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Dopo la marina e l'esercito, anche l'aeronautica si rinnova, ma ridimensionata

Gli aeroporti militari scenderanno da 120 a 50, gli avieri di leva da 25.000 a 20.000, i piloti di complemento da 900 a 700, gli aerei da 1.100 a 900. Queste drastiche riduzioni non risolveranno certamente il problema di fondo che è quello della sostituzione dei vecchi apparecchi e dell'ammodernamento della rete di avvistamento e di protezione antiaerea - Per uscire dalla crisi chiesto un finanziamento straordinario di 1.265 miliardi in dieci anni

di Enzo Passanisi
da Corriere della sera, 23 giugno 1975, p. 3

Una volta avevano nomi romantici e pieni di fascino, Lancieri neri, Cavallino rampante, Getti tonanti, Diavoli rossi. Da quindici anni si chiamano, più semplicemente, con una sigla, PAN, Pattuglia acrobatica nazionale: per il pubblico di tutto il mondo sono Frecce tricolori, figurano ai primi posti, fra più bravi, se non i più bravi di tutti.

Telefonate incredule

Dicono, ora, che la « pattuglia » — come la defininiscono sbrigativamente i piloti — se ne debba andare vittima anch’essa di quella mannaia che sono la ristrutturazione e la strettezza dei bilanci. Da quando il 2 giugno, dopo Ii passaggio dei nove aerei che stavano dipingendo sul cielo di Roma i colori della bandiera, lo speaker diede l’annunzio che quella poteva essere una delle ultime esibizioni delle Frecce tricolori, centinaia di telefonate, di lettere, di petizioni hanno cominciato a bombardare i comandi dell’aeronautica militare. Appelli di vecchi piloti, dei superstiti delle prime pattuglie acrobatiche di Campoformido, e messaggi di scolaresche delle elementari: ma come, è proprio vero che non vedremo più le Frecce tricolori?

Il problema si pone in questi termini crudi: gli aerei della pattuglia acrobatica, i G91 della prima serie, sono vecchi — non ne costruiscono più — debbono essere cambiati con altri di tipo diverso. Ma per cambiarli ci vogliono quei quattrini che, con le normali dotazioni di bilancio, l’aeronautica non ha. La sorte della pattuglia acrobatica è soltanto uno degli aspetti di una situazione difficile che riguarda il complesso della difesa aerea del paese. Non soltando i jet delle Frecce tricolori debbono essere sostituiti, ma la maggior parte degli aerei dei reparti di volo, pena la progressiva inutilizzazione di uno strumento che già adesso non risponde alle esigenze dei compiti istituzionalmente assegnatigli.

Per il rinnovamento, dopo la marina militare e con l’esercito, anche l’aeronautica chiede una legge di finanzimenti straordinari che dovrà essere discussa dal Parlamento: 1265 miliardi da distribuire nell’arco di 10 anni. Di pari passo, anche l’aeronautica, come le altre forze armate, ha varato è cominciato ad attuare un drastico piano di ridimensionamento per eliminare le spese meno utili e per conservare il meglio. La linea degli aerei, che comprende attualmente 1100 unità, sarà ridotta a 900; i gruppi — la formazione di base dell’aeronautica, con l’impiego standard di 18 apparecchi — scenderanno da 51 a 40; 70 aeroporti su 120 verranno cancellati e restituiti al demanio; il numero dei piloti di complemento passerà da 900 a 700, quello degli avieri in servizio di leva è già stato ridotto da 25.000 a 20.000, una una « ferma » non più di 15, ma di 12 mesi.

Nonostante questi tagli con gli stanziamenti normali l’aeronautica non è in grado di affrontare il nodo di fondo, che è costituito dall’ormai inderogabile sostituzione degli apparecchi e anche dall’ammodernamento delle installazioni a terra, compresa la rete di avvistamento e di protezione antiaerea. Per l’esercizio 1975 erano stati chiesti 490 miliardi e ne sono stati concessi 317; di questi, soltanto 68 — di fronte alle altre necessità di gestione, dall’esercizio alla manutenzione — sono stati destinati all’acquisto di nuovi mezzi: una quota assolutamente insufficiente, dato che il costo di un aereo di combattimento in pieno assetto arriva a superare i cinque miliardi.

Perfetta sincronia nell’esibizione della Pattuglia acrobatica nazionale, che rischia ora di essere sciolta

Da cambiare subito

I gruppi operativi — oltre quelli destinati alle scuole di volo e all’addestramento — sono e rimarrano, se verrà approvata la legge speciale, ventiquattro. Sette per i trasporti, la difesa elettronica in aria, la ricerca e la caccia antisommergibili. Gli altri 17 hanno compiti che vanno invece dalla ricognizione all’appoggio terrestre, dall’intercettazione all’attacco: i loro jet sono i G 91 nelle versioni R e Y e gli F104, nelle versioni G ed S.

La vita di aereo moderno dura fino a 12-18 anni e comunque non oltre le 5000 ore di volo. Nonostante ogni risparmio — i piloti italiani volano 180 ore l’anno, mentre lo standard della NATO è di 240 — gli F 104 G e i G91R, fra cui quelli del 313 gruppo del tenente colonnello Danilo Franzoi che comprende la pattuglia acrobatica con sede a Rivolto di Udine, debbono essere sostituiti cominciando dal 1976; i G 91Y potranno durare fino al 1985, gli F104 saranno validi fino al 1990.

Aerei da cambiare subito dunque, e aerei per i quali bisogna già cominciare a trovare i futuri sostituti. In questo quadro ecco come l’aeronautica intende utilizzare i finanziamenti tanto urgentemente richiesti. Acquisto di cento MRCA — l’aereo di co-produzione tedesca inglese e italiana (Aeritalia) con consegne fra il 1979 e il 1982 al prezzo unitario, in completo assetto operativo, fra 5 e i 6 miliardi di lire e con compiti d’attacco. ricognizione e interdizione — contro forze terrestri e anche navali; acquisto di cento MB 339, al posto dei vecchi G 91 R, con consegne fra il 1976 e il 1985 e al prezzo di poco più di un miliardo. L’MB 339, costruito dalla Macchi di Varese, dovrebbe sostituire anche il modello 326, della stesse casa, utilizzato per l’addestramento e la cui produzione è stata comprata all’80 per cento in 14 paesi di tutto il mondo. li nuovo tipo sarà usato operativamente per l’appofgio tattico alle unita di terra e per l’attacco al suolo. La dotazione degli aerei sarà completata da un nuovo lotto di F 104 S, da dieci G 91 Y e da venti grossi elicotteri Agusta per il soccorso dal cielo.

Le branca del rinnovamento dei servizi di terra comprende invece l’adozione di un nuovo sistema radar, l’Argos, con portata fino a 600 chilometri e con una centrale di controllo e guida degli aerei in volo: un totale di 10 complessi, al prezzo di 2 miliardi e mezzo l’uno; e pure un nuovo sistema di difesa antiaerea contro incursioni a bassa quota, lo Spada, con missili guidati dal radar: da installare in dieci basi aeree con una spesa prevista nell’ordine di 230 miliardi. Sia l’Argos. sia lo Spada sono prodotti da una ditta italiana, la Selenia di Napoli.

Vale lo pena di rilevare che tutte le ordinazioni previste dal piano di rilancio riguardano imprese nazionali che danno lavoro a circa 30.000 fra tecnici e operai, con fabbriche per quasi la metà nel Mezzogiorno.

Come per la marina e in miniera minore per l’esercito, anche le produzione per l’aeronautica fa da volano alle commesse estere di un’industria con alto contenuto tecnico e con alti prezzi. L’ultima fornitura di F 104 S alla Turchia ha fruttato un congruo numero di miliardi la valuta pregiata. L’industria italiana è specializzata soprattutto nelle leghe leggere, come il titanio, nei sistemi rader e di controllo elettronico: interamente italiani sono, per esempio. i missili aria-aria Sparrow, guidati dall’aereo appunto via radar, che che stanno sostituendo i Sidewinder a raggi infrarossi per la ricerca delle fonti di calore. Questo stato di avanguardia è dimostrato dal conto dare-avere delle spese sostenute per gli studi dell’MRCA — il nuovissimo aereo polivalente — costato complessivamente 1200 miliardi: la quota italiana è stata di 130 miliardi, ma una quota superiore, 180 miliardi, ci è spettata conte partecipazione per il know how dell’industria nazionale.

Nello schema di simbiosi fra aeronautica militare e industria aeronautica, una fetta del piano di rilancio a prevista anche per il settore della ricerca. Parte di questo denaro servirà per studiare, con altri paesi della NATO, un nuovo aereo da intercettazione che sostituisca a suo tempo l’ancora valido F 104 S; parte per le innovazioni tecniche di base, utilizzate anche a favore dell’aviazione civile.

Nel rendiconto che l’aeronautica presenta al parlamento, e quindi, al paese, per chiedere nuovi aiuti, non bisogna dimenticare che 15.000 dei 65.000 uomini dell’arma azzurra sono addetti al controllo del traffico aereo; traffico che è anche militare, ma soprattutto civile. L’Italia é uno dei pochi paesi dell’Occidente, in cui questo settore tanto delicato, sia affidato ai militari: la scelta accanto ai lati positivi, ne ha anche negativi e si è parlato più volte di un possibile cambiamento. Ma il passaggio dalla mano militare a quella civile comporterebbe complicazioni e spese tali, per creare una nuova organizzazione, che almeno per motto tempo non se ne farà nulla.

da Renato Rocchi, La meravigliosa avventura – Storia del volo acrobatico, Aviani editore, vol. 3, pp. 199, 200 – 208

[…] Il motivo: problemi di bilancio che affliggevano l’Aeronautica e i conseguenti impegni di ristrutturazione dei Reparti.
E la carta stampata, del “comunicato RAI”, ne fece uso e consumo. Si entrava nella giostra delle smentite, delle conferme, dei “forse”, dei chissà e delle proteste rabbiose della gente che credeva nella missione della “nazionale più pulita d’Italia”.

Ma più ancora, dal servizio di Giancarlo Graziosi sulla “Domenica del Corriere” – titolato “Amaro addio alle Frecce Tricolori” – traspariva l’amarezza, la rabbia, l’incredulità, pur in una analisi obiettiva, di una decisione che sembrava irremovibile.

“A cominciare dal 1976 – scriveva Graziosi – alcuni aerei della PAN arriveranno al tetto di ore-volo previsto dai ruolini. Entro la fine del 1979 saranno tutti praticamente inutilizzabili. Debbono quindi essere cambiati. Il progetto è di sostituirli con l’MB 339, un velivolo da addestramento che dovrebbe uscire anche in versione armata, e che appartiene alla stessa serie dei MB 326 (progettista Ermanno Bazzocchi, costruttrice la Aermacchi di Varese), vendutissimi all’estero.
Per il momento, dunque, il G 91 resta sia nei gruppi operativi sia nella Pattuglia acrobatica nazionale. Dove sono, allora, i motivi di economicità? Il consumo di carburante di una formazione di nove aerei delle Frecce Tricolori, per ventotto-trenta minuti di volo, è di circa 16 mila libbre di JP4 (è il nome tecnico del carburante); mentre un altro velivolo in dotazione all’Aeronautica, l’F 104 Starfighter, consuma 10 mila 500 libbre per una singola missione operativa. Il confronto si fa facilmente. Una seconda considerazione finanziaria: sciogliere la PAN non porta alcun risparmio sulle spese del personale. Lo Stato non può dire da un giorno all’altro_ai diciotto ufficiali e ai ses-santa specialisti di Rivolto: “Siete licenziati”. Dovrebbe trasferirli ad altre sedi. Risparmierebbe soltanto il denaro delle indennità di missione, circa 500 mila lire l’anno per ognuno dei tredici piloti. Risparmi d’altro genere non se ne vedono. Una volta sciolta la PAN, i tredici G 91 dovrebbero essere mandati ai gruppi, sverniciati, verniciati di nuovo, resi adatti all’armamento. Una spesa in più, complessivamente: altro che risparmio!
Ci si può chiedere quanto costa ogni anno all’Italia il fatto prestigioso di avere questi aerei tricolori sui cieli dell’Europa: azzardiamo una cifra, due miliardi di lire. Fa comodo sapere che secondo una relazione della Corte dei Conti (agosto 1974) le auto di Stato sono circa quarantamila e rappresentano un costo annuo di 25 miliardi. È del tutto ridicolo, pertanto, sostenere che le Frecce debbono sparire perché costano troppo, in un paese in cui gli sprechi dell’apparato statale sono all’ordine del giorno.
C’è il pericolo che il lavoro di tutti questi uomini, dei piloti (anche di quelli caduti), degli specialisti che in quindici anni hanno fatto di Rivolto una scuola di primati, venga cancellato di colpo con un provvedimento ministeriale. Ed è addirittura incredibile che si possa giustificare una decisione simile tirando in ballo ragioni di bilancio. E veder morire un simbolo di cui dovremmo tutti andar fieri”.

La mannaia della “ristrutturazione” minaccia perfino la leggendaria pattuglia acrobatica!

CORRIERE DELLA SERA
Quella scia tricolore
Ormai sembra proprio deciso: la pattuglia acrobatica nazionale, orgoglio dell’Aeronautica militare, verrà sciolta. Se ne va così una delle poche cose che gli stranieri ancora ci invidiano e saranno vanificati gli sforzi e i sacrifici di decine di piloti e di specialisti. Forse a qualcuno dava fastidio quella scia tricolore che gli aerei, al termine delle loro entusiasmanti esibizioni, tracciavano in cielo?
Renato Parassoni (Gorgonzola)

IL GIORNALE
Gli acrobati ci sono ancora
Egregio direttore, il lettore signor Walter Nicoli si lamenta per il preannunciato scioglimento della pattuglia acrobatica dell’Aeronautica militare. Si consoli, dopotutto, si tratta di una pattuglia; ci restano da ammirare, e chissà fino a quando, battaglioni e reggimenti di uomini politici e “para-politici” di ogni calibro, che, in fatto di acrobazie, volteggi, capriole, piroette, virate, impennate, affondate, stalli, scivolate d’ala, passaggi radenti (al Codice penale), avvitamenti, (e svitamenti) non temono confronti di sorta.
Angelo Mojoli (Lecco)

IL MESSAGGERO VENETO
Una giornata, questo 14 giugno, che ci ha consentito di assaporare a pieno il prelibato boccone costituito dalle finezze stilistiche e dalle evoluzione mozzafiato di un’aeronautica da grand prix. Come non paragonare gli arditi tonneaux alle pieghe più esasperate di Agostini? o le geometriche schneiders alle precise derapate di Lauda?
Sul prato fiancheggiante la pista, una folla variopinta: nasi all’aria, brividi alla schiena, sventolare di fazzoletti, occhi umidi. E poi l’ospitalità cordiale, signorile, friulana di que-sti uomini che fanno cose incredibili con francescana modestia. E in noi la fierezza di saperli nel no-stro Friuli, in questa grande terra di terre mutilate.
È di questi giorni la notizia, anche se non ufficialmente confermata, che la pattuglia verrà sciolta. Sembra infatti che in questo periodo di austerità il provvedimento si renda necessario al fine di realizzare qualche economia. E quale miglior sistema per far quadrare il bilancio se non sbarazzarsi di questi scalmanati e fracassoni rompiscatole che scorazzano per il cielo bruciando cherosene e spandendo fumi sicuramente ad alto tasso di inquinamento?
Questa la logica dei moderni maghi dell’economia, che sembra non riescano a comprendere che basterebbe controllare i conti di qualche ente, regolare le grinfie a qualche papavero e togliere la poltrona di sotto a qualche deretano per trasformare gli italiani in tanti piccoli Rockefeller.
Speriamo comunque che si tratti di dicerie senza fondamento, perché questi sono uomini che non meritano di esser messi da parte, perché credono nelle cose che fanno, e poiché ci credono le fan-no anche rischiando la pelle. La “propria” pelle.
Albano Bidasio

Poi “usciva” Mario Garano sul “Quadrante” – editoriale delle Forze Armate – con questo “finale” su un servizio dedicato alle “Frecce Tricolori”:

L’MB 339 probabile sostituto del G 91 Pan. Un fatto è comunque certo: nell’Aeronautica Militare non esiste attualmente in linea un velivolo che possa rimpiazzare il G 91 PAN. Il futuro sostituto potrebbe essere l’MB 339, il nuovo “addestratore” della Macchi, la cui acquisizione è però condizionata all’approvazione da parte del Parlamento della legge di promozione industriale aeronautica che consentirà, con uno stanziamento straordinario di 1265 miliardi in dieci anni, l’ammodernamento dei mezzi dell’Aeronautica. Se ciò non dovesse avvenire, il futuro stesso della PAN sarebbe messo in discussione, così come il futuro di quei gruppi di volo da combattimento che, uno all’anno, dovrebbero essere disciolti proprio a partire dal 1976.

Era la giusta politica dei “vetri rotti e del vento che soffia”, promossa dallo Stato Maggiore con il preciso obiettivo di ottenere quello stanziamento straordinario promesso e mai concesso. L’Aero-nautica Militare aveva il suo asso nella manica: la P.A.N. – “Frecce Tricolori”.

[…]

Per le “Frecce Tricolori” – rientrato ormai il pericolo della cancellazione, – la campagna di stampa si spostava sul velivolo in linea. Il G.91 era vecchio, superato, una “carretta”, ormai un “ferrovecchio”, e bisognava pensare a so-stituirlo con l’MB 339 – il nuovo addestratore -l’ultimo “nato” in casa Aermacchi.

Ed ecco una “lettera-soluzione” per il futuro del-la P.A.N., che circolava in quei giorni negli am-bienti aeronautici – e politici prima ancora.

LA PATTUGLIA ACROBATICA NAZIONALE AMMAINA LA SUA BANDIERA
La PAN – Pattuglia Acrobatica Nazionale – e il 313° Gruppo Caccia, del quale costituisce la struttura principale, saranno sciolti alla fine del 1976, se per il 1977 non sarà disponibile un velivolo – l’MB 339 – in grado di sostituire il G 91R, attualmente in dotazione alla Pattuglia, che tra breve giungerà al termine della sua vita tecnica.
La decisione di sciogliere la PAN è certamente molto grave. Essa è stata sicuramente ponderata e profondamente sofferta dai responsabili, che sono Ufficiali piloti dell’A.M. e, quindi, non possono non vedere nello scioglimento della PAN la fine di un’epoca, di una tradizione, di uno stile italiano, epico ed entusiasmante che, altri, hanno imitato e mai uguagliato.
Il G 91R, che in più di 15 anni di esaltante servizio nella PAN ha portato in giro per il mondo il prestigio e la capacità italiana, si avvia inesorabilmente al tramonto e, con esso, si avvia al tramonto la nostra pattuglia e tutti gli altri Reparti operativi dell’A.M. dotati di velivoli dello stesso tipo.
La PAN dovrà, dunque, ammainare la sua bandiera. Quella bandiera che, con alterne vicende, dal 1930 ad oggi, ha sventolato orgogliosa e sicura in tutti i cieli del mondo, messaggera dell’efficienza e della vitalità dell’industria aeronautica italiana.
Dalla Svizzera all’Inghilterra, dall’Ungheria alla Germania, dalla Francia al Belgio, all’Olanda, alla Finlandia, alle Americhe e, altrove nel mondo, con i romantici CR 20 o con i veloci G 91R, la pattuglia italiana ha sempre suscitato applausi, entusiasmo, ansia, stupore, sbalordimento.
Nelle sue esibizioni – memorabili e perfette – la PAN ha sollevato profonde emozioni ed ha polarizzato l’attenzione e i sentimenti più intensi degli spettatori di ogni nazionalità e degli italiani all’estero che, lontani dalla Patria, esultavano commuovendosi per le esaltanti bravure dei nostri piloti e per le eccellenti caratteristiche dei velivoli frutto della capacità e del lavoro italiani.
Chi ha assistito, anche una sola volta, ai perfetti esercizi della PAN non può facilmente dimenticare quello che ha visto e i sentimenti che lo hanno pervaso.
Sembra, però, che tutto questo debba tra breve finire. E dire che l’industria italiana ha già disponibile il velivolo successore del G 91R. Esso è l’MB 339, valido strumento per garantire la continuazione dei fasti e del prestigio della PAN.
L’acquisizione di questo velivolo è prevista nel progetto di legge che il Ministro della Difesa dovrà presentare al Governo e quindi al Parlamento. E tutti ci auguriamo che l’iter parlamentare sia così rapido da consentire in tempo l’inserimento di questo velivolo nella linea della PAN e, quindi, nella linea delle scuole di volo.
L’MB 339 dovrebbe, infatti, essere il successore legittimo dell’efficentissimo MB 326, costruito in circa 600 esemplari, di cui l’80% esportati all’estero a conferma del dinamismo e della qualificazione dell’industria aeronautica. Dinamismo e qualificazione che potranno continuare soltanto se vi sarà volontà politica e determinazione governativa nel portare avanti la legge aeronautica di cui, come si è detto, il programma MB 339 costituisce uno dei programmi caratterizzanti. In caso contrario la bandiera della PAN verrà ammainata definitivamente, ma anche la bandiera delle nostre industrie scenderà dal pennone e il retaggio di conoscenze dei nostri operai e tecnici sarà disperso senza possibilità di recupero.

A buon intenditor….

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