(Ultimo aggiornamento: )

da Corriere dell’informazione, 29 luglio 1978, pag. 4

Disegnare meravigliosi fiori nel cielo è importante ma la preparazione alla difesa sulla terra e sul mare è più importante. SI tratta di fissare priorità in una situazione dl bilancio, del tipo «coperta da campo» (che se copre la testa non copre i piedi).

Il discorso non è in assoluto ma in relativo: occorre fare delle scelte se vogliamo rispettare i vincoli di bilancio che non consentono acrobazie contabili. Nulla da eccepire sul fatto che siano da considerare valori lo spericolato ardimento. la simpatia, l’affetto, la propaganda che ne derivano. Ma ml sembra debbano essere considerati secondari rispetto a quelli meno spettacolari ma più sostanziali della solidità delle strutture, dell’efficienza complessva del personale, delle condizioni basiche dl vita degli uomini (in servizio e in pensione), delle condizioni del materiali.

Intanto è evidente che l’addestramento per acrobazia va a detrazione del normale addestramento per l’attività dl supporto ravvicinato, tattico e terrestre, diretta responsabilità per aerei del tipo G 91, rispetto alle quali da sempre vi sono state non lievi manchevolezze nelle nostre forze armate. Il 313mo gruppo (alcune centinaia di persone) svolge solo compiti dl preparazione e supporto della Pattuglia Acrobatica e non attività operativa come il ricognitore tattico leggero sul campo dl battaglia. L’addestramento della pattuglia ha un costo umano e di mezzi che non è lieve (sei piloti deceduti in addestramento ed otto aerei persi in circa dieci anni) in un a situazione dl gravissima carenza di mezzi e di uomini.

Il rischio per chi vola a mille chilometri all’ora, a distanza dl qualche metro tra aereo e aereo. forse non è inutilmente grande ma fa riflettere, quando agli incidenti mortali capita spesso dl dover riparare con collette o pietose assunzloni delle vedove In qualche ufficio statale (almeno le Forze dell’Ordine hanno predisposto un’indennità di 50 milioni per i congiunti delle vittime). Forse il generale Mura non sa che per dare una minima indennità al morti dell’aereo «C 130 Hercules» caduto a Pisa (a proposito: dl 13 aerei che abbiamo siamo in grado di fame volare appena due per mancanza di supporto), si sono dovuti inventare stratagemmi legali come quello di dare il grado dl ufficiale agli allievi periti.

Si è mal domandato in che condizioni sono rimaste per tanti mesi le vedove dei componenti dell’equipaggio dell’Hercules? Il generale Mura dall’alto del suo quartier generale guarda evidentemente in alto, alle fumate tricolori: ma lo credo che ignori (ml auguro piuttosto che finga di ignorare) altre esigenze impellenti dell’organismo militare: da quella dei controllori del traffico aereo che in molte basi operano in condizioni disastrose (apparati insufficienti o totalmente obsoleti, turni gravosissimi), ai sergenti che dopo dieci anni sono stati allontanati dal servizio per inadeguatezza di organici (Il caso Sotgiu e la contestazione che ne è seguita se l’è già scordata), le condizioni di vita del soldati spesso abbaraccati in caserme fatiscenti dove magari si fa una doccia la settimana (paga giornaliera l’equivalente di un pacchetto dl sigarette) con un’assistenza sanitatia non dl rado assai sommaria, privi di assicurazione in caso di gravi incidenti; ai pensionati della difesa sfrattati dalle modeste case demaniali perchè non ci sono soldi per costruirne altre, alle condizioni degli invalidi mutilati, delle vedove, condizioni non degne dl un Paese civile.

Queste, evidentemente, per il generale Mura non sono preoccupazioni, per altri invece si e io sono con priorità assoluta. Certo il settore delle frecce tricolori non è il solo in cui si possono fare dei risparmi, ce ne sono moltissimi altri: non basterebbe una lettera per elencarli. Ma il problema resta e non può essere pudicamente nascosto sotto la bandiera. L’esperienza della guerra scorsa sembra averci insegnato assai poco: le parate di fronte a Hitler con i sommergibili che con grande abilità emergevano contemporaneamente in un piccolo specchio d’acqua (ma poi in guerra mostravano gravi insufficienze tecniche), le corazzate gomito a gomito restate però quasi ferme nel porti per mancanza di combustibile, le legioni a passo romano finite in Grecia con le scarpe dl cartone, gli stormi aerei passati in rivista a Milano il lunedì mattina e poi ripassati in rivista a Napoli il lunedl pomeriggio.

Certo: bravissimi, coraggiosi, straordinari i piloti della Pattuglia Acrobatica; ma la difesa non è fatta di questo o almeno principalmente dl questo: richiede soprattutto personale ordinario mediamente ben addestrato, mezzi probabilmente meno sofisticati e costosi, ma sicuramente funzionali, parti dl ricambio sufficienti e l’assistenza logistica. Sono necessari meno autocompiacimento e più critica e autocritica: abbiamo troppo pagato in passato per non sentire il dovere di riflettere su questi temi.

Se la mia interrogazione è servita almeno a questo, a me basta. Tenendo presente che la priorità a tutto non la si può dare: a volte occorre anche scegliere tra acrobazia e discesa.

FALCO ACCAME

da Corriere della sera, 25 luglio 1978, pag. 5

Dopo aver presentato una interrogazione al Parlamento sulla inutilità della pattuglia acrobatica, l’onorevole Falco Accame insiste e scrive — come ha fatto ieri —anche al Corriere delta Sera per dare ulteriore peso alla sua tesi.

Cosa dice in sostanza Accame? Dice che nelle gravissime di/ficoltà economiche in cui ci dibattiamo, non occorre fare pagare le giuste tasse a tutti gli italiani indistintamente, ma occorre Invece eliminare la pattuglia acrobatica perché «non é legata alla difesa». Incredibile. A parte che un asso diventa un asso dieci volte di piliin caso di conflitto, ha mal assistito l’on. Falco Accame ad una esibizione delle Frecce Tricolori? Può calcolare quanto in stima, prestigio, ammirazione, entusiasmo riescono a dare questi meravigliosi piloti italiani che volano su aerei italiani?

Donato Mutarelli (Milano)

da Corriere della sera, 31 luglio 1978, pag. 5

In 55 anni di giornalismo aeronautico ho acquisito la convinzione che i primati Individuali e collettivi, esibizioni in Patria e all’estero, hanno avuto effetti promozionali per l’industria delle costruzioni aeronautiche —ed ora aerospaziali — dl eccezionale importanza.

Fra la prima e la seconda guerra mondiale l’Italia ha acquistato 110 primati aerei mondiali e la vendita di velivoli Italiani all’estero ha raggiunto cifre annuali nell’ordine del 700 milioni dl lire ante-belliche quando l’intero bilancio della spesa per l’aeronautica militare e civile non superò mal il plafond del 700 milioni.

La pattuglia acrobatica delle «Frecce Tricolori» oltre a perfezionare selettivamente piloti per l’aviazione di difesa — in quanto «intercettori» —, assolve ad un compito promozionale all’estero e ad un richiamo per il reclutamento del piloti militari all’interno. Quanto si spende per il suo mantenimento è produttivo e sarebbe errato procedere al suo scioglimento anche se non ha un compito combattentistico di pronto Impiego.

Giorgio Lourrier (Roma)

da Renato Rocchi, Storia del volo acrobatico – La meravigliosa avventura, vol. 3°, Aviani editore, p. 237 e segg.

A dare fuoco alle polveri ci pensava l’On. Falco Accame, già Ufficiale in S.P.E. della Marina Militare.

Per Accame era un “voler ritornare” alla carica su un argomento già maltrattato – questa volta avvalendosi della sua posizione di “Presidente della Commissione Difesa della Camera”, – ma ancora più un “voler grattare su una vecchia ruggine che aveva lasciato il segno della frustrazione e presentava un’interrogazione in Parlamento, chiedendo:
“se si ritenga ancora conveniente per il nostro Paese, in relazione ai rischi e alle ingenti spese che ciò comporta, mantenere in vita una tradizione che, pur prestigiosa (bontà sua!) è di scarsa utilità per le reali esigenze della difesa.”

Ed ecco, in sommi capi, la cronologia d’una richiesta che ha scatenato l’indignazione dell’opinione pubblica.

All’alzata di scudi dell’uomo della strada, il maldestro onorevole ribatteva il suo pensiero con una lettera “al Direttore”…

La pattuglia acrobatica
Il morto aeronautico non crea solo notizia, quanto meno, suppongo, per i congiunti. La perdita di un ufficiale altamente preparato per motivi non legati alla difesa, il grave ferimento di un altro, la perdita di due aerei non sono cosa da poco. Negli ultimi dieci anni sono andati persi otto velivoli e deceduti 6 piloti. Personalmente ritengo che nelle gravissime difficoltà economiche in cui ci dibattiamo occorra eliminare tutto ciò che non è assolutamente necessario ai fini prioritari, pur se forse serve a “farci fare bella figura”. Anche la Leonardo da Vinci e la Michelangelo ci hanno fatto fare bella figura, ma a che prezzo?
Oggi ci sono ancora caserme in cui i soldati fanno la doccia una volta la settimana. Occorre finalmente avere il coraggio di guardare più alla sostanza e meno alla facciata.
Falco Accame

Giorgio Torelli, scrittore, giornalista, amico delle “Frecce Tricolori”, una penna “al massimo”, rispondeva all’onorevole Presidente, senza acredine, con l’eleganza, che è il suo stile:

“il Giornale”
Martedì 18 luglio 1978
Rubrica: Cosa nostra
“Pattuglia mutilata”

Telefono all’aeroporto militare di Rivolto in Friuli, per sapere se i miei amici della Pattuglia acrobatica sono rientrati dalla Sicilia, risalendo in formazione la Penisola. Mi dicono che gli aeroplani blu sono in volo, li aspettano nel cielo di casa da un momento all’altro.
“Tutto bene, laggiù?”,domando. “Tutto come doveva essere”, mi confermano. La Pattuglia mutilata di due (la collisione d’ali di mercoledì 12 luglio) s’è presentata ugualmente su Palermo Boccadifalco dove il calendario delle manifestazioni domenicali prevedeva che fosse.
Poi me lo racconteranno meglio, ma riesco a immaginare che ci sia stata una moltitudine di gente isolana a faccia all’insù, l’appuntamento nel Sud era difficile e l’attesa corale. Non poteva sfuggire a nessuno, in Sicilia e altrove, cosa sia per una formazione di sofferti piloti volare compatti, eleganti, affini per fusoliere, i lembi delle ali a un metro di distanza, mentre la memoria può evocare, e certamente evoca dentro il chiuso degli abitacoli, i salti nel vuoto di Graziano e Andrea.
Mi dicono che la pattuglia ha compiuto un solo passaggio sul campo d’esibizione, sprigionando le scie tricolori così note ai tanti. Di più non poteva fare senza i due gregari mancanti, ma la presenza è stata garantita per assicurare che un reputato gruppo di jet non si dà per vinto. Con nessuna spregiudicatezza, e contando solo sul carattere, i piloti lavoratori di Rivolto hanno inteso far sapere – a cominciare di Sicilia – che il loro servizio prosegue nel tempo, non prende tregua e intende manifestarsi.
So che venerdì 14, due giorni dopo l’incidente dentro l’affabile spazio delle loro manovre, il colonnello Paolo – giovane e mite – li ha radunati per domandare come e quando intendessero continuare e se qualcuno fra loro ritenesse di doversi sciogliere da una vita aeronautica difficile. Ho per certo che la risposta è stata: riconfermarsi. Non fatico a prospettarmeli nella loro sala di “briefing” con le tute indosso, parole sempre poche, fatti molto belli. E non cesso di stupirmi come sia stato possibile che il deputato Falco Accame, così prodigo nel tallonare puntigliosamente le circostanze militari, lui che fu uomo di navi e deve saper riconoscere il mastice sempre più raro che ancora lega soldati poveri di buona volontà, sia intervenuto a sproposito.
Avrei amato vederlo ai funerali del capitano Graziano Carrer e all’ospedale dov’è il letto del capitano Andrea. Non alla Camera per depositarvi la gelida interrogazione che avanza l’ipotesi di uno scioglimento della Pattuglia acrobatica. Proprio non so, non è la sola volta che non ho capito il cittadino Accame e il suo recente socialismo. Certo le Pattuglie si possono anche sciogliere, tutto accade o e già accaduto in questo Paese dello smantellamento nevrotico. Però bisogna anche sapere che, un pezzo dopo l’altro, è il meglio superstite quello che si cancella per sfregi. Neanch’io conosco Accame se non per i suoi interventi sussultori, ma mi dico sicuro che se Accame conoscesse i professionisti, in tuta di Rivolto avrebbe di che riflettere sullo spirito delle sue intraprese parlamentari.
Parla uno che ha volato con quei piloti, e ha maturato il naso sufficiente – in oltre vent’anni di giornalismo – per individuare vocazioni e probità. La pattuglia non è una congiura di trapezisti volanti e neppure il funambolismo a reazione perché il pubblico non pagante dica: bravi. È invece un gruppo d’aeroplani al servizio della Repubblica e con dentro dei piloti appassionati come gli altri o anche di più. Non stanno a Rivolto ad allenarsi per essere una compagnia di giro e basta: ma sono così efficienti nei loro compiti costituzionali di difesa da saper anche pitturare in cielo delle figurazioni acrobatiche, e da rendere informata la folla dei contribuenti che l’Aeronautica conosce il mestiere che il presidente Pertini, appena insediato, ha ribadito utile, onesto e indispensabile.
Del resto, carta canta: è la Costituzione a voler dei piloti, e se hanno mille giorni di talento e un giorno di sfortuna, da interrogare non c’è che il buonsenso. Si otterrà la giusta risposta senza incomodare il ministro della Difesa.
Come testimone degli aeroplani blu meno due, erano cose che mi sentivo di dire per iscritto.
Giorgio Torelli

Riprendeva il Gen. Antonio Mura – stringato, con competenza – a contrastare le affermazioni dell’on. Accame.

“il Giornale”
Mercoledì 19 luglio 1978
“Il Generale Mura polemizza con l’onorevole Accame”
In difesa delle “Frecce”

Il comandante della primà Regione aerea si oppone alla richiesta di scioglimento della pattuglia acrobatica avanzata dal presidente della commissione Difesa della Camera con una interrogazione – Contestati i maggiori rischi, le ingenti spese e la scarsa utilità della formazione.
L’incidente nel quale sono rimasti coinvolti due aerei della pattuglia acrobatica “Frecce Tricolori” continua ad essere al centro delle polemiche. Nei giorni scorsi, il presidente della commissione Difesa della Camera, il socialista Falco Accame, con una interrogazione, ha sostenuto l’opportunità di sopprimere la pattuglia acrobatica, comportando il suo mantenimento in vita rischi e spese inutili. In difesa delle “Frecce Tricolori” è intervenuto il nostro Giorgio Torelli nella rubrica “Cosa nostra”.
Adesso nella polemica interviene il comandante della prima Regione aerea, generale di squadra Antonio Mura, il quale, rompendo la tradizione di silenzio che distingue gli alti gradi, si oppone alla richiesta di scioglimento delle “Frecce Tricolori”, contestando le affermazioni dell’onorevole Accame. Pubblichiamo qui di seguito la lettera del generale Antonio Mura.

Illustre onorevole, so bene che non mi compete rispondere direttamente alle interpellanze e interrogazioni che i membri del Parlamento rivolgono al Governo ed ai suoi ministri; mi competerebbe solo, com’è molte volte avvenuto, fornire al ministro elementi di informazione che poi verranno utilizzati per la risposta ufficiale.
Ma la sua interrogazione sul significato della Pattuglia acrobatica nazionale “Frecce Tricolori” mi ha colpito per varie ragioni che di seguito le illustrerò: e pertanto, ben rendendomi conto di seguire una procedura non esattamente ortodossa, ma esercitando quella libertà di espressione che la nuova legge di principio sulla disciplina militare riconosce ai militari in servizio, ritengo opportuno scriverle pubblicamente il mio pensiero. Debbo perciò dirle con franchezza, illustre onore-vole, che la sua interrogazione non mi è piaciuta né è piaciuta a molti degli uomini con cui sono a contatto. Non mi riferisco alla prima parte, nella quale si interroga il ministro della Difesa per conoscere le cause dell’incidente che è costato la vita al Capitano pilota Graziano Carrer.
Questa esigenza di chiarezza è un diritto di tutti ed io ritengo che su questo punto lei avrà i più completi e rapidi ragguagli tecnici e operativi.
Mi riferisco invece alla seconda parte della domanda, laddove si chiede se “si ritenga ancora conveniente per il nostro Paese, in relazione ai rischi ed alle ingenti spese che ciò comporta, mantenere in vita una tradizione che, pur prestigiosa, è di scarsa utilità per le reali esigenze della difesa.”
Forse non si sa molto in giro (ma pensavo che lei Io sapesse) che quella che comunemente è nota come Pattuglia acrobatica nazionale Frecce Tricolori, non è altro, ordinativamente, che il 313° Gruppo dell’Aeronautica militare equipaggiato con velivoli G. 91, il noto bombardiere-ricognitore tattico leggero. Si tratta cioè di un normale gruppo dell’Aeronautica militare che svolge i suoi normali compiti. In più, senza particolari aggravi di costi, salvo le indennità di missioni pagate al personale quando si reca fuori sede, senza che gli uomini – piloti e specialisti – percepiscano cioè una sola lira in più per le loro specifiche e pesanti attribuzioni (basti pensare a tutti i fine – settimana da aprile ad ottobre fatti fuori casa e le licenze “estive” rinviate a novembre!), svolge un lavoro di rappresentanza e di presenza dell’Aeronautica e dell’Italia in tutte le più importanti manifestazioni aeree in Italia ed all’estero. Dalla presenza delle Frecce Tricolori nei principali aeroporti italiani ed europei ci viene propaganda, ci viene affetto e simpatia. Per esprimermi con un esempio che penso le possa essere più chiaro e congeniale, le missioni delle Frecce Tricolori sono per noi quello, e forse più di quello, che le missioni della “Vespucci” sono per la Marina Militare.
Quindi “ingenti spese” e “scarsa utilità” vanno viste in un quadro d’insieme e generale: se cioè l’Aeronautica avesse troppi gruppi operativi per l’assolvimento dei suoi compiti si potrebbe anche eliminarne qualcuno e ridistribuire i suoi compiti a restanti gruppi. Ma qui si tratterebbe chiaramente di rivedere i “piani operativi” alla luce di molte ed ampie considerazioni che nulla hanno a che vedere con la “Pattuglia Acrobatica”. Spero di essere riuscito chiaro, illustre onorevole, e di aver contribuito alla chiarezza.
Antonio Mura
generale squadra aerea

e l’accorata lettera aperta di papà Carrer, metteva alle corde l’on. Falco Accame

DALLA PARTE DI MIO FIGLIO
Oderzo, 1 settembre 1978

Sig.
Falco Accame
Presidente Commissione Difesa
Roma
Camera dei Deputati
Sono il padre del Cap. Carrer Graziano, già componente la Pattuglia Acrobatica di Rivolto, recentemente caduto durante una esercitazione di volo, e desidero scriverle, per dirle che nonostante il mio immenso ed inestinguibile dolore non condivido affatto il parere da lei espresso in merito alla soppressione della Pattuglia Acrobatica stessa. Anzi mi sono sentito offeso da quel suo parere formulato subito dopo il tragico incidente, perché ho sentito che offendeva anche mio figlio, la sua attività, la sua passione, il suo spirito.
Questo è il motivo per cui le scrivo.
Non so se lei si trovi al posto giusto come Presidente della Commissione Difesa, penso però che, se per servire la Patria – ovunque e non soltanto in difesa, – sono necessari ed utili altri ideali, altruismo, coraggio, spirito di ardimento e di sacrificio, lei non è certamente la persona più idonea per suscitare tutte queste virtù, né per preservarle e difenderle.
Le scrivo con animo amareggiato oltre che addolorato e l’amarezza mi è venuta da lei con quella sua offensiva proposta. Pensa lei che mio figlio non conoscesse il rischio che volontariamente affrontava? Perché ha voluto condannare l’attività e la missione che svolge la Pattuglia Acrobatica e che è stata una delle maggiori aspirazioni di mio figlio? Io penso che la Nazione non abbia bisogno di uomini come lei, ma di uomini coraggiosi e idealisti. Dove c’è il coraggio e l’ideale c’è anche l’onestà.
Mi scusi per questo sfogo, Sig. Accame, ma io sono e sarò convintamente dalla parte di mio figlio.
Carrer Pietro

Esplodevano i consensi, l’amore, l’affetto per questo meraviglioso Reparto, orgoglio degli italiani.

Il Partito Socialista, per levarsi d’addosso contestazioni e antipatie, passava l’incarico ad un altro uomo di partito: l’on. Paolo Battino Vittorelli.

Non mancò il “dopo Accame”, con soddisfazione ed esultanza. Un “coro” in difesa della P.A.N.

Certo è che è stata l’opinione pubblica a provocarne la “caduta”, a dimostrazione che le “Frecce Tricolori” appartengono agli italiani, sono parte per anima e cuore.

“La vittoria delle Frecce”
Gent.mo direttore, il sen. Accame è stato, di recente, sostituito nell’incarico di Presidente della Commissione Difesa del Senato. Non conosco i relativi motivi di detta sostituzione, ma, stando così le cose, non è mia intenzione aggiungere il classico carico da 11 ad una partita che le Frecce Tricolori hanno facilmente vinto.
Le scrivo invece, soltanto per dire grazie al suo giornale che ha difeso questo nostro splendido reparto e pubblicato la pronta ed esauriente risposta che il comandante la 1a Regione Aerea ha voluto dare al sen. Accame. Il gen. Mura ha già detto tutto quello che c’era da dire su rischi, spese ed utilità operativa delle Frecce Tricolori, io, che ne sono stato il comandante per oltre 4 anni e che per ben 15 anni me ne sono stato occupato quale ufficiale di Stato Maggiore, voglio solo aggiungere che al 313° Gruppo Addestramento Acrobatico viene assegnato, ogni anno, un numero di ore di volo uguale a quello degli altri Reparti caccia-bombardieri dell’Aeronautica Militare. Con tale numero di ore di volo, i piloti di Rivolto conseguono la qualifica di Combat-Ready secondo lo standard Nato e contemporaneamente svolgono la funzione di rappresentanza in favore dell’Aeronautica Militare e perché no, dell’Italia.
A questo proposito voglio dirle, sig. Direttore che nel 1967, al Salone di Tolosa, il Presidente della Repubblica Francese, nel consegnarmi il 1° premio conquistato dalla Pan, aggiunse: “dite ai vostri uomini politici di mandarvi più spesso in giro per l’Europa perché voi siete i migliori ambasciatori del vostro Paese”.
Undici anni fa, quelle parole le incassai come una frustata sul viso, oggi, mi rendo perfettamente conto quanta attuale realtà esse contenessero. Da noi infatti, un uomo politico, solo perché siede in Parlamento, si permette di proporre soluzioni a problemi di cui non ha la più pallida idea. Abbia, quest’uomo, il buon senso di documentarsi, prima di parlare e, visto che è socialista, vada, qualche volta, fra le centinaia di migliaia di lavoratori italiani, sparsi in tutta Europa, per vedere che cosa succede quando nel cielo compaiono le nostre Frecce con il tricolore d’Italia.
Roberto Di Lollo
“il Giornale”

Tutti in difesa della Pattuglia acrobatica

Egregio direttore,
le nostre Forze Armate, tutte e tre – Marina, Esercito ed Aeronautica – penso che questa volta non possano aver fatto a meno di tirare un sospiro di sollievo, forse è più appropriato dire di liberazione, per l’avvenuta sostituzione alla Presidenza della Commissione di Difesa della Camera dell’on. Falco Accame con l’on. Paolo Battino Vittorelli.
Il partito socialista italiano, nel quale il Comandante Accame approdò a vele spiegate, da provetto marinaio, alla vigilia delle elezioni politiche del 1975 dopo una clamorosa alzata di testa, che, è bene dirlo, sapeva di contestazione e, perché no, forse anche insubordinazione, merita un vivo, sentito ed incondizionato ringraziamento e molta riconoscenza per averlo rimosso dalla importante carica che pure gli aveva affidato.
Non si sa se a far traboccare il già colmo bicchiere sia stata l’ultima e recente polemica ingaggiata con il generale di Squadra Aerea Antonio Mura, comandante della prima Regione Aerea, giustamente e responsabilmente intervenuto a difesa della Pattuglia acrobatica nazionale, di cui l’on. Accame, con una sua interpellanza aveva chiesto la soppressione.
Non può e non deve essere sfuggito il tono acre, distaccato, presuntuoso e demagogico, nonché l’ironia molto discutibile, usati dall’on. Accame nei riguardi dell’alto ufficiale dell’Aeronautica, responsabile del maggiore comando operativo di tale forza armata, dislocato nel territorio nazionale.
Un’altra cosa è certa: che il consuntivo dell’opera svolta dall’on. Accame, quale presidente della Commissione di difesa della Camera, non deve essere stato giudicato del tutto positivo, se si pensa che è stato l’unico presidente delle varie commissioni ad essere destituito.
C’è da augurarsi che il neo presidente riveda con molta serenità l’operato del suo predecessore e ponga rimedio, ove possibile, alle storture che negativamente hanno inciso sulla efficienza dell’organismo militare. In primo luogo penso sia opportuno rivedere la validità di quei nuovi principi della disciplina militare, principi che sono stati approvati molto alla chetichella, e che, anziché di spirito democratico come si vorrebbe far credere, sono permeati di spirito demagogico e non è quindi difficile preve-dere quali saranno le conseguenze.
L’on. Vittorelli, al quale mi voglio ancora permettere di rivolgere una preghiera, tenga anche presente, perché non è privo di significato, che il neo presidente della Repubblica, Pertini, nel suo essenziale discorso, all’atto dell’insediamento nella più alta magistratura dello Stato, ha sentito il dovere di rivolgere il suo primo saluto alle F.F.A.A., delle quali è il Capo, ed ha definito nobilissimo il compito ad esse affidato dalla Costituzione, quello cioè della difesa della Patria. Desidero concludere questa lettera dicendo che solo le Forze Armate disciplinate, bene armate e ben addestrate, potranno essere in condizioni di assolvere un tale compito.
Peppino Loria
Sassari

ancora:

Caro direttore, siamo dei vecchi sottufficiali d’aviazione in servizio e vorremmo dire qualcosa all’on. Accame, anche se ormai l’hanno cambiato di posto.
Siamo degli specialisti nati, entrati nell’arma con passione; ancora gli occhi ci si riempiono di lagrime quando vediamo aerei messi a punto da noi, volare, fare acrobazie, e tanto meglio se sanno fare il volo tattico radente, qualità dell’aereo G.91 con i quali vola la Pattuglia acrobatica nazionale.
Come sono meravigliosi lo sappia l’on. Accame: non sono semplici disegni ciò che lasciano nel cielo azzurro, ma l’impronta della nostra Patria, della nostra libertà.
Non importa se avevamo le scarpe rotte o se le abbiamo tuttora, nei nostri cuori c’è ancora una fede, una speranza che vogliamo trasmettere ai nostri figli.
Otto morti in dieci anni, sono tanti, dice l’on. Accame. Quanti morti hanno fatto le P38 dei vari movimenti per la lotta armata per il comunismo?
Per favore, signor direttore, metta questa lettera nel suo Giornale, dica agli italiani che i vecchi aviatori sono ancora sani come gli alpini e che hanno ancora la testa a posto.
Lettera firmata dagli
Specialisti del 2° Stormo
Treviso

A metà luglio, veniva assegnato al 313° Gruppo A.A. il Cap. Diego Raineri – proveniente dal 9°  Stormo – un “destro”, quando per sopravvivere c’era tanto bisogno di “sinistri”.

Le “Frecce” non dovevano, non potevano rallentare l’attività. Era ed è la legge della sopravvivenza in Pattuglia che lo impone. Si riprendeva come da calendario.

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