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In queste pagine l'articolo che ci ha inviato un nostro lettore. Un testo che, come ha tenuto a sottolineare, «è stato scritto sotto l'impulso di un forte stato emotivo, animato da un'antica "devozione" verso l'Arma Azzurra» che bene testimonia l'emozione che in tanti italiani, e non solo, hanno suscitato le immagini delle "Frecce Tricolori" che nei giorni dell'emergenza Covid- 19 hanno fatto il giro del mondo.

di Dimitri Ticconi
da Rivista Aeronautica, n° 2, mar./apr. 2020, pp. 22 – 25

Ringrazio l’autore dell’articolo Dimitri Ticconi per avermi mandato il suo articolo che mi raccontava aver spedito in redazione della Rivista Aeronautica nel mese di marzo proprio con il titolo riportato

Il 14 marzo 2020 il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, twitta un messaggio che in un attimo fa il giro del mondo. È rivolto al popolo italiano colpito dalla più grave crisi dal secondo dopoguerra per il brutale diffondersi di un virus Covid-19. Trump scrive “the United States loves Italy”. Sono parole universali, se ne intuisce il significato pure non conoscendo la lingua inglese. Soprattutto perché Trump ha voluto accompagnare quell’intensa espressione di solidarietà tra popoli con le immagini, spettacolari, delle Frecce Tricolori , che in formazione ad Alona o Grand’Ala sorvolano una località di mare italiana, scolpendone il cielo con l’infinita scia del tricolore.

La voce di Luciano Pavarotti nel “Nessun Dorma” dalla “Turandot” accompagna la stesura dell’immenso mantello del vessillo nazionale, che pare sventolare sotto l’effetto delle onde sonore dell’indimenticabile tenore. É un ulteriore prova di come le Frecce Tricolori, soprattutto in questa manovra – che unisce alla scenografia del volo la suggestione dall’immensa scia tricolore e la voce del grande Pavarotti – siano ormai divenute un simbolo stesso di italianità nel mondo.

Quel video è lo stesso che ormai da alcuni giorni stava facendo il giro sui cellulari di tutti gli italiani, tra l’applicazione di Whatsapp e i canali social. Come un virus, ma stavolta pacifico ed anzi benefico, il volo delle “Frecce Tricolori” ha contagiato una moltitudine di italiani fino a diffondersi al di fuori dei confini nazionali per arrivare direttamente sulla scrivania di Trump e, per suo tramite, diffuso urbi et orbi. Orgoglio Nazionale si dirà, certo, ma non solo. Anche aneliti di speranza, coraggio, solidarietà nel momento del bisogno. Tutti sentimenti “umanissimi” innescati da queste portentose immagini che oltrepassano l’istintiva ammirazione per la pur ragguardevole abilità tecnica mostrata dai piloti dell’Arma Aeronautica, divenendo per l’occasione motivo di conforto collettivo.

Ma quando e dove nasce quella manovra così suggestiva delle nostre Frecce Tricolori? Venne presentata per la prima volta nel pomeriggio del 17 settembre 1989 a Porto Santo Stefano sull’Argentario e quel giorno chi scrive ne è stato testimone diretto. Si aspettava quell’esibizione sul mare della Toscana da molti mesi, dopo i dolorosi giorni successivi alla tragedia di Ramstein in Germania. La stessa sopravvivenza della pattuglia era in discussione, da più parti se ne chiedeva lo scioglimento, ma fortunatamente ciò non avvenne. Di quel pomeriggio serbo ricordi limpidi e incancellabili.

Dopo alcune esibizioni di velivoli solisti, in chiusura di manifestazione fanno il loro ingresso nel cielo di Porto Santo Stefano i nove MB 339 guidati dall’allora Capoformazione Alberto Moretti; li accoglie il fremito di un’emozione collettiva che rimane palpabile per tutta la durata del volo. Si avvicina la chiusura, ci aspettiamo il passaggio tradizionale con formazione a Rombo o ad Alona, che a quota costante e in direzione parallela al pubblico rilascia le scie tricolori incrociando il solista quel giorno, però, non c’è.

Cosa sta succedendo? La formazione si allontana dirigendosi in mare aperto, si abbassano sull’acqua disponendosi ad Alona, virando nella nostra direzione e avvicinandosi sempre più. Non si sente nulla, i motori sono a bassissimo regime di giri, come se i velivoli veleggiassero.

Quando sono ancora orizzontali e sul mare, i piloti mettono in mostra la “biancheria”, per usare una loro espressione gergale, carrelli e flap estratti e via con i fumi tricolore. A meno di un chilometro dalla costa iniziano a richiamare contestualmente virando in direzione opposta, quasi a volerla lambire rimanendovi a lungo tangenti. Sembra di vivere in una sospensione del tempo, il quel momento la vita procede come al rallentatore, quasi a voler respingere da noi anche solo il pensiero che tanta bellezza debba infine dissolversi. Le luci accese dei carrelli paiono una costellazione che, all’imbrunire del tardo pomeriggio, si muove verso il cielo alla ricerca della sua posizione.

Al top del passaggio arriva l’eco dei motori, discreti nel loro “lamento” quasi a non voler disturbare il pathos del momento. Ma è l’unico suono a riecheggiare nell’aria, per il resto siamo tutti in religioso silenzio, seguiamo con lo sguardo incollato al cielo la traiettoria della formazione che inizia a scendere ancora in virata, per raggiungere la quota di partenza. Gli aerei si allontanano da noi che rimaniamo attoniti, muti, avvolti come abbracciati da un lunghissimo mantello tricolore senza fine, immersi in un’indefinita sensazione di pienezza e benessere. Subito ci pervade un senso di nostalgia mentre li vediamo scomparire oltre l’orizzonte. Nella memoria, il volto di Giuseppe mio padre rigato dalle lacrime.

É lo stesso Moretti a spiegare anni dopo le ragioni dell’introduzione di quella nuova figura – ormai stabilmente in repertorio a conclusione di ogni esibizione della Pattuglia – l’unica delle Frecce a non avere ancora un nome, giacché i termini “Alona” o “Grand’Ala” designano solo la disposizione della formazione:

«Per motivi di sicurezza e prudenza non era il caso di cambiare il programma consolidato negli anni, tuttavia la figura di chiusura, che era un passaggio a rombo o ad alona della formazione sulla display line con il solista che incrociava sotto e poi guizzava verso l’alto, perdeva di efficacia. Senza l’aereo n. 10 che incrociava gli altri 9 in formazione con carrello e flaps estratti diventava un passaggio monotono ed a mio avviso inutile. Una chiusura “moscia” ad un programma acrobatico di livello, questo era ciò che pensavamo. L’alternativa era tagliare o modificare questa figura. Da Capoformazione – prosegue – dopo una veloce consultazione con i Piloti proposi una modifica semplice e di facile attuazione. Anziché passare sulla display line per un passaggio livellato, mi presentavo angolato di fronte al pubblico per effettuare una richiamata in virata ed allontanarmi da esso. I fumi lasciavano un grande arcobaleno nel cielo persistente per molto tempo in assenza di vento. La prima esibizione con questa figura fu a Porto S. Stefano. Ricordo l’entusiasmo della gente per questa nuova figura del programma che è rimasta da allora a chiusura dell’esibizione accompagnata dalle note del “Nessun Dorma” della “Turandot” che introdussi da Comandante nella tournée in Nordamerica ‘Columbus 92’, tre anni dopo».

Nell’attuale drammatico momento storico, quel volo delle “Frecce” si riempie di significati profondi: vi si possono riconoscere sentimenti di fraterna solidarietà nel superamento degli umani egoismi dei singoli, nel saper riporre la propria fiducia nel prossimo, rappresentandone la PAN un’efficace metafora. Ciascun pilota, infatti, segue con assoluta fedeltà una regola ferrea: fare ognuno ciò che è utile per l’altro e per la squadra, avendo come guida il capoformazione.

Quel giorno era Alberto Moretti che anni dopo una strana e imperscrutabile traiettoria della vita, mi ha portato ad incontrare e conoscere in un treno della Metropolitana di Roma. In un istante il ricordo è andato a quel giorno, al grande abbraccio Tricolore delle “Frecce” che scolpisce nel cuore degli Italiani e degli uomini tutti, il significato universale più profondo della nostra bandiera, da Mameli forgiata nelle parole in assoluto meno conosciute dell’Inno, ma che in quest’ora difficile della nostra esistenza sembra quanto mai necessario ricordare:

«Uniamoci, amiamoci;
L’unione e l’amore
Rivelano ai popoli
Le vie del Signore.
Giuriamo far libero
Il suolo natio:
Uniti, per Dio,
Chi vincer ci può?».

Il montaggio da me che curo il blog, realizzato con filmati ufficiali e video degli utenti di Instagram

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