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Intervista al Col. Pil. Mario Squarcina

a cura del Gen. B.A. Vincenzo Manca
da “Circolo della PAN” – Notiziario riservato ai Soci del Circolo della Pattuglia Acrobatica Nazionale, anno 17 – n° 28 – 01/10/2014 – pagg. 3 e segg.

Capo V° Rep. S.M.A. (promosso Gen. S.A. – ultimo incarico Comandante 3^ Regione Aerea – Senatore della Repubblica nella XIIIa Legislatura – Presidente Nazionale A.A.A. per 7 anni consecutivi)
fonte: A.M. – Rivista “Sicurezza del Volo” Maggio-Giugno-Luglio 1984 n. 131

Nel n. 128 (novembre-dicembre 1983) della Rivista “Sicurezza del Volo”, il Capo di Stato Maggiore dell’A.M., in una lettera aperta a tutti i Piloti ed a tutti i Comandanti a titolo “Riflessioni sulla Sicurezza del Volo”, esemplifica due episodi reali, accaduti nell’arco della sua carriera di Comandante e Pilota “per dare forza” in tema di Sicurezza del Volo al suo assunto “del coinvolgimento generalizzato di coloro i quali operano nell’ambiente aeronautico”.

Proseguendo il discorso, il Capo di Stato Maggiore dell’A.M. afferma, ancora, di aver sempre cercato di coinvolgere al “fatto volo” tutti quelli che egli credeva potessero influenzarlo positivamente, imponendo “ai Piloti di dibattere ogni giorno, alla presenza di tutti i colleghi, le esperienze di cui erano ricchi, talché la conoscenza di uno diventasse, per osmosi didattica, la conoscenza di tutti”.

Una interpretazione corretta ed estensiva delle indicazioni del Capo di S.M.A. suggerisce di “coinvolgere al fatto volo” non solo le persone militanti ora presso i Reparti di Volo o presso gli Enti A.M., ma anche quelle che per ragioni di età, non esercitano più la professione e posseggono, nel contempo, patrimoni immensi di esperienze che appare assurdo disperdere.

In altri termini, sulla Sicurezza del Volo possono ricadere benefici effetti, non solo facendo sì che le conoscenze di un Pilota o di un Tecnico esperto e militante divengano, per osmosi didattica, le conoscenze di tutti, ma anche cercando di ottenere ciò utilizzando, e soprattutto diffondendo, il patrimonio sul “fatto volo” di coloro che hanno tanto da dire in materia e che non lo possono più trasmettere direttamente per ragioni solo anagrafiche.

Con la presente iniziativa cui ci auguriamo seguano delle altre, intendiamo, appunto, rivolgere l’attenzione a quest’ultimo tipo di personaggi, coinvolgendoli, in particolare, in un dialogo avente come sfondo le loro esperienze e che possono influenzare positivamente il più volte menzionato “fatto volo”.

Ci rendiamo conto che la scelta della persona – quale protagonista del primo dialogo e che abbia le caratteristiche volute – é estremamente imbarazzante, tante e tali sono quelle che ne hanno i pieni titoli.

Nella moltitudini degli interessati, la nostra attenzionebé caduta su di un Pilota da qualche anno in pensione perché colpito da limiti d’età, il cui patrimonio professionale, a parere di chi scrive, é senza alcun dubbio (viene per molti altri personaggi) fuori discussione.

Intendiamo riferirci al Col. Mario Squarcina, già Pilota da caccia nella IIa Guerra mondiale (*con il 4° Stormo – F. BARACCA “Cavallino Rampante”), già Istruttore di volo, già “Leader” dei “ Diavoli Rossi “, già artefice della formazione e dell’impostazione dell’attuale Pattuglia Acrobatica Nazionale.

Appare sufficiente il breve “curriculum” appena sintetizzato per “qualificare” il personaggio.

Aggiungiamo ancora che la scelta é caduta sul Col. Squarcina anche perché le conoscenze di una delle più prestigiose figure in materia di acrobazia assumono, per il coinvolgimento al “fatto volo”, un valore particolarmente significativo.

È da tutti riconosciuto, infatti, il carattere specifico di detta attività che, peraltro, può essere considerata basilare, per molte specialità di volo, agli effetti soprattutto della padronanza nel pilotaggio e dell’impiego operativo del velivolo, con conseguenti ed innegabili vantaggi appunto per la S.V.. parlando di… sicurezza del volo!

Fatta questa lunga ma necessaria premessa, iniziamo ora il dialogo propostoci, per realizzare il quale ci siamo permessi di interrompere la meritata serenità della “quiescenza” dell’interessato, cui vanno sentiti ringraziamenti e molte scuse per il disturbo.

Ci scusiamo soprattutto per averlo posto all’improvviso di fronte ad un fuoco di domande. Il nostro protagonista ha risposto ad esse con franchezza, sincerità e calore umano, esprimendo il suo pensiero senza attenuazioni o remore di qualunque genere anche perché non aduso… alle interviste come la nostra.

La prima domanda si ricollega al tema introdotto dal Capo di S.M.A. e cioé: ritiene lei Col. Squarcina, che sia corretto ed utile imporre ai Piloti di dibattere ogni giorno, alla presenza di tutti i colleghi, le esperienze di cui sono ricchi, talché la conoscenza di uno diventi, per osmosi didattica, la conoscenza di tutti?

“Non ho mai avuto dubbi in proposito e, per quanto mi riguarda, ho sempre agito in coerenza con questo assunto.
In vista di un’attività sicura e con alto tasso di rendimento occorre operare a fondo nel campo dell’etica professionale che esige volontà, modestia e generosità.
La formazione tecnico-professionale e la maturità di un Pilota (o di uno Specialista) non può essere acquisita senza queste doti morali.
Divulghiamo quindi le esperienze, e primi fra tutti i nostri errori (chi ne é immune?)… il buon Pilota “riattacca” invece di “aggiustare” una manovra in atterraggio non correttamente impostata”.

Passiamo ora ad eventi concreti.
A suo parere, l’introduzione, in molte linee di volo dell’A.M., dei velivoli a getto (classe 80, classe 90, classe 100 etc.) ha richiesto o meno una maggiore enfatizzazione della Sicurezza del Volo?

“Lo sviluppo tecnologico nonché l’incremento del traffico aereo richiedono certamente una sempre maggiore attenzione da parte dei responsabili.
A mio avviso, ora più che in passato, l’organizzazione della Sicurezza del Volo andrebbe qualitativamente e quantitativamente potenziata, a tutti i livelli, in uomini e mezzi per non lasciare nulla di intentato per la prevenzione degli incidenti di volo”.

Nella carriera di un Pilota esistono, come nelle altre professioni, diverse fasi di maturazione, qual é secondo lei, la fase più critica?

“In nessuna professione come quella del Pilota la fase critica é un fatto soggettivo.
Dipende molto dalla emotività del singolo, dai suoi eventuali complessi e dal grado di consapevolezza dei propri limiti.
Una fase critica può essere individuata alle Scuole di Volo e/o al Reparto di recente assegnazione, allorché il giovane Pilota é chiamato a collaudare o dimostrare le sue capacità su di un velivolo operativo, specialmente se monoposto.
Secondo un mio personale convincimento, una fase tra le più critiche per un Pilota, ad esempio Caccia Bombardiere, può essere quella in cui si trova colui che esplica la sua multiforme attività di C/R (*combat-ready) con sempre maggiore disinvoltura.
Molti incidenti sono dovuti, infatti, alla eccessiva confidenza del Pilota con il mezzo impiegato, con l’ambiente naturale e procedure del volo operativo.
Stessa cosa dicasi per coloro che posseggono un’esasperata specializzazione d’impiego.
Ciò potrebbe rappresentare un evento di pericolo per un Pilota “non flessibile” ed alle prese con improvvise situazioni di emergenza.
La fase critica può riguardare anche taluni Piloti “venerabili” apparentemente “inossidabili”.
Essa é determinata da una certa “sufficienza” o dal fatto di non sapersi “ritirare in tempo”.

A proposito di fasi di maturazione, lei crede che il “fatto volo” coinvolga doti preminentemente tecniche, oppure psicologiche, oppure ancora una armonica combinazione delle due?

“A questa domanda ho in parte già risposto in precedenza. Ritengo comunque che il “fatto volo” sia un’armonica combinazione di doti morali, psicofisiche e tecnico-professionali.
L’argomento é certamente complesso e meriterebbe una specifica e più vasta trattazione”.

Ritiene che un “buon Pilota” si manifesti come tale sin di primi tempi trascorsi nelle Scuole di Volo, oppure ha conosciuto dei casi in cui tale affermazione si é dimostrata non vera?

“Alle Scuole di Volo ho conosciuto Allievi Piloti davvero eccezionali, “buoni Piloti”.
Altri, invece, hanno stentato alquanto a terminare dignitosamente il corso.
Con le conferme dei primi (quelli eccezionali) ai Reparti, sono giunte inattese e assai gradite le affermazioni di qualcuno del secondo gruppo, affermazioni dovute ad un processo più lento di assimilazione tecnica e ad una fiducia in se stessi non eccelsa.
Con l’avvento della standardizzazione dell’istruzione al volo, il “buon Pilota” si rivela tale, a mio avviso, più al Reparto che alle Scuole di Volo”.

Da sempre é dibattuto il problema circa la necessità o meno, agli effetti della preparazione di un Pilota militare, di inserire nei programmi di addestramento l’acrobazia isolata ed in formazione: Qual é il suo pensiero in merito, tenendo conto anche del tipo di velivoli impiegati attualmente e del tipo di missioni operative richieste?

“Sono fermamente convinto della necessità dell’addestramento acrobatico, non fine, però, a se stesso, ma quale ingrediente essenziale e complementare del patrimonio tecnico-professionale e della stessa Sicurezza del Volo.
Coloro che non condividono tale necessità dovrebbero porsi l’ingenuo interrogativo sul ruolo che può avere il sollevamento pesi o altri ‘strani’ esercizi atletici nell’addestramento di un saltatore in alto o di un pilota di formula 1.
Non si tratta tanto di una materia d’esame, quanto di nozioni applicate alla pratica, tendenti a conoscere più compiutamente i limiti della macchina e del Pilota che la impiega, in condizioni impegnative e talvolta critiche del volo basico ed applicato.
Il Reparto di volo é chiamato saltuariamente a fornire una formazione più o meno pesante per una parata aerea o di concorso ad una manifestazione aerea. Tutti vorrebbero ben figurare, dal Comandante al gregario più giovane. Ma non é forse vero che, in assenza di uno specifi co addestramento acrobatico elementare in formazione, é sufficiente un po’ di nervosismo o di turbolenza per raccogliere consensi negativi per tutti?
Che dire di un volo di aerocooperazione con le truppe alpine in montagna? E il volo di una coppia o di una flight in un cumulo nembo? ‘Non deve accadere’, dicono alcuni, ‘occorre pianifi care adeguatamente ogni singolo volo’. Eppure capita, e non si dica perché, per favore! Che fa un gregario non qualificato acrobaticamente in una situazione per lui tanto anomala? Ribadisco quindi che l’elemento ‘acrobazia isolata
ed in formazione’ deve essere incluso nei programmi di un addestramento – investimento che deve sfornare, come prodotto finito, il professionista completo e sicuro in ogni circostanza”.

Ci potrebbe dire a grandi linee, come e qundo deve essere praticato l’addestramento acrobatico?

“Ricordiamoci ciò che insegnava. l’ineguagliabile Gen. Pezzè: ‘la virata di 60° é già acrobazia’.
Ne consegue che talune manovre della acrobazia isolata dovrebbero trovare posto nei programmi basici e ad ogni nuovo tipo di velivolo.
L’acrobazia in formazione (inclusa la fila indiana) dovrebbe essere presa in considerazione nel periodo avanzato e, a seconda delle esigenze, al Reparto di volo, dove, se ben pianificata e controllata, contribuirebbe fattivamente, fra l’altro, ad elevare il morale dei Piloti, nonché lo spirito di corpo”.

Nella sua lunga carriera di Pilota si sono verificati degli episodi di volo in cui sono emerse carenze in materia di prevenzione incidenti?

“Molti e di varia natura, dalle Scuole di pilotaggio ai Reparti.
L’analisi é presto fatta: l’addestramento teorico non sempre ben condotto ed il dialogo con taluni Istruttori pressoché inesistente. Il Pilota neobrevettato, ai miei tempi, veniva spedito ai Reparti con poche ore di volo, senz’altro ‘buone’, ma senza alcuna nozione sulla organizzazione del Reparto (dallo Stormo alla Squadriglia che, in quei tempi poteva operare in piena autonomia tecnico-logistica ed amministrativa).
Non si sapeva molto delle caratteristiche dei velivoli avversari, nè delle tecniche di combattimento dei Piloti alleati.
Non sempre i Piloti più anziani si prendevano briga di educare psicologicamente e tecnicamente ‘il pollo’.
Al contrario, lo si portava in volo con lo scopo, non tanto recondito, di fargli sentire la sua inferiorità.
Questo inconveniente, non generalizzato, comportò incidenti, vanificando i concetti basilari della ‘selezione’, dell’addestramento graduale della subordinazione all’anziano e della disciplina di volo.
Personalmente debbo la mia sopravvivenza (1940-43) soprattutto al fatto di aver potuto sempre contare su fior di Comandanti, colleghi e Sottufficiali, oltre che, si intende, ad una gran dose di fortuna.
Ed ora accenno a qualche episodio accaduto proprio a me: alla Scuola di pilotaggio di primo periodo, i responsabili si accorsero che, al completamento delle mie ore di volo, mancavano pochi minuti. L’Istruttore, pertanto, mi ordinò di salire su di un Breda 25 appena atterrato e di fare un ‘giretto’ di dieci minuti, pari al residuo carburante.
La benzina finì dopo pochissimo tempo e il mio volo si concluse su di un albero di un uliveto di Grottaglie. Il Breda 25 fu nuovamente in linea due giorni dopo, ma a causa di un colpo alla testa riportato nell’impatto, io non ci vidi per alcuni giorni.
Altro episodio: nel secondo periodo delle Scuole di Volo, l’Istruttore mi condusse due volte in volo alla scoperta di tutte le classiche figure acrobatiche, senza mai cedermi i comandi. Rimasi fisicamente frastornato; spaventato, invece, quando lo stesso Istruttore mi ordinò di eseguire la prova di “acrobazia isolata uffi ciale” sul cielo dell’aeroporto (Pescara).
La tensione mi lasciò ben dopo la fine della prova.
L’esito fu giudicato ottimo e dovetti ringraziare altri Istruttori che mi istruirono convenientemente e preventivamente in sede teorica.
Durante il periodo bellico, infine, ebbi a superare diffi coltà non indifferenti a causa della preparazione affrettata ed incompleta. Mi riferisco al volo notturno, alla tecnica di tiro reale in combattimento, alla tecnica di sopravvivenza nel deserto o in mare, al fischio caratteristico delle bombe in caduta, all’atterraggio con l’elica in croce, al primo volo su di un aviogetto di cui sapevo che aveva, come tutti gli altri, ‘un motore, le ali, la fusoliera ed il timone’.
Per rimanere sul tema ‘prevenzione incidenti’, comunque, sono del parere che da molti anni l’A.M. non ha certo alcunché da rimproverarsi, nè debbono farlo Comandanti poco ‘fortunati’ che, malgrado la loro continua e responsabile opera di comando e controllo nel settore S.V., sono stati ‘traditi’ dall’ ‘imponderabile fattore umano-caratteriale’, dal ‘colpo di testa’ del singolo, a dispetto della conoscenza in profondità degli uomini loro affidati”.

Se dovesse dare un consiglio ad un Pilota giovane per garantire al massimo la Sicurezza del Volo, che cosa direbbe?

“Prima di tutto cercherei di capire l’uomo ed il Pilota, soltanto dopo gli fornirei i consigli del caso.
Generalizzando, potrei consigliare il giovane Pilota come segue:
– ascoltare molto attentamente chi ha più esperienza indipendentemente dal grado, esponendo loro senza esitazione eventuali dubbi o turbamenti;
– ‘rispettare’ il velivolo che impiega, conoscerlo a fondo e non costringerlo a dare ciò che non può;
– essere modesto, leale, fiducioso nei propri mezzi, senza presunzione, generoso, ammettendo i propri errori a vantaggio di tutti, anche senza essere sollecitato;
– quando chiamato a dar prova della propria capacità, operare senza strafare, rimanere sempre ad un gradino inferiore dalle prestazioni massime del binomio uomo-macchina, aver cura della propria effi cienza psico-fisica;
– essere degni del privilegio di poter volare”.

A suo parere, sul buon e “felice” esito di una missione di volo ha più influenza la capacità tecnica di pilotaggio oppure una accurata pianificazione della missione stessa?

“L’esito di una missione é senz’altro condizionata dall’accurata pianificazione della stessa.
La capacità tecnica di pilotaggio può comunque riuscire utile o addirittura determinante nel superamento di emergenze imprevedibili all’atto della pianificazione”.

A proposito di pianificazione della missione, secondo lei è bene pretendere, nei casi in cui é previsto l’impiego di più velivoli, il briefing pre e post-volo, e se sì, quali caratteristiche essenziali devono possedere per essere efficaci?

“Non so concepire una missione senza briefing e de-briefing. Briefing, dunque, accurato fino ai minimi dettagli tecnici in relazione al tipo o alle finalità della missione.
La conclusione del relatore deve sollecitare inoltre in giusta dose lo ‘Spirito di Corpo’ o di ‘Squadra’.
L’analisi del volo svolta in sede di de-briefing, possibilmente supportata da adeguati mezzi didattici, dovrebbe essere caratterizzata dalla massima sincerità, precisione e professionalità, senza mortificare nè esaltare i protagonisti”.

Può dirci in poche parole quali doti deve possedere un Pilota per essere un “buon” capo-formazione ed un “buon” gregario?

“Il Capo-formazione ‘professionista’ deve possedere innanzitutto una forte personalità e quindi le doti racchiuse nella parola ‘carisma’.
Altri requisiti indispensabili sono:
– congrua esperienza, anche da gregario, nel volo acrobatico (anche in condizioni meteo non ideali);
– equilibrio psico-fisico ed alto senso di responsabilità;
– freddezza e prontezza decisionale;
– conoscenza delle possibilità individuali di ogni singolo gregario;
– tendenza a prestazioni progressivamente sempre più brillanti.
Il buon gregario deve invece:
– mantenere la concentrazione e la calma (*serenità) in ogni fase del volo;
– essere deciso e al tempo stesso ‘delicato’ sui comandi, in modo cioé di assicurare l’assetto stabile al suo velivolo anche nei momenti di ristabilimento dovuti ad errori altrui o alla turbolenza dell’aria;
– conoscere a fondo ogni componente la formazione, capo-pattuglia incluso, in cui deve riporre la massima fiducia;
– capire la convenienza e la bellezza del principio ‘uno per tutti e tutti per uno’, ponendo le proprie superiori capacità al servizio del collega-amico meno dotato, sì da conferire alla formazione la dovuta simmetria;
– in altri termini, essere conscio di essere un gregario e non un solista, anche in una fase isolata del volo”.

È sempre vero che un “capo” formazione deve essere prima un “buon” gregario?

“Ogni regola ha le sue eccezioni, ma non esito a rispondere affermativamente, specie se si vuol attuare un programma ad alto tasso di tecnica e fantasia”.

In tema di acrobazia, può dirci in tutta sincerità se nell’era attuale é giustificata la presenza di una Pattuglia Acrobatica Nazionale e se la sua istituzione può compromettere la Sicurezza del Volo?

“Se fossi contrario non esiterei a passare dalla parte dell’On. Accame.
Quando si trattò di costituire l’attuale P.A.N., lo Stato Maggiore dell’A.M. analizzò le considerazioni espresse in un piano elaborato dal sottoscritto e decise la costituzione del 313° Gruppo (Frecce Tricolori) in quanto entità ritenuta pagante sotto gli aspetti operativi, economico e propagandistico a favore anche dell’arruolamento nell’A.M. stessa.
Fuor di retorica, i Piloti del 313° Gruppo sono qualificati C/R: oltre all’attività acrobatica svolgono addestramento al tiro, aerocooperazione, (*al volo strumentale e notturno) ecc… Ciò senza considerare che i velivoli impiegati sono prodotti dall’industria e dal lavoro italiano.
Per quanto riguarda l’ipotetica compromissione della S.V. rispondo negativamente, a condizione, però, che ci si attenga sempre alle disposizioni e ai criteri (generali e particolari) di emanazione S.M.A.; in particolare é necessario che:
– si conduca l’addestramento capillare e progressivo previsto;
– si svolgano programmi di esibizione in relazione alle capacità-professionali del Capo-formazione o del gregario appena assegnato;
– i Comandanti degli altri Reparti di Volo vigilino sul grado e sulla estrinsecazione d’entusiasmo che il “carisma PAN” può generare nei suoi Piloti, vietando qualsiasi forma di assurda emulazione”.

Ha qualche suggerimento da dare sui criteri di scelta e di preparazione di un Pilota destinato alla P.A.N.?

“Come ho già detto, lo S.M.A. ha stabilito, a chiare lettere, il profilo del Pilota da assegnare alla P.A.N.. Aggiungo soltanto una esortazione e cioé che lo S.M.A., o i Comandi di Regione per esso, siano lasciati liberi di decidere sui Piloti da destinare alla P.A.N. senza pressioni esterne.
È bene dire, inoltre, che il compito dei Comandi di Stormo e/o di Gruppo non é dei più facili, allorché sono chiamati a selezionre uno o più Piloti per la P.A.N..
Osservo, infine, che anche se presso taluni Reparti é possibile allestire una formazione acrobatica con le finalità che ho precedentemente indicato, non é detto che un “manico di Reparto” si riveli ottimo pattugliere. Anzi più è esperto ed anziano, più lavoro attende la P.A.N. per eliminare errori tecnici di impostazione e manovra.
Sarà utile ricordare ad esempio che alla P.A.N. si usa la pedaliera (*come per velivoli ad elica) per assicurare un unico piano alare con il Capoformazione e/o con il gregario a latere e che i gregari si trovano talvolta in posizione non proprio usuali per esigenze prospettiche.
Il criterio di valutazione andrebbe, quindi, lasciato alla P.A.N., dove i Piloti dovrebbero essere avviati ‘in prova’, al concludersi del programma operativo della P.A.N. (fine settembre o primi di ottobre).
Unica alternativa, la disponibilità, presso i Reparti, di un Pilota già effettivo alle Frecce Tricolori, autorizzato alla scoperta dei talenti e ad impartire i primi rudimenti del volo in formazione, sia teorici che pratici”.

Sull’argomento trattato con le ultime domande sappiamo che lei potrebbe disquisire per lungo tempo. Purtroppo, però, la ristrettezza di tempo ed il limitato spazio riservatoci sulla rivista non ci consentono di protrarre l’interessantissimo dialogo.
Per chiudere vorremmo farle un’ultima domanda che trasferisce il dialogo sul piano generale e quello delle persone anche per rendere omaggio a uomini che hanno altamente onorato la gloriosa schiera dei Piloti dell’A.M..
Tenuto conto che “volare bene” significa anche “volare in sicurezza”, se dovesse lei scegliere i nominativi per formare la Pattuglia Acrobatica Nazionale di tutti i tempi, quali sarebbero quelli che assicurerebbero un team ideale?

“In coerenza con quanto prima esposto, ripeto che la scelta di Piloti particolarmente idonei ad assolvere un determinato lavoro deve tener conto delle loro peculiari attitudini professionali e di eventuali implicazioni caratteriali.
Il criterio obiettivo di giudizio deve basarsi sulla conoscenza diretta e capillare degli interessati.
Non mi sento comunque in grado di fare il Commissario Tecnico, compito senz’altro più agevole qualora svolto dal Gen. Pezzè, il solo che potrebbe ‘formare’ il TEAM ideale di tutti i tempi in materia di Pattuglia Acrobatica”.

Riflessione

È incontrovertibile che le nozioni fondamentali della “disciplina del volo” espresse da Mario Squarcina siano la base su cui far riferimento per capire in modo essenziale i “principi dogmatici” del “fatto volo” e dell’ “acrobazia collettiva” in particolare.

In qualità di riconosciuto “padre” delle prestigiose Frecce Tricolori ha dato avvio ad un impulso innovativo introducendo metodi e procedimenti addestrativi acrobatici nuovi e ha posto le basi delle figure acrobatiche che, pur nelle loro varianti, a tutt’oggi ci si riferisce.

In relazione alla scelta dei Piloti da assegnare alle Frecce Tricolori, ha idealmente anticipato la procedura attualmente vigente.

Concludendo, il complesso di disposizioni concernenti il patrimonio ideologico del “volo acrobatico collettivo” lasciato da Squarcina ne costituisce l’eredità spirituale, quasi un testamento da continuare a rinverdire.

Vanno altresì evidenziate le indicazioni sull’importanza dell’ “aspetto psicologico del Pilota” quale componente fondamentale del Volo in tutte le sue componenti: selezione, preparazione professionale, regolamenti e norme applicabili riguardanti la Sicurezza del Volo e le strategie per continuare a migliorarla.

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