Ultimo aggiornamento: 20 Marzo 2020
Per i Tedeschi il caccia era una femmina. Per Molinaro era una calda passione. Con "lei" il celebre solista invento il folle passaggio a 90° d'inclinazione sull'asse pista
di Giambattista Molinaro
da “Volare”, settembre 2010, pp. 8 e segg
Sono entrato in Pattuglia in seguito a una malinconica telefonata di condoglianze fatta a “Pino” Bernardis dopo l’incidente di Piergianni Petri in Inghilterra. Nell’intercalare della comunicazione, la mia disponibilità a rendermi utile in qualche modo è stata interpretata, forse, come una specie di candidatura.
Sto volando, contemporaneamente. sul 104E e sull’S a Decimomannu. Sgancio armamento reale sul poligono di Capo Teulada, per poter essere impiegato come istruttore di tiro e tattiche sul Tornado, velivolo sul quale sono iniziate le transizioni dei primi piloti del Gruppo a Cottesmore„ in Inghilterra. Non sono entusiasta, so che le ore di volo disponibili non sono molte e all’inizio c’è sempre molto da fare, a terra.
Qualche giorno dopo, ricevo una telefonata del comandante di Stormo, che mi prende a male parole per non averlo informato sulle mie decisioni. Ha tra le mani il telegramma del mio trasferimento dal 154° al 313°, Gruppo delle Frecce. La Pattuglia vola in 7 più il solista, per ragioni anche politiche: la crisi dei piloti, che fuggono verso l’Alitalia.
La mia ripresa sul G91 consiste in un volo con Toni Gallus (il capoformazione) sul T in dotazione; uno per me e uno per Gabriele De Podestà, assegnato al 313° lo stesso giorno. Viene dal 28° di Villafranca.
Un’oretta di ginnastica senza particolari manovre. Stalli, affondate fino al Mach critico, a rivedere quelle caratteristiche di manovrabilità che rendono il biposto più scorbutico del monoposto in un campo di velocità caratteristico in cui, sotto g, il velivolo esibisce un comportamento particolare, associato a un innesco di buffetting, anche violento, che scompare al di sopra e al di sotto di quei valori. L’impiego dell’aerofreno produce un momento picchiante notevole soprattutto ad alta velocità, sconosciuto sul 104.
Dopo il volo, riceviamo una copia del manuale del monoposto, su cui passiamo la serata, seduti a un tavolo del ristorante da Aldo, a Gradiscutta, interrogandoci a vicenda e cercando di memorizzarne i pochi valori essenziali e le caratteristiche principali degli impianti.
Il giorno successivo. passaggio sul monoposto, con “Massimino” Montanari in ala come chase. L’abitacolo dei ’91 è decisamente più confortevole di quello del ‘104 col Martin Baker, e risente di una progettazione di “scuola inglese”, con una disposizione degli strumenti non particolarmente pulita, ma allo stato dell’arte del periodo. L’Adf è lo strumento di navigazione originario, rinforzato dal Tacan anni dopo. L’orizzonte era il vecchio J8, ancora senza riferimenti cromatici per indicare cielo e terra. Le procedure sono cosi semplici da richiedere non più di un colpo d’occhio e portano alla messa in moto con una delle due cartucce che, letteralmente sparano il motore al minimo dei giri: ma in agguato c’è spesso una cilecca, che costringe lo specialista a correre e a sostituirle, Una puzza di cordite e il sibilo stridente sono l’antifona al più bel giocare del mondo.
Unica parola ammessa: il numero
Dopo il decollo e una salita sul cielo del campo a una quota che giudico adeguata, un paio di stalli e due sfogate, mi sento rivolgere, per radio, una domanda: “sei destro o sinistro?”. Rispondo con una certa sufficienza che per me è lo stesso.
Massimino mi sfila davanti sulla mia destra e mettendosi, lui, in posizione di leader, mi controlla la posizione, ricordandomi quei famosi esoterici parametri dì allineamento, di cui avevo sentito parlare al circolo ufficiali dagli altri piloti. Da quel momento e per centinaia di ore di volo a venire, né lo da 7 né De Podestà (il “Rosso”) dall’altra parte, come 8, abbiamo visto altro che quel bollino sulla fusoliera, Non ho più proferito parola in volo, se non rispondendo in sequenza, pronunciando solo il mio numero, a ogni ordine del capo formazione. Mai più, per anni di allenamento e di manifestazione.
l voli di allenamento durano una quarantina di minuti, anche meno, sempre sotto g, normalmente fino a 5, frequentemente 6 quando c’è qualche traiettoria da correggere anche tutto il consentito. Due voli al giorno, tutti i giorni, raramente tre. Ogni settimana qualcuno si aggiunge, fino a 9 tutti assieme. Ognuno col “suo” aeroplano, il “suo” numero, il suo none sul casco e sulla fusoliera.
Non ho che una vaga idea della quota a cui voliamo né delle velocità, la nostra maledizione è quel bollino con i suoi allineamenti. Il mondo ci ruota attorno al tettuccio, come proiettato. L’importante è la posizione, mantenuta sempre e comunque, a qualunque costo e a prescindere dal sudore che letteralmente gronda sotto il casco e impregna sottotuta e tuta fino a bagnare l’anti-g. Anche d’inverno. Il metronomo della voce di Toni Gallus è l’unica dimensione reale, quella che definisce la nostra posizione nello spazio. È sempre compassata e contemporaneamente divertita e divertente, dà l’impressione di essere lui che, da solo, fa volare i nove aeroplani mantenendoli in un rombo perfetto, mentre il nostro compito pare essere sempre e solo quello di agitare freneticamente la mano destra sulla barra e la sinistra sulla manetta. Gli aerei dei gregari più giovani oscillano in continuazione nel tentativo di mantenere la posizione. Sappiamo della manovra che sta per sviluppare dalla sua voce, che ci anticipa ia traiettoria la tirata o la rotazione, modificando col tono i parametri per accelerarne una o diminuire l’alta. Venti minuti di ferro in bocca, sempre sullo stesso binario, mai uguale a quello del volo precedente, frustati in continuazione da una biga indiscutibile per la precisione delle osservazioni Non si ripete niente, quasi mai.
Il volo inizia e finisce: se in maniera più o meno soddisfacente lo sentiamo dalla biga e lo vediamo poi a terra. Se è particolarmente insoddisfacente, si risale a cavallo per un altro giro, dopo un’oretta per smaltire la stanchezza, in formazione ridotta per facilitare le correzioni.
I risuitati emergono piano piano, i movimenti delle mani diventano sempre meno inconsulti, si riducono in ampiezza e frequenza ottenendo lo stesso effetto di mantenere la posizione, con maggior precisione.
Non esiste la telecamera: arriverà da Roma, proprio in quei giorni. Ogni fase del volo viene bloccata da due fotografi che, con un’esperienza maturata in migliaia di voli, dalla biga, evidenziano con spietata istantaneità l’errore di posizione, o di correzione di prospettiva, molto più efficacemente di qualsiasi ripresa cinematografica in movimento. In meno di venti minuti, la fisarmonica delle foto del volo, rigorosamente in bianco e nero, viene portata nello scantinato del bar del circolo ufficiali, per il debriefing.
Non ci sono scuse per gli errori.
Non c’è da inventare niente, é sufficiente sudare.
Sai di essere sempre, per definizione, con gli occhi addosso.
Di tutti: gregari, biga, spettatori. E degli specialisti a terra, che verificano la bontà del loro lavoro e ti pesano col bilancino del farmacista come pilota, di più come uomo.
È la primavera dell’81, al briefing del mattino, quando Salvi si alza e guardando negli occhi Gallus e tutti noi, presenta i ruoli per I quali ognuno di noi si allenerà nella stagione successiva: Fabio passa da 2 a 6, ii “Rosso” a 9 e io solista, sotto la guida di Pierino Purpura. La stretta di mano di tutti che sancisce questa decisione, mi trova stupito e commosso.
Il glorno successivo sono in programma con Pierino per un volo sul T in dotazione al Reparto.
Mi mette dietro e mi mostra il programma: il suo programma! Vola all’altezza delle cime degli alberi, poi si tuffa verso il basso e ml suggerisce la sequenza delle figure iniziando con un volo rovescio, mentre mi spiega i punti di riferimento, o il settaggio del motore, piuttosto che dove guardare da rovescio, per sapere dove ritroverò la formazione all’uscita.
Sono affascinato e impressionato da questa tranquillità e naturalezza, senza realizzare che sto vivendo la parte più bella: sto imparando quello che avrei voluto sapere da sempre, rubandogliene l’essenza. Al caffè dopo volo, mi suggerisce di disegnarmi una sequenza di manovre da inserire negli spazi in cui la formazione si allontana dal primo piano del pubblico; lui sarà in biga, per ogni volo.
La squadra del 1980. Da sinistra: Valori, Montanari, Salvi, Gallus, Purpura; in basso: De Podestà, Raineri, Liva, Brovedani, Posca, Molinaro
Anni Cinquanta. L’abitacolo era spazioso, ma il suo allestimento avionico abbastanza povero: aveva come strumento primario di navigazione l’Adf, solo in un secondo tempo affiancato da un Tacan.
Con la formazione per "prendere i tempi"
E cominciamo subito: ogni giorno un volo da solo, ripetendo ogni manovra in sequenza, e un volo insieme con la formazione per “prendere” i tempi.
Se Toni Gallus fa volare 9 aerei stando davanti a tutti, Pierino é in grado di far mantenere loro simmetria e sincronia a 10, da terra, solo con la radio-
È implacabilmente preciso e puntuale nell’anticipare le posizioni di ogni gregario facendoli sollevare o abbassare sul piano di linee immagnarie, suggerendo ogni secondo la correzione da impostare sul mantenimento delle posizioni relative, intuendo la difficoltà di ognuno nell’interpretare le traiettorie e le figure in funzione di quello che si vede da terra. Suggerendo il tempismo delle entrate del solista ne smussa le spigolosità.
Mi assegnano un “R”, preferirei un “PAN” solo per un fatto estetico ma l’unico disponibile è il 12, così leggero, rispetto agli altri, con i suoi rumori strani la cui origine nessuno si spiega. E il destino i destino. Quando ruota oltre i 350 nodi a tutta barra, la presa d’aria miagola e nel tonneau in quattro tempi, sembra modulare un ghigno feroce. Da terra si sente più che dal cockpit, come quando nelle richiamate “straccia” l’aria. Forse voliamo troppo bassi.
Agli allenamenti sono presenti alcuni decani della Pattuglia, in biga e dopo il volo, al Circolo Ufficiali.
Gli aneddoti di Roberto Di Lollo, di Vittorio Cumin e di Danilo Franzoi costituiscono una preziosa fonte di ispirazione e di divertimento.
Ogni solista introduce una piccola modifica, al programma di volo o alla sequenza di manovre, giusto per distinguersi, e la tentazione è tanta anche per me. Ma dopo vent’anni, dopo Franzoi, Ferrazzutti, Boscolo, lo stesso Pierino Purpura, che cosa c’è da inventare?
Danilo mi fa una confidenza. Ne approfitto e, sfruttando un volo di verifica funzionale. provo.
È vero: a una certa velocità, senza particolare difficoltà, il 91 vola a coltello e, se la pista non è lunghissima, il carburante è sufficiente a alimentare il motore.
Sarà l’unica variazione al programma degli anni precedenti, nella stagione dell’81, che scivola meravigliosamente: a Metz minacciano di mettermi a terra per essere passato troppo basso in prova.
Ad Aalborg incontriamo per la prima volta l’F 16 e i Red Arrows… Il tempo è incredibile: piove leggero, la visibilità è buona, ma le nuvole spesse come cotone, si appoggiano sulla coda del C 130.
L’aeroporto è pieno all’inverosimile di gente delusa. Non si vola sicuramente.
I Red mettorio in moto. Noi siamo subito dopo di loro, Toni guarda Salvi, guarda tutti negli occhi e guarda me: se volano loro, voliamo anche noi!
Programma basso, bassissimo, anzi, nessuna separazione, mi stacco solo io e riempio con quello che posso, tra un passaggio e l’altro della formazione.
I Red sono in pista e in tre sezioni decollano. Noi rulliamo al punto attesa, sono tesissimo ma felice. Peccato che gli inglesi, dopo il decollo, non riescono o non vogliono ricongiungere. Rinunciano e vanno all’aeroporto alternato. Non c’è sfida. Noi non ci tiriamo indietro, decolliamo quasi tutti assieme per non perderci. Dodici minuti in cui metà dei velivoli della formazione era dentro le nuvole, l’altra metà con le ali per terra. Mi stacco e manovra per non entrare mai in nube. Mantenendoli sempre in vista, riesco a completare le figure del programma basso.
La sfida comunque è rimandata all’Air Tattoo.
Tempo inglese: visibilità incredibile, cumulotti sparsi, che si addensano solo durante la nostra slot! Volo incredibile, perfetto sotto tutti i punti di vista, fino all’apertura della bomba, quando la nuvoletta si sposta al centro pista, esattamente dove deve aprire la formazione.
Sono in anticipo, il piramidone dei 7 mi scompare alla vista quando si infila sopra le nuvole e io sono già in dirittura per l’inserimento. So dov’è ma non lo vedo. Non posso rischiare senza vederli: riduco ad idle, non gli dico niente, anticipo i fumi per farmi vedere. È ora di richiamare, aspetto un centesimo di secondo e tiro in verticale, “grattando” per i g, contro la nuvola. So che sono lì sopra, anzi lì dentro. Sento il “… pronti per l’apertura,…Via!” e mi si aprono davanti sbucando da quel bastardo di cumulo. Incredibile tempismo. E buona dose di fortuna!
Toni è sicuro che stasera vinciamo il trofeo per la migliore esibizione. Mi prende e mi porta vicino al palco, assolutamente. convinto. Non é così: quest’anno il trofeo va alla pattuglia fino a 5 velivoli, vincono gli Svizzeri, anche perché c’è un contrattino che balla per gli Hawk… “bisnes-is-bisnes”: e per gli inglesi le sterline contano!
E una delle peggiori delusioni della sua vita.
2 settembre, volo d’allenamento giornaliero: Toni vola col 12, chissà perché? Sono appena in ritardo per il passaggio dopo l’incrocio dell’Arizona, in affondata verso il centro pista. Le due sezioni si incrociano e per terra vedo una strisciata di fuoco, come un fiammifero di legno che sfrega contro la scatola per accendersi. Il “12” ha fatto la sua vittima: Toni Gallus. Con questo, il 91 esaurisce la sua corsa di vent’anni su Rivolto e in Pattuglia. È tempo per nuovi protagonisti.
L’Aermacchi 339 è pronto, l’ingegner Bazzocchi compra la vernice blu sufficiente per 15 aeroplani…
Una stagione piena. Nel 1980, la Pan ha partecipato a ventiquattro manifestazioni aeree in Italia e tre all’estero.
Buona affidabilità. Nel 1981, i G 91 della Pan stanno per raggiungere il limite delle ore: eppure la loro efficienza è al 91,62%.
Diciotto stagioni. Col monoposto Fiat le Frecce Tricolori hanno effettuato 476 manifestazioni in Italia, 80 all’estero e 86 passaggi, per un totale di 38.231 ore di volo
Biografia non autorizzata
Pietro Trevisan collaudatore Giuseppe Uva istruttore e Jack Zanazzo pilota Pan svelano il loro G 91
In Germania Inizia nel 1960 il programma per La produzione su Licenza dell’aereo. La Luftwaffe riceverà in tutto 344 G 91 R/3, di cui 294 di produzione nazionale. I piloti tedeschi danno all’aereo il nomignolo “Gina”: non ufficiale. ma adottato in tutto il mondo.
Frigorifero. Il musetto appuntito della preserie fu molto apprezzato da specialisti e piloti, Accessibile da uno sportello, c’era un piccolo alloggiamento che i primi utilizzavano come ripostiglio del solito straccio di pulizia dell’ultimo minuto, mentre per i secondi era fondamentale per porvi una bibita da recuperare, fresca, dopo il volo.
Essenziale. Leggero voleva dire che anche gli extra dovevano essere ridotti all’osso. Risultato: per navigane, c’era solo un Adf. Gli montarono poi il Tacan, grazie alla tenacia di Vittorino Zardo, quand’era comandante della Pan.
Primo volo. Il 9 agosto1956 a Torino Caselle decolla il primo prototipo del G 91, caccia tattico leggero per la Nato. Pilota, il capo collaudatore Riccardo Bignamini.
Incidente. Il 26 febbraio 1957 il primo prototipo, pochi giorni dopo aver superato Mach 1 in affondata, perde il piano orizzontale di coda, causa ftutter, e precipita presso Cavour (TO). Bignamini si lancia con il sedile eiettabile e si salva.
Biposto. II 31 maggio 1960, pilotato da Vittorio Sanseverino, vola a Caselle il primo di due prototipi G 91T biposto.
Negli Usa. L’aviazione dello US Army nel 1961 inizia la valutazione d el G 91 per il ruolo Fac (Forward Control Unit). Bignamini compie varie presentazioni, che culminano il 27 luglio con una dimostrazione di decollo assistito da razzi Jato. Alla rotazione l’aereo tocca con il pattino di coda e, al termine della spinta dei razzi, va in statlo e precipita. Il pilota muore.
A Rivolto. Nel dicembre 1963 arrivano i primi due dei G 91 Pan, tutti esemplari del primo lotto di preserie appositamente adattati dalla Fiat.
Modifiche. Per la messa a punto dei comandi fu introdotto uno smorzatore di beccheggio, unito a una certa desensibilizzazione, sempre sul longitudinale.
Un piacere. Con comandi taciti e precisi, in volo acrobatico era una vera “goduria”, sempre pronto a dare soddisfazione al pilota grazie a ottime qualità di volo, salvo che per lo stallo.
Tangenza. Aveva anche grandi prestazioni. È arrivato a 49.500 piedi: Giuseppe Liva, senza serbatoi supplementari, ha fatto un Napoli-Rivolto diretto in un’ora, atterrando con ancora 800 libbre di combustibile.
Documentazione. I manuali erano uri po’ approssimativi, le tabelle di prestazione non proprio precise. Liva e Toni Gallus hanno provato consumi, velocità, quote. A 28-29.000 piedi, con serbatoi pieni, faceva 0,65 Mach; a 35:000 arrivava a 0,82. Secondo la Fiat, non doveva compiere la vite. In realtà perdeva un sacco di piedi per ogni giro, ma alla fine usciva.
Indistruttibile. ll motore, un Rolls-Royce Orpheus generoso e affidabile, doveva essere trattato coi guanti di seta alle basse velocità. Una volta in decollo in formazione da Rivolto, la seconda sezione becca uno stormo di gabbiani . Atterrati a Roma, gli speciatisti si tuffarono nelle prese d’aria per verificare lo stato dai motori, e in quello del n° 8 trovano 3 gabbiani piantati.
Addestrarnento. La Scuola Aviogetti di Amendola riceve i primi G 91T/1. È l’11 novembre 1964. Gliene saranno consegnati in totale 99. L’ultimo sarà dismesso it 30 settembre 1995.
Stallo. Quanto alle difficottà di volare col biposto, derivavano dal fatto che era molto caricato e alle basse velocità bisognava evitare di stringere la virata. L’aeroplano comunque avvisava prima di stallare, vibrando in modo deciso.
In guerra. Nel 1966 la Luftwaffe cede 40 G 91R/4 alla Forza aerea portoghese. Questi diventeranno gl unici G 91 a operare in un conflitto in un conflitto (Guinea e Mozambico).
Bimotore. li 12 dicembre 1966 vola a Caselle il primo di due prototipi del G 91 Y, cacciabombardiere e ricognitore tattico subsonico. È strutturalmente derivato dal G 91T con modifiche per alloggiare due turbogetti General Electric J 85 da 1.320 kg di spinta (1850 con postbruciatore]. È armato con due cannoni Defa 552 da 30 mm e può portare un carico bellico di 1.800 chilogrammi.
Rifatto. Il G 91Y è stato quasi completamente riprogettato. Il risultato è stata una macchina con un grande rapporto peso-spinta e pertanto buona autonomia e capacità di carico bellico.
Fine delta produzione. Nel 1977 esce dalle linee d’assemblaggio l’ultimo dei 67 G 91Y ordinati dall’Aeronautica Militare (andranno in pensione nel dicembre 1994) Si conclude cosi la produzione del G 91 in tutte le sue varie versioni, con 755 esemplari complessivi, compresi i prototipi.
Il "pallino" dell'allineamento
Quando si vola in formazione bisogna posizionare il proprio velivolo allineandolo a un preciso e inequivocabile punto di riferimento di un altro velivolo.Sul G 91 Pan, verso la metà della fusoliera, sopra la scia della freccia bianca, era disegnato un ‘bollino’, che veniva usato come riferimento di precisione (nella foto].
Ecco le indicazioni per alcune figure:
Per la freccia: 1° allineamento, estremità inferiore del bordo d’attacco dell’ala con la testa del pilota. 2° allineamento: bordo di uscita dell’estremità delirata con bottino. Ali a defilare.
Per il passaggio con carrello a rombo di 9: 1° allineamento: bordo d’attacco del pilone della tanica fumi con testa piloti; 2° allineamento: fessura dei flap con bollino bianco.
Per l’allineamento bastone: montante del tettuccio con l’attaccatura aerofreni del velivolo che precede.
Per la linea di fronte: allineamento: testa piloti; distanza: il bordo d’attacco dell’estremità anteriore dell’ala deve puntare a metà; distanza: tra la coccarda e il poppino.
Per il doppio tonneau: allineamento: arco montante fisso tettuccio con base del tettuccio; distanza: il bordo d’attacco dell’estremità anteriore dell’ala deve puntare poppino.
(dal libro di Gianfranco Da Forno: “Frecce Tricolori – Disegni nel cielo”)