Ultimo aggiornamento: 27 Marzo 2024

I solenni funerali dei Carabinieri morti nello scoppio

Forse cinquantamila le persone presenti - I fiori del Capo dello Stato L'omaggio delle «Frecce tricolori» - Il mesto corteo per le vie cittadine

di Antonio Cattalini
da Il Piccolo, 9 ottobre 1970, p. 2

Gorizia, 8

Questa mattina, dalle 11 a mezzogiorno, si poteva sentire il respiro della città. Un gran silenzio era calato, mentre Gorizia tutta stava dando il suo ultimo saluto ai sette carabinieri rimasti vittime della sciagura di martedì pomeriggio, quando una caldaia era esplosa con la violenza di una bomba, facendo crollare il tetto e parte dello stabile, dove i militari stavano accingendosi a iniziare una lezione teorica di radiofonia.

La partecipazione della città al lutto dei familiari delle vittime e della «Benemerita» è stata totale e ha avuto dei momenti di toccante sincerità. Quando il corteo funebre ha imboccato Corso Verdi e Corso Italia, le due arterie che possono considerarsi il polmone di Gorizia, la città pareva trasfigurata. Saracinesche abbassate, negozi chiusi, uffici che avevano sospeso l’attività, bandiere a mezza asta, semafori neutralizzati e lampioni accesi, a testimoniare, come vuole un’antica tradizione, il lutto della comunità tutta.

Soltanto la banda dei carabinieri, che intona lenta marce funebri, rompe – più che rompe vorremmo dire che accompagna – il gran silenzio. Ma ecco, improvviso; il rombo degli aviogetti. Ala contro ala, i nove «G-91» della pattuglia acrobatica nazionale, in formazione a rombo, sorvolano bassi il corteo. È un altro momento di brivido. Le «Frecce tricolori» lasciano nel cielo una lunga fumata nera: il loro omaggio di soldati dell’aria ai soldati della terra.

A terra, il dolore preside forme concrete diverse, acquista quei toni umani che abbiamo certamente constatato già in altre occasioni, ma che oggi sono stati sinceramente vissuti e sofferti dai goriziani.

Qualcuno ha tentato di fare un calcolo approssimativo della gente, una folla veramente enorme, forse mai vista a Gorizia, che ha preso parte all’ora di silenzio o che, comunque, ha presenziato alle esequie. Si è parlato di quarantacinque – cinquantamila persone. Può darsi che il calcolo sia esagerato, perché la sola popolazione di Gorizia conta poco più di quarantamila anime. Ma sta di fatto che oggi a Gorizia è arrivata molta gente dalla provincia e da fuori.

Il rito funebre – una concelebrazione – ha avuto inizio puntualmente alle 10 nella chiesa di Sant’Ignazio, in piazza della Vittoria. Primo concelebrante il Vicario castrense mons. Corazza, assistito da due cappellani militari. Al Vangelo egli ha ricordato, chiamandoli per nome ad uno ad sino, i sette carabinieri caduti, comunicando ai familiari la commossa partecipazione della città, L’Arcivescovo mons. Cocolin, che fino a quel momento aveva presenziato dal presbiterio all’ufficio funebre, è sceso per impartire la benedizione, tumulo dopo tumulo. Poi si è formato il corteo, lunghissimo.

Portate a spalla da giovani carabinieri, le bare sono uscite lentamente dalla chiesa. Tutte ricoperte dalla bandiera nazionale, con l’omaggio ciascuna di un cuscino di fiori offerto dal Presidente Saragat e con una fascia tricolore recante la scritta «Il Presidente della Repubblica». Rapidamente si è formato il corteo, alla cui testa si è posta una «Giulia» del pronto intervento dei carabinieri. Quindi le corone, un centinaio circa, in doppia fila interminabile. Al Parco della Rimembranza, il mesto corteo si è fermato per l’ultimo addio. Il «silenzio fuori ordinanza» suonato dalla banda, i militari irrigiditi nel saluto sull’attenti, la folla pervasa dall’ultimo brivido di commozione: la mesta cerimonia era così finita.

Numerosissime le autorità e le rappresentanze. Tra quelle militari il generale di Brigata aerea Montorsi, in rappresentanza della Presidenza della Repubblica; il generale di Corpo d’Armata Luigi Forlenza, comandante generale dell’Arma dei carabinieri, in rappresentanza anche del Ministro della Difesa e del Segretariato della Difesa; il generale di Corpo d’Armata Antonino Giglio, comandante della regione militare Nord-Est, in rappresentanza del capo di Stato Maggiore della Difesa e del capo Maggiore Stato Maggiore dell’Esercito.

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