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da Filippo Nassetti, Molte aquile ho visto in volo – Vite straordinarie di piloti, Milano, 2020

Sono i due ricordi sensoriali che la memoria richiama a Antonino Vivona, pilota delle Frecce Tricolori, di quel cielo in fiamme di Ramstein del 28 agosto 1988.

«Era una giornata splendida, serena, senza nubi, solo un leggero vento in quota. Il giorno prima le prove si erano svolte come previsto. Oltre trecentomila persone ci stavano aspettando, si trattava di una manifestazione molto attesa. Il programma della giornata era davvero ricco, con tante pattuglie acrobatiche. A pranzo mangiammo bistecche americane al circolo ufficiali, del resto eravamo all’interno di una base dell’aviazione statunitense. Mario Naldini, il nostro capoformazione, svolse il briefing con la serenità che contraddistingueva ogni suo gesto. Guidava la formazione con la naturalezza con cui si beve un bicchier d’acqua. Il tono di voce di Mario era un balsamo, per noi tutti era un punto di riferimento. O meglio, il punto di riferimento.»

Nino arrivò nella Pattuglia acrobatica nazionale a ventisette anni, nel 1986, proveniente da Grazzanise, dove faceva parte del 9° stormo, quello intitolato a Francesco Baracca con il cavallino rampante come simbolo. «Le Frecce Tricolori erano da sempre il mio sogno. Sono cresciuto a Torvaianica, sul litorale romano, e sopra la mia casa passava tutto il traffico dell’aeroporto militare di Pratica di Mare. A sette anni sapevo riconoscere tutti i modelli di aereo dal suono del motore e il più emozionante di tutti era proprio il g91, quello in uso alla Pattuglia.»

La prima manovra del programma della Pan era il cardioide, una figura acrobatica che prevedeva la separazione della formazione in due sezioni: mentre la prima, composta da cinque aerei e con in testa il capoformazione, effettuava un “mezzo otto cubano”, che consiste nel salire verso l’alto, rovesciare l’aereo e riportarlo in asse con mezzo giro in verticale, la seconda sezione, con quattro velivoli, eseguiva specularmente lo stesso sulla destra. Davanti al pubblico, in linea perpendicolare, invece, il solista avrebbe disegnato nel cielo un looping, il classico cerchio completo. Si trattava di una manovra, il cardioide, che tendeva a disorientare gli spettatori che non sapevano quale delle tre aree osservare. Incertezza che svaniva al momento della ricomposizione, quando, sulla cosiddetta linea di display, le due sezioni si incrociavano con il solista che arrivava pochi secondi dopo il passaggio dei nove compagni di formazione. Un ricamo dal cielo, con cui il solista sembrava chiudere i due lembi di stoffa rappresentati dai fumi dei compagni.

«Quando appresi che cercavano volontari per la Pattuglia non ci pensai su neppure un secondo.»

Nei sette anni precedenti di Aeronautica, Nino aveva girato l’Italia tra Latina, Lecce, Amendola, Grosseto e Grazzanise e completato un ampio addestramento, compresa l’abilitazione sui caccia, requisito indispensabile per ambire a diventare una Freccia.

«La valutazione si concentrava sia sulle caratteristiche di pilota, sia sulle attitudini comportamentali. Nel periodo di prova venivi osservato per valutare la tua interazione con il gruppo e se eri in possesso della giusta umiltà per metterti in discussione dopo ogni missione.» A Rivolto gli venne assegnata la posizione di secondo gregario di destra, detto anche Pony 5. Tutti i componenti del 313° gruppo addestramento acrobatico, questa la denominazione ufficiale, si identificano dal nominativo equestre come richiamo, sempre, al cavallino rampante di Baracca.

Al momento dell’incrocio il pubblico tedesco trattenne il fiato.

«Come Pony 5 davanti a me, sulla sinistra, avevo come guida il 3, Piergiorgio Accorsi, che, a sua volta, era sotto l’ala destra del capoformazione.»

Un flash. Pochi fotogrammi nella memoria di Nino, che andranno negli anni a sovrapporsi alle immagini viste mille volte in televisione con quell’arrivo in anticipo del solista Ivo Nutarelli.

«Con la vista periferica intravidi arrivare alla nostra sinistra l’mb-339 di Ivo e colpire Mario, tagliandogli mezza ala sinistra. Lo osservai, impotente, andare giù, il nostro leader, avvitandosi, con l’aereo fuori controllo.»

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