di Rivolto in attesa dl farsi seguire dalla famiglia. Prima di assumere la guida delle «Frecce tricolori», Paolo Scoponi avrebbe dovuto conoscere alla perfezione i velivoli utilizzati e le principali figure acrobatiche, come «Ventagli», le «Bombe», le «Arizona», che hanno reso famosa la nostra pattuglia nazionale.

Ed è stato proprio durante uno di questi voli dl addestramento, in solitario. che si è compiuta la tragedia. Un volo brevissimo. Decollato alle 9.30 precise, Paolo Scoponi ha girato sopra la campagna di Rivolto soltanto per dieci minuti. Poi ha deciso di tornare alla base. Quasi certamente, si era accorto che qualcosa non funzionava a dovere. Probabilmente, stando ad alcune testimonianze che parlano concordemente di rumorosi «schioppettii», un intoppo al motore. L’ipotesi più probabile è che l’ufficiale fosse convinto che non si trattasse dl qualcosa di grave, tanto é vero che ha tentato l’atterraggio anziché utilizzare II meccanismo di espulsione. Improvvisamente, lo schian-to.

Con Paolo Scoponi, i piloti morti durante i tre decenni di attività della nostra pattuglia acrobatica, nata nel 1961 coni mitici «Trident» grigi, salgono a tredici. Ma al conto, purtroppo, vanno aggiunte altre settanta vittime: gli spettatori che la mattina del 28 agosto scorso, in una stupenda giornata di sole, erano stati straziati dallo scoppio di tre «Frecce» scontratesi in volo durante un’esibizione nella base Nato di Ramstein, in Germania.

Si schianta un'altra «Freccia»

Il tenente colonnello Scoponi era in addestramento - Si pensa a un tentativo di atterraggio per avaria, all'esplosione di un motore - L'ufficiale doveva «gestire» la pesante eredità lasciata dalla sciagura di Ramstein

di Giuliano Marchesini
da La stampa, 13 dicembre 1988, p. 10

DAL NOSTRO INVIATO UDINE — Un breve volo nel cielo di Udine, uno schianto, un rogo. È di nuovo tragedia per le «Frecce Tricolori»: un pilota della pattuglia acrobatica nazionale è morto precipitando con il suo «Aermacchi MB 339» sulla pista dell’aeroporto di Rivolto, mentre era impegnato in un addestramento solitario. È il tenente colonnello Paolo Scoponi, 36 anni, di Monteliascone (Viterbo), sposato e padre di due bambine. Era stato designato a succedere al tenente colonnello Diego Raineri al comando delle  «Frecce», avrebbe assunto l’incarico il prossimo anno.

Adesso, si cerca di capire il perche di quest’altra sciagura che sconvolge il gruppo della «Pan»: la commissione di inchiesta nominata dall’aeronautica già al lavoro, le indagini disposte dal procuratore della Repubblica di Udine Ennio Diez. Mentre è ancora pesantissimo il ricordo del disastro del 28 agosto scorso: il tremendo impatto delle «Frecce Tricolori» sulla pista di Ramstein, nella Germania Federale, 70 morti tra i quali tre piloti della pattuglia acrobatica italiana, centinaia di feriti. E riemergono le polemiche sulla sopravvivenza di una formazione la cui attività lascia col fiato sospeso.

Il tenente colonnello Paolo Scoponi era stato per due anni comandante del 132° gruppo alla base di Villafranca ed era all’aeroporto di Rivolto dal 4 ottobre. Tremila ore di volo, era ovviamente uno dei piloti sui quali l’aeronautica militare faceva maggior affidamento: gli spettava un compito di estrema delicatezza, dopo la tragedia di Ramstein.

Secondo quanto raccontano, stava prendendo «confidenza» con l’Aermacchi MB 339. anche per il fatto che se in qualche circostanza il capo-formazione fosse stato costretto a dare forfait avrebbe dovuto sostituirlo. Ieri mattina, poco dopo le nove. Scoponi s’è preparato per quello che doveva essere «un normale volo di addestramento». Appariva tranquillo, come al solito. Del resto, difficilmente mostrava qualche turbamento: un «uomo d’acciaio» lo definiscono, come tutti quelli che compongono la pattuglia acrobatica.

Le evoluzioni sopra la pianura friulana: niente di eccezionale, a quanto pare. Una decina di minuti in tutto, poi il dramma: l’aereo stava sorvolando la base di Rivolto, è piombato sulla pista, poco lontano dalla torre. Un’esplosione, il velivolo avvolto dalle fiamme: niente da fare per Paolo Scoponi.

Intorno all’aeroporto, nel mezzo della campagna udinese, ancora angoscia. Tra la gente del paese si raccoglie qualche testimonianza. Ma nessuno può sapere che cosa sia accaduto in quei secondi che hanno preceduto la caduta della «Freccia». Dario Carcich, figlio della proprietaria di un albergo poco lontano dalla base, racconta: «Quell’aereo ha fatto un paio di passaggi, volava piuttosto basso. Poi ho sentito un gran botto, e ho visto un fumo denso levarsi dall’aeroporto. Qualche minuto dopo ho udito le sirene dell’ambulanza, degli automezzi dei vigili del fuoco». Un altro degli abitanti della zona, Roberto Mancini, dice di averne sentiti due, di «botti», preceduti da quello che gli è sembrato uno «scoppiettio», «Ma dire che cosa sia successo è difficile». Secondo qualcun altro, il velivolo aveva il carrello di atterraggio abbassato.

Fatto sta che Paolo Scoponi non ha avuto il tempo di azionare il dispositivo di espulsione del seggiolino. C’è chi sostiene che, comunque, aveva segnalato alla torre di controllo qualche «difficoltà di volo». Ma alla base lo escludono: «Nessuna comunicazione via radio, tutto e accaduto all’improvviso». E dall’aeroporto non vengono altre precisazioni: a Rivolto ci si limita a rispondere che eventuali dichiarazioni verranno rese soltanto attraverso il ministero della Difesa. «Le cause dell’incidente — è il laconico comunicato che si raccoglie qui — sono ancora in corso di accertamento». Da un malore a un guasto, a una manovra non riuscita, tutto rientra nel campo delle ipotesi.

E mentre la commissione di inchiesta cerca di trovare una risposta, l’aeroporto di Rivolto sembra di nuovo il luogo di un piccolo «pellegrinaggio», di gente che vorrebbe sapere com’è morto un altro pilota delle «Frecce Tricolori». Ma c’è un silenzio fondo nella direzione della pattuglia acrobatica, nella palazzina numero 11 accanto alla quale sono schierati il vecchio «Trident» grigio, il rosso «Cavallino Rampante», il «G 91» e l’azzurro «Aermacchi MB 339», i velivoli che hanno fatto la storia delle -Frecce».

Qui si radunarono, nell’agosto scorso, i superstiti della pattuglia acrobatica reduci dal disastro di Ramstein, mentre erano in arrivo le bare del tenente colonnello Mario Naldini, capo-formazione, del tenente colonnello Ivo Nutarelli, «solista», e del capitano Giorgio Alessio, «gregario di sinistra». E, fuori di qui, divampavano le polemiche sui grandi rischi delle esibizioni di questi gruppi di «acrobati dell’aviazione».

Il comandante Raineri disse: «Tutti noi non potremo mai dimenticare quel che è accaduto a Ramstein, campassimo cent’anni». Ma aggiunse che, per questo le «Frecce» non avrebbero dovuto cessare di esistere. A chi gli chiedeva se non ritenesse che ormai simili pattuglie fossero fuori dal tempo, rispondeva: «Anacronistiche? niente affatto. Allora, lo sarebbero anche le gare automobilistiche di Formula 1».

Al funerali, nel tempio ossario di Udine, s’affollarono i friulani, attorno a quelle tre bare. Un’onda di emozione per il dramma dei piloti della «Pan», l’angoscia per le vittime di Ramstein. C’era anche il ministro della Difesa, Zanone, che volle esprimere alla pattuglia acrobatica nazionale, «nell’ora della tragedia e della sfortuna», il suo sentimento «di solidarietà e di fiducia».

Ora c’è un’altra bara nella base di Rivolto: probabilmente, la salma sarà trasportala all’aeroporto di Villafranca. Le «Frecce Tricolori» sono stravolte: hanno avuto 13 morti in 27 anni di attività.

Provava una difficile figura, ma un errore lo ha tradito

di Roberto Bianchin
da repubblica.it, 14 dicembre 1988 [ fonte ]

RIVOLTO (Udine) È stato un tonneau lento, cioé una manovra di avvitamento a bassa quota in cui l’ aereo gira su stesso, a tradire il tenente colonnello Paolo Scoponi, precipitato lunedì mattina col suo aereo nella base di Rivolto, dove hanno sede le Frecce Tricolori, durante un normale volo di addestramento. Sarebbero queste le prime, sommarie conclusioni della commissione d’ inchiesta nominata dallo Stato maggiore dell’ Aeronautica, filtrate dal riserbo ufficiale. I periti che si erano messi al lavoro subito dopo l’ incidente, sembrano infatti propensi ad addebitare la sciagura ad un errore del pilota e ad escludere l’ipotesi di un’avaria al motore, accreditata da alcuni testimoni che avevano sentito degli scoppiettii prima che l’ Aermacchi MB 339 A si schiantasse al suolo.

La salma del pilota, che l’ anno prossimo sarebbe diventato il nuovo comandante delle Frecce Tricolori, è stata intanto portata a Villafranca (Verona) dove abitava la sua famiglia, ieri con un volo speciale. Nella cittadina veneta verrà allestita la camera ardente e oggi pomeriggio nel Duomo si svolgeranno, in forma solenne, i funerali, alla presenza del capo di Stato maggiore dell’ Aeronautica. Come a Ramstein, quindi 70 morti fra il pubblico e tre avieri si tratterebbe di un tragico errore del pilota, secondo le conclusioni delle commissioni d’ inchiesta.

La concentrazione è tutto per i piloti spiega il generale in pensione Danilo Franzoi che per molti anni è stato l’anima delle Frecce Tricolori, solista, comandante e capo-formazione basta perderla per un attimo e si rischia di fare degli errori molto gravi. Purtroppo più del 90 per cento degli incidenti dipendono da errori umani. La manovra che è stata fatale al tenente colonnello Scoponi era un tonneau. Letteralmente una vite orizzontale, cioé una manovra acrobatica con la quale si compie un movimento a vite procedendo in pari tempo in senso orizzontale. Lento o veloce, sinistro o destro, in due o in quattro tempi, il tonneau è una tipica figura del solista delle Frecce e ricorre frequentemente nel programma della pattuglia tricolore. Scoponi era in volo radente a bassa quota venti, trenta metri da terra, non di più e stava girando lentamente su se stesso, con il carrello abbassato come prescrive il regolamento perché in questo modo le esibizioni sono più spettacolari. A un certo punto il pilota è uscito dal tonneau in leggera cabrata, cioé in salita, ma era troppo lento e non ce l’ ha fatta a prender quota. Così l’ aereo è probabilmente andato in stallo e non è più riuscito a riprendere la posizione di volo. Scoponi ha tentato di dar potenza al motore ma invano. Forse avrebbe potuto azionare il meccanismo di espulsione del seggiolino e tentare di salvarsi, invece ha cercato di raddrizzare l’ aereo. Ha toccato il terreno con un’ ala, è finito fuori pista e si è rovesciato più volte disintegrandosi. Per lui il volo era tutto dice la moglie Bruna che stringe al petto un album di foto che ritraggono il marito in divisa vicino agli aerei coi quali ha volato. Eppure Scoponi aveva da poco superato lo choc di un’ altra tragedia, avvenuta lo scorso luglio alla base di Villafranca, quando aveva visto cadere, durante un’esercitazione l’aereo che lo seguiva: quello del suo comandante, il capitano Sandro Sordoni, schiantatosi contro una casamatta in fase di decollo.

Alla base di Rivolto, ieri, c’era un silenzio tragico. Pochi avieri parlottavano a voce bassa vicino alla palazzina numero 11, quella del comando. A fianco stavano bene allineati gli aerei che hanno fatto la storia delle Frecce: il Trident, il Cavallino rampante, il G 91 e l’ Aermacchi MB 339A. Gli acrobati con le stellette sono ragazzi sui trent’ anni, guadagnano in media 2 milioni e mezzo al mese, entrano nella pattuglia (Un ruolo molto ambito) solo dopo selezioni molto dure e dopo aver raggiunto un determinato standard: almeno otto mesi di addestramento solitario, poi un anno e mezzo in gruppo. Contano soprattutto la calma, il carattere e la capacità di sacrificio dice il generale Franzoi. Ma tanta fatica ha un premio breve: 4-6 anni di carriera al massimo nei vari ruoli della pattuglia (capoformazione, solista, gregario, fanalino) poi si viene sostituiti. Troppo stress. E lo stress uccide. Dopo la tragedia di Ramstein hanno ridotto molto gli addestramenti, non hanno volato per un mese e mezzo, poi hanno ripreso ma in gruppi di 4-5 alla volta, mai tutti assieme racconta Graziella Gasparini titolare dell’ hotel Frecce tricolori che sta proprio davanti alla base. E intanto Democrazia proletaria ha chiesto lo scioglimento della pattuglia acrobatica.

dal fascicolo n° 65, “Risposte scritte ed interrogazioni” del Senato della Repubblica – X^ Legislatura, p. 1844

POLLICE. ~ Al Ministro della difesa. ~ Per conoscere:

in relazione alla morte del nuovo solista delle Frecce tricolori, tenente colonnello Paolo Scoponi, quale sia stata la dinamica dell’incidente;

quali fossero le norme di sicurezza in vigore per le figure acrobatiche e, in particolare, la minima distanza dal suolo da rispettare;

quali fossero le condizioni del velivolo e, in particolare. le capacità di reazione; quale sia stato l’esito della ultima ispezione ministeriale alle Frecce tricolori per il controllo delle condizioni psico~fisiche dei piloti;

se questo ultimo incidente (l’ennesimo di una lunga serie), che, se si fosse verificato durante una manifestazione, avrebbe provocato numerosi morti tra i civili, non suggerisca finalmente la chiusura del reparto, che è diventato simbolo di inutili lutti mentre non serve in alcun modo alla difesa del paese.
(20 dicembre 1988)

RISPOSTA.~ In merito al tragico incidente di volo occorso al tenente colonnello pilota Paolo Scoponi, si precisa quanto segue.

L’ufficiale, destinato ad assumere l’incarico di comandante del 313° Gruppo pattuglia acrobatica nazionale, svolgeva il normale addestramento acrobatica del Gruppo, addestramento che, peraltro, non costituiva per lo stesso una esperienza nuova, avendo già svolto notevole attività di volo acrobatica sulla medesima macchina, quale collaudatore del Reparto sperimentale di volo dell’Aeronautica militare.

La misura di sicurezza, fondamentale nel volo acrobatica, è rappresentata dal livello di addestramento, che, nel caso del tenente colonnello Scoponi, era elevatissimo e non dalla quota del velivolo che, di per sè, non è significativa; va sottolineato, comunque che, dalle prime risultanze, il pilota volava al di sopra della quota necessaria per compiere manovre più complesse di quella in esecuzione.

L’inchiesta tecnico~formale sull’incidente è ancora in corso. Non è possibile quindi anticipare le conclusioni circa le cause dell’evento. Le condizioni del velivolo, come quelle di tutti i velivoli autorizzati al volo, che sono controllate prima di ogni volo, risultavano in piena efficienza.

L’Aermacchi MB. 339 in dotazione, impiegato nelle scuole di volo, non è particolarmente impegnativo; è versatile e risponde prontamente ai comandi.

Per quanto concerne «l’esito dell’ultima ispezione ministeriale alle Frecce tricolori per il controllo delle condizioni psico-fisiche dei piloti» si fa presente che tutti i piloti della Pattuglia acrobatica nazionale dopo l’incidente di Ramstein sono stati sottoposti – al fine di verificare le eventuali ripercussioni psico-fisiche determinate dall’evento – a visita di controllo straordinaria presso l’istituto medico legale della prima regione aerea, riportando la piena idoneità psico-fisica.

Il tenente colonnello Scoponi, assegnato alla Pattuglia acrobatica nazionale successivamente, aveva superato tutti i previsti controlli psico-fisici presso il predetto istituto il 30 giugno 1988, in occasione della visita di controllo ordinaria.

La manovra eseguita dal tenente colonnello Scoponi al momento dell’incidente si sviluppava lungo l’ipotetico «asse di manifestazione» che è posizionato lontano dagli spettatori e quindi non avrebbe potuto in ogni caso provocare danni anche se effettuata durante una manifestazione pubblica.

Il Ministro della difesa ZANONE
(29 aprile 1989)

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