Ultimo aggiornamento: 2 Giugno 2024

da Il Piccolo, 13 aprile 1975, p. 1

Roma, 12

La pattuglia acrobatica nazionale «Frecce Tricolori» sarà sciolta nel 1976 se, per gli inizi del 1977, non sarà pronto il nuovo velivolo che dovrà sostituire l’attuale «G-91» che alla fine del prossimo anno raggiungerà il termine della sua vita tecnica.

La decisione — informa l’agenzia Air Press — è stata presa dallo stato maggiore dell’Aeronautica militare. Il velivolo destinato a sostituire il «G-91» è lo «MB-339» uno dei quattro programmi di punta della «legge aeronautica» che il governo dovrebbe presentare al Parlamento in questi giorni.

Domani, domenica, la pattuglia acrobatica si esibirà a Rivolto alle ore 11 [ndr. Giornata dell’Ala Universitaria].

Forse sciolte le Frecce tricolori perché gli aerei sono troppo vecchi

di Massimo Ferrari
da Tempo, anno XXXVII, n° 19, 9 maggio 1975, p. 9

Roma – La pattuglia acrobatica nazionale dell’aeronautica militare, le famose Frecce tricolori, sarà sciolta il prossimo anno se non si troveranno i fondi con cui sostituire gli apparecchi attualmente in dotazione. La notizia, che circolava da tempo negli ambienti del ministero della Difesa, è stata ora confermata, sia pure ufficiosamente: i « Fiat G-91 » in servizio hanno ormai fatto il loro tempo e continuare a farli volare oltre sarebbe pericoloso.

Poiché mancano i fondi per comperare aerei nuovi, che siano adatti a questa particolare attività, c’è il rischio che la Pan debba smobilitare nel 1976. Un’altra vittima di quelle difficoltà di bilancio che hanno già dato brutti colpi alle nostre forze aeree.

Nate quattordici anni fa alla base di Rivolto, presso Udine, le Frecce tricolori sono famose in tutto il mondo per i loro spettacolari voli acrobatici. L’esercizio viene eseguito da una formazione di sette o nove aerei e comprende tutta una serie di figure, incroci e mutamenti di posizione compiuti con precisione millimetrica e che sono frutto di un lungo e metodico addestramento quotidiano, oltre che di un perfetto affiatamento tra i piloti.

Le manovre più spettacolari, quali la famosa « bomba », sono valorizzate nell’effetto dall’uscita dagli scarichi di fumate bianche o tricolori, e questo ha suggerito il nome adottato dalla formazione.

Il « G-91 », un caccia tattico leggero di progettazione e costruzione italiane, è un apparecchio particolarmente adatto alle acrobazie, al contrario di molti altri aerei da combattimento.

Il gruppo è considerato, nel suo genere, uno dei migliori in assoluto: la sua presenza è richiesta in tutte le manifestazioni aeree, in Italia e all’estero, e il pubblico accorre sempre numeroso per applaudire le « Frecce tricolori ».

« Se la pattuglia acrobatica fosse sciolta – dice un anziano ufficiale – sparirebbe uno dei simboli della nostra aviazione: speriamo che sia un falso allarme ».

Intanto piloti e specialisti della Pan, al comando del ten. col. Danilo Franzoi, continuano ad addestrarsi: vogliono essere pronti per la stagione delle esibizioni, che comincia tra poco e che potrebbe anche essere l’ultima.

Nuovo jet nel futuro delle Frecce tricolori

Smentite le voci di chiusura a Rivolto

Nel 1980 sarà pronto il «Macchi» che sostituirà gli attuali vetusti «G-91» - Un buco di due anni

di Luigi Bisignani
da Il Piccolo, 29 giugno 1975, p. 11

NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE
Roma, 28

Non è intenzione del ministero della difesa e, tantomeno, dello stato maggidre dell’aeronautica abolire, come qualcuno ha affermato la Pattuglia acrobatica nazionale. Come è noto, al gruppo operativo «Pan» (Pattuglia acrobatica nazionale) è stato assegnato il compito di rappresentare nelle manifestazioni aeree, l’aeronautica militare e le forze armate, in Italia e all’estero. Negli ultimi anni, la «Pan» ha fatto circa venti manifestazioni sul territorio nazionale e cinque all’ estero. Di esse le più significative sono state quelle per la celebrazione del cinquantenario dell’aeronautica militare, in Italia, e in occasione dei «saloni aeronautici» internazionali, La «Pan» compie una media di 2500 ore di volo all’anno per l’addestramento operativo e acrobatico e per le manifestazioni vere e proprie. La prima scuola italiana di acrobazia è nata nel 1930 ed è legata al nome del colonnello pilota Fougier, considerato il «padre spirituale» del volo acrobatico. Il colonnello Fougier allenò una fórmazione di cinque velivoli con un programma acrobatico completo.

Alla fine del 1960 lo stato maggiore dell’aeronautica militare italiana ha deciso di costituire una Pattuglia acrobatica nazionale con sede stabile all’aeroporto di Rivolto del Friuli. I piloti della Pattuglia acrobatica nazionale «Frecce tricolori» provengono da tutti i reparti dell’aeronautica militare e sono scelti dopo un’accurata selezione. Devono possedere particolari doti psico-fisiche, prima di venir scelti, devono superare dei meticolosissimi test medici.

Tra i programmi’ acrobatici che hanno reso il gruppo famoso nel mondo sono: «doppio tonneau» (in questa manovra gli aerei si portano ín linea di fronte e, al comando del capopattuglia, i due gregari interni simultaneamente eseguono una rotazione intorno ai velivoli dei gregari esterni. La manovra viene ripetuta dai gregari esterni i quali si sono spostati, frattanto, all’interno della formazione) e «bomba» (all’ordine del capopattuglia ogni velivolo si stacca dalla formaiione tracciando con le scie fumogene un disegno che ricorda il rapido dischiudersi di un fiore). Le difficoltà di questa manovra sorgono dopo con la necessità di dover celermente manovrare sulle indicazioni di velocità, quota e assetto fornite via radio dal capopattuglia. Oltre al controllo dei propri strumenti ogni pilota deve constatare visivamente la posizione degli altri velivoli., L’applicazione e l’eventuale correzione immediata e sicura dei valori progressivi risulta problematica, data la velocità, che all’incrocio la pista risulta essere di circa 1050 km/h).

La Pattuglia acrobatica nazionale, – 313.o gruppo «Pan» – è attualmente ‘dotata di velivoli «G. 91-R» di concezione e produzione nazionale. In particolare, i velivoli assegnati gruppo sono, nella maggior parte, del tipo «preserie» prodotti negli anni 1958=59. In genere, per tutti gli aviogetti delle linee di volo e operative, la vita tecnica ha una durata massima di 15 anni. Per i «G. 91-R» della «Pan» sono stati fatti speciali lavori di irrobustimento delle strutture al fine di consentire l’impiego sino a 20 anni.

Sulle nuove caratteristiche, che assumerà la «Pan» alcuni chiarimenti sono stati forniti dal capo del servizio pubblica informazione del Ministero della difesa, col. Rinaldo Rinaldi, il quale ha reso noto tra l’altro che a partire dal gennaio del 1978 comincerà la radiazione progressiva dei velivoli della «Pan» per ragioni di sicurezza di volo. Il ritmo di radiazione sarà tale che entro lo stesso anno la consistenza dei velivoli residui non consentirà di mantenere in vita la «Pan» nella sua fisionomia attuale.

La radiazione sarà completata nel 1979: «Lo stato maggiore dell’aeronautica — ha aggiunto il col. Rinaldi — ha individuato “MB 339” il veliivolo più idoneo per ammodernare la Pattuglia acrobatica. Esso, di concezione e produzione nazionale, con un vasto mercato potenziale consente abbinare al compito di rappresentanza e prestigio nazionale della “Pan” quello di promozioni industriali. Lo stesso velivolo, che dovrebbe essere acquisito anche per equipaggiare le scuole di volo dell’aeronautica militare, sarà introdotto in linea a partire dal 1980».

«Sono allo studio — ha proseguito il col. Rinaldi — eventuali soluzioni alternative per consentire alla “Pan”, qualora possibile, di non interrompere la sua attività nel periodo intercorrente tra la dismissione dei “G. 91-R” e l’acquisizione degli “MB 339”. Il programma di acquisizione degli “MB 339” non risulta realizzabile con i normali stanziamenti di bilancio, attuali e prevedibili. Esso rientra, pertanto, — ha concluso il capo del servizio pubblica informazione del ministero della difesa — nell’ambito degli stanziamenti straordinari previsti nella legge aeronautica presentata recentemente al ministro della difesa, on. Forlani».

Il Macchi «MB 339» è un biposto da addestramento a reazione e attacco al suolo, che deriva in linea diretta dal «MB 326-K», versione monoposto da addestramento operativo e appoggio tattico. Il motore è un turbogetto monoalbero «Rolls Royce» Fiat «Viper 632-43», da 1815 kg di spinta. Questo motore é la più recente versione della vecchia famiglia dei «Viper» ed unisce a soddisfacenti prestazioni e consumi una robustezza e semplicità costruttiva che lo rendono particolarmente adatto all’addestramento.

Voleranno ancora nel blu dipinti di blu

Ormai il pericolo è passato: le famose «Frecce Tricolori» non spariranno

Magari con aerei superati gli acrobati dell'aria potranno tirare avanti ancora per qualche anno - Infondata la minaccia di eliminare la pattuglia grazie anche alla reazione dell'opinione pubblica

di Fabio Pagan
da Il Piccolo, 10 luglio 1975, p. 3

Udine, luglio

– Allora, maggiore Rocchi, le «Frecce Tricolori» verrannò davvero sciolte il prossimo anno?

Stiamo correndo in macchina sulla strada che circonda la pista di Rivolto – due passi da Udine – sede della prestigiosa pattuglia acrobatica nazionale. Al volante è il maggiore Rocchi, polesano, capelli pepe e sale, tuta di volo, speaker ufficiale delle «Frecce Tricolori» fin dalla nascita, quattordici anni fa. Ero arrivato alla base pochi minuti prima. Il tempo di buttar giù un caffè e poi via ad assistere all’allenamento quotidiano dei piloti. Sulla pista – cinque davanti, quattro dietro – i G 91 delle «Frecce» stanno per decollare in formazione, tutti dipinti di blu. il simbolo della pattuglia sulle fiancate. È possibile che la necessità di ristruttitrare l’arma aeronautica e di risparmiare all’osso sulle spese giunga al punto di cancellare questa pattuglia che tutto il mondo aeronautico ci invidia? La risposta del maggiore Rocchi, per fortuna, cancella tutti i timori di queste settimane.

«No, ormai il pericolo è passato, le ”Frecce Tricolori” non spariranno. Certo, gli aerei sono ormai vecchi, ma possiamo tirare avanti ancora per qualche anno, fino al 1978-79, quando li sostituiremo con i nuovi “trainer” che verranno adottati dall’aeronautica, i Macchi, MB 339. Comunque, se la minaccia di eliminare la pattuglia si è poi rivelata infondata, lo dobbiamo anche alla reazione dell’opinione pubblica e della stampa. C’è stata tanta gente che in queste settimane è venuta qui da noi a portarci solidarietà e amicizia. Una dimostrazione di affetto e di simpatia che ci ha commosso».

La pattuglia è intanto decollata e noi siamo giunti ad una piazzola dove è montato un palo con un altoparlante, sotto c’è appeso un telefono da campo. E’ il posto da dove viene guidata la pattuglia in volo, l’altoparlante serve a trasmettere le risposte dei piloti. L’insieme si chiama «biga»: una volta era montato. su un carrettino che veniva trascinato da un aviere. Adesso al microfono c’è il comandante dl questo 313.o Gruppo acrobatico «Frecce Tricolori», il tenente colonnello Danilo Franzoi – un trentino massiccio dai capelli folti e ricci, 43 anni, oltre 4000 ore di volo – che sta parlando coi piloti.

Il cielo è coperto, la pioggia che mi aveva accompagnato lungo quasi tutto il tragitto da Trieste si è ora trasformata in poche gocce e il tempo, tende ormai a schiarirsi. La visibilità è sufficiente, le nuvole sono sopra i seimila piedi; si può fare il «programma alto», il più spettacolare.

I nove G 91 passano sopra il campo ‘in formazione a rombo, l’allineamento è perfetto, ala contro ala a due-tre metri l’una dall’altra, 800 chilometri all’ora. Franzoi guida i suoi ragazzi: «Ecco, numero 4, bene così… numero 3, stai un po’ più sotto». E’ uno dei primi allenamenti con la formazione a nove, manca solo il «solista» rispetto al gran completo. Ma per ora, nelle esibizioni ufficiali in Italia e all’ estero — prestigiose rappresentanti della nostra aeronautica, con un «carnet» di impegni affollatissimo: nei giorni scorsi erano in Belgio per una grossa manifestazione aeronautica, poi a Palermo in occasione del Giro di Sicilia, ora si preparano per il Lussemburgo – le «Frecce» sono ancora nella formazione ridotta di 7 più 1. È meglio andare coi piedi di piombo, ci sono nuovi piloti in formazione e bisogna che raggiungano a poco a poco amalgama coi più anziani.

Intanto i piloti stanno sciorinando tutto il loro repertorio, le figure più eleganti, le trasformazioni più spettacolari, calibrate come un gioco ad incastro: schneider in formazione di doppio cuneo, looping in formazione a freccia, tonneau, figure a diamante, a cardioide, a calice, l’«Apollo 313», la figura più recente che hanno inventato loro stessi: distacco e successivo riaggancio del le due semi-formazioni di cinque e quattro aerei, una delle figure più difficili e più belle.

Infine la famosa «bomba». I nove aerei in formazione scendono in picchiata e si aprono come un fiore, le scie bianche dietro. Ciascuno compie un grande arco e poi sfrecciano sopra noi l’uno dopo l’altro, da nove direzioni diverse, incrociandosi a poche decine di metri d’altezza sulle nostre, teste, l’urlo dei reattori che lacerano l’aria. È il momento più esaltante dell’esibizione, una figura di grande effetto, ma anche difficile e pericolosa. Franzoi ordina di rifare la «bomba» un’altra volta, poi gli aerei vanno a ricongiungersi lontano, come uno stormo, di uccelli, a ricostruire il loro mosaico in movimento. Ancora un passaggio in formazione a diamante a bassa quota, coi carretti fuori e alla minima velocità e poi l’atterraggio.

Ogni giorno questo allenamento, mezz’ora di splendide acrobazie ma anche di tensione e di rischio. E’ un logorio notevole, maggiore Rocchi? «No, fatto giorno per giorno diventa una routine, e poi la cosa è soggettiva: ci sono quelli più emotivi e quelli che vanno su tranquilli, senza alcuna preoccupazione».

Saliamo nuovamente in macchina e ci dirigiamo verso il punto dove i nove Fiat G 91 sono allineati in formazione. Al maggiore Rocchi faccio la domanda più delicata: come reagiscono i piloti quando uno di loro muore in un incidente? «Abbiamo avuto sei vittime in quattordici anni, siamo al di sotto della media delle nostre statistiche. Ma la morte fa parte di questo lavoro, è un rischio che i piloti accettano con serenità. L’anno scorso, il 14 marzo, due piloti si sono scontrati qui vicino alla base, durante un allenamento: gli aerei sono precipitati, loro sono morti. Tre giorni più tardi i loro compagni erano nuovamente in volo. Non c’è mai stato un solo caso in cui qualcuno abbia abbandonato questa attività dopo la morte di un collega. Quando qualcuno muore, per noi è come se fosse stato trasferito ad un altro reparto, così come succede a tutti, prima o dopo».

Davanti a noi ci sono ora i G 91 allineati. i piloti in tuta di volo si dirigono verso una baracca per cambiarsi, il camion del carburante riempie subito i serbatoi degli aerei per l’allenamento dell’indomani mattina. L’età media’ è sui 30-35 anni. I più giovani sono i «gregari» Valori e Boscolo, 26 anni. rispettivamente 1200 e 1800 ore di volo; poi, via via, ecco Petri, Soddu, Carrer, Ruggiero, Gaddoni, Liva, anche loro «gregari»; poi i due «fanalini» Montanari e Palanca, il «solista» Purpura, il capo formazione Gallus. Dunque, dodici piloti più il comandante Franzoi, dieci titolari e due riserve. Vengono un po’ da tutte le regioni, sono tutti sposati meno due, ma anche questi sono ormai vicini al gran passo.

«Far parte delle “Frecce Tricolori” è il sogno di ogni pilota», mi dice Rocchi. «Sono gli stessi comandanti dei reparti a segnalarci i loro piloti migliori, che poi vengono mandati qui, vengono provati e quindi – se è il caso – entrano nella pattuglia. Il momento migliore è dopo i cinque anni di reparto, quando hanno già almeno 1200 ore di volo. Per fare un buon pilota acrobatico ci vuole all’incirca un anno di allenamento, anche se alcuni sono già a posto dopo quattro o cinque mesi. In genere preferiamo ufficiali di complemento, piuttosto che allievi dell’Accademia, perché così possono rimanere più a lungo in pattuglia, non vincolati da problemi.di carriera. Questi ragazzi che fanno parte delle “Frecce Tricolori” comunque, non prendono neanche una lira in più rispetto ai colleghi degli altri reparti per indennità di volo».

Ma il punto “debole” delle «Frecce» non sono certo gli uomini. Sono gli aerei, ormai troppo vecchi, che dovranno essere sostituiti. Bellissimi da lontano; i G 91 da vicino denunciano l’età che hanno: la maggior parte sono degli esemplari pre-serie del 1958-59, altri dei G 91 R da ricognizione, di qualche anno successivi. Insomma, aerei ormai al limite della sicurezza di volo, anche se adeguatamente irrobustiti e dei quali molte parti sona state già sostituite a mano a mano che se ne presentava la necessità: motore, ali, abitacolo del pilota. Con la sua maneggevolezza e docilità ai comandi il G 91 è l’aereo ideale per l’acrobazia. Lo sarà anche l’MB 339, che dovrebbe venire adottato al suo posto di qui a cinque anni? Lo chiedo allo stesso comandante Franzoi, seduto di fronte a me a pranzo nell’accogliente palazzina bar-soggiorno-ristorante della base.

«Mah, staremo a vedere. Certo è che, se dovremo adottare veramente il 339, saremo costretti a modificare le nostre figure. Soprattutto per la forma delle ali: il G 91 ha le ali a freccia, ideali da un punto di vista estetico e dinamico per il volo in formazione mentre il 339 ha ali dritte, che male si prestano alle figure acrobatiche». Comunque, comandante nessun pericolo per il futuro della pattuglia. «Ormai no davvero. Ma anche quando, mesi fa, venne annunciato che per ragioni di economia sarebbe stato eliminato un gruppo di volo cominciando proprio dalle “Frecce Tricolori” dentro di me ero sicuro che prima o poi si sarebbe tornati sulla decisione, anche se davanti ai ragazzi apparivo rassegnato»

I ragazzi sonò anche loro a tavola con noi, assieme ad alcuni ospiti, sempre i benvenuti nella base grazie alla politica dell’«open door», della porta aperta. Sono allegri e affiatati, le battute vengono spontanee, c’è molto spirito di corpo. «Dobbiamo avere la massima fiducia l’uno dell’altro – dicono – sia a terra; sia quando siamo in volo. Dunque, ferro in bocca e tutti per uno, uno per tutti». Non sono soltanto piloti acrobatici. Da novembre a gennaio, quando hanno una pausa nei loro impegni di rappresentanza e di partecipazione alle manifestazioni aeree nazionali e internazionali, svolgono un programma di addestramento operativo identico a quello di ogni altro piiota militare, dal poligono di tiro alle missioni notturne.

Insomma, non sono soltanto acrobati dell’aria ma piloti perfettamente addestrati anche dal punto di vista tecnico e militare, e in più una padronanza del mezzo davvero unica. Si sentono al centro dell’attenzione, ma una cosa tengono a precisare: «Noi siamo ammirati e conosciuti per il nostro lavoro, e ne siamo felici. Ma vorremmo che, attraverso di noi, l’opinione pubblica capisse meglio anche qual è la funzione dell’aeronautica militare, sapesse ad esempio che – in questa nostra zona – ci sono sempre due piloti ventiquattro ore su ventiquattro, pronti a saltare sul loro aereo ad ogni segnale di allarme ogni volta che radar avvertono che un aereo straniero ha varcato il confine. Sono ragazzi che volano con qualunque tempo, capaci di individuare l’apparecchio straniero, di intercettarlo, di costringerlo a tornare indietro o ad atterrare. Ecco, sono questi i piloti che vanno ammirati e ricordati, anche più di noi. Rischiano la vita ogni giorno per la sicurezza di tutti.

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