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La Pattuglia Acrobatica Nazionale in formazione ridotta

Sono troppi i piloti militari che lasciano l'Aeronautica per le compagnie civili

di Carlo d’Agostino
da Il Piccolo, 9 maggio 1979, p. 12

NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE VARESE — La Pattuglia acrobatica nazionale delle «Frec-ce tricolori» è costretta a rinunciare alla formazione tradizionale dei dieci velivoli, quella formazione che ha portato nei cieli di tutto il mondo la «presenza» della nostra Aeronautica militare, per restringerla a soli otto velivoli. Il motivo che ha indotto l’Aeronautica a prendere questo drastico provvedimento è stato illustrato dal gen. Mura, comandante la 1.a Regione aerea, intervenuto all’annuale convegno dell’Ugai, l’Unione giornalisti aerospaziali italiani, tenutosi quest’anno a Varese grazie all’ospitalità dell’Aeronautica Macchi.

Il fatto di per sé può anche non avere molta rilevanza, ma ciò che ha rilevanza – come ha affermato il gen. Mura – è il motivo che ha indotto l’Aeronautica militare a prendere questa decisione: l’esodo pesante e quasi contemporaneo avvenuto negli ultimi mesi di oltre un centinaio di piloti dalle file dei reparti di volo.

Sono stati infatti ben 138 i piloti militari che hanno lasciato l’Aeronautica in quanto assunti dalla compagnie aeree civili e si prevede che questo esodo continui, fino a quando non ci saranno altre «fonti» alternative da dove reperire i piloti per le linee aeree commerciali. Gran parte dei piloti che hanno lasciato l’A.M. è costituita da piloti di complemento, che – come ha rilevato il gen. Mura – l’Aeronautica continua a reclutare con un vincolo di ferma anacronistico e ingiustificabile di soli cinque anni.

Il problema è vecchio e particolarmente sentito dalle armi specializzate come l’Aeronautica militare: si impiegano soldi, molti soldi, per forgiare un pilota, per dargli quella istruzione necessaria a consentirgli non solo di pilotare un aereo che vale miliardi come l’F 104, ma anche e forse soprattutto per dargli la professionalità del dirigente. Tutto questo denaro pubblico viene poi disatteso nel suo «investimento», in quanto il richiamo economicamente irresistibile delle compagnie aeree fa ampia «man bassa» di questo vivaio portando via dall’ A.M. quelle forze che invece sarebbe economicamente necessario trattenere per un maggior periodo di tempo.

L’unica soluzione prospettata dal gen. Mura è quella di passare a una ferma prolungata ma a termine, economicamente soddisfacente per le esigenze dei reparti operativi ma nello stesso tempo non tale da impedire al pilota militare, una volta pagato il suo debito verso chi lo ha addestrato, di dedicarsi a una attività civile più remunerativa.

«È quello che si fa in tutto il mondo — ha affermato il gen. Mura — ove il vincolo e l’impegno assunto da un neo pilota militare non è mai inferiore ai 12-15 anni: e proprio in 12 anni è il vincolo di ferma che l’Aeronautica militare ha individuato come ottimale, considerandolo un giusto compromesso per le esigenze dell’Aeronautica militare e le pur fondamentali esigenze dell’ aviazione commerciale che, non avendo o avendo rinunciato a una scuola di formazione, deve pur attingere all’Aeronautica militare. Ogni diversa soluzione è antieconomica, illogica, deontologicamente inaccettabile, pericolosa per l’efficienza della forza armata».

Indubbiamente si tratta di un grosso problema, che l’Aeronautica non può risolvere da sola: una ferma di cinque anni per piloti con tempi di brevetto di 18-20 mesi, cui fa seguito un ulteriore periodo di addestramento operativo al reparto di altri 10 o 12 mesi è ormai largamente superata; inoltre vi è anche il concetto della cosiddetta «riserva» da rivedere, In quanto, con il continuo evolversi del mezzo aereo militare, il periodo di addestramento di un pilota che abbia lasciato il reparto richiede almeno 10 o 12 mesi.

Un altro grave problema è stato poi ricordato dal gen. Mura; quello del traffico aereo e del personale a esso assegnato. «Se il controllo del traffico aereo dovrà diventare un servizio civile, si dia inizio alla riforma: se si riterrà più opportuno mantenere la struttura militare confermando l’attuale organizzazione, si dia agli uomini che lo costituiscono la necessaria serenità e dignità professionale».

Un pilota da guerra costa 600 milioni, poi se ne va

A colloquio col comandante della prima regione aerea

Dopo l’ingente spesa dell’addestramento, sostenuta dallo Stato, si assiste a un massiccio esodo dall’aeronautica militare verso le compagnie civili - Negli ultimi mesi, 134 « defezioni »

di Giovanni Caprara
da Corriere della sera, 12 maggio 1979, p. 9

Un massiccio esodo di piloti, non ancora concluso, sta assot­tigliando i reparti dell’Aero­nautica Militare. Negli ultimi mesi 134 piloti da combatti­mento si sono tolti la divisa militare per indossare quella delle compagnie civili. L’emor­ragia è tanto diffusa che persi­no la pattuglia acrobatica na­zionale (PAN) da questo mese di maggio e almeno per tutto l’anno in corso si esibirà con solo otto velivoli anziché dieci. Infatti anche dal gruppo delle «Frecce Tricolori» che ha sede nell’aeroporto di Rivolto se ne sono andati il capitano solista Angelo Boscolo passato all’Alitalia, il tenente Giuseppe Liva e il tenente Nunzio Ruggero.

«Il flusso in uscita dei piloti, purtroppo – ha detto il generale Mura, comandante della Prima Regione aerea durante un in­contro con i giornalisti aero­nautici dell’UGAI – è destinato a continuare ancora, secondo le nostre previsioni, fino a un totale di duecento unità. Poi si arresterà, ma per quanto tem­po? Fino a quando non ci sarà un’ulteriore esigenza di ali­mentare le compagnie la cui unica e primaria fonte di repe­rimento di piloti è l’Aeronauti­ca Militare».

Quanto sta succedendo pone seri problemi allo Stato Mag­giore dell’Aeronautica anche perché non è la prima volta che si verifica un fatto del genere. Tra il 1966 ed il 1971 un’altra ondata di dimissioni aveva interessato circa cinquecento pi­loti militari.

Ma chi sono gli ufficiali che se ne vanno attratti dalle con­dizioni offerte dalle compagnie civili? «La maggior parte del piloti che lasciano i reparti – afferma il generale Mura – è costituita da ufficiali di com­plemento che l’Aeronautica continua a reclutare con un vincolo di ferma anacronistico e ingiustificabile di soli cinque anni».

Infatti per i piloti provenien­ti dall’Accademia di Pozzuoli e in servizio permanente effetti­vo il periodo minimo di ferma è di dodici anni dopo il consegui­mento del brevetto di pilo­taggio.

È appunto questo – continua Mura – il periodo ottimale da estendere a tutti i piloti della forza annata permetten­do da una parte di utilizzare la loro specifica preparazione mi­litare che è costata allo Stato un consistente Investimento economlco e dall’altra di con­sentire alle compagnie di di­sporre di piloti ancora giovani con un prezioso bagaglio di esperienza».

Oggi un pilota di comple­mento viene arruolato con una ferma di cinque anni. Durante i primi tre segue un programma di addestramento al volo che è perfettamente uguale a quello dei colleglli dell’Accademia. Passato il quinquennio, per ri­manere nell’Aeronautica i pilo­ti di complemento devono di anno in anno rinnovare la do­manda. E’ quindi facile, per loro, trovato un altro impiego, sciogliere ogni legame con l’amministrazione militare. Il costo di formazione di un pilo­ta di complemento è intorno ai seicento milioni di lire.

Ora, visto che in Italia per arrivare alla guida di un jet di linea bisogna provenire dal­l’addestramento militare, nei periodi come l’attuale nel qua­le le compagnie civili hanno bisogno di rinforzare o di sosti­tuire i loro organici, a farne le spese è l’Aeronautica Militare.

Questo – si sostiene – non è molto logico soprattutto dal punto di vista economico perché si spendono molti soldi per preparare il pilota a compi­ti soltanto militari che, ovvia­mente sono inutili nei voli clvili.

Il punto di vista dell'Alitalia

ROMA — La «fuga» di piloti dall’aeronautica militare è stata commentata da un portavoce della compagnia di bandiera Alitalia in modo piuttosto nor­male: «Non si tratta — ha detto il funzionario — di portare via specialisti alle forze armate. È invece un consueto sistema di ricambio dei nostri comandanti e copiloti che vanno in pensio­ne. D’altra parte, da quando non abbiamo più la scuola di addestramento iniziale, i nostri piloti vengono tutti assunti, già esperti, dall’aeronautica. Non solo, ma il potenziamento della flotta con l’acquisto di DC/10, B-727 e Airbus nei prossimi anni, ci costringe a potenziare anche il personale. È inoltre utile precisare che non tutti i piloti assunti prossimamente verranno all’Alitalia».

da Renato Rocchi, La meravigliosa avventura – Storia del volo acrobatico, vol. 3, Aviani editore, p. 248

Doveva essere un inizio d’anno senza pace per le ali della formazione.

In una tale situazione era illusione il ritorno del “team” a “9 G.91”. A “9 G.91 più il solista”, un sogno!

Fin da gennaio si aveva maretta in Pattuglia. Il Cap. Assenzio Gaddoni un “sinistro eccellente” – passato a “primo fanalino” e, ultimamente, rientrato “in ala” dopo la perdita di Carrer – era l’aspirante più qualificato alla successione di Gallus.

Pur nei suoi difetti e grazie ai suoi pregi, Gaddoni diveniva scomodo per quei giochi di squadra che sanno sacrificare. Specie da quando si dava per scontata l’assegnazione del Ten. Col. Corrado Salvi, quale prossimo Comandante del 313° Gruppo A.A..

A Gaddoni non rimaneva che il ritorno al 2° Stormo. Una “fuga” accettata da Barberis, che così facendo salvaguardava le speranze degli aspiranti e doveva riconfermare gli “inossidabili” Purpura e Montanari per dare ossigeno al “team”.

II 12 di febbraio il Cap. Assenzio Gaddoni lascia-va la P.A.N. per il 2° Stormo, con il castigo di una nota di demerito.

[…]

Anche Nunzio Ruggiero dimostrava i suoi risentimenti per una ruggine che aveva avvelenato anche “altri” del “team”, e chiedeva il trasferimento, uscendo dalla formazione ufficiale.

Era proprio di quei giorni l’aria di crisi che preoccupava lo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare per ancora una richiesta di piloti, fatta direttamente all’interessato (leggi pilota) da parte di una Alitalia che non aveva pianificato mai le necessità di personale navigante, servendosi sempre – quale “pozzo di San Patrizio” e indiscriminatamente – dei piloti dell’Aeronautica Militare.

E dopo Gaddoni, altri tre piloti – tre “nazionali” – si mettevano a rapporto dal Comandante della P.A.N. per chiedere non il loro trasferimento, ma per presentare le dimissioni dall’Aeronautica, avendo già soddisfatto il periodo di “ferma” di cinque anni, nella previsione di un futuro economico migliore nella Compagnia Aerea di bandiera. Erano: il Cap. Angelo Boscolo, il Cap. Giuseppe Liva ed il Ten. Nunzio Ruggiero. Tre piloti che avevano fatto esperienza “a destra”, dando quella sicurezza, quell’affidamento indispensabili in una formazione acrobatica. Boscolo, poi, si era rivelato il degno successore di Franzoi, di Ferrazzutti e di Purpura nel ruolo di “solista”. Non era da meno dei predecessori. La “botta” dava preoccupazione

[…]

Ai primi di aprile, Boscolo e Liva andavano a Roma, muniti di foglio di “licenza breve” per frequentare il “Corso Base dell’Alitalia”. Ruggiero, invece, rimaneva a Rivolto in “stand-by”.

La formula “licenza breve” veniva adottata dallo Stato Maggiore per prendere fiato nella campagna intrapresa con i responsabili politici della Difesa, e fare, quindi, approvare quel progetto di legge, bloccato da tempo in Parlamento, progetto che portava a dodici anni la “ferma” del personale navigante proveniente dal complemento.
E nell’attesa …

Il programma di volo “Alto e Basso” rimaneva pari pari quello del ’78. D’altronde, con quel “tourbillon” sulle ali, era tanta salute non muovere una figura.

[…]

(A fine maggio, ndr) Boscolo e Liva rientravano in Pattuglia al termine del “corso Base” dell’Alitalia, riprendevano gli allenatnenti nell’attesa che la situazione si sbloccasse, e dando a Barberis l’opportunità di riportare la formazione a “9” con l’inserimento di Brovedani, elemento più che preparato e idoneo ad entrare nel “teatn” nazionale.
Nell’ipotesi la disposizione dei piloti:

Gallus
Liva – Brovedani
Purpura – Raineri
Montanari
Posca – Valori
Bernardis
Boscolo (solo)

Ma il Comandante del 313° si trovò con l’ordine di continuare con la formazione ridotta a “7+1” ‘ anche a “6+1 “, non mai in piena salute, per poter lamentare pubblicamente la crisi determinata dall’esodo dei piloti militari e sollecitare, nel contempo, il Parlatnento perché approvi la proposta di legge che portava il trattenimento in servizio dei piloti di complemento a dodici anni.

Così Boscolo e Liva ebbero il castigo dell’angolo.

Ancora una volta lo Stato Maggiore ricorreva alle “Frecce Tricolori” – un “team” di uotnini, conosciuto e tanto amato dagli italiani – per superare una crisi che minacciava la paralisi nei Reparti di volo. Una oculata politica militare.
È vero, vai con il lupo e impari ad ululare!

[…]

Il 24 ottobre avveniva il cambio di consegne tra il Ten. Col. Pil. Paolo Barberis – Comandante uscente dal 313° Gruppo A. A. – e il Ten. Col. Pil. Corrado Salvi – Comandante subentrante.

A Salvi spettava il rispetto di ancora due impegni in calendario.

Per coprire l'”ala destra” il Comandante del 313° non si faceva scrupoli, e inseriva nella formazione sia Liva che Boscolo per presentarsi all’appuntamento a Redipuglia.

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