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I verdi tedeschi 'Anche Ramstein non fu un'incidente'

da repubblica.it – 02 aprile 1991 [ fonte ]

ROMA – Il caso della tragedia aerea di Ramstein non è ancora chiuso e potrebbe essere collegato a quello di Ustica: lo sostengono i verdi tedeschi della Renania-Palatinato, decisi a far svolgere un’inchiesta dal nuovo parlamento regionale, dopo le elezioni del 21 aprile. Un dettagliato reportage sulla vicenda delle frecce tricolori precipitate a Ramstein nell’agosto del 1988 (settanta i morti e più di 400 i feriti) e sulle inchieste della magistratura e del parlamento italiani per il dc 9 dell’ Itavia caduto undici anni fa ad Ustica, è pubblicato questa settimana da Der Spiegel [ vedi articolo a cui si fa riferimento ]. Soprattutto viene illustrata l’ ipotesi avanzata a Berlino dalla Tageszeitung di estrema sinistra, per cui i piloti delle frecce, sarebbero rimasti vittime di un sabotaggio per impedire loro di comparire come testimoni nel caso Ustica. I verdi non escludono riferisce il settimanale che i militari americani e italiani abbiano consapevolmente mentito sulle vere cause della catastrofe di Ramstein. In Germania comunque fa sapere lo stesso Spiegel la magistratura parla di fantasie e si dichiara per nulla intenzionata a riaprire le indagini.

Parlano le vedove di Ramstein 'A Ustica partì un missile'

di Franco Scottoni
da repubblica.it – 22 febbraio 1992 [ fonte ]

ROMA – Il giorno successivo alla sciagura di Ustica, sottufficiali e ufficiali dell’ Aeronautica sarebbero stati a conoscenza della causa che determinò l’ abbattimento del Dc 9 Itavia, con 81 persone a bordo. E’ questo il risultato della recente trasferta a Grosseto e a Bologna del giudice istruttore Rosario Priore e del pm Giovanni Salvi. Alcuni testimoni hanno confermato il clima di angoscia che la sera del disastro hanno vissuto nei centri del soccorso aereo e nelle postazioni radar.
Due testimonianze, inoltre, avrebbero aperto alcune falle nel muro di gomma dei depistaggi e dei silenzi che ha resistito per oltre dieci anni. Si tratta delle mogli (o compagne) dei piloti, Ivo Nutarelli e Mario Naldini, deceduti il 27 agosto 1988 a Ramstein, durante un’ esibizione delle “Frecce tricolori”. Interrogate dal giudice Priore, le due donne avrebbero fatto alcune importanti ammissioni, ricordando le confidenze avute dai rispettivi mariti. Stando ad alcune indiscrezioni, circolate negli ambienti giudiziari, sembra che i due piloti dissero, in famiglia, che il Dc 9 Itavia era stato abbattuto per errore da un missile. Le confidenze di Nutarelli e Naldini sono molto importanti, in quanto i due piloti con il grado di capitano, all’ epoca della strage di Ustica, erano in servizio presso la base militare di Grosseto come istruttori. Il 27 giugno 1980 a bordo di un F 104 volarono tra le ore 20,30 e 20,45 cioè pochi minuti prima che il Dc 9 fosse abbattuto tra Ponza e Ustica. Il loro volo, fu riportato, sul registro della base aerea, come una normale azione di intercettazione simulata. Può darsi che il volo avesse un altro scopo, tuttavia è ipotizzabile che i due piloti fossero a conoscenza di qualcosa di anormale che, quella sera, si stava verificando negli spazi aerei italiani. Il giudice Priore, mercoledì scorso, ha sequestrato all’ aeroporto “Baccarini” di Grosseto, registri e altri documenti per accertare se vi siano state manipolazioni o se siano spariti carteggi in qualche modo collegati con l’ abbattimento del Dc 9.
Nell’ aprile del 1991, due giornali tedeschi il Tageszeitung e il Der Spiegel pubblicarono due inchieste sulla strage di Ramstein avanzando l’ipotesi che non si trattò di un errore di manovra da parte del “solista” Nutarelli ma di un sabotaggio al suo aereo. In conclusione, secondo le inchieste dei due quotidiani berlinesi, qualcuno avrebbe sabotato l’ Aermacchi delle Frecce tricolori, allo scopo di uccidere due testimoni della strage di Ustica. A Ramstein, oltre a Nutarelli e Naldini, morì anche il capitano Giorgio Alessio e nel disastro persero la vita 51 spettatori mentre altri 400 rimasero feriti.
Gli inquirenti romani non credono ad un legame tra la strage di Ramstein e quella di Ustica anche perché molti altri ufficiali e sottufficiali dell’ Aeronautica, hanno svolto, come Nutarelli e Naldini, diversi compiti, la sera dell’ abbattimento del Dc 9, e risultano in servizio o in pensione, cioè non è accaduto loro niente di grave. Se le testimonianze delle mogli dei due piloti, deceduti a Ramstein, hanno portato ad accreditare ulteriormente l’ ipotesi che i vertici dell’ Aeronautica conoscevano la causa della strage di Ustica, subito dopo la sparizione dai radar del Dc 9, sembra, però, che gli inquirenti non siano riusciti, finora, ad avere notizie precise sull’ aereo che avrebbe lanciato il missile.
Tuttavia circola, sempre più insistente l’ ipotesi di un coinvolgimento di caccia libici. Il maggiore Marcantonio Bianchini del Reparto operativo dei carabinieri che collabora con il giudice Priore, ha sequestrato, mercoledì scorso a Bologna, un’ingente quantità di documenti relativi al traffico aereo del giugno 1980. In particolare, l’ ufficiale ha sequestrato oltre mille tabulati riguardanti i voli di aerei della Libia, effettuati nello spazio aereo italiano. I documenti si trovavano presso l’ archivio Civilavia. Dalla trasferta a Grosseto e Bologna, il giudice Priore ha tratto altri elementi che si riferiscono al depistaggio compiuto dai vertici dell’ Aeronautica e dai servizi segreti.
I magistrati romani si sono incontrati con i loro colleghi bolognesi, Grassi e Mancuso. Durante una rapida ricostruzione delle inchieste sulla strage alla stazione di Bologna e sull’ abbattimento del Dc 9 sarebbe emerso un elemento comune alle due istruttorie. Alcune persone che volontariamente hanno chiesto di essere interrogate come testimoni perché avevano importanti rivelazioni da fare, si sono rivelate come elementi manovrati da ex funzionari dei servizi segreti per depistare il lavoro degli inquirenti. Per la strage di Bologna ci furono i famosi depistaggi di Elio Ciolini e del generale del Sismi, Musumeci. Nell’ inchiesta sull’ abbattimento del Dc 9, il giudice Priore é stato costretto ad ascoltare e verificare le rivelazioni di numerosi e “strani” personaggi, autori di fantasiose ricostruzioni ma che contenevano anche notizie precise su aspetti marginali. Notizie, quest’ ultime, che potevano, soltanto, provenire dai servizi segreti.

Ustica, l'ultima verità

di Franca Selvatici
da repubblica.it – 23 dicembre 1993 [ fonte ]

FIRENZE – “Mario mi disse: ‘ Quella notte c’ erano tre aerei. Uno autorizzato, due no. Li avevamo quasi intercettati quando ci dissero di rientrare. All’ aeroporto di Grosseto, dopo l’ atterraggio, ci informarono della tragedia. Il Dc 9 dell’ Itavia era precipitato al largo di Ustica’ “. Andrea Crociani è un imprenditore toscano. E’ lui a raccontare. Lunedì a Roma è stato interrogato come testimone dal giudice istruttore Rosario Priore che indaga sulla strage di Ustica. A Firenze Crociani è conosciuto per essere stato il primo (e quasi l’ unico) a denunciare il sistema delle tangenti. Ma pochi sanno che era amico del tenente colonnello Mario Naldini, il caposquadriglia delle Frecce Tricolori, la pattuglia acrobatica dell’ aeronautica militare italiana. Mario Naldini morì nel tragico incidente di Ramstein in Germania il 28 agosto 1988, durante un’ esibizione. Il disastro provocò 49 morti e 300 feriti. Con Naldini persero la vita anche altri due piloti italiani: il capitano Giorgio Alessio e il tenente colonnello Ivo Nutarelli.
Prima di essere trasferiti alla pattuglia acrobatica, Naldini e Nutarelli prestavano servizio all’ aeroporto militare di Grosseto. La sera del 27 giugno 1980 si alzarono in volo insieme con il loro caccia TF 104 biposto. Ufficialmente erano in volo per compiere un’ esercitazione con altri caccia dell’ aeronautica e con un aereo Awacs della Nato. Ma quella notte, e quasi esattamente mentre era in corso l’ “esercitazione”, il Dc 9 dell’ Itavia precipitò in mare, provocando la morte di 81 persone. Per otto anni di quei voli militari quasi contemporanei al disastro non si è saputo niente. Le loro tracce non apparivano sulle registrazioni del centro radar di Poggio Ballone. Solo nell’ 88 un documento sequestrato all’ Aeronautica rivelò questa “attività di volo”. Il giudice istruttore Vittorio Bucarelli, allora titolare dell’ inchiesta su Ustica, convocò Naldini e Nutarelli. Ma pochi giorni prima della data dell’ interrogatorio i due piloti si schiantarono nei cieli di Ramstein. Erano piloti espertissimi, e il dubbio che i loro aerei possano essere stati sabotati si è affacciato più volte. Ma non è stata sinora raggiunta alcuna certezza. Quel che è certo – ricorda Andrea Crociani – è che Mario Naldini era tormentato, incupito, angosciato. “Io ebbi una sensazione”, racconta: “Lui sapeva di dover morire”. “L’ avevo conosciuto nel ‘ 79-‘ 80. Era un uomo straordinario. La sua vita era lassù, fra le nuvole. Guardava il cielo ed era un uomo felice. Ci vedevamo al mare, a Marina di Grosseto. A volte andavamo a sciare insieme. Poi fu trasferito alle Frecce Tricolori, e i nostri incontri divennero più rari. Lo incontrai a Firenze, credo nell’ 87. Era un uomo diverso. Tormentato. Mi chiamò circa un mese dopo. Ci incontrammo di nuovo. Andammo al piazzale Michelangelo, seduti al tavolo di un ristorante”. “Gli chiesi che cosa lo tormentava. Furono pochi attimi. Mi disse che era stato testimone di un fatto gravissimo, della tragedia di Ustica. Mi disse che c’ erano tre aerei, uno autorizzato e due no. Non ricordo se mi disse che lui e il suo compagno erano già in volo, o che li fecero alzare. Ricordo che spiegò: ‘ Ci fecero tornare indietro, c’ era il silenzio radio, all’ aeroporto ho saputo tutto’ “. “Ero sconvolto. Gli chiesi: ‘ Sei stato tu?’ . ‘ No, ci hanno pensato gli altri’ , rispose”. “‘ Perchè non hai denunciato tutto? gli dissi. Lui mi rispose: ‘ L’ Arma mi ha dato tutto e io ho fatto un giuramento’ “. “Però voleva lasciare una testimonianza scritta. Mi chiese se conoscevo qualcuno di cui ci si potesse fidare ciecamente. Voleva ricostruire tutto quello che aveva visto e saputo: rotte, coordinate, tutto. E voleva lasciare una foglio di istruzioni: la sua testimonianza doveva essere resa nota solo a certe precise condizioni. Io gli dissi che non mi fidavo di nessuno e che non sapevo bene chi consigliargli. Il giorno successivo mi fece sapere che aveva trovato una persona di sua assoluta fiducia. Credo quindi che effettivamente abbia lasciato una testimonianza”. Questi i ricordi di Andrea Crociani, riversati lunedì in un verbale che ha portato via cinque ore di interrogatorio. Ora il giudice Priore dovrà cercare i riscontri e soprattutto la preziosa testimonianza lasciata dal colonnello Naldini. Forse un tassello prezioso per arrivare alla verità su Ustica.

Ustica-Ramstein nuovi interrogatori

da repubblica.it – 24 dicembre 1993 [ fonte ]

ROMA – Torna di attualità il mistero dei piloti delle Frecce tricolori, Ivo Nutarelli e Mario Naldini, morti durante un’ esibizione a Ramstein. Un imprenditore toscano, Andrea Crociani, interrogato come teste dal giudice Rosario Priore, ha affermato che il suo amico Naldini gli aveva confidato alcuni particolari sulla strage di Ustica. L’ufficiale pilota gli disse che c’ erano tre aerei (uno autorizzato e due no) e, proprio mentre stavano per intercettarli, arrivò il comando di tornare indietro. Poi il DC Itavia fu abbattuto. Naldini, sempre secondo il racconto del teste Crociani, gli disse che stava cercando un amico fidato. Voleva lasciare una testimonianza scritta su quanto avvenne la sera della strage ma il documento sarebbe stato reso noto in particolari condizioni. L’ufficiale pilota aveva paura di essere ucciso. Il 27 agosto 1988 Naldini e Nutarelli si esibivano con le Frecce tricolori a Ramstein: i loro aerei entrarono in collisione e piombarono sulla folla determinando una strage tra gli pettatori. Nel 1991 il gruppo dei Verdi tedeschi e la stampa berlinese sostennero che la sciagura di Ramstein fu dovuta a un sabotaggio. Questa denuncia fu commentata ricordando, tra l’ altro, che i due piloti erano stati citati e avrebbero dovuto presentarsi come testimoni nell’ inchiesta per la strage di Ustica. Il giudice Priore ha svolto una serie di indagini per accertare se ci fosse un legame tra la morte dei due piloti e le indagini sull’abbattimento del Dc 9 Itavia. I risultati, finora, non hanno portato ad elementi concreti, sono rimasti comunque forti sospetti. Dopo la testimonianza dell’ imprenditore Crociani, il dottor Priore ha deciso di scavare, ancora di più, in questa direzione. In particolare, il magistrato ha intenzione di interrogare di nuovo i parenti dei due piloti e di chiedere più dettagliamente se sono a conoscenza di amici degli scomparsi. Quest’ ultimi potrebbero essere in possesso della testimonianza cui si è riferito Crociani.

Estratti della sentenza del G.I. Rosario Priore

La Sentenza-ordinanza e le conclusioni del G.I. Rosario Priore [ fontefonte alternativa ]

Dal Titolo 2 "L’istruttoria dal 27 luglio 90 al 31 dicembre 97"

5.1. Gli ultimi voli della sera – p. 683 e segg.
5.10. La morte di Nutarelli e Naldini e il cd. memoriale Naldini – p. 749 e segg.

5.1 […] Nei due velivoli partiti contemporaneamente a 19.30L Nutarelli Ivo e Naldini Mario, due istruttori, su uno e Giannelli, allievo, da solo sull’altro. Sul terzo Bergamini Giovanni istruttore e Moretti allievo. I primi due fanno il primo equipaggio, quello degli istruttori, la missione Chase Int.2 e il secondo Int.2; il terzo Int.8. Anche qui alcune stranezze. In primo luogo il fatto che in un velivolo di training prendessero posto due istruttori, evento registrato in quel mese di giugno, su decine e decine di voli di istruzione, una sola altra volta. Poi il fatto che su tre velivoli partiti contemporaneamente, per cui si poteva pensare che facessero un’unica esercitazione, vengono iscritte tre esercitazioni diverse. Due di questi velivoli potrebbero coincidere con quello atterrato in emergenza ad h.20.45L.
Dagli esami testimoniali dei sopravvissuti – Naldini e Nutarelli morirono nell’88 a Ramstein – e dei responsabili dell’aeroporto, nessun dato di utilità, giacchè i primi non ricordano nulla, i secondi dichiarano che non vi fu alcuna emergenza.
Giannelli, quello che avrebbe dovuto volare in istruzione con Nutarelli e Naldini, ovviamente non ricorda nulla. Non ricordava alcunchè sino al marzo-aprile 91, allorchè ebbe a leggere un articolo su un quotidiano ove era riportata un’ipotesi del settimanale tedesco “Stern”, secondo cui vi era un collegamento tra Ustica e Ramstein. Nell’articolo era citato il suo nome e si diceva che avrebbe volato con i capitani Naldini, Nutarelli e Moretti. Altro non sa dire, a parte alcune minime ovvietà: che di certo si trattava di una missione addestrativa, ma non ne sa dire il tipo. Non ricorda nemmeno l’orario del volo, ma asserisce che i dati si possono reperire presso la documentazione dell’Amministrazione. Non sa nemmeno dire in quale orario venissero registrate le missioni, anche se ritiene che si usasse generalmente l’orario zulu, non escludendo però che qualche volta possa essersi usato l’orario locale. […]
Non dissimile la posizione di altro pilota di quella sera, l’istruttore Bergamini, all’epoca dei fatti già tenente colonnello. Anch’egli probabilmente non ricordava nulla e perciò ha chiesto, il giorno prima dell’escussione, informazioni e ne ha avute, da certo maresciallo Romani, a sufficienza. […] Oltre quello che gli ha detto il maresciallo ovviamente null’altro sa, nemmeno dei voli quasi in contemporanea di Nutarelli e Naldini e di un terzo aereo. Non sa perciò dire nè della sua rotta, nè di quelle altrui. […]
Moretti è l’altro allievo, quello che volava con Bergamini. Egli a differenza di quelli di cui s’è detto sopra non ha abbandonato l’AM anzi vi ha fatto un’ottima carriera (come d’altronde stavano per farla gli altri o l’avevano fatta i due deceduti). Già nel 92, quando è stato sentito, era comandante della Pattuglia Acrobatica Nazionale delle Frecce Tricolori.
Aveva anche lui appreso del fatto che la sera di Ustica era in volo, dalla lettura del Corriere della Sera in un articolo del 91. Del volo di quel tardo pomeriggio nulla ricordava. Pur essendo stato con Naldini e Nutarelli per cinque anni nelle Frecce Tricolori, non avevano mai parlato di Ustica (v. esame Moretti Alberto, GI 25.02.92).[…]

5.10 Anche la morte di Nutarelli e Naldini nel disastro di Ramstein è stata collocata nel lungo elenco delle morti sospette. Ustica è stata collegata a Ramstein, nel senso che Ramstein sarebbe la conseguenza di un’azione dolosa a danni dei predetti due piloti, posta in essere per eliminare due testimoni rilevantissimi per la ricostruzione della strage dell’80.
Sono state compiute molteplici attività istruttorie, come sono stati esaminati gli atti dell’inchiesta compiuta dai militari sul fatto, trasmessi dallo SMA, nell’intento di accertare eventuali collegamenti tra i due eventi. Nulla di positivo allo stato è emerso.
Ciononostante resta che Nutarelli e Naldini proprio per aver volato con ogni probabilità quella sera in prossimità della rotta del DC9 e per essersene discostati all’altezza di Grosseto verso cui ripiegavano in emergenza – quanto meno velivoli di quel gruppo che si era levato in volo tra le 19.30 e le 19.40 locali ed era rientrato tra le 20.30 e le 20.45, squoccando emergenza generale – di certo erano a conoscenza di più circostanze, relative alle ragioni per cui si erano avvicinati al DC9, a quelle per cui se ne erano allontanati, alle ragioni per cui era stata squoccata l’emergenza e di quale specie fosse tale emergenza.
Non solo: certo essi sapevano e potevano forse anche riferire un giorno la verità; ma che essi sapessero, lo sapevano anche altri, tutti coloro cioè che erano in grado di leggere ed hanno letto i tabulati di Poggio Ballone. Oltre, ovviamente gli operatori di Poggio Ballone e quelli dell’aeroporto di Grosseto, in primo luogo della sua torre.
A questo fatto si collega la vicenda del cd. memoriale di Naldini, vicenda dai contorni inquietanti, che nasce nel 93 dalle dichiarazioni di Crociani Andrea, imprenditore fiorentino, già amico del detto Naldini.
Essa prende le mosse dalle dichiarazioni rese da tal Guidi Silvano, giornalista di Famiglia Cristiana, il quale escusso in data 30.11.93 dichiara di aver avuto delle confidenze da un ex imprenditore di Firenze, tale Andrea Crociani, il quale tra i tanti misteri d’Italia gli parlò anche di Ustica. Il Crociani disse di essere a conoscenza dell’esistenza di un documento testamento redatto da Mario Naldini, pilota dell’Aeronautica che era deceduto nell’incidente di Ramstein e che stando alle cronache dei giornali era insieme a Nutarelli in volo la sera del disastro di Ustica. Il memoriale, sempre secondo il Crociani, avrebbe contenuto indicazioni specifiche sulla missione di quella sera. Di quel documento ve n’erano tre esemplari, di cui uno in possesso della vedova di Naldini, l’altro in mano ad un comune amico il dr. Claudio Siciliano e l’ultimo in mano al Crociani Andrea.
Successivamente il giornalista Guidi incontrò i genitori del colonnello Naldini, i quali non si mostrarono assolutamente a conoscenza di quanto detto dal Crociani. Ebbe pure un incontro con la vedova del Naldini, la quale riferì anch’essa che nulla sapeva di un memoriale del marito, nè tantomeno sapeva della storia di Ustica.
In un successivo incontro del 25.02.94 il Guidi spontaneamente consegnava la cassetta di una parziale registrazione tra lui e il Crociani.
Per effetto delle sopraddette dichiarazioni veniva escusso Crociani Andrea, il quale in data 20.12.93 dichiarava di aver conosciuto il pilota Naldini Mario intorno al 1980, in quanto gli era stato presentato dal dr. Siciliano Claudio, amico comune. Aveva frequentato la famiglia del Naldini fino al momento in cui questi era stato trasferito alle Frecce Tricolori intorno al 1985-86.
Aveva incontrato il Naldini a Firenze a piazza della Signoria tra il 1987 e il 1988; era in compagnia di una donna diversa dalla moglie; sembrava preoccupato. Alcuni mesi dopo il Naldini lo aveva chiamato per telefono e gli aveva chiesto un appuntamento a Firenze; la sera andarono a cena in un ristorante a Piazzale Michelangelo. Qui il Naldini gli confidò: “Io sono stato testimone della strage di Ustica”. Gli confidò, inoltre, che la sera del disastro gli era stato ordinato di intercettare due aerei che si trovavano in una determinata rotta senza autorizzazione e che seguivano nella scia l’aereo civile autorizzato, che poi altro non era che il DC9 dell’Itavia che cadde quella stessa sera ad Ustica. Seguì i due aerei, ma arrivati all’altezza probabilmente di Gaeta, gli venne ordinato di rientrare. Al momento del rientro non poté usare l’apparato radio di bordo per le comunicazioni. Quella sera, concludeva queste sue dichiarazioni, furono abbattuti due velivoli, uno dei quali era quello civile. Aggiunse che era intenzionato a scrivere una memoria in cui avrebbe indicato tutto quello di cui era a conoscenza, descrivendo anche i dettagli tecnici sul volo di quella sera, allegando un manoscritto con le istruzioni per l’eventuale uso di tale memoria.
Quando nell’88 apprese della morte del Naldini non riferì alle autorità quanto gli era stato confidato in considerazione del fatto che Naldini gli aveva chiesto di rendere pubbliche le sue confessioni soltanto in caso di gravi difficoltà dei propri figli.
Ha conosciuto il giornalista Guidi di Famiglia Cristiana; con lui ha parlato più volte della vicenda di Ramstein, lasciandogli peraltro intendere che era in possesso di uno dei memoriali scritti dal Naldini sulla vicenda di Ustica, anche per incitarlo ad effettuare delle indagini sul caso.
Escusso successivamente precisava di aver riferito al Guidi di aver visto il memoriale e che probabilmente doveva essere in possesso della moglie del Naldini, aggiungendo di non aver mai detto al Guidi di esserne in possesso di una copia. In seguito a tale dichiarazione gli è stato contestato che in una registrazione consegnata dal giornalista Guidi alla PG, relativa ad una conversazione tra loro due, emergeva l’affermazione di persona che, secondo le dichiarazioni del Guidi era esso Crociani, affermazione, in relazione al possesso del memoriale di Naldini, di tale fatta: “Io ho una copia, fotocopiata nel mio ufficio, una l’ha Siciliano e l’altra la moglie. Basta, non esistono altre”. Così rispondeva: “Ho detto ciò al fine di togliermi di dosso il Guidi che mi assillava di continuo con telefonate”, specificando “Confermo che la mia famiglia e quella di Naldini si sono frequentate in alcune occasioni. Ci siamo visti per circa 15 volte”, pur avendogli contestato che la Chiarini, moglie del Naldini, aveva riferito di non aver mai conosciuto né lui, né la sua famiglia (v. esame Crociani Andrea, PG 20.12.93).
Sulla vicenda, di notevole interesse per la ricostruzione dei fatti, sono stati esaminati diversi testi.
Werner Reith, giornalista tedesco del quotidiano Tageszeitung, escusso in data 08.03.91, ha confermato il contenuto di un articolo a sua firma apparso su detto quotidiano in data 20 del gennaio precedente. Aveva appreso dalla stampa italiana del fatto che i due piloti deceduti a Ramstein nell’88, erano in volo la sera del 27.06.80 qualche minuto prima della caduta del DC9 Itavia. Nell’articolo sosteneva l’ipotesi del sabotaggio sulla base di più argomentazioni: che l’incidente non fosse riconducibile ad un errore del pilota, giacchè questi aveva un’esperienza di 4500 e più ore di volo; che dovesse escludersi il black-out da accelerazione, perchè il pilota aveva compiuto una serie di manovre razionali, fino all’incidente ed anche per evitare l’incidente; che le manovre di Nutarelli, il solista, fossero spiegabili con il difetto di funzionamento di strumenti, specie l’altimetro, o di altre apparecchiature come l’acceleratore o la cloche, o addirittura con disturbi dall’esterno come schock elettronici. Il teste aggiungeva che l’inchiesta sull’incidente di Ramstein era stata condotta secondo regole NATO, perchè
quell’aeroporto apparteneva alla struttura NATO. L’inchiesta condotta dalla parte italiana a suo dire era sino a quel tempo coperta da segreto. Aveva saputo dal magistrato inquirente di Zweibruecken Norbert Dexheimer, competente per territorio sull’incidente, che un rapporto finale giudiziario non era mai pervenuto agli atti nonostante l’impegno in tal senso dell’Ambasciata italiana nel settembre 88.
Quindi gli esami delle mogli dei due piloti e delle due donne ad essi in quel periodo sentimentalmente legate, e cioè Chiarini Wilma e Risaliti Leri, Bettinelli Eleonora e Meli Laura.
Chiarini Wilma, vedova Naldini, dopo avere confermato le dichiarazioni rese nel gennaio del 92, – in cui affermava di non rammentare alcunchè sulla sera del 27.06.80; che il marito non le aveva mai parlato di un suo volo proprio quella sera; che costui escludeva l’ipotesi di un missile italiano, perchè altrimenti il fatto sarebbe venuto a conoscenza di troppe persone; che comunque egli sosteneva l’ipotesi della bomba interna – ha riferito di aver ricevuto la visita non preavvisata del giornalista Guidi Silvano di Famiglia Cristiana, il quale da alcuni giorni tempestava di telefonate i suoi suoceri, per via delle rivelazioni ricevute da Crociani Andrea, che gli avrebbe riferito dell’esistenza di un memoriale redatto dallo stesso Naldini sulla vicenda di Ustica. Ha dichiarato di non ricordare di aver mai conosciuto il Crociani né tanto meno la sua famiglia, di non esser mai
stata in possesso di alcun documento lasciatole dal marito relativo al volo effettuato la sera del disastro.
Per quanto concerneva in particolare eventuali commenti espressi dal Naldini sulla vicenda del DC9, la Chiarini ha ribadito che il marito era convinto dell’ipotesi della bomba a bordo del velivolo e ha ammesso che le aveva detto che la sera del disastro era rientrato alla base, da un volo circa 20 minuti prima dell’evento. Ha riferito di aver ricevuto la visita di un giornalista, di cui non ricordava il nome, che le aveva chiesto se fosse stata disponibile ad un incontro con il generale Cinti, che sarebbe stato in possesso di alcune foto scattate da un satellite il giorno della tragedia di Ramstein e dalle quali si vedevano quattro furgoni situati in posizione tale da influire con i loro congegni sui meccanismi degli aerei; ma non aveva
accettato la proposta (v. esame Chiarini Wilma, PG 04.01.94).
Bettinelli Eleonora, amica del Naldini, dopo avere confermato la deposizione del febbraio 92, nella quale aveva affermato di non aver mai parlato con lui di Ustica nè di particolari missioni – ha dichiarato di non avere mai appreso dal Naldini che egli era stato in volo fino ad un quarto d’ora prima del disastro di Ustica. Ha ricordato di essere stata nel gennaio dell’85 a Firenze insieme al Naldini, ma che in quella circostanza costui non incontrò nessuno. Ha riferito che il Naldini a Firenze aveva un intimo amico, ma di non ricordarne il nome, escludendo comunque che si trattasse di Siciliano o di Crociani, nomi per lei completamente nuovi. Naldini nel corso di quella visita era stato particolarmente accorto a non farsi vedere da nessuno dei suoi parenti e amici (v. esame Bettinelli Eleonora, DCPP 05.01.94).
Risaliti Leri, vedova del Nutarelli, dopo aver confermato le dichiarazioni rese nel gennaio del 92, ha dichiarato di non ricordare di aver parlato o commentato con il marito la tragedia di Ustica, non rammentando, tra l’altro, se il marito quella sera fosse in volo e se la sera fosse ritornato a casa. Ha ricordato soltanto di un commento espresso dal Nutarelli al generale Mura, in cui esprimeva dubbi che l’aereo fosse caduto a causa di una bomba. Ha affermato anche di non avere mai conosciuto il Crociani, né di essere a conoscenza di memoriali sulla vicenda di Ustica. Ha confermato la circostanza riferita dalla Chiarini relativa alla visita di un giornalista per incarico del generale Cinti, che chiedeva un incontro, ricordando anche il nome del giornalista, tal Fubini di Avvenimenti (v. esame Risaliti Leri, DCPP 04.01.94).
Meli Laura, amica del Nutarelli, dopo aver confermato la deposizione resa nel febbraio 92 ha riferito che nel 90 ha ricevuto, per circa sei mesi, alcune telefonate anonime. L’anonimo interlocutore, le chiedeva se era la moglie di Nutarelli e se era a conoscenza di circostanze sulla morte di Nutarelli e Naldini, l’aveva minacciata, in particolare di “stare attenta ai propri figli”. Ha confermato la cena svoltasi a Pratica di Mare nell’84 della quale aveva già fatto riferimento nella precedente deposizione. L’occasione era nata a seguito di un cocktail organizzato all’aeroporto di Pratica cui aveva partecipato la pattuglia acrobatica ed erano intervenute varie Autorità. Con lei erano, Naldini, Nutarelli, certo Petrini, pilota di riserva della pattuglia delle Frecce Tricolori, e la ragazza di costui. Quella sera si parlò di Ustica ed il Naldini espresse la convinzione che la causa della caduta
dell’aereo DC9 era da addebitarsi alla collocazione di una bomba a bordo dell’aereo, dando una matrice mafiosa alla strage; il Nutarelli invece troncò il discorso dicendo “Smettila, lo sanno tutti, lo sai benissimo che lo hanno buttato giù”. Nessuno dei due aveva fatto riferimento a che fossero stati in volo a pochi minuti prima del disastro.
Le consta che Naldini e Nutarelli, pur essendo addestratori, compivano anche missioni operative con i velivolo F104, e ove ve ne fosse stato bisogno e comunque su disposizione del comandante della base aerea, essi avrebbero potuto essere comandati per missioni operative a bordo di velivoli intercettori F104.
Indicava poi in certo Precorvi Ferdinando, già pilota AM una persona, che per i forti vincoli di amicizia con Nutarelli, avrebbe potuto ricevere da costui confidenze. Come indicava in Caso Moreno, anch’esso pilota, al tempo di Grosseto, altra persona in grado di riferire sulle attività dei due in quel periodo (v. esame Meli Laura, DCPP 04.01.94).
Petrini Augusto, ufficiale pilota AM, ha riferito che i piloti Naldini e Nutarelli, nel 1980 prestavano servizio presso la base di Grosseto come piloti istruttori e non come piloti operativi. Gli stessi volavano a bordo di velivoli TF104, adibiti per l’addestramento dei piloti. A suo dire è incomprensibile quanto riportato dalla stampa, cioè che sarebbero stati incaricati di intercettare dei velivoli non autorizzati. Gli è stato mostrato il libretto “stralcio voli” su cui erano riportati i voli effettuati la sera del 27.06.80. Vi ha rilevato che il Nutarelli ed il Naldini quella sera si erano alzati in volo, alle ore 19.30 per svolgere una missione di addestramento denominata “Chase”. Tale missione consisteva nel seguire come target un velivolo con un allievo pilota “solista”, che nel caso era Giannelli. Ha riferito che durante la missione non è possibile abbandonare il pilota solista; qualora si fosse presentata la necessità, altro velivolo con istruttori a bordo avrebbe dovuto prendere in consegna il “solista”. Ha conosciuto il Nutarelli ed il Naldini nel 1981 a Grosseto, dove si era recato per effettuare la conversione su un velivolo F104S.
Non ricorda l’incontro conviviale di Pratica di Mare di cui parla la Meli. Ricorda altre cene, ma a suo dire mai si sarebbe parlato in queste occasioni di Ustica. Asserisce solo che “come pilota qualsiasi incidente a un velivolo è materia di conversazione”. Nè Naldini nè Nutarelli gli avevano mai detto di essere stati in volo la sera della caduta del DC9 (v. esame Petrini Augusto, DCPP 03.01.94).
Precorvi Ferdinando, già pilota AM presso il 5° Stormo di Rimini, aveva conosciuto il pilota Nutarelli ed era stato a lui legato da profonda amicizia. Ma mai quegli gli aveva parlato di fatti specifici relativi ad Ustica nè tantomeno di essere stato in volo quella sera. Avevano sì commentato più volte l’evento a seconda delle notizie che apparivano sui mezzi di informazione, ma non ricorda se Nutarelli “parteggiasse più per l’una o per l’altra delle ipotesi”. Ma “conoscendo la preparazione e il senso di
responsabilità dei piloti militari ed il fatto che Nutarelli sul lavoro era molto serio e credeva in quello che faceva, questi se avesse saputo qualcosa o se avesse visto o partecipato la sera dell’evento ad una missione, sicuramente non lo avrebbe mai svelato a nessuno nè tantomeno a me” (v. esame Precorvi Ferdinando, PG 05.02.94).
Da queste vicende emerge che, per vie diverse, entrambi quei due piloti sostenevano che il DC9 era stato abbattuto. Naldini nelle sue confidenze a Crociani, Nutarelli al cospetto di più persone in un’occasione conviviale. Potrebbe affermarsi che proprio in questa occasione aveva mostrato di essere di parere diverso, ma con ogni probabilità egli tirando fuori in presenza di Nutarelli, siciliano, la matrice mafiosa e la bomba, aveva inteso semplicemente provocarlo. Riprova ne è la risposta immediata del provocato, ferma, perentoria che chiude il discorso e certamente impegnativa perchè poteva apparire come una rivelazione, da parte di chi poteva sapere, di un segreto. Conferma, questa risposta, anche di quella messa in dubbio dell’ipotesi bomba, formulata sempre dal Nutarelli al generale Mura.
In data 29.12.93 veniva emesso un decreto di perquisizione presso l’abitazione di Crociani Andrea, in località Bucine (AR) al fine di rinvenire atti o documenti, provenienti dal defunto Naldini Ivo, o comunque contenenti notizie ed informazioni dallo stesso provenienti, od attinenti alla strage di Ustica. La perquisizione dava esito negativo; veniva soltanto sequestrato un cartoncino riportante l’intestazione “Senato della Repubblica” recante sul retro scritti a mano sette punti di diversa argomentazione, dei quali il sesto era sotto l’indicazione “Ustica”.
Cinti Mario è stato consulente di parte chiamato in causa dalla Chiarini. A lui è stata data lettura delle dichiarazioni rese da costei nella parte relativa all’incontro da lui stesso richiesto. In merito il generale ha riferito di aver sì chiesto al giornalista Fubini di prendere contatto con la vedova del pilota Naldini per un incontro, ma che il motivo della richiesta era di verificare l’esattezza delle informazioni riportate dalla stampa sul fatto che il Naldini fosse stato l’ultimo pilota a rientrare alla base, un quarto d’ora prima dell’evento di Ustica. Sulle foto scattate da un satellite, dalle quali si sarebbe rilevata la presenza di furgoni che potrebbero aver ospitato armi a radiofrequenza capaci di influire sulla strumentazione avionica degli aerei a Ramstein, ha negato di esserne in possesso (v. esame Cinti Mario, PG 12.01.94)
Purgatori Andrea, giornalista del Corriere della Sera, aveva riferito di aver parlato con Meli Laura, amica del pilota Nutarelli, sulla vicenda di Ustica, con particolare riferimento alle connessioni con il disastro di Ramstein. Sul contenuto del colloquio avuto con la Meli dichiarava però di non poter rispondere, avvalendosi del segreto professionale, e così non fornendo il nominativo della persona che lo aveva messo in contatto con la donna (v. esame Purgatori Andrea, PG 12.01.94).
Guidi Silvano, giornalista di Famiglia Cristiana, ha riferito di aver conosciuto il Crociani nel gennaio del 93 in occasione di un servizio giornalistico relativo a proprietà immobiliari di esponenti di rilievo del Partito Socialista in Toscana. Dopo aver lavorato per qualche giorno con il Crociani e discusso anche sulla vicenda di Ustica, questi gli aveva detto di essere stato amico di vecchia data del Naldini e di aver copia del documento-testamento, a lui consegnato dal dr. Siciliano, amico di famiglia del Naldini. Egli aveva provato più volte di incontrarlo nuovamente, per tentare di leggere quel documento, cioè la memoria su Ustica redatta dal Naldini, ma il Crociani non si era più presentato agli appuntamenti. Al fine di accertare l’esistenza del documento il Guidi tentò anche di fissare un incontro con i genitori del Naldini, ma anche qui con esiti negativi. Successivamente aveva deciso di andare a casa della vedova a Firenze, con la quale ebbe un colloquio di circa mezz’ora. Ha confermato di aver riferito sia alla vedova di Naldini che ai genitori, di essere in possesso di una registrazione di conversazione tra lui e Crociani e che, se del caso, avrebbe potuto farla ascoltare. Tale registrazione è stata da lui spontaneamente consegnata durante l’esame testimoniale reso in data 25.02.94 (v. esami Guidi Silvano, PG 30.11.93 e 25.02.94).
Fubini Federico, giornalista di Avvenimenti, ha dichiarato di aver incontrato le due vedove dei piloti, la Chiarini e la Risaliti, al fine di apprendere commenti dei coniugi sulla tragedia di Ustica; affermando che la Risaliti gli aveva riferito che secondo il marito la tesi della bomba sostenuta dall’AM era errata ed avrebbe finito per danneggiare la stessa Aeronautica (v. esame Fubini Federico, PG 14.03.94)
Caso Moreno, già ufficiale pilota dell’AM, ha riferito di non aver mai espresso in presenza della Meli, giudizi negativi di incapacità nei confronti del comandante della pattuglia acrobatica, Rainieri Diego. In relazione alla vicenda di Ramstein ha affermato che il solista, cioè Nutarelli, non si era accorto del suo anticipo e pertanto non sarebbe mai riuscito a passare sotto la formazione di Naldini (v. esame Caso Moreno, PG 22.03.94).
In conclusione ben si può dire che vi sono elementi per sostenere che entrambi quei piloti deceduti a Ramstein – che la sera di Ustica volarono “per ultimi” – interpretavano la caduta del DC9 come un abbattimento e non come cagionata dall’esplosione di un ordigno interno.
Del Nutarelli s’è detto. In più occasioni aveva espresso il suo avviso sul disastro, in forma diretta nell’incontro conviviale che s’è ricordato, indirettamente ad un suo superiore generale . Del Naldini – a parte l’occasione conviviale già detta, ove quella sua battuta deve essere intesa, come s’è spiegato, più come provocazione dell’amico – starebbero le confidenze al Crociani. Nel suo racconto – a parte le esagerazioni di costui, di certo usate per accreditare una interpretazione dei fatti che aveva dell’incredibile e da lui stesso spiegate – vi sono alcune circostanze non diffuse all’epoca od accertate addirittura in seguito, sia sul fatto di Ustica, sia sulle modalità del suo incontro con Naldini.
Sull’incontro Crociani sa che Naldini in quell’inverno si era recato a Firenze; vi ci si era recato con donna diversa dalla moglie; che costei, allorchè li vide, indossava una sorta di pelliccia. Così come ha sostanzialmente confermato la Bettinelli che ha ammesso di aver indossato in quella occasione un cappotto di montone.
Sui fatti di Ustica Crociani sa, dalle parole di Naldini che egli assume essergli state riferite quasi come confessione e a mo’ di tutela contro azioni di rappresaglia, che esso Naldini è stato testimone della strage di Ustica; che ricevette l’ordine di intercettare due velivoli nella scia del DC9; di aver tentato a bordo del suo TF104 di inseguirli, ma di aver ricevuto all’altezza di Gaeta l’ordine di rientrare; di non aver potuto usare l’apparato radio di bordo per le comunicazioni. Alcuni particolari di queste dichiarazioni potevano sì trarsi dalle varie notizie che al tempo apparivano sulla stampa. Ma sta di certo, a parte le diverse coincidenze con il testo della conversazione a 20.04 – come l’ordine d’intercettazione, l’intercettazione con un velivolo F104, l’arrivo sino a Gaeta con il tentativo effettuato o mancato di reperire in una rada una portaerei – che altri di certo non apparivano sui mezzi d’informazione. Così Crociani non poteva sapere che istruttori potevano essere impiegati in missioni operative; che ordini di tal genere possono essere loro dati anche durante gli addestramenti, purchè gli allievi vengano affidati ad altri; che quella sera era d’allarme Rimini e che l’intervento d’una coppia dall’aeroporto romagnolo sul cielo della Toscana a carico di velivoli che si allontanavano verso il Sud, non sarebbe mai stato così tempestivo come quello di un velivolo già in volo proprio sul cielo della Toscana. Ma di più: Crociani non poteva aver saputo, se non dai protagonisti o comunque da chi era addentro a quelle vicende, che i piloti di quella sera non poterono usare gli apparati radio di bordo.
Si deve perciò ritenere che fondi di verità vi siano in quelle sue dichiarazioni.
Ma a prescindere dalla questione del memoriale, su cui Crociani ha dato più che sufficienti spiegazioni, appaiono, come si diceva particolarmente inquietanti le confidenze di Naldini al predetto Crociani. Il primo confessò all’altro di essere stato “testimone della strage di Ustica”; cioè egli dichiara di essere a conoscenza di come s’è svolta la vicenda del DC9, egli che fa parte della coppia che volò in prossimità del velivolo civile e che rientra in emergenza generale alla base di Grosseto, emergenza negata per anni dall’AM, come s’è detto, e di cui non si trova alcuna traccia nè nella documentazione dello Stormo nè altrove, nelle diverse articolazioni dell’AM. Dichiara anche – Crociani tenta di ricostruire il discorso di Naldini di diversi anni prima e questi ne appaiono gli elementi essenziali – che gli fu ordinato di intercettare due aerei che erano nella scia del DC9, aerei che erano “senza autorizzazione” – cioè erano senza piano di volo e per questa ragione ovviamente erano dietro il DC9 -; che gli aerei levatisi inseguirono i due nella scia del DC9 sino all’altezza di Gaeta, ma ricevettero l’ordine di rientrare – qui probabilmente il ricordo non è chiaro, ma resta fermo che ci fu un inseguimento sino a un determinato punto – dopo di che fu dato l’ordine di ritornare alla base; che essi rientrarono senza poter usare l’apparato radio di bordo per le comunicazioni; che quella sera erano stati abbattuti due aerei.
In effetti queste dichiarazioni presentano aspetti di somiglianza e coincidenza sia con quello che emerge dalla conversazione delle 20.04 sia con quanto emergerà addirittura a distanza di anni sull’emergenza squoccata dagli F104 in atterraggio su Grosseto in quel torno di tempo, senza alcun uso di apparati radio e da una molteplicità di dati radaristici.
Di rilievo la missione sino a Gaeta, che probabilmente deve essere stata compiuta da altri – uno o più – velivoli, diversi dai due F104 che appaiono di rientro prima degli eventi e, come risulta dai dati radaristici, in ritorno da un percorso, seppur prossimo al DC9, ma tutto toscano.
Questa missione e il rientro potrebbero coincidere con il contenuto delle frasi “Mario: Qui il discorso è… dove sta la portaerei… infatti dicono che la portaerei, dicono che la portaerei non ce l’hanno trovata… dicono che là nella rada non ce l’hanno nemmeno trovata…”.
La perdita di un velivolo diverso dal DC9 si potrebbe ravvisare nelle frasi “Mario: Non sapete niente voi, quando so’ ritornato che, quando un (inc.) è scoppiato in volo. X1: e quello è un Phantom”.

Una vicenda che di certo conferma più circostanze di quelle già descritte, è quella relativa alle dichiarazioni rese da tal Martinelli Giulio, gommaio fiorentino, consuocero del Naldini.
A detta di certo Canò Lorenzo, impiegato farmaceutico, che spontaneamente si presentò ai Carabinieri a riferirne, egli aveva appreso da detto Martinelli – nella cui bottega s’era recato a cambiare le ruote della propria autovettura – a proposito di fotografie della pattuglia acrobatica esposte nel locale, che egli era cugino del Naldini e che li avevano “ammazzati”; che tutto non era avvenuto per puro caso bensì perchè era stato voluto; che i controlli c’erano ed era impossibile che un fatto del genere potesse avvenire; anche perchè al momento dell’impatto tra i due aerei – ovviamente il Martinelli stava continuando il discorso su Ramstein – era in atto una figura tra le più facili da eseguire. Il Martinelli aveva anche aggiunto che il “cugino” gli aveva riferito che sul luogo ove era esploso l’aereo dell’Itavia erano stati visti tre altri aerei in chiara situazione di battaglia aerea; che esso Naldini era sul posto o nelle immediate vicinanze, ma che, dopo aver constatato questa situazione, gli era stato ordinato di fare immediato rientro alla base. Martinelli aveva riferito che Naldini e Nutarelli erano stati uccisi. (v. esame Canò Lorenzo, PG 27.12.93).
Sentito, Martinelli ridimensiona la versione di Canò, affermando di aver detto sì che Naldini – suo consuocero – e Nutarelli erano stati uccisi, ma ciò aveva detto per aver constatato che molte persone legate al fatto di Ustica erano morte in situazioni strane e perchè Naldini, essendo stato in servizio quel giorno, “era venuto a conoscenza o aveva potuto vedere qualcosa sul volo dell’aereo civile”. Supponeva che avesse potuto sapere sia dal radar di bordo che da quello di terra che lo guidava. (v. esame Martinelli Giulio, GI 04.01.94).
In effetti Canò anch’egli ridimensiona le precedenti dichiarazioni, che potrebbero essere state influenzate da una qualche trasmissione televisiva, in particolare quella su Crociani e il cd. memoriale Naldini, e che da questo era derivata l’affermazione sui tre aerei in situazione di battaglia sul luogo di esplosione del velivolo civile. Di certo però Nutarelli gli aveva detto che il “cugino” e Nutarelli erano stati fatti alzare come intercettori e che in seguito erano stati richiamati. (v. esame Canò Lorenzo, GI 04.01.94)
I due vengono messi a confronto, ma dall’atto non emergono posizioni di contrasto, giacchè si trovano concordi sull’intera evoluzione della vicenda. (v. confronto Canò-Martinelli, GI 04.01.94)

Dal capo 4° "Le morti sospette" - pp. 4467 e segg.

Nel capitolo I, tra ” I casi risultati non collegati alla vicenda di Ustica”, vengono riportate quelle degli ufficiali Naldini e Nutarelli:

“Anche la morte – di cui s’è già a lungo scritto a proposito della base di Grosseto – dei due ufficiali dell’AM, componenti della pattuglia delle Frecce Tricolori, colonnelli Mario Naldini e Ivo Nutarelli – avvenuta il 28 agosto 88 nel catastrofico incidente in occasione di una manifestazione aerea alla base NATO di Ramstein, in Germania, con 59 morti e 368 feriti – è stata fatta discendere dalla strage di Ustica. E qui dando un fondamento alla connessione con il fatto che nel 1980, come è emerso in più punti dell’inchiesta, i due ufficiali piloti, del gruppo intercettori, in servizio presso l’aeroporto di Grosseto, la sera del 27 giugno 80 fossero in volo su F104, fino a 10 minuti circa prima della scomparsa del DC9 Itavia – il loro atterraggio all’aeroporto di Grosseto è registrato alle 20.45 e 20.50 locali –; che questo velivolo, insieme ad altro con ogni probabilità quello dell’allievo, avesse volato per lunga tratta di conserva al velivolo civile; che durante questo percorso e al momento dell’atterraggio avesse squoccato i codici di emergenza. Di certo i due erano a conoscenza, come s’è dimostrato, di molteplici circostanze attinenti al DC9 e a quei velivoli che volavano in prossimità di esso. Ma non v’era stato nel corso degli anni alcun segno di cedimento da parte dei due, se non qualche battuta, pronunciata in ambienti ristretti e che in breve tempo s’era estinta senza alcun seguito. E poi poteva esserci la testimonianza dell’allievo. In vero però costui è apparso sempre terrorizzato negli interrogatori e un suo cedimento sarebbe stato sopraffatto da dichiarazioni in senso contrario dei suoi trainers; che restavano così con i soli che avrebbero potuto apportare, e in veste più che qualificata, elementi preziosi nella ricostruzione di fatti. Quello che però non convince è la sproporzione tra fini e mezzi, e cioè che si dovesse cagionare una catastrofe – con modalità peraltro incerte nel conseguimento dell’obbiettivo, cioè l’eliminazione di quei due testimoni per impedirne rivelazioni. Si deve perciò concludere che allo stato non sussiste nè prova logica nè prova di fatto degli ulteriori passaggi e cioè che il disastro di Ramstein fosse stato cagionato e realizzato per chiuder la bocca di quelli che erano a conoscenza di fatti di rilievo, prodromici alla strage di Ustica”.

La tragedia delle Frecce Tricolori. I tedeschi: a Ramstein fu sabotaggio

Una perizia disposta dall’Aeronautica militare tedesca dopo l’incidente accaduto nel 1988 a tre aerei delle Frecce Tricolori sui cieli di Ramstein proverebbe che il velivolo “solista”, schiantatosi contro quelli dei due colleghi, sarebbe stato sabotato, per "eliminare" Nutarelli. La scoperta nell'ambito di una nuova indagine sulla strage di Ustica

da messaggeroveneto.gelocal.it – 02 febbraio 2012 [ fonte ]

UDINE. Una perizia disposta dall’Aeronautica militare tedesca dopo l’incidente accaduto nel 1988 a tre aerei delle Frecce Tricolori sui cieli di Ramstein, in Germania, durante un’esibizione acrobatica nella base Nato, proverebbe che il velivolo “solista”, schiantatosi contro quelli dei due colleghi sarebbe stato sabotato.
Una circostanza emersa grazie alle indagini difensive condotte dall’avvocato Daniele Osnato nell’ambito della nuova indagine sulla strage di Ustica aperta, dopo le dichiarazioni dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga dai pm di Roma. Il legale assiste i familiari di alcune vittime dell’incidente disastro del Dc9.
L’ipotesi del legale è che l’incidente di Ramstein, costato la vita ai militari Ivo Nutarelli, Mario Naldini e Giorgio Alessio, non fu determinato da un errore del pilota solista – Nutarelli -, ma che invece il velivolo venne sabotato per impedire al tenente colonnello di testimoniare davanti al giudice istruttore Rosario Priore sulla strage di Ustica. Il militare, alzatosi in volo con Naldini il 27 giugno del 1980, la notte dell’incidente del Dc9, per un’esercitazione, lanciò per due volte l’allarme generale in prossimità della rotta del velivolo dell’Itavia, prima di atterrare a Grosseto.
Su questo anomalo comportamento il giudice avrebbe dovuto interrogare due settimane dopo la tragedia di Raimstein il pilota. Nutarelli, dice il legale, durante l’esibizione nei cieli tedeschi accortosi che qualcosa non andava nella strumentazione di bordo, che avrebbe segnalato altimetrie errate, tentò di frenare tirando giù il carrello e il freno aerodinamico. Il tentativo di frenata emergerebbe dalla perizia tedesca, ma sarebbe stato scoperto dal legale che sta ritraducendo l’atto.
«Ho saputo da fonti di stampa – commenta Osnato – che l’Aeronautica militare avrebbe fatto una sua perizia su Ramstein.
Noi non ne abbiamo mai avuto notizia. Se questo è vero la chiederemo e se non ce la daranno, chiederemo alla
magistratura di fare un ordine di esibizione di atti all’Aeronautica». In tutto a Ramstein furono 49 le vittime e 282 i feriti, che furono ricoverati in vari ospedali. Il programma della manifestazione aerea era ormai al culmine quando la Pan si apprestava a eseguire la figura del “cardioide”. Secondo la ricostruzione dei fatti, all’epoca resa nota dal comandante della Pan, il tenente colonnello Diego Raineri, l’Aermacchi Mb 339 del solista era in netto anticipo sul resto della formazione, tanto da colpire altri due velivoli precipitando al suolo come palle infuocate.
Le polemiche furono immediate e particolarmente dure, c’era chi voleva far sciogliere il reparto, mentre altri ponevano sotto accusa tutte le manifestazioni aeree. I parametri di sicurezza furono pressochè triplicati e cominciò un duro lavoro di ricostruzione dell’immagine del reparto che rappresenta il “fiore all’occhiello” dell’Aeronautica militare italiana. Nacquero i primi Club a sostegno dell’attività delle Frecce tricolori, che attualmente sono quasi un’ottantina diseminati in Italia e all’estero.

Parlano le ex Frecce: «Macché sabotaggio, a Ramstein un incidente»

Il colonnello Baron, per 18 anni a Rivolto, contesta i tedeschi. «Gravi inesattezze nella ricostruzione dei legali di Ustica»

di Giuseppe Cordioli
da messaggeroveneto.gelocal.it – 03 febbraio 2012 [ fonte ]

UDINE. «Ma quale sabotaggio? Vorrei sapere quando avrebbero potuto solo avvicinarsi agli aerei della Pan all’interno della base di Ramstein. Il giorno prima della tragedia c’erano state le prove generali, come di consueto, e la manovra era stata eseguita con gli stessi velivoli, quindi solo durante la notte poteva essere avvenuto il “misfatto”. Mi sento di escluderlo fermamente».
È il colonnello Carlo Baron che parla dell’ennesima versione del tragico impatto avvenuto nel 1988.
Baron è stato per ben 18 anni al 313° Gruppo addestramento acrobatico a Rivolto come ufficiale tecnico, per poi trasferirsi proprio a Ramstein per tre anni prima della quiescenza. Quando ha letto gli articoli che riprendono l’ipotesi di sabotaggio, e da noi interpellato, ha voluto fugare ogni dubbio sollevato dall’indagine difensiva del pool degli avvocati che assiste i familiari delle vittime della tragedia di Ustica.
«Per quanto riguarda i due elementi evidenziati dai legali – afferma Baron -, mi pare che ci siano gravi inesattezze. Si sostiene che il carrello e il freno aerodinamico dell’aereo del solista erano aperti. Prima di tutto ai comandi c’era Nutarelli e non Naldini, come invece si legge nell’articolo. Basta rivedere il filmato per vedere come solo dopo l’impatto esce il carrello (è chiaro che l’impianto idraulico nel forte urto è stato disintegrato). Io ero a poche decine di metri dal luogo dell’incidente e ricordo ancora oggi, purtroppo, che il solista resosi conto che era in anticipo nell’esecuzione della figura ha provato a “frenare” e poi ha tirato la cloche e l’aereo è arrivato fino a 9,8G.
La commissione tecnica ha confermato questa ipotesi. Non capisco come si possa affermare che sono scomparsi i riscontri che bloccano le taniche del carburante sugli aerei. Fatto questo che sarebbe stato denunciato solo anni più tardi. Mi sembra un’enorme falsità. In quanto quando si staccano i serbatoi dalle ali i meccanismi che vengono chiamati riscontri restano attaccati ai serbatoi. Quindi non sono spariti e non c’è alcun mistero.
Basti pensare che una parte dei relitti degli aerei coinvolti nel disastro furono sistemati all’interno di grosse casse di legno e vennero trasportati in Friuli. Nessuno venne mai a vederli o a fare perizie… e dopo almeno una decina di anni furono venduti come ferro vecchio (tanto che l’acquirente ne utilizzò una parte per creare il monumento che ricorda la tragedia). Non capisco poi come si possa affermare che l’altimetro non avrebbe dato la possibilità al solista di verificare la distanza dal suo aereo e il centro della formazione. Per il semplice fatto che l’altimetro è uno strumento che misura l’altezza del velivolo dal suolo. La valutazione della distanza, lo sanno anche i bambini, dalla formazione è solo effettuata a vista dai piloti».
Anche il generale Massimo Montanari, aveva più volte evidenziato come potevano essere varie le cause dell’incidente, ma non di sicuro un attentato e qualcosa di simile. Come scritto anche nel libro «Capriole tra le nuvole» edito da Mondadori, la ricostruzione di colui che collaborò con il giudice Ennio Diez, per l’indagine, non contempla ipotesi di sabotaggio. Secondo Montanari, che all’epoca ebbe modo di visionare centinaia di filmati e fotografie, qualcosa è accaduto durante il looping del solista, ma non si saprà mai esattamente cosa.
Le indagini ufficiali, svolte a livello internazionale (erano stati coinvolti anche gli esperti di Inghilterra, Francia e Stati Uniti, così come evidenziato dallo Stato maggiore dell’Aeronautica militare italiana, hanno sempre escluso ipotesi di complotti e sabotaggi.

La relazione dell’Aeronautica sull’incidente di Ramstein

da stragi80.it [ fonte ]

Il 31 gennaio scorso l’avvocato Daniele Osnato, legale di un folto gruppo di familiari delle vittime della Strage di Ustica, annunciò l’avvio di attività investigative, private, relative all’incidente occorso alla Pattuglia acrobatica nazionale nella base tedesca di Ramstein, in cui persero la vita, oltre 67 spettatori che assistevano alle evoluzioni della Pan, anche tre piloti delle Frecce tricolori: Giorgio Alessio, Ivo Nutarelli e Mario Naldini. I nomi di quest’ultimi due militari (Naldini e Nutarelli) sono legati da tempo all’affaire Ustica, in quanto proprio la notte del 27 giugno 1980, dopo essere decollati dalla base di Grosseto, per molti minuti volarono su un TF-104 di conserva al DC9 dell’Itavia, tra l’altro squockando un codice di emergenza prima di atterrare. Circostanza che li rese, probabilmente, testimoni oculari di quanto potrebbe essersi verificato attorno all’aerovia percorsa dal volo Itavia. L’avvocato Osnato, riaprendo il caso Ramstein, parlò anche dell’esistenza di una relazione tecnica redatta dall’Aeronautica e mai resa nota. Ebbene oggi Stragi80.it è in grado di pubblicare integralmente quella relazione. Si tratta di un documento di 154 pagine che porta la firma del generale Guido Oliviero e di altri sei alti ufficiali della nostra Aeronautica. Il documento è datato 14 ottobre 1988, ed è stato redatto secondo le regole e le procedure dettate dalla Nato in materia di indagini su incidenti aerei che vedono coinvolti velivoli militari. L’indagine, occorre ricordarlo, proprio ai sensi di quanto stabilito dalla Nato, fu affidata a una commissione mista (Usa, Germania e Italia). Gli Americani si occuparono dell’aspetto sicurezza, cioè di verificare se erano state rispettate tutte le norme previste per gli air show, i tedeschi dei soccorsi e gli italiani delle cause tecniche che portarono al disastro. Il risultato di queste indagini è tutto nelle 154 pagine che Stragi80.it pubblica oggi integralmente.

Ustica-Ramstein, fu sabotaggio?

da aldro.com.unita.it [ fonte ]

Appena viste le immagini di Ramstein, tra noi dell’Arma, ci siamo guardati in faccia dicendo la stessa cosa: non è stato un incidente. Non è possibile, che un pilota di quel livello tecnico e preparazione fisica commetta certi errori». Ventisette anni nell’Aeronautica militare, una vita a prendersi cura di aerei come quelli con cui il 28 agosto 1988, proprio oggi un quarto di secolo fa, con un programma di celebrazioni dell’evento a cui partecipa anche l’Ami, tre velivoli delle Frecce Tricolori si scontrarono pochi minuti dopo il decollo, con decine di morti e centinaia di feriti.
Il maresciallo Paolo Moro per una vita è stato un elettromeccanico di bordo, uno che con un cacciavite poteva smontare e rimontare l’Aermacchi Mb 339 con cui per un tragico errore il tenente colonnello Ivo Nutarelli, secondo il rapporto dell’Aeronautica, ha provocato la più grave strage della storia delle esibizioni aeree, trascinando nella tragedia anche i colleghi Mario Naldini e Giorgio Alessio, oltre a ignari spettatori arsi vivi o sopravvissuti con tragiche conseguenze, per non parlare di malattie letali che continuano a mietere vittime.
Per la prima volta in 25 anni, al di fuori delle dichiarazioni ufficiali, un ex appartenente all’Ami parla del disastro che, per le indagini difensive condotte dall’avvocato Daniele Osnato nell’ambito dei procedimenti civili di risarcimento danni per la strage di Ustica, evidenzierebbe un nesso di causalità tra il rogo sul cielo della base americana nel sud ovest della Germania e l’ultimo volo dell’I-Tigi, 8 anni prima: il nesso, naturalmente, sarebbero i top-gun Ivo Nutarelli e Mario Naldini, testimoni oculari di quello che è successo al Dc9 prima di perdere la vita durante l’esecuzione del «cardioide», all’inizio dell’esibizione della Pattuglia acrobatica nazionale.
Il maresciallo Moro è un garbato uomo del Sud che parla ancora di piloti e aerei con l’affetto di chi li ha accuditi per tutta la vita. «Cosa non andava sull’aereo di Nutarelli? La prima cosa a cui abbiamo pensato è l’altimetro». Moro si riferisce al barometro che sul Mb 339, come su altri velivoli, funziona tramite una banale membrana, detta aneroide, che si contrae via via che si sale, quindi al diminuire della pressione, permettendo di misurare la quota dell’aereo: uno strumento ad elevata sensibilità, così come sono infinitesimali i margini di errore per quei bolidi del cielo che sfrecciano a 600 all’ora con sincronismi di attimi. Negli incroci si vola anche a vista, l’occhio e i riferimenti a terra aiutano il pilota, ma di sicuro non si fanno certe piroette senza poter contare sugli strumenti.
«Basterebbe sprimacciare, stropicciare o comunque manomettere quella membrana e lo strumento inevitabilmente darebbe parametri del tutto erronei, ingannando il pilota. Complicato? Bastano cinque minuti, per uno che se ne intende, sono due viti in tutto. Ma soprattutto, anche se l’avessero recuperato, sarebbe impossibile dimostrare che è stato sabotato, visto cos’è e come funziona l’aneroide». Poi c’è un altro problema, legato all’ipotesi di manomissione dell’altimetro: «Se l’aneroide è manomesso, viene completamente sballata la taratura che compie il pilota poco prima del decollo, quando riceve i parametri di altitudine dalla torre di controllo e li inserisce per i calcoli di volo».
Si tratta di una delle regolazioni altimetriche conosciuta come «QNH», serve per calibrare quota e pressione di volo e questo spiegherebbe il mistero più grande, cioè perché Nutarelli non abbia corretto – o non sia riuscito a correggere – nessuno dei tanti errori commessi prima di schiantarsi. L’altimetro e la sua taratura, come spiega Moro, riguarda il primo clamoroso sbaglio di Nutarelli ed è forse la matrice di tutti gli altri: impensabile per uno dei nostri migliori piloti, che nelle istantanee di quella maledetta domenica mostra il suo bel sorriso fino a pochi minuti prima di decollare. Il suo sforare di quasi 200 metri il «loop» che avvia l’esercizio chiamato «cardioide» è palesemente figlio di una quota totalmente sbagliata.
Il «Pony 10» di Nutarelli, come gli aerei di Naldini e Alessio, è però finito al macero dopo anni di ruggine nel piazzale di qualche rottamatore. Nel rapporto sulla strage compilato dall’Ami e reso pubblico solo la scorsa primavera, 24 anni dopo gli impegni presi con Germania e Usa, tra le minuziose descrizioni tecniche e di manutenzione degli aerei, non c’è traccia della strumentazione di bordo: distrutta nell’impatto? Un altro punto oscuro riguarda proprio l’apparente solitudine di Ivo Nutarelli quella domenica. A tutt’oggi non risulta che per l’ultima esibizione della sua carriera, era atteso da una carriera da ufficiale in ambito europeo, il solista delle Frecce avesse con sè il proprio «crew-chief», ossia il meccanico di fiducia senza il quale, secondo Moro, «di norma un pilota non vuole nemmeno decollare».
La regola era ed è molto semplice: un crew-chief, un pilota e un aereo. Come mai Nutarelli risulta fosse solo a Ramstein? E se non è così, chi ha fatto da crew-chief per lui quel giorno? «Mi pare molto improbabile e molto strano – riflette il maresciallo Moro – perché per effettuare i necessari controlli prevolo il pilota non può fare da solo. Bisogna verificare una serie di cose come gli strumenti di bordo, il giroscopio, il girobussola, le spie e le spine di sicurezza, i serbatoi alari, il carrello e tutte le altre cose previste dalla check-list. O come aerofreno e piani di coda, che il pilota aziona a bordo e il collega controlla da terra. Poi firma il libretto su cui si annota tutto, compresi i piani di volo e la durata». Quindi il punto è: a Ramstein, chi ha controllato l’efficienza di «Pony 10» e chi ha firmato il libretto? «Sul foglio di viaggio di quella giornata dovrebbe risultare, come per ogni uscita della Pan lì vengono annotati minuziosamente gli equipaggi, i tecnici e il personale al seguito» spiega Moro.
Che fine ha fatto il foglio di viaggio della Pan di domenica 28 agosto 1988? È tra i documenti esaminati dal giudice Rosario Priore nell’appendice all’inchiesta su Ustica e dedicata ai fatti «collaterali»? Ma non è tutto, perché i dubbi del maresciallo Moro sulla strumentazione di «Pony 10» potrebbero essere ampliati da una indiscrezione trapelata da addetti ai lavori. Riguarda il «flight data recorder», le scatole nere dei Mb 339 a Ramstein sui quali, per qualcuno, erano montate addirittura microtelecamere.
Pare che l’Aermacchi, subito dopo la tragedia, le abbia richiamate nello stabilimento varesino di Venegono per controlli del produttore sui propri velivoli, ma come gli aerei, anche questi strumenti erano di proprietà dell’Ami: se davvero c’erano, che fine hanno fatto? Chi le ha viste, tra l’altro, sostiene che ce ne fossero 9 su 10, mancava una di uno degli aerei caduti: per caso quella del «Pony 10» di Nutarelli? Nel rapporto ufficiale non ce n’è traccia, e a quanto pare nemmeno nell’inchiesta condotta a Udine dal giudice istruttore Roberto Paviotti e da lui archiviata poiché «l’evento di Ramstein non è ascrivibile a responsabilità penale di alcuno».

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