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da Augusto Petrini, Confesso che ho volato, 2005, pp. 68 – 71

[…] Dunque, il flusso d’aria che scorre intorno ad un aeroplano che vola, quando incontra l’ala, si divide in due parti, una che scorre sul dorso ed una che scorre al disotto. A causa del profilo curvo del dorso dell’ala, prima di ricongiungersi dopo di essa, la parte d’aria che scorre al disopra percorre una distanza maggiore rispetto a quella che invece scorre sotto, ciò ne provoca un aumento di velocità e, di conseguenza, per l’effetto VENTURI, una diminuzione della pressione.

Quindi sul dorso dell’ala si crea una depressione che ha l’effetto di risucchiarla verso l’alto, questa è, per sommi capi, l’origine della forza aerodinamica denominata “portanza” che consente il volo degli aeroplani.

Ora, questa differenza di pressione, oltre a creare la portanza ha anche l’effetto, meno desiderabile ma purtroppo inevitabile, di originare i “vortici d’estremità” che in effetti costituiscono la “turbolenza di scia”.

Quello che avviene è che all’estremità dell’ala, l’aria sottostante che ha pressione maggiore, non essendo più separata dall’ala stessa, tende a spostarsi al disopra, nella zona a pressione inferiore, innescando così un movimento rotatorio detto, appunto, “vortice di estremità”, che si sviluppa in senso antiorario, nella semiala destra ed orario in quella sinistra. Questo guardando il velivolo da dietro.

Questi vortici sono molto persistenti e si distaccano dall’ala allungandosi all’indietro e via via ingrandendosi a forma di cono. Ogni aereo, volando, lascia dietro di se due di questi coni di aria vorticosa, detti anche “trecce di Berenice” che ruotano in senso opposto e persistono molto a lungo dopo il suo passaggio.

La “turbolenza di scia”,” WAKE TURBOLENCE” in inglese, viene quindi prodotta da ogni aereo che vola e può essere pericolosa per i velivoli che seguono. La sua intensità è proporzionale alle dimensioni del velivolo che la genera ed è maggiore a velocità basse, quando l’aereo vola con angoli d’attacco elevati e con gli ipersostentatori estesi, cioè quando è maggiore la differenza di pressione tra il dorso ed il ventre dell’ala. Infine, la forza dei vortici è anche influenzata dalla forma dell’ala ed è particolarmente intensa nelle ali a delta e questo è proprio il caso del Mirage 2000.

Una caratteristica peculiare della “turbolenza di scia”, dovuta proprio al modo in cui viene generata, è che essa si crea solo quando inizia a crearsi la “portanza” e, analogamente, termina all’annullarsi di essa. Quindi durante il decollo la scia si forma solo al momento della rotazione, cioè quando si tira indietro la cloche e si da incidenza all’ala, e durante l’atterraggio si interrompe quando il velivolo si posa sulla pista.

A questo punto chi ha visto decollare la Pattuglia Acrobatica nella sua tipica formazione, composta di due sezioni di 5 velivoli, potrà spiegarsi il motivo per il quale la seconda sezione si solleva qualche attimo in anticipo rispetto alla prima.

Ovviamente il motivo è proprio quello di evitare di trovarsi subito dietro i velivoli che precedono, quando questi iniziano a generare la scia al momento del decollo, perché ciò renderebbe difficile, se non impossibile, volare in formazione.

Per ottenere questo, la seconda sezione decolla con una potenza del motore leggermente superiore a quella della prima, quindi, pur iniziando contemporaneamente la corsa di decollo, raggiunge prima la velocità di rotazione e si solleva al disopra della scia che, poco dopo, i primi inizieranno a lasciare dietro di loro.

Ma cosa succede se si viene investiti da una turbolenza di scia? Bè, dipende dall’apertura alare e dalle dimensioni dei vortici nel momento in cui ci investono, oltre che, ovviamente, dalla loro intensità. Nel caso peggiore, quando i vortici sono più ampi dell’apertura alare del velivolo e sono abbastanza forti, questo inizierà a ruotare nella stessa direzione del vortice, sfuggendo completamente al controllo del pilota che non avrà più sufficiente autorità dei comandi di volo per fermare la rotazione.

Questo è ciò che successo a me nella storia che racconterò tra poco.

Se invece il vortice interessa solo una piccola parte di ala, mentre la maggior parte di essa conserva la sua efficienza, si avvertirà solo una botta secca sul velivolo, simile a quando si prende una buca in velocità con una automobile.

A tutti sarà capitato qualche volta, volando con un aereo di linea in una giornata calma, di avvertire un breve colpo di turbolenza e poi di nuovo calma, bene, probabilmente l’aereo ha attraversato la scia di un’altro velivolo, passato prima sulla stessa rotta.

Certo, ora l’ho spiegato in modo abbastanza freddo ed analitico, ma quando mi ci sono trovato dentro di persona è stata tutta un’altra cosa.

Ora, come vola la PAN? Nella sua classica formazione a rombo di 9, vista in pianta, dall’alto o dal basso, ovviamente a forma di rombo (regolare, se tutti mantengono bene la loro posizione). Gli aerei, però, non volano sullo stesso piano, ma sono sfalsati anche di quota uno dall’altro, quindi anche vista da davanti la formazione si presenta a forma di rombo, ma schiacciato, non regolare. Il velivolo più in alto è il numero 1, il Capoformazione, mentre quello più in basso, costituente l’altro vertice, è il numero 9, in termini tecnici il “secondo fanalino”. Appena più in alto del 9, alla sua sinistra ed alla sua destra, ci sono i numeri 7 ed 8. Al centro, più alto del 7 ed dell’8, c’è il numero 6 il “primo fanalino”, con ai suoi lati, sullo stesso livello il 4 ed il 5. Infine, ancora più in alto, appena sotto il Capoformazione, ci sono il 2 ed il 3.

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Ringrazio l’autore per avermi mandato copia digitale del libro, non più in commercio

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