Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio 2021

da Storia Illustrata, n° 274, settembre 1980, p. 60

Massimo MontanariMassimo Montanari è non solo pilota più anziano della PAN, ma anche quello con il maggior numero di ore di volo. Ha 44 anni compiuti. ma non li dimostra «né fuori né dentro». Data la sua lunga esperienza è un uomo chiave della formazione. Nell’ambiente aeronautico tutti lo chiamano semplicemente «Massimino». È stato istruttore degli istruttori. Il primo a insegnare in Italia il metodo di volo americano, e anche il primo «pilota atomico» chiamato anni fa a far parte dei 156° Gruppo Strike di Ghedi con caccia bombardieri nucleari. Storia Illustrata gli ha rivolto alcune domande.

Montanari, qual è il suo più bel ricordo di volo?
R. Sono tanti e meravigliosi. Ma per quanto possa sembrare strano, quello che rievoco più volentieri è un momento in cui potevo lasciarci le penne. Mi capitò durante un volo di addestramento. Incappai in una avaria che comportava lo spegnimento del motore. Dopo un attimo di panico, uno solo, cominciai rapidamente a ragionare e facendo appello a tutte le mie risorse riuscii a portare il velivolo a terra.

D. Sono tante le volte in cui ha avuto paura?
R. La paura c’è, perché le leggi dell’aria sono infinite e perché a furia di volare viene fuori l’emergenza che è come una coltellata al cuore. La cosa importante è saperla dominare e far che si che non nasca mai dalla poca fiducia in sè stessi.

D. 5.000 ore per aria sono un record oppure no?
Mah, a dire la verità credo siano proprio pochi piloti, anche in campo mondiale, ad avere sulle spalle 5.000 ore su aerei da caccia. lo ho avuto la fortuna di essere, come si dice in gergo, un pilota «pulito»: senza mai alcun incidente.

D. Che ruolo ha il «pilota più anziano» nella PAN?

È uno di quelli che viene preso ad esempio, che non deve mai sbagliare, che nel bene e nel male è soggetto alle critiche. La figura dell’anziano è come quella del fratello maggiore. Commettere un errore significherebbe deludere i più giovani.

D. Qual è la dote migliore di un pilota delle Frecce Tricolori?
R. Senz’altro la modestia. Il nostro è un mestiere in cui non si diventa mai professori. A ogni volo c’è sempre qualcosa da imparare. Chi presume di sapere tutto non è professionista adatto all’acrobazia.

D. Che differenza c’è tra i piloti di ieri e quelli di oggi?
R. Quelli del passato avevano una forte personalità che finiva per dare una impronta al loro modo di volare, e si traduceva in un perfetto binomio uomo-macchina. Quelli di oggi sono molto preparati tecnologicamente, altrettanto bravi. Ma non possono più inventare nulla data la estrema sofisticazione delle macchine.

D. Che sensazione provate, voi della PAN, a volare davanti a migliaia di persone?
R. L ‘attenzione del pubblico al nostro lavoro è qualcosa che indubbiamente appaga. È anche uno stimolo a fare sempre meglio. Ma per pilota il è non l’applauso della folla che conta, contano il risultato e al perfezione assoluta del suo volo in pattuglia.

D. Sul vostro «palcoscenico» c’è il rischio di diventare «prime donne»?
R. Si, soprattutto all’inizio di questa attività. Ma poi c’è sempre un ridimensionamento. Poi è la professionalità che prevale.

D. Voi avete stipendi che non sono certo come quelli dei piloti di linea, una assicurazione sulla vita irrisoria e correte rischi maggiori… Lei ha mai avuto la tentazione di lasciare la pattuglia?
R. No, assolutamente. Come si fa ad amare la donna più bella che esista e contemporaneamente pensare di lasciarla? Volare qui è qualcosa che non ha prezzo.

D. Fino a quando ha intenzione di volare?
R. Per tutta la vita. So che é impossibile, ma il desiderio è questo. Sarà una frase fatta, ma correre lassù è per me come una droga e non saprei come uscirne.

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