Ultimo aggiornamento: 16 Luglio 2020

da Carlo Baron, Con le Frecce sempre in testa, 2013, p. 102

Crotone, 26 luglio 1996

La manifestazione prevista per questo fine settimana è a Crotone da dove in seguito raggiungeremo Pantelleria per un impegno simile. Decolliamo nel primo pomeriggio ed il trasferimento è di quelli soliti, tranquillo e rilassante. Le innumerevoli occasioni in cui abbiamo volato verso gli aeroporti del sud hanno permesso anche a noi tecnici, quando seguiamo la formazione a bordo del MB339, di imparare la rotta.il paesaggio che ci scorre sotto è pertanto molto familiare.

È uno spettacolo sempre entusiasmante vedere l’italia da quassù. Stiamo volando a 10.000 metri di quota da una trentina di minuti e fra altrettanto tempo o, poco più, atter-reremo all’Aeroporto “Sant’Anna-Pitagora”, nella bella cittadina calabrese dove, nell’attesa dell’arrivo del G222 che trasporta il resto del personale specialista, il materiale di supporto ed i bagagli, inizieremo le operazioni di post volo ed i rifornimenti.

La giornata è splendida e tutto procede regolarmente, ma quando da lontano vediamo il meraviglioso golfo di Sorrento una comunicazione squarcia l’aria ed innalza la nostra adrenalina a livelli industriali: “Zero da nove”… ”Avanti nove”… “Mi si è spento il motore”.

Segue un attimo di silenzio, un silenzio in cui penso tutti c’interroghiamo se quello che sta accadendo è vero o frutto di fantasia. “Nove confermi flame out motore?” chiede Miniscalco, il Comandante, “Confermo!!” è la risposta.

Norbert Walzl, il ”mio” pilota, con la sua inconfondibile cadenza sud tirolese si lascia sfug-gire un “Nooot Pokkkka Putt… ” che sottolinea in un certo modo la gravità dell’inefficienza. Con il cuore in gola guardo l’abitacolo del velivolo con il nove dipinto sulla coda e che si trova alla mia sinistra cercando d’immaginare i pensieri che passano nella mente del pilota Stefano Miotto, “Sluso” per gh amici, e di Cadonà, lo specialista sul sedile posteriore. Conoscendo molto bene il primo, sono certo che avrà già rivolto a modo suo il proprio disappunto a tutti i santi presenti nei calendari, da quello della “Banca Popolare” a quello di “Frate indovino” non tralasciando nemmeno quello di “Mario Galvagno – ricambi auto” nel quale i nomi di quei personaggi trovavano spazio nel paginone mensil\ accanto alle foto di ragazze che solo un eufemismo catalogherebbe come poco vestite.

Il secondo, il “Duca”, così chiamato non per una sua nobile discendenza ma solamente perché, quando l’alopecia aveva cominciato a devastare la sua chioma, quelle simpatiche linguacce della linea volo già avevano perfidamente fatto presente che fra non molto gli sarebbero rimasti in testa solo ”due (du) capelli (ca)”, si starà pentendo di non aver dato ascolto, mandandolo pure a quel paese dopo la classica e scaramantica “toccatina”, quel collega che, sia pur scherzando, lo aveva sconsigliato a fare i trasferimenti a bordo del 339 perché più rischioso del G222.

Il Comandante, con la voce tranquilla di chi non vuole travasare agli altri la propria preoccupazione, continua a suggerire a Miotto le procedure da seguire per la riaccensione di quel dannato turbogetto. Niente da fare, quella maledetta turbina non ne vuole proprio sapere di rimettersi a girare e, ad ogni successivo tentativo, il combustibile non bruciato esce dal tubo del getto formando una scia bianca. Sembra quasi una segnalazione d’impotenza e d’aiuto tra velivoli comunicata con il fumo, alla maniera degh indiani.

Il termine per decidere sulle azioni da intraprendere per risolvere il problema sta per scadere! Perdurando l’inefficienza, non ci sono alternative alle uniche due soluzioni che si possono adottare per il tipo d’emergenza in atto; il tentativo di raggiungere a motore spento l’aeroporto di Grazzanise, che dista una settantina, di chilometri o l’eiezione dell’equipaggio dal velivolo con la conseguente perdita di ques’ultimo.

Il terreno sotto di noi è fortunatamente sgombro da abitazioni e l’impatto al suolo dell’aereo non provocherebbe danni a persone o proprietà e tanto meno alla natura che da quelle parti non è che si sia data tanto da fare. Ci potrebbe però essere qualche problema per i due componenti l’equipaggio che, dopo aver abbandonato l’aereo e dondolato per un po’ appesi al proprio paracadute, correrebbero il rischio di procurarsi facilmente qualche ferita o trauma toccando terra su quella superficie sassosa ed irregolare.

Mentre faccio queste rapide considerazioni, la mia deformazione professionale mi ha già proiettato verso il futuro che mi aspetterebbe nel caso in cui la soluzione del lancio fosse quella ritenuta più idonea.

Avendo già vissuto situazioni simili, mi vengono i brividi a pensare che, in qualità di responsabile dell’area tecnica, avrei dovuto vedermela con la commissione d’inchiesta, la sicurezza volo, le domande, le dichiarazioni, i rilievi fotografici, le carte, i telegrammi, l’organizzazione dei mezzi e della squadra di specialisti per il recupero dei rottami da rispedire a Rivolto. Per me e per molti dei miei collaboratori non si prospetterebbe di certo un’estate tranquilla.

Considerata la quota alla quale voliamo, ci sono buone possibilità che la prima alternativa possa avere successo ed è per questo che viene preferita a quella del lancio che, nel caso non tutto dovesse procedere come speriamo, rimane l’estrema, ed a quel punto anche l’unica, decisione da prendere.

Avanti allora!

Le comunicazioni che seguono tra piloti e gli enti di controllo, prima di Roma e poi di Napoli, mi sorprendono per la chiarezza e la calma con cui avvengono in quella situazione tutt’altro che tranquilla.

Il solista, il buon Stefano Giovannelli a suo tempo autoribattezzatosi Pasquale per non confondersi con i tanti Stefano presenti in un certo periodo in Pattuglia, viene designato ad accompagnare Miotto nella sua planata verso l’aeroporto di Grazzanise. Proprio lui, Pasquale, uno dei più grandi casinisti che io abbia conosciuto, getta la maschera d’eterno buontempone e compie un capolavoro di professionahtà condendo la sua ”esibizione” con una serie di “Vieni Sbluso… va bene cosi… bravissimo… è tutto a posto. Stai tranquillo perchè non ci sono assssssssolutamente problemi”.

Neanche il Massimino Montanari delle mighori occasioni sarebbe stato capace di raccontare tante bugie per sdrammatizzare una situazione oggettivamente non priva di rischi e dare la necessaria tranquillità al pilota. È talmente bravo nel trasmettere calma e fiducia che anche io, sentendolo via radio, comincio a stare megho.

Seguo con lo sguardo i velivoli che si allontanano fino a quando diventano due puntini che scompaiono dalla nostra vista. Passa un po’ di tempo e poi…… la voce di Stefano.

“Grazzanise Frecce Tricolori” … “Avanti Frecce” .. “Chiediamo un atterraggio d’emergenza per flame out motore”.

Ci siamo, ce l’hanno quasi fattal

Sento il cuore pulsarmi in gola, vivo una sensazione paragonabile a quella di un imputato che, pur convinto di essere assolto, in attesa del verdetto finale ha paura perché… non si sa mai. Fortunatamente quel tormento non dura molto perché, poco dopo, apprendiamo che l’atterraggio dei due velivoli è avvenuto in sicurezza.

Urlo tutta la mia gioia negli auricolari del povero Norbert che sfoga la sua felicità movendo ripetutamente avanti e indietro la cloche e facendo così ondeggiare più volte l’aereo. lronia della sorte il motore che si era spento e che non aveva dimostrato nessuna intenzione di ricominciare a funzionare, aveva deciso di farlo poco distante dalla pista quasi a voler coprire con il suo prolungato sibilo le maledizioni che il pilota non aveva mai smesso di inviargli. Grazie a Dio è andato tutto nel migliore dei modi. Che strizza però!

Appena arrivati a Crotone, due velivoli, controllati e riforniti a tempo di record, vengono inviati a Grazzanise per prelevare i protagonisti dell’avventura. Nonostante abbia manifestato sintomi di ”pronta guarigione”, quello che ci aveva tenuto col fiato sospeso per lungo tempo rimane nella base d’atterraggio in attesa di essere scrupolosamente controllato dai nostri motoristi al rientro del tour.

Alla sera, in albergo, festeggiamo tutti insieme a base di spumante la felice conclusione di quell’evento. È luglio, fa un caldo bestia e quella bevanda fresca e stuzzicante va giù come l’olio. Mi avvicino al bancone del bar e basta un’occhiata perché il barista capisca cosa voglio da lui. Mi riempie il calice e con la classica pronuncia aspirata calabrese mi dice qualcosa che non riesco a decifrare ma che penso possa riferirsi alla fortuna che abbiamo avuto. Sperando di aver indovinato rispondo sorridendo con un cenno d’assenso. Torno poi verso quel felice gruppo di piloti e specialisti e mi fermo un attimo a “gustarmeli”, osservandoli mentre scherzano e di-scutono amichevolmente ed animatamente tra di loro.

Lo sono sempre stato ma in quel momento mi sento ancora più felice ed onorato di lavorare con quei ragazzi capaci di ridere, scherzare e divertirsi per trasformarsi, al momento opportuno e con una naturalezza disarmante in professionisti eccezionali.

“Cin, cinl Siete unici!” grido istintivamente verso di loro alzando il bicchiere e mi ricordo troppo tardi che quei giovanotti sono poco abituati ai complimenti. il solito buontempone che nonostante un inutile “Guarda che ti vedo!” ha già posato le labbra inumidite sull’incavo della mano tra il pollice e l’indice per generare il classico rumore d’origine partenopea, non fa altro che confermarmelo.

Quel suono modulato ad arte favorisce una risata generale che non copre però un bellissimo e gratificante ”Grazie Mister” da parte di tutti compreso quel simpatico lazzarone che, poco dopo, mentre asciuga sulla tuta da volo le tracce di saliva presenti sullo strumento della sua performance, ad ogni torsione di quell’orecchio che ho tra le dita inizia a lamentarsi ridendo ed implorando “Ahi, ahi basta Mister Perdono”. Un lamento più che giustificato… visto che l’orecchio è il suo!

Faccio parte veramente di una grande e bella famiglia nella quale, seppure in modi diversi, tutti ci stimiamo e ci vogliamo bene!

Alcuni mesi più tardi a Stefano Miotto detto “Sbluso” ed a Stefano Giovannelli detto “Pasquale” viene conferito un più che meritato encomio per l’esemplare professionalità con cui avevano risolto l’emergenza.

da Renato Rocchi, La meravigliosa avventura, vol. 4°, 2000, p. 142

Il 27 luglio il trasferimento di 10 MB339A da Rivolto a Crotone per l’impegno di domenica, quando, sorvolando il Vesuvio, al Cap. Stefano Miotto – 2° fanalino – con il velivolo n. 9 – gli si spegneva il motore… La parola al protagonista: “Un atterraggio non previsto“.

“Era una splendida mattina di sole, proprio l’ideale per un volo di trasferimento in 10 da Rivolto a Crotone. Finalmente potevo contare nuovamente sul mio velivolo, il n. 9, uscito dall’ispezione delle 300 ore il giorno precedente, dopo un paio di mesi di controlli, durante i quali era stato completamente smontato e controllato in ogni minima parte.

Inoltre disponeva di un motore nuovo appena giunto dalla Piaggio via Lecce.

Il volo prova aveva confermato che l’aeroplano godeva di ottima salute. Il decollo in due sezioni avveniva verso le 10 e la navigazione procedeva in formazione larga come al solito.

Dopo circa 50 minuti mentre, sorvolando il Vesuvio, mi stavo godendo le bellezze del golfo di Napoli, avverto il classico rumore del motore che si spegne. Controllo la manetta: in posizione! Chiedo allo Specialista seduto dietro se l’ha por-tata inavvertitamente su stop -negativo ! rispon-de. Poi mi arrendo, ho avuto un vero Flame Out! Mi attacco alla radio -“Zero da nove”.
– “Avanti nove”
– “Ho avuto un Flame Out”
– “Copiato nove, intenzioni?”
– “Dirigo su Capodichino o Grazzanise”
– “Vai a Grazzanise, 10 dai assistenza”
– “Nove!”

Mentre fornivo indicazioni al leader avevo già portato la manetta su “idle” e dopo un’occhiata veloce di controlli premevo il pulsante di riaccensione per tentare di rimettere in moto. Intanto viravo verso Grazzanise. Il “tacan” indicava 42 nm. Dalla quota di 33.000 piedi potevo pensare di arrivare sul campo a motore spento ancora con circa 10.000 ft per effettuare un “circuito forzato”.

Il 10, Stefano Giovannelli mi stava dietro a pochi metri, effettuando tutte le comunicazioni radio del caso e dandomi la necessaria assistenza, leggendomi il “check list” delle emergenze. L’accensione con la procedura a caldo non avveniva e un po’ sconsolato riportavo la manetta su stop. Cominciavo a pensare un po’ di tutto, – proprio un motore nuovo di zecca doveva farmi uno scherzo come questo? Intanto rassicuravo il maresciallo Cadonà che, seduto nel posto posteriore, non aveva osato più fiatare.

Ad una quota di circa 17.000 ft, dopo qualche lunghissimo minuto, tentavo una riaccensione fredda. Miracolo dei miracoli, il motore ripartiva, riportandosi al normale regime per la quota che avevamo; stavo per compiacermi quando vedo ripetersi quanto avvenuto poco prima: giri in veloce diminuzione e temperatura del getto sotto i 200°: ci risiamo.

Lo scherzo si ripete un’altra volta ancora. Ormai stiamo sorvolando la pista di Grazzanise. Sconsolato mi riporto nel circuito forzato, so che non posso sbagliare, c’è un vento abbastanza forte a complicare i calcoli che sto facendo, se dovessi arrivare “corto” rimarrebbe solo il lancio!! Non lo ipotizzo neppure al mio specialista, è già abbastanza impanicato.

Sono al “chiave basso”, 1800 ft, mi accingo alla virata finale quando Stefano mi consiglia un’altra riaccensione. Questa volta provo con lo “starter normale” (procedura non prevista).

Sono concentrato ad atterrare, non faccio caso al motore che riprende lentamente.

Tocco ad inizio pista. il motore è acceso e non si spegne. Solo adesso, quando non ce n’è più bisogno? Almeno mi consente di rullare fino al parcheggio senza aspettare i mezzi di emergenza!! Mentre rullo, un’ombra mi passa sulla testa, è Stefano, sta riattaccando per riportarsi all’atterraggio!!

Al parcheggio ad aspettarci c’è il Comandante di Grazzanise, il Col. Dilabbio con una bottiglia di Ferrari. È il caso di festeggiare, ma senza esagerare perchè dopo aver rifornito il velivolo di Giovannelli, io e Stefano ripartiamo: destinazione Crotone”.

1 commento

  1. Eh, so per certo che lo specialista non era impanicato, ma intento a prepararsi all’eventuale lancio ed a memorizzare dettagli importanti x i successivi controlli di manutenzione.

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