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Requisiti dei Piloti Acrobatici e loro Addestramento

di Mario Squarcina
da “Circolo della PAN” – Notiziario riservato ai Soci del Circolo della Pattuglia Acrobatica Nazionale
anno 9, n° 14 – 15/11/2007 – pag. 2 e segg.

L’Acrobazia singola o in formazione, esibita al pubblico, rappresenta un efficace mezzo di propaganda a favore del reclutamento nell’Arma Aeronautica di Piloti e Specialisti.
Come nel caso degli aviogetti FIAT G 91, impiegati dalle “Frecce Tricolori”, l’esibizione acrobatica è chiaro indice della potenzialità e creatività di un’industria aeronautica nazionale.
Allo stesso tempo viene posto in chiara evidenza il grado di Addestramento dei componenti la “formazione acrobatica” e di tantissimi altri valenti colleghi che avrebbero dato anni di carriera in cambio della loro assegnazione alla Pattuglia Nazionale.
L’Acrobazia così intesa è una specializzazione a livello superiore oltre che aggiuntiva alla normale attività di un Pilota Militare “combat ready” ovvero “pronto al combattimento”.
Un Allievo Pilota Acrobatico Professionista deve essersi previamente distinto al suo Reparto in ogni forma di addestramento, dalla navigazione aerea, a contatto visivo con il terreno, che in condizioni di non visibilità di giorno e di notte, all’impiego bellico del velivolo in dotazione al Reparto di provenienza.
A questo punto il candidato viene analizzato in funzione di precise esigenze con la sua delicata utilizzazione.
Sono richieste elevate qualità morali, di carattere e sensoriali.
Il Pilota deve dimostrare di possedere coraggio, generosità, modestia, fiducia (non presunzione) in se stesso oltre che nei compagni di volo. Dev’essere altresì dotato di intuizione vivace e saper filtrare le proprie sensazioni e la propria emotività. Il requisito dell’autocontrollo è imperativo, dovendosi il Pilota adeguare ad improvvise situazioni di emergenza, a seguito di percezione ed immediata valutazione di numerosi fattori ambientali, al verificarsi soprattutto dei loro repentini mutamenti. Da citare in proposito la turbolenza dell’aria, le nubi a bassa quota alternantisi nella loro scarsa luminosità all’abbaglio del sole, nello sviluppo di una manovra verticale, gli ostacoli sul terreno, l’avaria parziale o totale del proprio o altrui mezzo, un proprio errore di manovra o quello di un altro elemento della formazione, ecc..
L’esecuzione ad esempio di un “looping” che va eseguito con il minimo raggio di curvatura compatibile con le caratteristiche del velivolo, oppure le manovre atte a contenere la Pattuglia in uno spazio aereo sempre alla portata ottica del pubblico, sottopongono il fisico del Pilota a continue e dure sollecitazioni per effetto delle accelerazioni di gravità positive.
Il “solista” invece deve fare i conti anche con le accelerazioni di gravità negativa che, al limite, può portare alla visione rossa, mentre un Pilota poco allenato o non in perfette condizioni fisiche, può avere la visione nera, perdere momentaneamente la vista, durante la manovra “di richiamata”, fase in cui il velivolo viene portato a mutare decisamente il suo assetto.
Sotto questo aspetto la fatica fisica di un Pilota Acrobatico è superiore a quella di uno scaricatore di porto o di un portabagagli.
L’unità di misura della forza di gravità è “1 G” , pari al peso reale di colui che la subisce ed in questo caso ogni uomo che cammina, sta in piedi o seduto.
È normale che un Pilota Acrobatico sia sottoposto ad una sollecitazione o forza che va da 4 a 6 “G” e in casi eccezionali (con malformazioni del velivolo) oltre 11 “G” a seconda del coefficiente di robustezza del velivolo. Ebbene, anche se per pochi secondi, il Pilota viene “schiacciato” al seggiolino da una forza pari a 4 11 volte il suo peso.
Un uomo normale non allenato subirebbe la perdita della visione o un vero e proprio svenimento.
L’eccezionale bagaglio patrimoniale richiesto ad un Pilota Acrobatico può essere garantito soltanto da un equilibrio psico-fisiologico non frequentemente riscontrabile e può essere mantenuto da una condotta di vita che, pur variando soggettivamente, esige non pochi sacrifici.
Gli anni dedicati da un Pilota all’Addestramento Bellico ed Acrobatico, comportano inevitabilmente menomazioni all’apparato circolatorio, alla colonna vertebrale, alla vista ed all’udito, inconvenienti questi che si fanno generalmente sentire alla fine della carriera e pesantemente nel periodo successivo “usque ad mortem”.
Questo il prezzo che l’interessato coscientemente paga per il raggiungimento di uno scopo che poco ha da spartire con la vanità o con le laute retribuzioni di un Pilota di linea.
L’Addestramento di un Pilota Acrobatico inizia a terra con una serie di lezioni teoriche sulle posizioni relative tra uno e l’altro velivolo in funzione di precise esigenze prospettiche.
È così che, mentre il pubblico apprezza la simmetria geometrica di una formazione in ogni momento del volo, uno o più gregari in realtà non sono posizionati sempre in ala, bensì più avanti del “leader” con sensazioni psicologiche sgradevoli, costretti a ignorare i normali parametri tridimensionali per riferirsi ad altri per nulla istintivi.
Dal momento che nulla è lasciato al caso, viene spiegata la tecnica delle trasformazioni da un tipo di formazione all’altra, nonché i pericoli in essa latenti e le modalità più idonee alla correzione.
Ogni Pilota si presenta alla Pattuglia con le credenziali a posto, ma rappresentando egli un mondo in miniatura a se stante, che si differenzia necessariamente da quello del collega; è necessario che il Comandante ottenga l’amalgama prima a terra, poi in volo.
Egli deve approntare e sperimentare Programmi di Volo con un coefficiente di difficoltà progressive.
Ogni manovra dev’essere assimilabile dal meno dotato della sua “equipe”, onde ridurre al minimo le possibilità di incidenti.
Voli a parte devono essere effettuati per l’Addestramento dei nuovi Piloti, non più di uno per volta e comunque con l’ausilio di un Pilota già esperto per la corretta assuefazione alle posizioni richieste in ogni tipo di formazione.
Per dare un esempio della capillarità di un’istruzione impartita in vista della maggior sicurezza possibile, cito quanto realizzato per l’esecuzione della “bomba” con nove velivoli che ideai e presentai nel 1963 a Parigi.
Su di un ingrandimento fotografico della pista di volo e dell’area aeroportuale di casa (Rivolto) tracciammo in “china” dei raggi angolati tra loro di 40° a partire dal centro pista. Ognuno di questi raggi venne assegnato ad un Pilota componente la Pattuglia perché potesse visivamente materializzare la rotta riferita al terreno, prima che al velivolo di cui il Pilota doveva abbandonare i parametri al momento dell’apertura (distacco dei velivoli dal “leader”). Seguì l’Addestramento in volo di due, quindi di tre e così via velivoli fino alla formazione completa, man mano che i singoli Piloti dimostravano di non avere titubanza alcuna, sia all’apertura che all’incrocio simultaneo sulla pista.
I “Briefings” prima e dopo ogni volo, duravano assai più dell’esercitazione pratica con l’ausilio di modellini su lavagna magnetica, del solito gesso, di foto e proiezioni riprese dall’Addestramento reale.
Il lavoro di “equipe” veniva perfezionato attraverso la conoscenza complementare reciproca al di fuori dell’ambiente di lavoro, a mezzo di attività sportive, colazioni all’aperto, gite e festicciole alla buona.
La Pattuglia ideale dovrebbe riunire il seguente requisito :
– programmi comprensivi di manovre originali e della massima difficoltà di esecuzione in relazione alle caratteristiche del velivolo impiegato, il tutto eseguito con la massima perfezione stilistica, eleganza ed aggressività.
Come non è detto che una bella donna sia anche intelligente, purtroppo ciò non è possibile ed ogni formazione acrobatica ha il marchio che le viene riconosciuto dai tecnici e dagli spettatori.

Mario Squarcina

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