Ultimo aggiornamento: 7 Agosto 2023
La pattuglia acrobatica dell'Aeronautica a Ghedi
I piloti hanno provato ieri sopra l'aerobase alcuni «numeri» che eseguiranno oggi a Monza - A colloquio con il comandante ed i componenti della squadriglia più invidiata del mondo
articolo da periodico sconosciuto datato 13 settembre 1981
inviatomi da Vito Posca, che ringrazio sentitamente
Sono sbucati ieri mattina dal grigio della foschia che copriva Ghedi, in perfetta formazione. Sette aerei azzurri dalla forma grintosa dello squalo scesi poi a colorare le piste dell’Aerobase. Incassati negli abitacoli a manovrare la cloche i piloti che tutte le aeronautiche del globo, si dice, ci invidiano.
Sono “quei diavoli” della pattuglia acrobatica, le Frecce tricolori, di passaggio nei nostri cieli per far fronte ad uno degli impegni segnati sulla loro agenda fittissima di date. Oggi saranno a Monza ad esibirsi sopra le teste degli spettatori del Gran premio automobilistico. Routine: dalla primavera all’autunno le manifestazioni a cui partecipano non si contano. Che sia una corsa di auto o un importante meeting internazionale, a Monza o a Copenaghen. Show dall’alto contenuto tecnico, non soltanto spettacolo. Minuti sul filo del rasoio, dove niente è lasciato al caso
«Dietro ogni numero – racconta il tenente colonnello Renato Salvi, il comandante delle Frecce, trevigiano dall’aria affabile che nasconde sicuramente nervi saldi — ci sono mesi, anni di lavoro. Non si improvvisa nel nostro lavoro: ogni spostamento nell’aria è calcolato, anche quei passaggi che magari Il pubblico può scambiare per iniziative di un singoro pilota».
E l’esperienza di acrobazie in Aeronautica non manca. Dal 1935 fino ad oggi sopra le basi militari ci si addestra in questo senso, da quando il colonnello pilota Rino Corso Fougier convinse io Stato maggiore «che il perfetto pilota, in senso sportivo, poteva poi, come militare, utilizzare con la massima efficienza l’aereo nel suo impiego bellico, quindi il volo acrobatico diventava il risultato dell’addestramento quotidiano, severo e continuo, al combattimento aereo ed all’intercettazione».
Allora si volava coi biplani. Poi vent’anni dopo arrivarono I “De Havilland Vampire”, poi i “Getti tonanti”, le “Tigri bianche” e gli altri. Macchine via via sempre più sofisticate e più difficili. Allora le pattuglie acrobatiche erano parecchie e ciascuna si contendeva l’alloro del migliore, Solo dal ’60 esistono le Frecce nazionali. Che vuoi dire una base propria (a Rivolto, in provincia di Udine) uno staff di tecnici per la messa a punto e la manutenzione degli aerei (e per collaborare strettamente, seppur da terra, con i piloti). Vuoi dire anche “ricerca tecnica”, cosi come accade per le corse automobilistiche. E come ogni sperimentazione presenta dei rischi.
«Ma se non si accettassero i rischi – dice il capitano Gianfranco Da Forno, addetto alle pubbliche relazioni della pattuglia – non si muoverebbe niente, non ci sarebbe mai nessun miglioramento. Si deve però aggiungere che la percentuale degli incidenti accaduti alle Frecce non è sicuramente maggiore che tra gli altri piloti».
È sempre un rischio volare? «Non è pericoloso come può sembrare – continua il comandante Salvi – il pilota è padrone della macchina quando è in aria, certo non sono consentite disattenzioni e non ci sono disattenzioni. Quando accadono gli incidenti sono davvero fatalità, la concomitanza fortuita di alcuni piccolissimi fattori». Si ricordera la tragica scomparsa del tenente colonnello Antonio Gallus proprio poche settimane fa.
A far da sfondo al comandante Salvi sono i sette “G 91” schierati accanto agli “F104” dell’aerobase. L’anno prossimo dovrebbero essere sostituiti da un aereo tutto italiano il “Macchi Mb 339”, ancora più sofisticato delle macchine a disposizione attualmente della pattuglia.
I piloti della pattuglia fotografali a Ghedi, Da sinistra il cap. Da Forno (addetto alla pubbliche relazioni}, il capitano De Podestà, il cap. Brovedani, il magg. Raineri, il ten. colonnello Salvi (comandante delle Frecce), il cap. Mollnaro, il cap. Baron, il cap. Posca, il cap. Accorsi e il cap. Vania
Uno specialista mette a punto il velivolo sotto gli occhi del pilota (foto Bonetti)