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Il Comandante Alberto Moretti, "Pony 0" della PAN dal 1990 al 1992, ha voluto raccontare in questo momento così difficile, in esclusiva a Rivista Aeronautica, come è nata la figura finale del programma acrobatico delle "Frecce Tricolori", ripresa in questi giorni come simbolo dell'Italia intera. Fu proprio lui che, quasi 30 anni fa, guidava in volo gli MB.339 della PAN nella "prima" Alona sui cieli di Porto Santo Stefano

di Alberto Moretti
da Rivista Aeronautica, n° 2, mar./apr. 2020, pp. 26 – 27

Ho volato circa 3.700 ore in Aeronautica Militare, ma quei 30 minuti nel pomeriggio del 17 settembre 1989 a Porto Santo Stefano hanno segnato in maniera indelebile la mia vita di uomo e di pilota militare. Un periodo difficile per le “Frecce Tricolori” che solo un anno prima avevano affrontato la tragedia di Ramstein. Quel giorno ero il Capoformazione e con gli otto gregari disegnammo quella figura con la lucidità e la freddezza che richiede la condotta di ogni volo. Solo la sera, durante un ricevimento, mi resi conto della potenza emotiva che essa aveva suscitato. Complimenti e ringraziamenti commossi da tante persone comuni, ma quello che mi colpì furono i commenti positivi dei colleghi, in genere molto discreti.

Il Generale Santucci, Comandante della 2a Regione Aerea e pilota sperimentatore, persona “tosta” come si dice in gergo, mi confessò che si era commosso. Compresi che la PAN aveva fatto “centro” e quella manovra rimase per sempre nel programma.

Ricevetti la conferma definitiva della forza emotiva che generava, quando da Comandante a terra della Pattuglia presi parte alla missione “Columbus 92”. Al termine di ogni esibizione mi intrattenevo con i nostri connazionali in USA e Canada. Molti con gli occhi lucidi e pieni di orgoglio mi ringraziavano per aver dato dell’Italia la rappresentazione di un grande Paese. Il sottofondo della “Turandot” di Puccini cantata da Pavarotti aveva amplificato l’emozione e l’orgoglio di sentirsi italiani.

In questo periodo difficile la figura che chiude il programma delle “Frecce” è ritornata a correre sul web, è circolata così tanto dentro e fuori l’Italia fino a raggiungere addirittura il Presidente Donald Trump, che l’ha postata sul suo Twitter.

Mi sono chiesto perché succede tutto questo. Credo che in un momento così cupo la gente vede in questa figura molti simboli e valori inossidabili, rimasti inalterati nel tempo. Valori che in passato le persone si trovavano a condividere si sono lentamente trasformati nel tempo, fino a smarrire il loro significato originario; la società sembra sempre più spesso priva di “bussola”, disorientata. Per nostra fortuna le “Frecce Tricolori” conservano intatti quei valori che sono alIa base dell’operato dell’Aeronautica Militare, da sempre impegnata con spirito di servizio in favore della collettività; vigili quando in apparenza tutto sembra tranquillo, pronti immediatamente a partire quando il Paese chiama, specie nei momenti più tragici del bisogno, quali sono i giorni che stiamo vivendo.

La speranza che uniti si possano superare i problemi è un appiglio al quale ognuno si aggrappa con forza. Si cercano riferimenti, comportamenti da imitare, ed oggi le persone vedono probabilmente ed inconsapevolmente nelle “Frecce Tricolori”, «in quanto messaggere dell’Arma Azzurra e del suo livello di preparazione tecnica e di educazione al lavoro di squadra coesa», come di recente ricordato dal Capo di stato Maggiore, Generale Alberto Rosso, un modello esemplare da seguire. Percepiscono, anche solo guardandole volare, che dietro di esse c’è un’umanità fatta di uomini e donne accomunati da valori condivisi imprescindibili fino all’estremo sacrificio, come spesso e accaduto nel passato e accade nel presente per chi ha servito e serve l’Aeronautica Militare e con essa il Paese: disciplina e rispetto dei ruoli, onestà e lealtà, spirito di sacrificio nel servire gli altri, senso di responsabilità e del dovere, condivisione degli obiettivi, orgoglio di appartenere ad una squadra.

La condivisione collettiva della figura di chiusura del programma delle “Frecce Tricolori” rappresenta quasi un appello rivolto a tutti, in particolare a coloro su cui gravano responsabilità di governo, venendo chiamati a rispondere davanti ad un’intera Nazione di scelte drammatiche. Imitiamoli, comportiamoci come loro, come una sola squadra, seguiamo il loro esempio e applichiamo i medesimi valori.

Oggi come nel 1989 è questa la metafora dell’Alona: la speranza in una fraterna ed italiana solidarietà che diviene realtà davanti a tutti coloro che dentro le Forze Armate e fuori da esse spendono sé stessi per il prossimo e la collettività, anche a costo di sacrificare la propria vita.

Dall’archivio personale del Comandante Moretti, la storica prima esecuzione della figura dell’Alona a Porto Santo Stefano nel 1989, “impreziosita” dalle firme di tutti i piloti della formazione

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