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Visita agli assi della pattuglia acrobatica militare che sta per compiere trent'anni

A spasso tra le nuvole con un « gioiellino » da sei miliardi

I piloti sono tutti volontari, escono da un'accurata selezione - Lunghe ore di esercizi, commentati a terra dal comandante - I ruoli sono rigidi: per cambiarli, servirebbero sei mesi di istruzione - La cerimonia della vestizione

di Zelio Zucchi
da Corriere della Sera, 25 marzo 1990, p. 10

DAL NOSTRO INVIATO
RIVOLTO (Udine) – Come se fossero studenti nell’imminenza degli esami di maturità, le Frecce Tricolori stanno preparando giorno dopo giorno la loro prova, che sosterranno in Francia a metà maggio. Stagione destinata a chiudersi il 30 settembre con una manifestazione alla quale parteciperanno le più note pattuglie acrobatiche del mondo, chiamate proprio a Rivolto per festeggiare trent’anni del gruppo italiano.

Siamo andati a vedere come le Frecce Tricolori «studiano», attraverso libri, laboratorio, esercizi. Il laboratorio è una saletta piena di ricordi, targhe e fotografie, poltrone comode, uno schermo, un televisore, la cattedra alla quale si altemano il comandante e il leader, Lorenzetti e Moretti.

La giornata si apre alle 8, con la lettura dei giornali, una colazione leggera, la lettura del programma. Nella mattinata in cui eravamo presenti noi, erano previsti tre voli, a ranghi incompleti perché in questi giorni mancano il capitano Stefano Rosa e il capitano Francesco Tricomi, i quali sono a Firenze alla scuola di guerra aerea. L’appartenenza alla pattuglia acrobatica, infatti, nella carriera di un ufficiale pilota è soltanto un momento (piacevole, spesso lungo, gratificante), come testimonia il generale Franco Pisano, attuale capo di stato maggiore dell’Aeronautica (cioè il numero uno in assoluto). che appartenne alle Frecce Tricolori dal 1 luglio del 1961 al 30 marzo del 1963.

Si comincia con un primo briefing, durante il quale Lorenzetti o Moretti spiegano ai piloti che tipo di esercizio è in programma, quali sono i problemi tecnici da affrontare. E come si possono risolvere.

Poi il volo, preceduto dalla cerimonia della vestizione che può ricordare, per la ritualità, quella di un torero. Solo che la divisa dei piloti è essenzialmente pratica, prevede tasche per i coltelli perché in caso di atterraggio di fortuna può capitare di tutto (e nelle tasche il coltello c’è davvero: non a caso, ogni anno i piloti sostengono un corso pratico di sopravvivenza),
pantaloni suppletivi, giubbotto salvagente, tuta antigravità.

Il leader della formazione, il tenente colonnello Alberto Moretti, 34 anni, casertano, sposato, una figlia, guida il volo via radio, in contatto continuo con il comandante che resta invece a terra e commenta («come se fossi uno spettatore normale, magari un po’ più attento») l’esercizio. Ce n’è per mezz’ora. Quindi il rientro a terra, di nuovo un incontro nella saletta del briefing per giudicare che cosa è accaduto, accompagnando le impressioni con le immagini che l’addetto ha ripreso con una telecamera e che vengono riprodotte immediatamente sul televisore.

L’operazione si ripete a ogni volo, le critiche talvolta sono spietate, comunque sempre serene. Molti piloti si autoaccusano: «In quella circostanza dovevo aprire di più» (non è grave confessare che il gergo tecnico al profano risulta quasi sempre incomprensibile).

Abbiamo chiesto a Lorenzetti e Moretti come si costruisce un pilota della pattuglia acrobatica. Ne è uscito che ogni anno i singoli comandanti, quando tra i loro piloti ce n’è uno particolarmente abile, gli chiedono se sarebbe disposto a far parte della pattuglia acrobatica. Soltanto dopo il sì dell’interessato parte la segnalazione, che finisce sul tavolo del comandante Lorenzetti, accompagnata da tutti i dati sul pilota. Lorenzetti esamina gli incartamenti e spedisce alla Forza Armata il proprio parere, che non è vincolante.

In epoche diverse sono così arrivati in pattuglia il maggiore Piergiorgio Accorsi, detto «il nonno», veronese di quarant’anni, una figura che l’iconografia militare vedrebbe meglio nella divisa di alpino (barba lunga e brizzolata); il capitano Stefano Rosa (numero 4 nello schieramento), marchigiano di Senigallia, 29 anni; il capitano Antonino Vivona (numero 3), romano, 31 anni; il capitano Andrea Coggiola (numero 2), milanese, 29 anni; il capitano Giampaolo Miniscalco (numero 5), romano, 31 anni; il capitano Francesco Tricomi (numero 9), catanese, 29 anni; il tenente Norbert Walzl (numero 8), altoatesino, 27 anni; il capitano Andrea Boiardi (numero 7), pistoiese, 28 anni, che è l’ultimo arrivato. La formazione è completata dal tenente colonnello Moretti (numero 1 e leader in volo) e dal maggiore Giampiero Gropplero (numero 6), che sono gli esperti della formazione assieme al capitano Maurizio Guzzetti, candidato al ruolo dl solista (numero 10).

I dieci titolari non hanno riserve, perché spostare un pilota da un ruolo (o da un numero, all’interno del rombo che la pattuglia acrobatica disegna) a un altro, significa sei mesi di istruzione. In sostanza, bisognerebbe che ciascuno avesse la propria riserva. E costerebbe troppo.

Lo storico della pattuglia è il tenente colonnello Gianfranco Da Forno, 39 anni, romano di Riofreddo, che sulla Frecce Tricolori ha già scritto un libro e un altro ne ha in mente. Da Forno segnala che la pattuglia acrobatica (nata a Udine perché qui, nella Grande guerra, la nostra aviazione militare era stata «battezzata») dal 1961 al 1963 ha volato con gli F. 86 E e ha partecipato a 67 manifestazioni, con 7.100 ore di volo; dal 1964 al 1981 ha volato con i G. 91 Pan, ha partecipato a 556 manifestazioni con più di 38.000 ore di volo; dal 1981 a oggi vola con i MB 339, ha partecipato a 211 manifestazioni con complessive 20.000 ore di volo. Da altre fonti risulta che, a comprarlo oggi, un MB 339 lo si paga attorno ai sei miliardi e tenerlo in volo una sola ora – tra carburante, manutenzione, istruzione e stipendio del pilota – costa un paio di milioni.

Per quest’anno sono previste 13 manifestazione e 11 passaggi, che sono i sorvoli conclusi dal fumo tricolore, in sostanza la firma con la quale le Frecce – orgoglio di Rivolto, e forse non soltanto di Rivolto – sono conosciute in tutto il mondo.

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