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Sono la pattuglia acrobatica più spettacolare al mondo. Il loro segreto? Cominciare con un buon cappuccino...

testo e foto di Alessandro Barteletti
da Autoitaliana, n° 5, ottobre 2020, pp. 70 e segg

Rituale in Mansarda
La colazione tutti insieme è un rituale che i piloti delle Frecce Tricolori considerano imprescindibile per il Gruppo. La tradizione vuole che a occuparsi di caffè, cornetti e brioche siano i nuovi arrivati in Pattuglia.

“LA PARTE PIU DIFFICILE? lmparare a fare il cappuccino”. Simone, Oscar sono i piloti più giovani dlclla Pattuglia Acrobatica Nazionale, le celebri Frecce Tricolori. “Qui le tradizioni contano e da sempre gli ultimi arrivati preparano la colazione. Quest’anno tocca a noi”.

Siamo nel luogo più intimo di tutto il reparto, la cosiddetta Mansarda con la “M” maiuscola, nel rispetto dei padroni di casa, che ospita il bar del Gruppo e dove sono conservati cimeli e omaggi ricevuti da campioni dello sport, personalità, colleghi stranieri. Ogni mattina i piloti si riuniscono per un rituale considerato sacro e imprescindibile: la colazione, tutti insieme. Per noi è invece la prima tappa di una avventura unica ed esclusiva: vivere il dietro le quinte di un giorno da Pony.

Vengono chiamati cosi, nel gergo del reparto, i piloti della Pattuglia più celebre al mondo, identificati da un numero progressivo da 1 a 10 che tra Leader, Gregari, Fanalini e Solista ne determina ruolo e posizione all’interno della formazione.

Li abbiamo raggiuntia Rivolto, venticinque minuti di auto da Udine, dove ha sede il 313° Gruppo Addestramento Acrobatico dell’ Aeronautica Militare: la nostra visita arriva a ridosso della partenza per il consueto sorvolo sull’autodromo di Monza, prima del via del Gran Premio d’ltalia. Essere qui significa ritrovare le origini di un’antica tradizione, quella dell’acrobazia collettiva, che in Italia è nata proprio da aerea queste parti.

Era il 1930 quando l’allora Colonnello Rino Corso Fougier costitui la Pattuglia Folle a Campoformido, a pochi chilometri dall’odierno aeroporto di Rivolto, sostenendo che un pilota poteva definirsi perfetto solo se in grado di avere la totale padronanza del velivolo in ogni assetto e circostanza. In altre parole, un ottimo pilota sportívo sarebbe stato anche un eccellente pilota militare.

Tutti indossano la mascherina anti Covid, a ribadire il particolare presente che stiamo vivendo.

Anche il 2020 del le Frecce Tricolori è stato segnato dalla pandemia, e pensare che sarebbe dovuto essere un anno di festa. La Pattuglia Acrobatica Nazionale, detta anche PAN, nasce infatti nel 1961, e questa è la loro sessantesima stagione. Poco male, ci dicono, i festeggiamenti sono rimandati al | prossimo anno quando si celebreranno sessant’anni dalla fondazione. In compenso, lo scorso maggio, subito dopo il lockdown, le Frecce hanno dato vita a un evento storico e senza precedenti: sorvolare e stendere il loro spettacolare tricolore sopra l’Italia intera.

Ai margini della pista, Gaetano Farina, il Comandante, pronto a svolgere uno dei compiti più importanti: supervisionare il volo. Lui è Pony 0. Quando si trova in quella posizione si dice che è in biga, ed è li che lo raggiungiamo. Indossa le cuffie, le collega alla radio, e in un attimo è in comunicazione con i suoi aeroplani per il primo volo della giornata.

Isolato in quel dialogo che non ammette distrazioni, Farina si apposta un passo avanti a noi e diventa una silhouette disegnata contro il sole. Non è lui a dettare il ritmo del volo o a dare il via alle manovre, quello è compito prima di tutto di Pony 1, il Capo Formazione. Le indicazioni di Pony 0 sono invece correzioni.

Più volte il Comandante della PAN è stato definito un direttore d’orchestra perché a voler paragonare il volo delle Frecce Tricolori a un concerto, da questa prospettiva riesce a vedere, a sentire e a capire come ciascun elemento si sta esibendo. Controlla le posizioni, le prospettive da terra, studia il vento e si assicura che lo spettacolo venga eseguito in maniera impeccabile e sicura. Solo più tardi, assistendo al debriefing dei piloti, riusciamo ad ascoltare quelle voci anche noi.

Ogni volo di addestramento viene infatti ripreso da terra da operatori esperti per permettere ai Pony di rivedersi e individuare anche la piu insignificante delle imperfezioni. Le comunicazioni scandiscono il ritmo dell’esibizione definendo i tempi del Cuore, della Trasformazione a Cigno, del Looping a Calice, della Scintilla Tricolore dell’Apertura della Bomba. È un incedere deciso e al tempo stesso armonioso quello che guida il disegno delle figure in cielo.

Ci ritroviamo a parlarne poco dopo con il Comandante, quando lo ritroviamo nel suo ufficio. Dietro di lui un mosaico che riproduce lo stemma delle Frecce Tricolori illumina la parete,

“È quasi una sinfonia”, afferma Farina. “Rappresentare l’ltalia è parte del ruola istituzionale della Pattuglia, ma quando assisti alla nostra esibizione capisci che è un discorso che va oltre, ci sono l’arte e l’eleganza del nostro Paese in quelle manovre”.

Le Frecce sono così ammirate e seguite in tutto il mondo che dei 135 club ufficialmente riconosciuti ce ne sono alcuni anche in Australia, in Canada e negli Emirati Arabi.

Ma alla domanda: “Siete voi i migliori?”, Farina risponde con diplomazia spiegando che ogni Pattuglia ha le sue peculiarità. La risposta ce la diamo da soli quando ci dice che questa è la sola pattuglia acrobatica al mondo che vola su jet con una formazione di dieci aeroplani, è l’unica con un programma che prevede la separazione in tre sezioni (cinque più quattro più il solista) ed esegue manovre, incroci e ricongiungimenti sempre in vista del pubblico.

Un rumore di passi affrettati oltre la porta interrompe la nostra conversazione:da oggi le Frecce Tricolori avranno un nuovo pilota. È giunto in reparto da un paio di settimane, entrerà nella formazione il prossimo anno e proprio in questo momento sta compiendo il suo primo volo in solitaria con un velivolo delle Frecce Tricolori.

Seguiamo Alfio Mazzoccoli, Pierluigi Raspa. Alessio Ghersi e Simone Fanfarillo – rispettivamente Pony 2, 4, 8 – che corrono verso il piazzale pronti ad accoglierlo e a congratularsi con lui. Una serie di pugno contro pugno sostiuiscono la vecchia e tradizionale stretta di mano – siamo pur sempre in epoca di pandemia – ma il messaggio è chiaro. Le Frecce Tricolori sono uniche per il loro saper essere una squadra, sempre e comunque. D’altronde, volare in Pattuglia significa eseguire manovre in cielo a una media di 600 km/h e nei passaggi in formazione la distanza tra un aeroplano e L’altro scende fino a due metri. Ecco perché ciascuno deve potersi fidare ciecamente dei suoi compagni: è un concetto essenziale alla base del volo acrobatico colletivo. Ed ecco perché è così importante il caffe in Mansarda.

Il risveglio
Trascorsa la notte sotto gli shelter, intorno alle otto del mattino gli aeroplani della PAN vengono schierati sul piazzale e preparati in vista del primo volo della giornata

Il lavoro degli specialisti
Mentre i piloti sono impegnati nel briefing pre-volo, gli specialisti si occupano di predisporre i velivoli. Una routine che dura cinquanta minuti tra pulizia e verifiche

La vestizione
Concluso il briefing e deciso il programma di addestramento, i piloti raggiungono la sala equipaggiamento dove indossano i pantaloni “Anti-G” e prendono i caschi personali

A rapporto dal Comandante
Capo Formazione, Primo Fanalino, Solista e Supervisore Addestramento si presentano nell’ufficio del Comandate per illustrare i contenuti del prossimo volo di addestramento

Verso i velivoli
Ordinati secondo il numero assegnato a ciascun pilota all’interno della formazione, i Pony – come sono chiamati nel gergo della Pattuglia – si dirigono verso i loro aeroplani

Pronti al decollo
Raggiunta la pista, gli MB-339A PAN si schierano per il decollo in formazione. Spesso, durante l’addestramento, si provano le figure con un numero ridotto di velivoli

Un nuovo Pony
Rientrato dal suo primo volo senza istruttore, un nuovo Pony riceve le congratulazioni da parte dei compagni. Ogni anno la PAN presenta uno o due nuovi piloti all’interno della formazione

Ancora verifiche
Uno specialista compie un nuovo ciclo di verifiche: ripeterle prima di ciascun volo – se ne fanno fino a tre in un giorno – è essenziale per garantire la sicurezza della Pattuglia

Ultime procedure
Dopo il giro intorno all’aeroplano per gli ultimi controlli – in gergo “walkaround” – il pilota sale a bordo del suo velivolo pronto per le procedure di legatura e di messa in moto

Direttore d’orchestra
Raggiunta la sua postazione ai margini della pista, il Comandante controlla e corregge via radio il volo delle Frecce. Nell’addestramento si usano solo fumi bianchi

Momento di svago
Dopo pranzo, i piloti si ritrovano in Mansarda per un caffè e una partita a biliardino. Qui sono conservati anche i cimeli e gli omaggi ricevuti da personalità e campioni dello sport

La manutenzione
A garantire la sicurezza del volo, ogni centocinquanta, duecentocinquanta e cinquecento ore ciascun aeroplano viene revisionato da un reparto interno dedicato

Proprio li, subito dopo la pausa pranzo, riprendiamo il discorso. Chiunque può diventare un Pony, a patto che sia già un pilota “combat-ready” dell’Aeronautica Militare e che presti servizio su un velivolo jet.

“Non cerchiamo a tutti i costi il Cristiano Ronaldo della situazione”, spiega ancora Farina con un paragone calcistico. “Non ci interessa che sia un fenomeno se poi si dimostra un soggetto competitivo che vuole emergere come individuo. A noi serve un giocatore che sia capace di lavorare in squadra. E per farlo bisogna stare bene insieme, dentro e soprattutto fuori dall’abitacolo”.

La selezione dura una settimana: “Mi sono presentato in punta di piedi e con grande umiltà”, racconta Stefano Vit, oggi Pony 1, il Capo Formazione. “È bastato poco per capire che qui si vive in simbiosi”.

“Il gruppo ti accoglie e ti mette subito a tuo agio”, aggiunge Simone Fanfarillo. Pony 9. Durante la settimana di selezione si vivono insieme soprattutto situazioni conviviali, dalla colazione in Mansarda a una cena collettiva. C’è anche un team di psicologi che ci sottopone a degli| esercizi di gruppo. E lì emerge bene la personalità di ciascuno”.

I piloti delle Frecce Tricolori provengono da reparti operativi dell’Aeronautica Militare e l’esperienza in Pattuglia è una parentesi che dura in media quattro o cinque anni. Significa che arrivano nell’abitacolo dell’Aermacchi MB-339A PAN, l’aereo delle Frecce, con diverse centinaia di ore di volo maturate ai comandi di velivoli di ultima generazione.

E qui avviene un’altra magia. Si torna ad assaporare il volo nella sua essenza più pura.

“Pilotare un aeroplano i cui comandi non sono processati da un computer significa sentire il volo nel senso stretto del termine”, spiega Stefano. “Il velivolo ti parla, se vai forte o piano lo senti dal rumore, dalle vibrazioni. E poi il nostro aereo ha il fascino di essere tutto italiano”. Nel nome ci sono le iniziali del suo progettista, secondo un’antica usanza che ha caratterizzato gli aeroplani italiani sin quasi dagli albori: la “B” è infatti quella di Ermanno Bazzocchi, padre di alcuni tra i più significativi aerei addestratori prodotti nel dopoguerra.

Un adesivo bianco sul blu intenso delle fusoliere ricorda che il “Tre-Tre-Nove” è in servizio con la PAN dal 1982, ma nessuno lo considera superato per questo. Le sue caratteristiche, anzi, hanno reso possibili alcune manovre della Pattuglia inimmaginabili con altri jet.

Una per tutte: il Lomçovak. II Solista punta verticale verso il cielo eseguendo una rotazione verso sinistra, arriva a far stallare l’aereo, Ossia perde letteralmente la spinta innescando una sorta di effetto frullino, ma sfrutta l’inerzia ancora disponibile fino a quando il velivolo non ricade di coda. La manovra si risolve quando il pilota, precipitando letteralmente verso terra, torna a dare motore e riprende il controllo.

Sebbene l’MB-339A PAN abbia davanti a sé ancora diversi anni di vita operativa, si inizia a parlare di quello che sarà il suo sostituto. Un altro velivolo italiano, il nuovo Aermacchi M-345 prodotto dal gruppo Leonardo: i piloti garantiscono che a discapito della sua modernità, il modo di volare della Pattuglia non cambierà.

“Il volo acrobatico può essere solo questo, manuale e a vista”, spiega Massimiliano Salvatore, Pony 10, il Solista. “Aggiungerei anche fisico, perché dentro all’abitacolo manovri barra, manetta e pedalliera con la sola forza di gambe e braccia. Il coordinamento di questi movimenti è ciò che determina l’abilita del pilota e quindi la precisione delle manovre”.

Basta cercare in rete un Video in soggettiva del cosiddetto Volo Folle, una delle ultime manovre eseguite dal Solista nei venticinque minuti di esibizione della Pattuglia, per rendersi conto che è proprio cosi. Il modo in cui sposta la barra sembra quasi un balletto all’interno dell’abitacolo. È l’uomo che torna al centro del pilotaggio.

Prestazioni e caratteristiche aerodinamiche del futuro velivolo sono gli elementi che probabilmente costringeranno i piloti della Pattuglia a rivedere il loro programma acrobatico. Ma attenzione, rivederlo significa adattarlo, non modificarlo.

“L’ossatura della nostra esibizione è la stessa dalle origini”, spiega Farina. “Basti pensare che negli ultimi quindici anni sono state introdotte solamente due figure: il Cuore nel 2006 e la Scintilla Tricolore nel 2015. Questo non solo per la tradizione acrobatica che ci contraddistingue e che dobbiamo mantenere intatta, ma anche e soprattutto perché una nuova manovra richiede uno studio e un tempo molto lunghi prima che sia pronta per essere inserita nel programma”.

L’esibizione, infatti, ha un ordine ben preciso e tutte le figure sono raccordate tra loro: la conclusione di una è pensata per accompagnare i velivoli verso la successiva. Sarebbe impensabile stravolgerne la sequenza.

Aggiunge Stefano, Pony 1: “Negli altri reparti si respira una certa aria da azienda moderna, ossia di continua evoluzione e cambiamento. Poi arrivi a Rivolto e e ti dicono: qui si è sempre fatto cosi e bisogna continuare in questo modo. All’inizio ti sembra strano, poi capisci che non è un non voler crescere. Al contrario, tutto ciò che succede è frutto di decenni d’esperienza. È un continuo perfezionamento”.

Abbiamo imparato che le Frecce Tricolori sono il risultato di un’eccellenza tecnologica, ma soprattutto umana, di rigore e di un’imprescindibile fiducia reciproca, di antiche tradizioni e precisi rituali. Il caffè della mattina, la settimana di selezione dei piloti dove non manca mai una sera fuori a cena tutti insieme, l’addestramento e il volo. Nulla è lasciato al caso.

E poi c’è la “Manfrina”: durante le manifestazioni aeree, quando arriva il turno delle Frecce Tricolori, le fasi di verifica dell’aeroplano, l’accensione e la partenza avvengono in perfetta sincronia tra tutti e dieci i piloti e relativi specialisti. Un vero e proprio spettacolo nello spettacolo.

“Quando metti in moto davanti al pubblico l’emozione è alle stelle”, racconta Stefano. “Prima di andare in volo c’è sempre un po di tensione. Non è paura, è più nervosismo agonistico. Poi decolli e dimentichi tutto. Pensi solo a volare al tuo massimo, come un atleta quando lascia i blocchi di partenza”.

L’anno delle Frecce Tricolori è diviso in due parti: l’addestramento e la stagione di esibizioni, che comprende sorvoli nell’ambito di eventi istituzionali e la partecipazione a manifestazioni aeree. Alla fine il gruppo si scioglie, uno o due piloti lasciano la formazione per lasciar posto ai nuovi arrivati, e i ruoli vengono riassegnati in vista dell’anno successivo.

“Fa un certo effetto quando per la prima volta vedi l’aeroplano con sopra il tuo nome”, racconta Oscar Del Dò, Pony 7. “A tutti fa piacere poter mettere la firma su ciò che fai”, aggiunge ancora Stefano. “Mettersi in gioco davanti al pubblico è una bella responsabilità, ma anche una grande soddislazione. Poi, tolta la tuta, nessuno ti riconosce e per strada non sei nessuno”.

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L’arte del Solista
L’aeroplano delle Frecce Tricolori è uno dei pochissimi jet al mondo capace di eseguire una manovra estrema che prende il nome di Lomçovak, altrimenti destinata ai velivoli ad elica. Durante tutta l’esibizione i piloti sono sottoposti a fattori di carico G che vanno da +6 a -1; il Solista arriva a +7 e -3.

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L’essenza del volo
La strumentazione analogica e i comandi manuali dell’Aermacchi MB-339A PAN, in forza alla Pattuglia dal 1982, regalano ai piloti delle Frecce Tricolori le emozioni di un volo senza filtri. Maneggevolezza e doti dinamiche del “Tre-Tre-Nove” hanno contribuito a rendere unica l’esibizione della Pattuglia

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La Storia delle Frecce
Un lungo corridoio all’interno del reparto ripercorre con foto di gruppo l’intera storia delle Frecce Tricolori. Il 313° Gruppo Addestramento Acrobatico dell’Aeronautica Militare, con sede a Rivolto (UD), nasce nel marzo del 1961

Lasciamo i piloti alle loro attività del pomeriggio, che per alcuni significa ancora un volo di addestramento – si arriva a farne anche tre in un giorno – e ci dirigiamo verso l’hangar dove gli specialisti si prendono cura degli aeroplani. È il dietro le quinte che permette voli sicuri e impeccabili, ed è loro compito assicurarsi e garantire la perfetta efficienza dei velivoli anche durante le trasferte nazionali e internazionali quando la PAN è chiamata a esibirsi fuori sede.

Ci avviciniamo a un aeroplano dove stanno sostituendo la manetta per il controllo del motore. Ed è lì che ci raggiunge Paolo Bellina, il Capo hangar, facendoci subito notare che per ogni operazione esiste un manuale specifico che illustra nel dettaglio tutti i passaggi necessari. Ci racconta anche che il “Tre-Tre-Nove” viene sottoposto a ispezioni periodiche proprio come avviene con i tagliandi delle automobili. Qui, però, non si contano i chilometri percorsi, bensi le ore di volo. “L’aeroplano entra nel nostro reparto ogni centocinquanta, auecentocinquanta e cinquecento ore. Poi ci sono quelle più approfondite che vengono curate direttamente dalla ditta produttrice”.

È pomeriggio inoltrato quando ci congediamo. Intravediamo gli aeroplani ordinati sotto agli shelter mentre la luce del sole cade perfetta come in un set su tre velivoli parcheggiati proprio alle spalle dell’hangar della manutenzione. Esposti come monumenti, raccontano un altro capitolo del volo acrobatico collettivo in Italia.

Sono gli F-84 e gli F-86 dei Getti Tonanti, dei Diavoli Rossi e del Cavallino Rampante. Nomi mitici che insieme a quelli dei Lanceri Neri e delle Tigri Bianche hanno rappresentato il ruolo di Pattuglia negli anni Cinquanta, quando il compito veniva affidato ogni anno a un reparto operativo diverso. Fu proprio il loro successo – si racconta che dopo le esibizioni all’estero si registrasse in quel Paesi un incremento del 30% sulle vendite dei prodotti italiani – a convincere lo Stato Maggiore dell’Aeronautica a costituire un reparto fisso, con base stabile, dedicato esclusivamente all’addestramento acrobatico. Le Frecce Tricolori, appunto.

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Punti cardinali
I velivoli della PAN rullano verso la pista di decollo dell’aeroporto di Rivolto, le cui testate puntano verso Udine e Codroipo. I piloti della Pattuglia mantengono questi due riferimenti ovunque si esibiscano: rispetto alla prospettiva del pubblico, la sinistra è sempre “Udine” e la destra è sempre “Codroipo”.

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Pronti per il G.P. d’Italia
Piloti e Comandante partecipano al briefing prima del volo che li porterà a rischierarsi in vista del consueto sorvolo sul circuito di Monza. La tuta blu è quella delle grandi occasioni: la vestono in sostituzione di quella verde per manifestazioni ed eventi istituzionali

L’indomani incontriamo i Pony con la tuta di volo blu, riservata alle grandi occasioni. È sabato e stanno per partire alla volta dell’aeroporto di Ghedi: da lì decolleranno domenica per il sorvolo su Monza.

Seguiamo con loro il briefing della mattina: si parla del meteo e si mettono a punto i dettagli della missione. Poi entrano nella sala equipaggiamento, dove vestono la tuta anti-G e prendono il casco. Un ultimo controllo che non ci siano impronte sulla visiera e arriva il momento di salutarci.

Li vediamo sparirein fondo a un corridoio tappezzato di fotografie di gruppo in bianco e nero. Sembrano quelle di classe ai tempi della scuola, o le formazioni di una squadra di calcio. In realtà raccontano tutta la storia delle Frecce Tricolori, dal 1961 a oggi.

Lasciano l’edificio con passo svelto e fiero, e si incamminano verso gli shelter. Da lì a pochi minuti piloteranno alti nel cielo i loro aeroplani in maniera così impeccabile da farli sembrare finti, giocattoli guidati dalle mani sapienti di un qualche dio.

Sorridiamo, pensando che per loro l’impresa più difficile rimarrà saper preparare un buon cappuccino.

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