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Corrado Salvi racconta

di Luca Ricci
da 55 anni di emozioni.., a cura di Alessandro Cornacchini, 2015, p. 114

Volavamo ancora sul “91”. Eravamo in Danimarca, precisamente ad Aalborg, in una delle esibizioni estere agli inizi degli anni 80.

L’aeroplano a fine carriera era rimasto un po’ indietro nel campo della strumentazione di bordo, ma i piloti conoscevano il velivolo come le loro tasche e si sentivano in grado di affrontare qualsiasi cosa. Arrivando ad Aalborg, trovammo un tempo proprio da cani, il ceiling era bassissimo e pioveva.

Mi ricordo ancora, che appena arrivati in aeroporto, uno di loro, per scherzare, ci disse: «Benvenuti all’inferno!». Bella accoglienza pensai.

Ci siamo guardati con gli altri piloti e ci siamo domandati «Ma ce la faremo?». ll giorno seguente, quando ci svegliammo, il tempo era ancora peggiore! Al limite del descrivibile. Penso che chiunque abbia partecipato quell’anno alla manifestazione non l’abbia dimenticata!

Mi ricordo che arrivò la pattuglia acrobatica inglese, atterrò, si rifornì di carburante e rimontò sul velivolo quasi immediatamente. Un saluto con due dita e tornarono a casa. Io, non ero del tutto convinto che si potesse decollare, andai da Tony Gallus, il capoformazione, e gli chiesi che ne pensasse. Lui, senza indugio, con il pollice alzato, rispose: «Se pò fa’?». A un certo punto parti un DC.9 della compagnia di bandiera, la SAS. Decollato, neanche il tempo di tirare su carrello e flap, che già era scomparso tra le nubi. Non ero convinto, e per questo tornai da Toni, che anticipò ogni mia domanda: «Tranquillo Comandante, ce la facciamo».

In quell’esibizione abbiamo volato un programma basso, dove metà formazione era sempre dentro le nuvole. Ricordo che in biga non dissi una parola, se non: «Toni pensaci tu!». Ma in cuor mio speravo che oltre a lui ci pensasse “Qualcun altro”!

Ovviamente, non posso dimenticare “GB” Molinaro, che andava “a tutta birra”. A parer mio, il più bravo solista che abbiamo mai avuto. Era davvero “matto da legare”, ma anche un indiscutibile “manico”  dell’aeroplano. Lo ricordo come un serio professionista sul lavoro, ma anche un grande amico fuori.

In particolare, quel pomeriggio fece dei tonneau talmente bassi che avrei chiuso volentieri gli occhi, ma fu un successo. Molinaro lì si scatenò, il pubblico gasatissimo lo osannava ad ogni passaggio: «Che pilota!», «Che solista!». Fummo gli unici a volare in quella manifestazione, solo noi! I giornali, il giorno dopo, parlavano esclusivamente delle “Frecce Tricolori”. Non conoscevo il danese, ma era chiaro il messaggio di plauso che ci facevano. Era stata veramente un’esibizione difficile, i piloti si erano impegnati al massimo delle prestazioni tirando fino a 3 e 4 g, ad una quota a cui, a malapena, è concesso il volo livellato. Lì eravamo al limite della sicurezza, altri tempi.

A quella manfestazione volammo, e lo ammetto senza vergogna, solo perché c’era Gallus! Tutti i componenti della squadra riponevano una grande stima e fiducia in lui, lo avrebbero seguito ovunque, e quando Gallus diceva «si può fare», si faceva.

Dico la verità, anche se ero io il Comandante, mi fidavo ciecamente di Toni, anche io lo avrei seguito ovunque. Gallus era Gallus, un leader fuori e dentro il “campo”!

Foto di Erik Frikke

da Gianfranco Da Forno, Frecce Tricolori – La storia, Grafiche Battivelli, 2009, p. 61 – 62

Di GB mi piace ricordare un volo storico per tutta la pattuglia, svolto all’aeroporto danese di Aalborg. Era il 14 giugno 1981, una giornata con una visibilità incredibile ma con la base delle nubi inferiore a 150 metri. Avevamo assistito all’impressionante decollo di un DC-9 dela SAS che, dopo aver staccato le ruote dalla pista, in assetto a cabrare, era entrato nello stato di nubi quando la coda era ancora a pochi metri da terra.

Il capoformazione Gallus, durante il briefing tenuto presso l’ufficio operazioni della base, valutò che le condizioni meteorologiche non erano idonee per l’attività di volo.

Le Red Arrows inglesi erano atterrate alle 10 di mattina e, dopo aver rifornito, erano ripartite per un’altra manifestazione in Inghilterra. Nel frattempo si era esibito un pilota danese su un Northrop F-5 “Freedom fighter” limitandosi a passaggi sulla pista, riattaccate e rientri con l’ausilio del Radar.

Il numerosissimo pubblico attendeva pazientemente che succedesse “qualcosa”, magari con il miglioramento del tempo. Gallus, dopo essersi consultato con Salvi, guardò i suoi piloti e pronunciò una frase che non dimenticherò mai. “Ragazzi, è da naso, ma se pò fà”. Il “briefing” fu accuratissimo e nulla venne lasciato alla immaginazione, gli ostacoli erano impressi nella memoria di tutti.

Le 10 Frecce andarono in volo eseguendo un programma piatto, con virate in formazione, nelle quali gli esterni quasi sempre avevano una semiala dentro le nubi e gli interni a pochi metri dal suolo. In queste condizioni GB effettuò il suo programma con un tempismo incredibile, eseguendo la maggior parte delle sue manovre orizzontali tirate allo spasimo, scomparendo dietro gli hangar alle spalle del pubblico per ricomparire dalla parte opposta perfettamente in sincronia con il resto della formazione.

Il volo fu un tale successo, che i giornali il giorno dopo osannarono unanimemente le Frecce Tricolori, per aver mostrato coraggio, determinazione, classe e professionalità; ma il vero merito va a tutta la formazione, così compatta, così fedele al principio della “fiducia del Capo”, dello spirito di abnegazione e dello “spirito di corpo”. “10 piloti, un’anima sola”, come aveva detto qualcuno guardandoci volare.

Foto da airhistory.net di Erik Frikke

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