(Ultimo aggiornamento: 30 Marzo 2020)

a cura di Francesco Del Priore
da Rivista Aeronautica, anno 76, n°5/2000, pp. 82 – 83

Comandante, come è cominciata la sua carriera di pilota acrobatico?
Premetto, innanzitutto, che il volo acrobatico mi è sempre piaciuto molto. In Accademia devo confessare non ero un allievo eccezionale; ero piuttosto nella media. Ho avuto un maestro eccelso nell’allora magg. Pezzé (Vittorio Pezzé, sino agli anni Cinquanta maestro del volo acrobatico) che mi ha insegnato molto e grazie a lui ho acquisito quella preparazione che poi mi ha permesso di entrare nella PAN. Ho avuto, infatti, la fortuna di trovare un leader che mi conosceva fin da ragazzo e che mi ha detto se volevo provarci. Ho provato e mi sono subito inserito bene nel team.

Ha cominciato con i “Diavoli Rossi”…
Sì, con i “Diavoli Rossi” e con essi sono stato anche due mesi negli Stati Uniti. Siamo stati la prima formazione acrobatica del dopoguerra ad andare oltreoceano; naturalmente non siamo andati con i nostri velivoli perché non eravamo attrezzati per fare una trasvolata oceanica. Siamo andati con un aereo di linea. Nella base di Luke in Arizona ci hanno messo a disposizione gli F-84F, lo stesso tipo di velivolo che avevano anche a Ghedi, ed abbiamo fatto due mesi di esibizioni. È stata una cosa favolosa perché negli USA la gente per il volo impazzisce letteralmente.

E nella PAN quando è arrivato?
Nella PAN sono arrivato nel 1962, chiamato, come ho accennato, dal mio ex leader dei “Diavoli Rossi”, il magg. Squarcina che si può considerare il promotore e il fondatore delle “Frecce Tricolori”. «Vuoi venire a fare il gregario da noi? mi disse. Se vieni farai un anno come gregario e poi diventerai il leader». Avevo qualche perplessità al momento, avendo già alle spalle due anni e mezzo nello stesso ruolo con i “Diavoli”, ma alla fine accettai. Fatto un anno come gregario, con l’allora cap. Franco Pisano, sono diventato leader della Pattuglia Acrobatica ed ho continuato per cinque anni. Nel 1968 poi, sono diventato comandante del 313° Gruppo, incarico che ho mantenuto per due anni.

…e poi ha chiuso con l’attività acrobatica?
Diciamo che ho finito la mia carriera — mi si passi il termine — da “pattugliere”, anche se in seguito l’ho ripresa da civile. Sono stato quindi in ambito NATO e nei sei anni successivi al comando dell’aeroporto di Rivolto. Ricordo di aver fatto un giorno una riflessione del genere: «Sono colonnello anziano, non faccio più carriera, ho ancora voglia di volare». Ho lasciato l’Aeronautica e sono andato con la SIAI Marchetti. Poi ho la lavorato in Libia dove per cinque anni ho comandato un gruppo di SF.260 della locale accademia aeronautica. Sono tornato deciso ad andare finalmente in pensione. Ma nella condizione di pensionato non mi trovavo, la voglia di volare proprio non svaniva, anzi. La SIAI mi diede l’opportunità di istruire un gruppo di allievi stranieri, poi ancora tre mesi a casa con il pensiero solo al volo. Mi hanno salvato i vecchi amici delle “Frecce” che volavano con le “Alpi Eagles“. Mia moglie mi disse:«Vai, se ti fa guarire…». Sono rimasto con loro tre anni ed è stata un’esperienza meravigliosa che mi ha portato indietro un trentennio. E lì la mia carriera acrobatica è veramente finita. Ma ho continuato a volare. Ho finito l’anno scorso con il Piaggio P.180 “Avanti”.

Comandante, un suo giudizio sui piloti della PAN di oggi?
Rispetto ai miei tempi, oggi i piloti della PAN sono più professionali, più disciplinati. Ai miei tempi i piloti arrivavano su segnalazione di qualche anziano del reparto oppure venivano indicati dai reparti stessi e, quando arrivavano, da noi venivano in genere presi subito. Caratteristiche irrinunciabili erano, però, la volontà, la passione, la dedizione e, naturalmente, le doti necessarie per fare acrobazia. Con un addestramento serio, meticoloso poi si diventava un componente della Pattuglia Acrobatica.

L’addestramento era diverso?
No, era in pratica lo stesso di oggi. Si cominciava con il volo in coppia, poi con tre velivoli e si iniziava qualche figura per dare al pilota la sicurezza del volo in formazione acrobatica. Il pilota acrobatico deve seguire quello che gli sta vicino ed è l’addestramento classico che si fa anche presso il Reparto. Poi si aumentava il numero di velivoli sino a volare con la formazione al completo. Adesso, naturalmente, ci sono dei sistemi più avanzati di quelli che avevamo noi. Oggi esistono i filmati che possono essere riproposti immediatamente dopo il volo in sala briefing. Noi utilizzavamo le fotografie e si intuisce facilmente come le due cose siamo decisamente diverse. Per noi il laboratorio fotografico era fondamentale. Se avessimo avuto una telecamera avremmo potuto risparmiare giornate di tempo per correggere un errore. Per la verità nell’ultimo periodo abbiamo anche avuto una cinepresa, ma la pellicola doveva essere prima stampata e si poteva vedere solo il giorno dopo.

Qualche ricordo tra i più belli del periodo con la PAN?
Beh, ce ne sono tanti. A parte le esibizioni in Italia, quando si andava all’estero, purtroppo solo in Europa nel mio periodo alla PAN, si ritornava sempre con ricordi bellissimi. Ho ancora viva nella mente l’immagine dei minatori italiani, emigrati in Belgio, attaccati alla rete di recinzione della base nella quale ci eravamo appena esibiti. Ci guardavano orgogliosi del loro essere italiani come noi e vivevano con grande gioia le manifestazioni di apprezzamento che ci venivano rivolte. Erano momenti di emozione intensissima vedere tante bandiere tricolori nelle loro mani.

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