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da Renato Rocchi, La splendida avventura – La storia del volo acrobatico, vol. 3°, pp. 91 – 92

Dopo cinque anni di attività della P.A.N., di acqua ne era passata: ed anche gli intendimenti – le sacre tavole di una direttiva di Stato Maggiore – “saltavano” per dare posto alla realtà operativa di un Reparto Speciale.

Così le norme che regolavano la struttura dell’organico, si aggiustavano sul tacito accordo per necessità di sopravvivenza, e

– il Comandante di Gruppo
• doveva avere esperienza nell’attività specifica;
• doveva provenire dai Corsi Regolari dell’Accademia (era necessario, di conseguenza, inserire in Pattuglia periodicamente almeno due Ufficiali del Ruolo Normale per assicurare la continuità di Comando);
• doveva ricoprire l’incarico per tre anni;

– iI “leader” o Comandante in volo
• doveva avere esperienza di “gregariato”;
• doveva, perciò, essere scelto tra gli Ufficiali piloti del la formazione;
• doveva provenire dai Corsi di complemento ed essere in S.P.E. ‘(Servizio Permanente Effettivo), assicurando, quindi, la continuità;

– i piloti dovevano
• scordarsi la permanenza a Reparto di un pilota per due anni e “non di più”, quando, proprio dopo due anni, un pilota entrava “in salute”, dando affidamento e sicurezza;
• i Sottufficiali, poi, dovevano considerarsi i benvenuti, in quanto, con la loro esperienza, erano la spina dorsale del “team” e, grazie loro, la rotazione annuale poteva effettuarsi senza soffrire carenze, senza risentire nel rendimento.

Ho riportato il pensiero di Squarcina e di Di Lollo.

Il G.91 era un velivolo operativo – e lo è a tutt’oggi – perciò anche i piloti dovevano essere operativi nell’impiego specifico di “appoggio tattico”.
Ancora lavoro in più per il “team”.
Di Lollo dosava da farmacista gli impegni di Reparto con lo Stato Maggiore, assicurando:
– la qualifica di “combat-ready” dei piloti;
– missioni di volo notturno;
– 10 missioni di “rat-mix”.

Ed era proprio la missione di appoggio tattico da dare all’Esercito che impensieriva Di Lollo, il quale chiedeva l’assegnazione di un pilota esperto, per distogliere quanto meno i “designati” al “team” acrobatico. Arrivava il S. Ten. Alessandro Pettarin, un maestro in “rat-mix”.

Il “team” respirava a pieni polmoni, godeva di rispetto e considerazione in campo internazionale, era considerato il “Guiness” del volo acrobatico collettivo, e l’impegno di Parigi le Bourget a giugno consigliava lo Stato Maggiore (n.d.a. Gen. Aldo Remondino) a riconfermare Di Lollo anche per il quarto anno consecutivo al Comando del 313° Gruppo Addestramento Acrobatico.

Si infrangeva una delle “regole” del “nuovo corso”, nel nome di un equilibrio che dava la certezza del successo.

I piloti “in forza” nel 1967
Ten. Col. Roberto Di Lollo – Comandante 313° Gruppo A.A. e Supervisore ali ‘addestramento acrobatico
Magg. Vittorio Cumin – leader
Ten. Renato Ferrazzutti – gregario sinistro
Serg. M. Luigi Linguini – gregario destro
Serg. M. Pietro Purpura – gregario sinistro
M.llo Ennio Anticoli – fanalino
Cap. Giampaolo Schievano – gregario destro
Cap. Vittorio Zardo – gregario sinistro
Cap. Zanazzo G. Battista – gregario destro
M.llo G. Carlo Bonollo – fanalino
Cap. Danilo Franzoi – solista
Ten. Valentino Jansa – gregario sinistro
Serg. M. Massimo Montanari – gregario destro
Cap. Paolo Barberis – gregario sinistro
S. Ten. Alessandro Pettarin – gregario destro

Un inizio stagione piuttosto movimentato in casa P.A.N., con il trasferimento del Serg. M. Meacci alla 4a Aerobrigata e con il M.llo Giardini che veni va trasferito al 20° Gruppo di Grosseto, – un’assegnazione, desiderata dal pilota, e alquanto sofferta da Di Lollo -, ancora: arrivava il Cap. Paolo Barberis – un sinistro che volerà a sinistra -, il Ten. Col. Di Lollo era chiamato a frequentare il Corso Ufficiali Superiori alla Scuola di Guerra Aerea di Firenze, Franzoi si allenava da capoformazione con l”‘U.N.P.A.”, fino a quando un attacco di appendicite lo metteva orizzontale in un lettino d’ospedale e, non bastasse, Ferrazzutti veniva messo in osservazione dall’Istituto Medico Legale di Milano dopo un elettroencefalogramma piuttosto discutibile.
Per Ferrazzutti aveva inizio l’odissea del pilota a rischio.

Ferrazzutti era un punto di forza nella formazione e Di Lollo non poteva permettersi di perderlo. Così, consultato un luminare in neurologia, e avuta conferma con diagnosi scritta dell’inesistenza di qualsiasi malore, si presentava all’Istituto Medico Legale di Milano.

La discussione tra un Comandante di Reparto, pronto a prendersi tutte le responsabilità sull’idoneità del “suo” pilota, più che mai deciso a portarselo a casa ed un Direttore Sanitario che sentenziava sul “non si sa mai!”, doveva essere stata piuttosto cruda e animata.

Nel tardo pomeriggio Di Lollo rientrava a Rivolto. A bordo dell’AT 6 c’era anche Ferrazzutti.

L’avvocato del diavolo l’aveva spuntata ancora!

Ed erano anche questi “blitz”, questa sua difesa ad oltranza del personale, che contribuivano a dargli quell’aureola del Comandante carismatico.
A tutto merito.

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