Ultimo aggiornamento: 11 Luglio 2024

Sta lasciando l'ospedale del Texas

di Giampaolo Pioli
da Il Piccolo, 1 dicembre 1988, p. 3

Il sergente maggiore Andrea della Rossa di Pordenone

NEW YORK — Farà probabilmente Natale a casa, Il sergente maggiore Andrea Della Rossa il fotografo delle Frecce Tricolori sta per lasciare l’ospedale militare del Texas. È felice, cammina con le stampelle per abituarsi al movimento con l’arto sinistro che gli è stato amputato ed è sottoposto tutti i giorni ad una intensa terapia riabilitativa per il recupero completo del corpo costretto per più di due mesi alla più completa immobilità sotto la speciale tenda per grandi ustionati della base americana. È stato in fin di vita quasi quaranta giorni, ha subito otto interventi chirurgici oltre all’amputazione, tutti riusciti. L’ultimo, due settimane fa, con la chiusura di una cicatrice sulla coscia gli ha permesso di rimettersi in piedi e di riprendere una vita quasi normale vicino alla moglie Graziella e alla cugina Teresa Esposito che da novanta giorni hanno trasformato il centro sanitario texano in pratica nella loro seconda casa insieme ad un sott’ufficiale dell’ambasciata italiana di Washington che assiste la famiglia Della Rossa per quanto riguarda i rapporti con i sanitari Usa.

Abbiamo raggiunto il sergente maggiore Andrea Della Rossa per telefono da New York ieri nel giorno del suo onomastico e ci ha concesso una lunga intervista, la prima dalla tragica domenica di Ramstein durante la quale tre piloti delle Frecce Tricolori e 70 spettatori persero la vita e lui venne investito da una sorta di palla di fuoco sprigionatasi dal jet che stava precipitando sulla folla davanti al suo teleobiettivo.

Che cosa ricorda?

«Praticamente nulla: ho visto solo quella grande fiammata poi mi sono risvegliato qui in Texas. Adesso sto bene, ho voglia di uscire e di raggiungere la mia famiglia, ma ho passato giorni e settimane che non auguro a nessuno».

Continuerà le sue cure in Italia?

«Lo stato maggiore dell’aeronautica se ne sta interessando. I medici americani ci hanno detto che anche da noi ci sono ottimi centri e sono molto avanzati nel campo delle protesi: io ho bisogno di una di queste. So che al Rizzoli di Bologna sono già stati presi dei contatti e che i medici americani hanno inviato documentazione relativa all’arto che mi è stato tolto per poter realizzare un modello artificiale».

Cosa ha significato aver ripreso a camminare?

«È indescrivibile. È stata la fine della sofferenza. Con la saturazione dell’ultima cicatrice è come se un lunghissimo incubo fosse terminato. Ho avuto molte persone importanti che mi sono state intorno e oggi che è il mio onomastico esco eccezionalmente per la prima volta dall’ospedale per andare a casa di una famiglia italiana che mi ha invitato a pranzo. Sto tornando a vivere. Tutti i miei pensieri sono concentrati sulle lunghe terapie di riabilitazione che devo fare ogni giorno per riabituare gambe e braccia ai movimenti. Ho avuto numerosi trapianti di pelle. Avevo scottature e ustioni che i medici hanno subito definito molto serie. È molto doloroso recuperare e molto lento. lo mi ci sto abituando».

La data del suo rientro in Italia rimane da confermare ma adesso anche i prudenti medici americani ammettono che potrebbe proprio essere in coincidenza con le festività di Natale e Capodanno. Il sergente Della Rossa parla con grande disinvoltura. La sua voce è chiara e ormai non risente praticamente più del grave disturbo che, l’aver respirato esalazioni di carburante, aveva provocato alle sue corde vocali e ai suoi polmoni. Si è lasciato dietro alle spalle un tunnel nero durato più di tre mesi. Adesso non ci sono più possibilità di ricadute o di sorprese. Il suo ottimo fisico ha reagito molto bene alle terapie. Sta per tornare nuovamente in campo. È stata la vittoria del coraggio e della tenacia. La sua storia, così divisa tra il Texas, il Friuli e la Germania è una delle poche pagine belle di una gigantesca e moderna tragedia causata da un piccolissimo errore umano.

Torna a casa il fotografo delle Frecce scampato alla tragedia dì Ramstein

Natale / La felicità di Andrea Della Rossa

intervista di Gian Paolo Girelli
da Il Piccolo, 24 dicembre 1988, p. 3

TRIESTE — Andrea Della Rossa è tornato a casa. Con un volo speciale dell’aeronautica militare è atterrato all’aeroporto di Capodichino poco dopo mezzogiorno di ieri. Ad attenderlo c’erano il cognato, il fratello Luigi e altri parenti. Da Capodichino la comitiva si è diretta a Pascarola, una frazione di Caivano in provincia di Napoli, distante solo cinque chilometri dall’aeroporto. È il paese dove vivono e genitori e i parenti del sergente maggiore Della Rossa, il fotografo delle Frecce tricolori rimasto gravemente ferito nella tragedia di Ramstein. Il paese intero in festa ha accolto Andrea che, commosso, dopo quasi quattro mesi è ritornato dal Texas dove è rimasto a lungo ricoverato nell’ospedale della base militare di San Antonio.

Il fratello Luigi racconta che Andrea, «ragazzo forte», è contentissimo, con il morale alle stelle. Ora sta bene ed è felicissimo di trovarsi di nuovo fra la sua gente. Alle 16.30 ha pranzato con la famiglia. Poco prima delle 18 l’abbiamo raggiunto telefonicamente.

Sergente maggiore Della Rossa, cosa prova dopo questi mesi trascorsi negli Stati Uniti? Sarà felice di trovarsi di nuovo tra i suoi parenti e amici…

«Non immaginavo questa accoglienza. I compaesani mi hanno atteso ed ora festeggiano il mio ritorno. Adesso sono a casa mia, assieme ai miei genitori. Trascorrerò il Natale con loro. Una volta rimarginate le ferite, è passato il dolore».

Cosa ricorda di quel tragico momento a Ramstein?

«L’incidente per dire il vero l’ho visto pochi giorni fa per televisione perché non l’avevo ancora visto. Non mi aspettavo che fosse successo tutto quel disastro. Quel giorno, appena mi ero reso conto che qualcosa non stava andando per il verso giusto, avevo tentato di fuggire. Praticamente ho girato le spalle all’incidente. Ho sentito un forte rumore, la gente gridava e io, che ero un po’ dietro, ho scorto solo un’enorme palla infuocata. Mi hanno soccorso gli americani e mi hanno subito portato con un elicottero all’ospedale militare della base a Ramstein. Successivamente sono stato tra sferito al centro di San Antonio in Texas».

Come si è trovato a San Antonio?

«Molto bene, veramente. Mi volevano bene tutti, medici, personale infermieristico, tutti avevano molte attenzioni per me. Sono stati molto cari e, al momento di partire e salutare tutti, ero molto commosso ed erano commossi anche loro. È stato un distacco sotto certi aspetti triste e nello stesso tempo felice».

Quali sono ora i suoi programmi?

«Adesso dovrò andare a Bologna, il 15 gennaio, per valutare all’Istituto Rizzoli l’ipotesi di applicare una protesi all’arto offeso. Non so se mi ricoverano subito, né quanto tempo dovrò restare all’ospedale. Non so, per dire il vero, se mi conviene restare a Napoli o tornare a Pordenone. È ancora tutto da decidere. Vedremo in seguito».

Rimarrà ancora nell’Aeronautica?

«Certamente».

Continuerà a fotografare le «Frecce»?

«Questa è una decisione che dovrò prendere con mia moglie. Vedremo. Ora sono ancora troppo scosso dall’incidente. Ho saputo anche dell’altro incidente accaduto alcuni giorni fa a Rivolto… Intendo restare comunque nell’Aeronautica».

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