Ultimo aggiornamento: 2 Giugno 2024
II maggiore Angelo Ludovico Gays, 31 anni, non ha fatto in tempo a lanciarsi dal suo Fiat « G 91 » che si e disintegrato in un campo di grano - Leggermente ferito il capitano Antonio Gallus, 34 anni, paracadutatosi nella tenuta di Castelporziano - La formazione di aviogetti stava per atterrare alia base militare di Pratica di Mare
Si indaga sulle cause della sciagura che ha coinvolto le due « frecce tricolori»
di Renato Gaita
da L’Unità, 3 giugno 1973, p. 7
Sciagura aerea nel cielo di Pomezla, sull’aeroporto militare di Pratica di Mare, davanti alia folia di bagnanti che ieri mattina gremivano le spiagge di Torvaianica e di Castelporzia no: due aviogetti di una formazione di Fiat «G 91 » della Pattuglia Acrobatica Nazionale — le famose « Frecce Tricolori » si sono urtati in volo e uno di loro e precipitato immediatamente disintegrandosi al suolo insieme al pilota, il maggiore Angelo Ludovico Gays, di 31 anni. L’altro pilota, il capitano Antonio Gallus, 34 anni, ha fatto in tempo a catapultarsi col seggiolino. paracadutandosi: e finito nella boscaglia della tenuta presidenziale di Castelporziano – dove si e schiantato il suo aereo – ed è stato recuperato, poco dopo, da un ellcottero della aeronautica. L’ufflciale è rimasto ferito leggermente alle gambe e alle braccia.
Il tragico incidente è avvenuto ieri mattina, alle ore 11,45: la formazione del nove Fiat « G 91» stava rlentrando alla base dl Pratica di Mare dopo un « passaggio » sul Fori – dove si stava svolgendo la parata militare per la festa del 2 Giugno – con le sue acrobatiche evoluzioni, quelle sperlcolate evoluzioni che hanno reso celebri nel mondo le «Frecce tricolori». I piloti protagonistl della tragedia di Ieri sono quelll, infattl che fanno trattenere il fiato agll spettatori quando passano in volo rovesciato, ad 800 chilometri orari, a pochi metri dalla pista; sono quel piloti celebri per la « bomba» tricolore, quando, cioe, In picchiata vertiginosa, la formazione delle « frecce » punta a terra per pol risallre in alto, aprendosl a ventaglio e lasclandosi dietro una fumata tricolore.
Quando è avvenuta la collisione, i nove aviogetti procedevano in formazione a rombo – schierati tre a tre – lungo il litorale da Castelporziano verso Torvaianica. In testa, l’aereo pilotato dal colonnello Vittorio Zardo: seguivano poi i « caccia » dei sottotenenti Gaddonl e Palanca, del tenentl Montanari, Boscolo e Bonollo. In coda, il maggiore Gays, nato a Valperga (Torino), scapolo, il maggiore Caruso e il capitano Gallus, di Selargius (Cagliari), due figlie. I Fiat « G 91» del maggiore Gays e del capitano Gallus volavano —a circa ottocento chilometri orari — all’ala sinistra della formazione.
Gli aerei hanno dapprima puntato verso il mare e, subito dopo hanno compiuto un’ampia virata in direzione dell’aeroporto di Pratica di Mare, dove dovevano atterrare, cominciando a distaccarsi l’uno dall’altro. È in questo frangente che è avvenuto il fatale urto. «Avevano fatto piu della meta della virata – ha raccontato uno dei tanti testimoni della tragedia, un sottufficiale dell’Aeronautica militare che si trovava sulla spiaggia insieme alla famiglia – quando ho visto che due aerei si sono toccati… dopo la collisione si sono incendiati… immediatamente dopo, i due aerei si sono staccati dalla formazione prendendo due direzioni diverse…».
Come è avvenuto l’incidente? Perche i due aerei si sono scontrati? Non esiste ancora una versione « ufficiale », tale che possa spiegare nel dettaglio la dinamica dell’incidente. È gia stata nominata una commissione militare che ha aperto un’inchiesta sulle cause della sciagura. Per ora, quindi, si possono avanzare soltanto delle ipotesi. Una è quella di un guasto meccanico, forse un errore di manovra. Molto più probabilmente il «comando» di virata impartito dal colonnello che comandava la formazione non è stato captato dal capitano Gallus per un improvviso guasto alia sua radio di bordo. Per questo motivo – ma, ripetiamo, è solo una delle tante ipotesi – il «caccia» del capitano Gallus ha proseguito dritto urtando, cosi, con’un’ala, lo aviogetto pilotato dal maggiore Angelo Gays. E alia velocita di 800 chilometri all’ora, la catastrofe era inevitabile.
Un attimo, e il Fiat « G 91 » dello sventurato ufficiale e precipitato in fiamme – moltissimi testimoni lo hanno visto cadere lasciandosi dietro una scia di fumo – e si e sehiantato a poche centinaia di metri dal recinto della base militare di Pratica di Mare, in un campo di grano. Alcuni testimoni hanno avuto l’impressione che il pilota ha tentato una disperata virata per non precipitare sull’abitato di Torvaianica, evitando cosi un disastro di incalcolabili proporzioni. Ai soccorritori si è presentato uno spettacolo raccapricciante: i resti dell’aereo – letteralmente disintcgrandosi – erano sparsi per un raggio di 3-400 metri. Del pilota, in pratica, non è rimasto quasi nulla: a 150 metri di distanza, in una cunetta, è stata ritrovata una mano, macabra testimonianza di quanto era successo. Più in là un portafogli bruciacchiato del maggiore.
Mentre l’aviogetto del maggiore Gays precipitava in fiamme, il capitano Gallus si è catapultato col seggiolino e, col paracadute, è finito nella tenuta presidenziale di Castelporziano, dove si è schiantato anche il suo aereo. L’ufflciale è stato successivamente ricoverato nell’ospedale del S. Eugenio per alcune ferite e contusioni – giudicate guaribili in 6 giomi – e in stato di choc.
Quella di ieri mattina non è la prima sciagura che colpisce le « Frecce tricolori ». II 25 aprile di tre anni fa, proprio ai margini della base di Rivolto, un « vagone volante » C-119 precipitò mentre era in fase di decollo: perirono 10 sottufficiali specialisti della Pattuglia acrobatica e i 7 membri dell’equipaggio del C-119. II 22 settembre del ’72 perì il capitano triestino Valentino Jansa, delle «Frecce Tricolori», abbattendosi col suo aereo nei pressi di Palmanova, ad Udine.
Piloti addestrati ai voli piu rischiosi
L’esordio degli «acrobati del cielo» avvenne nel giugno del 1930 sull’aeroporto di Roma.
Dopo quell’esperienza, e passati gli anni tragici della seconda guerra mondiale, nel 1961 fu costituito ufficialmente il « 313° Gruppo di addestramento acrobatico dell’Aeronautica » – piu noto al pubblico come Pattuglia Acrobatica Nazionale – o «Frecce Tricolori». È un reparto costituito da cinquanta uomini, tra piloti e specialisti e quindici aereoplani.
Ogni giorno questi piloti si addestrano presso l’aeroporto di Rivolto (Udine), comandati dal tenente colonnello Vittorino Zardo, e volteggiano nel cielo con i loro apparecchi, formati in squadre. Si abituano cosi ad eseguire alia perfezione le loro undici « figure »; la piu suggestiva e quella detta « bomba ». Gli aerei scendono in picchiata fino a sfiorare il terreno e risalgono aprendosi in nove diverse direzioni; poi riscendono e s’incrociano a pochi metri da terra al centro dell’aeroporto. La « figura » che hanno compiuto ieri mattina nel cielo di Roma è quella della « tricolore », poiche gli aerei, dotati di speciali congegni fumogeni, precedono in una formazione che consente di rappresentare nel cielo una bandiera bianca, rossa e verde.
I velivolt che hanno in dotazione le Frecce Tricolori sono i «G 91 Pan FIAT», una versione modificata del tradizionale «G 91 FIAT». Sono caccia tattici a reazione, con un solo motore e un solo posto, che raggiungono la velocita massima di 950 chilometri orari, ed hanno un’autonomia dt volo di 1700 chilometri, pari ad un’ora e mezza. I piloti del « 313° Gruppo » sono impegnati ogni anno da marzo a ottobre in oltre trenta esibizioni acrobatiche che si svolgono in ogni parte d’Italia e d’Europa.
Muore un pilota delle «Frecce» nello scontro fra due aviogetti
Tragedia al termine dell'esibizione nel cielo di Roma per la festa del 2 giugno
I due «Fiati G. 91» della «Pattuglia acrobatica» si sono schiantati al suolo mentre si apprestavano ad atterrare a Pratica di Mare: uno degli aviatori è perito, l'altro si è salvato con il paracadute
da Il Piccolo, 3 giugno 1973, pp. 1 – 2
DALLA REDAZIONE ROMANA
Roma, 2
Una grave sciagura aerea ha funestato la celebrazione della festa della Repubblica a Roma: due «Fiat G. 91» della «Pattuglia acrobatica nazionale» formata dalle celebri «Frecce tricolori» si sono scontrati in volo mentre rientravano all’aeroporto di Pratica di Mare, dopo aver concluso la loro esibizione nel quadro della parata militare di via dei Fori Imperiali. Il caccia pilotato dal maggiore Angelo Gais è andato a esplodere in un campo a poche centinaia di metri dal recinto dell’aeroporto, situato a circa 20 chilometri dalla capitale: il pilota è morto. L’altro aereo è finito in un bosco, all’interno della tenuta presidenziale di Castelporziano: il pilota, il capitano Antonio Gallus, è riuscito a lanciarsi col paracadute ed è sceso anch’egli nel parco, dov’è stato soccorso dai carabinieri. Trasportato all’ospedale, è stato giudicato guaribile in sei giorni.
Il maggiore Angelo Gais aveva 33 anni ed era nato a Valperga, in provincia di Torino: nella formazione della «Pattuglia acrobatica» ricopriva il ruolo di «gregario sinistro»; aveva oltre 1200 ore di volo e aveva da poco ottenuto la promozione a assaggiare. Il capitano Antonio Gallus è nato 34 anni fa a Selargius (Cagliari): anch’egli è «gregario sinistro» nella «Pattuglia» e ha al suo attivo oltre 2200 ore di volo. Le «Frecce tricolori» erano partite una settimana fa dalla base di Rivolto, presso Udine, in cui la celebre formazione aerea è dislocata, alla volta di Pratica di Mare, allo scopo di prepararsi alla manifestazione di stamane. Il capitano Gallus abita a Udine, con la moglie e le due figlie; anche il Gais – che era scapolo – abitava da quattro anni nel capoluogo friulano. Questa sera, verso le 18.30, la «Pattuglia acrobatica» è rientrata a Rivolto: sorvolando a bassa quota Udine, i piloti degli aviogetti hanno lasciato nel cielo una scia rossa, in segno di omaggio al commilitone perito.
Non è ancora chiaro come sia avvenuta la tragedia di stamane: si sa soltanto che i due aerei – che, dopo aver volteggiato nel cielo di Roma, si erano da poco allontanati lasciandosi dietro una scia tricolore – volavano entrambi all’ala sinistra della formazione di nove aviogetti. Un testimone, che ha voluto rimanere anonimo, limitandosi a dire di essere un sottufficiale, ha affermato di aver assistito ai momenti che hanno preceduto l’incidente: «Ero con la mia famiglia sulla spiaggia di Torvajanica – ha spiegato – quando ho udito il rombo di una squadriglia in formazione. Quando gli aerei sono passati sopra di noi mi sono accorto che erano quelli della “Pattuglia acrobatica” che avevano partecipato alla parata militare. Erano in formazione a rombo ed erano schierati tre per tre; il volo era perfetto. Dopo aver compiuto un giro sopra di noi hanno puntato verso il mare, da dove hanno cominciato un’ampia virata del tipo di quelle che di solito precedono il distacco, ad uno ad uno, degli aerei dalla formazione per poter atterrare sulla pista.
«Avevano fatto pile della metà della virata – ha proseguito il testimone – quando ho visto che due aerei si sono toccati e subito si sono distaccati dalla formazione, prendendo due direzioni diverse: quando i due jet si sasso urtati, ho visto che si erano incendiati. Mi sono subito reso conto che era accaduta una disgrazia». La stessa persona ha detto di aver avuto la sensazione che l’aereo caduto nel campo abbia compiuto una disperata manovra per non schiantarsi sulle case di Torvaianica.
Un altro testimone è stato un pastore di 47 anni, Saturno Florenzi, che stava facendo pascolare un gregge proprio vicino al campo dove è avvenuta la disgrazia. «Mancavano pochi minuti a mezzogiorno – ha detto il pastore – quando ho sentito il rombo di un motore di aereo che si avvicinava sempre più. Quando ho alzato gli occhi, ho visto l’aereo in fiamme che stava venendo giù quasi in picchiata. Dopo pochi attimi ho udito un boato. Non ho avuto il coraggio di avvicinarmi al luogo dell’incidente, mi sono anzi messo a correre per i campi».
La «Pattuglia acrobatica nazionale» formata dalle «Frecce tricolori» fu costituita oltre un decennio fa; le fu dato un organico e le fu assegnato come campo di addestramento l’aeroporto di Rivolto, presso Udine. Prima della costituzione ufficiale esisteva una «Pattuglia acrobatica», alla quale partecipavano a rotazione piloti di ogni reparto dell’aeronautica militare. Il gruppo aeronautico di Rivolto, nell’ambito del quale avviene la selezione dei piloti destinati a guidare i nove aerei che partecipano alle esibizioni acrobatiche, è comandato attualmente dal tenente colonnello Vittorino Zardo.
La «Pattuglia acrobatica» si è distinta in questi ultimi anni in tutte le grandi manifestazioni aeronautiche in Italia e all’estero. Si esibisce in undici figure, la più suggestiva delle quali è quella detta «bomba». Gli aerei scendono in picchiata fino a sfibrare il terreno e risalgono aprendosi in nove diverse direzioni; poi riscendono e s’incrociano a pochi metri da terra, al centro dell’aeroporto. La figura che hanno compiuto stamani nel cielo di Roma, e dopo la quale è avvenuto l’incidente, è quella detta «tricolore», perché gli aerei procedono in una formazione che consente di comporre le fumate in modo da rappresentare una bandiera bianca rossa e verde.
Nella storia della «Pattuglia acrobatica» gli incidenti sono stati rari. Due anni fa un pilota delle «Frecce tricolori», il capitano triestino Valentino lansa, si trovò in difficoltà nel cielo di Palmanova; l’aereo stava precipitando su una scuola: il pilota rinunciò a gettarsi col paracadute, riuscì a evitare di piombare sull’edificio, ma perse la vita nello schianto dell’aereo. Nel 1970, proprio ai margini dell’aereobase di Rivolto, un vagone volante «C-119», della 40.a aerobrigata di Pisa, precipitò in fase di decollo: perirono dieci tecnici della «Pattuglia» e i sette membri dell’equipaggio.
A. F.
Cordoglio di Leone
Roma, 2
Appresa la notizia del tragico incidente di Pratica di Mare, il Presidente della Repubblica ha inviato al ministro della difesa il seguente telegramma: «La morte di un valoroso pilota della “Pattuglia acrobatica nazionale”, che stamane aveva suscitato ancora una volta la nostra ammirazione, mi ha profondamente addolorato. Questa perdita è ancora piìi triste in una giornata così significativa per il nostro paese. La prego di esprimere all’aeronautica militare e ai familiari del pilota scomparso le mie sentite condoglianze».
(Ansa)
Telefoto Ansa Roma — Due aviogetti delle «Frecce tricolori», reduci da un’esibizione nel cielo della capitale in occasione della parata del 2 giugno, si sono scontrati in volo e sono precipitati: uno dei piloti, il trentatreenne Angelo Gais, è morto (nella foto i rottami del suo aereo), l’altro è riuscito a lanciarsi col paracadute e ha riportato lievi ferite.
Si scontrano in volo e precipitano due caccia della pattuglia acrobatica
da Corriere della sera, 3 giugno 1973, p. 11
Roma, 2 giugno.
La parata militare per la festa della Repubblica ha avuto un epilogo tragico. Due aerei militari da caccia della pattuglia acrobatica dell’aeronautica sono venuti a collisione in fase di atterraggio all’aeroporto dl Pratica di Mare. Uno degli aerei è esploso, l’altro è andato distrutto al suolo. II maggiore Angelo Gais è morto. L’altro pilota, capitano Antonio Gallus, è riuscito a salvarsi catapultandosi dall’aereo poco prima dell’impatto. Secondo una testimonianza sembra che il pilota che è poi deceduto, abbia portato il suo aereo in fiamme oltre le case di Torvajanica, dove la caduta avrebbe provocato una strage tra gli abitanti o tra le migliaia di persone che prendevano il sole sulla splaggia, e che poi non sia più riuscito a salvarsi in quanto il velivolo prima che esplodesse era ormai completamente avvolto dalle fiamme.
Nove aerei Fiat G. 91 si erano levati in volo questa mattina dall’aeroporto militare a venti chilometri da Roma, per sfrecciare alle 10 parallelamente a via dei Fori Imperiali dove alla presenza del presidente della Repubblica e delle più alte cariche dello Stato, si svolgeva la tradizionale parata del 2 giugno.
Dopo aver volteggiato sul cielo della capitale si allontanati lasciandosi dietro una scia di fumo tricolore. Gli aerei hanno poi virato verso Torvajanica e alle 10,30 si apprestavano ad atterrare all’aeroporto. La giornata era piena di sole e spirava un leggero vento. I G. 91 si sono allargati per circa un miglio verso il mare, e stavano affrontando la fase del rientro, quando è avvenuta la sciagura. L’aereo del maggiore Angelo Gais e quello del capitano Antonio Gallus sono venuti a collisione. Il G. 91 del maggiore è esploso ed i resti del velivolo si sono sparsi per un raggio di settecento metri in località Camposelva ai limiti dell’aeroporto.
Il testimone che ha assistito alla collisione ha detto: « Mi sono subito reso conto che era accaduta una disgrazia. Poi, a piedi, ho raggiunto il punto dal quale si levava una nera colonna di fumo ».
Il capitano Gallus si è invece salvato catapultandosi col paracadute e finendo all’interno della tenuta presidenziale di Castelpordano, a poche centinaia di metri dal luogo dove pochi attimi prima si era sfracellato al suolo il suo aereo. L’ufficiale è stato successivamente salvato da un elicottero militare che lo ha direttamente trasportato all’ospedale Sant’Eugeino, dove è stato ricoverato. Le sue condizioni non sono grati. Guarirà in una settimana.
Sulla disgrazia Il ministero della difesa ha ordinato una inchiesta. La commissione d’indagine, formata da ufficiali dell’aeronautica militare, si è subito riunita all’aeroporto di Pratica di Mare per stabilire la meccanica dell’incidente. Domani verrà interrogato il capitano Gallus, che ora si trova in stato di choc.
Il maggiore Angelo Gais aveva 33 anni, era nato a Valperga in provincia di Torino. Faceva parte, insieme al capitano Gallus, del 313mo gruppo addestramento acrobatico di Rivolto del Friuli, dove ha la base la pattuglia acrobatica «Frecce tricolori ».
Appresa la notizia del tragico incidente, il presidente della Repubblica ha inviato al ministro della difesa il seguente telegramma:« La morte di un valoroso pilota della pattuglia acrobatica nazionale, che stamane aveva suscitato ancora una volta la nostra ammirazione, mi ha profondamente addolorato. Questa perdita è ancora più triste in una giornata cosi significativa per il nostro Paese. La prego di esprimere all’aeronautica militare e ai familiari del pilota scomparso le mie sentite condoglianze ».
Leone ai funerali del pilota morto
Il grave incidente alle «Frecce Tricolori»
All'ospedale di Udine l'ufficiale rimasto ferito
da Il Piccolo, 4 giugno 1973, p. 2
Roma, 3
Il capitano pilota Antonio Gallus, ricoverato nel reparto chirurgia dell’ospedale Sant’Eugenio dopo l’incidente aereo di ieri, ha passato una notte tranquilla, anche se permane ancora un leggero stato di choc. L’ufficiale, che ha riportato contusioni ed escoriazioni varie giudicate guaribili in otto giorni, ha lasciato l’ospedale con un’autoambulanza dell’aeronautica mili-tare, ed è stato portato all’aeroporto di Pratica di Mare, da dove è partito per Udine, per essere ricoverato in quell’ospedale militare.
Nel frattempo la commissione d’inchiesta ordinata dal Ministero della difesa, e composta da tecnici e ufficiali superiori dell’aeronautica militare, sta raccogliendo tutti gli elementi per accertare le cause dell’incidente. Il comandante della seconda regione aerea, generale Graziani e il colonnello dei carabinieri Alferano, che ieri pomeriggio hanno fatto un primo sopralluogo nel punto dove l’aereo del maggiore Gais è caduto, hanno consegnato alla commissione d’inchiesta parti dell’aereo l’aereo disintegrato per gli accertamenti tecnici.
In special modo la commissione, dopo aver interrogato il capitano Gallus, dovrà accertare se fra i due aerei precipitati ci sia stato o no collisione, o se a bordo di uno degli aerei sia avvenuta una esplosione che abbia causato quindi danni all’altro che volava affiancato.
Il Presidente della Repubblica è intervenuto stamani ai funerali del maggiore pilota Angelo Gais, svoltisi nella cappella dell’aeroporto militare di Pratica di Mare. Il Capo dello Stato era accompagnato dal vicepresidente del Consiglio e ministro della difesa Tanassi, dal capo di stato maggiore della difesa ammiraglio Henke, dal cano di stato maggiore dell’aeronautica generale Lucentini. dal nano della polizia Zanda Loy e dal comandante della Legione aerea di Roma generale Graziani. Il rito funebre è stato officiato da un cappellano militare. (Ansa)
da Renato Rocchi, Storia del volo acrobatico – La meravigliosa avventura, vol. 3°, Aviani editore, pp. 172 – 174
❑ 2 giugno – Roma – Fori Imperiali
• 27° Anniversario Proclamazione della Repubblica
• organizzazione: S.M.A.M.
• programma: passaggio delle “Frecce Tricolori” sui Fori Imperiali in formazione di “diamante” di “9 G.91” con le fumate tricolori.
E dire che se andava in porto la “Missione Americhe” era quello it giomo del “grande decollo.”
Invece, valigia al piede, eravamo in attesa del rientro a Rivolto.
Era un giornata piena di sole. La parola a Gaddoni, primo di sinistra nella formazione:
“Quel mattino, Zardo aveva tenuto un “briefing” alla “nostra maniera” (n.b. sui gradini d’ingresso del Circolo Ufficiali – come a volte capitava sotto l’ala del velivolo, altre in un angolo dell’hangar, tra il materiale dei nostri tecnici) in quanto, al rientro dal passaggio su Roma, voleva programmare le figure, provare le manovre, prendere i parametri, in previsione dell'”air-show” che si doveva effettuare a Pratica, in settembre, per il 50° Anniversario della costituzione dell’Aeronautica.
Eravamo a “diamante” sul cielo campo dell’aeroporto, in rientro per la “testata” 31, quando Zardo – da “leader” – dava la trasformazione a “freccia”… in quella fase Gallus – 2° fanalino – doveva ridurre motore per lasciare it posto a Gays – terzo di sinistra – e a Caruso terzo di destra e lui stesso mettersi a bastone… ma Gallus – causa un’avaria radio – non ebbe la comunicazione… Gays a sua volta non si accerto della retrocessione del 2° fanalino, ma scivolò a destra, andando sotto il velivolo di Gallus, entro nella scia… il cuscinetto d’aria venutosi a creare tra i due velivoli lo risucchio, e per il pilota non ci fu scampo…”
Stavo raggiungendo la piazzola del parcheggio, quando la sirena d’allarme della torre di controllo mi fece sobbalzare. Un nostro specialista mi avvicinò per informarmi che due velivoli erano venuti a collisione.
Uno dei due G.91 precipitava a Sud-Est di Pratica – la colonna di fumo nero segnava il punto dell’impatto con il terreno. Uomini e mezzi si stavano portando sul posto a sirene spiegate.
E l’altro velivolo?
La torre di controllo mi confermava di averlo “visto” in “sottovento”, ma poi tutta l’attenzione degli operatori andava al velivolo che precipitava, ai velivoli in volo, alle comunicazioni radio che si sovrapponevano freneticamente… e il secondo G.91 svaniva nel nulla.
Il velivolo schiantatosi al suolo era il G.91 del Cap. Angelo Gays. Per il povero Angelo non c’era più niente da fare, mentre l’altro – il “volatilizzato” – il pilota era il Cap. Antonio Gallus con il G.91 contrassegnato con il numero “9”.
Con l’AB 204 – l’elicottero di pronto intervento – perlustrammo Ia zona Nord-Est – alla ricerca del pilota e del velivolo, ci aspettavamo anche una segnalazione dall’estemo, fatta alla “torre di controllo”… intanto ogni filo di fumo intravisto laggiù, lo si raggiungeva, poi niente! erbaccia che bruciava.
Con il passare del tempo – eravamo in volo da oltre un’ora, senza una indicazione – il silenzio diventava incubo e le speranze venivano meno. Si faceva strada l’ipotesi che it velivolo si fosse inabissato in mare, e il pilota… chissa!
Anche fosse, era mai possibile che di domenica, a mezzogiomo, in una giornata di sole estivo, non ci fosse stata un’anima a vedere un aeroplano che “precipitava” a qualche centinaio di metri dalla spiaggia?
Era questo filo logico che ci dava speranza.
Rientrammo alla Base.
Allora, sull’aeroporto di Pratica di Mare operavano le Scuole Elicotteri della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza; quindi, unite le forze, assegnato ad ognuno il settore di ricerca, si riprendeva a setacciare l’area.
II nostro elicottero faceva da “capomaglia”, e aveva a bordo il dottore, il sommozzatore e la barella.
Eravamo in volo da oltre mezz’ora, quando il “206” dei Carabinieri ci comunicava di aver avvistato la calotta di un paracadute… era nella pineta di Castelporziano, a qualche chilometro dalla testata pista “13”.
Ci portammo sulla verticale. il pilota stava cercando lo spazio necessario, indispensabile per l’atterraggio. Era impossibile: le piante di mezzo-fusto e la folta vegetazione scoraggiavano ogni tentativo… quando vidi Toni Gallus uscire dal cespuglio – ventre a terra – aiutandosi a venire avanti piantando i gomiti.
Una scena da Vietnam!
II pilota dell’elicottero si porta sulla verticale, rimase in “hovering” a dieci metri dal suolo… il sommozzatore si agganciò al verricello… prese terra… assicuro alla “ciambella” il pilota… e Toni Gallus fu issato a bordo (il sommozzatore sarà recuperato pia tardi da un altro elicottero).
Gallus era stremato. Aveva il viso ricoperto di una patina nera, era agitato… mi chiedeva informazioni dell'”altro”… voleva sapere cosa era accaduto… perché quella gran botta sotto il ventre… Non aveva subito ustioni; accusava soltanto un dolore acuto alla spina dorsale.
L’elicottero atterro al Sant’Eugenio – un ospedale specializzato in interventi per ustioni, dove una equipe medica e tanti curiosi ci attendevano.
Al dottore del nosocomio che ci venne incontro urlando, ordinando di portare il ferito in “sala ustioni”, mi permettevo di osservare che it mio collega non era ustionato; abbisognava, invece, di un controllo alla spina dorsale, causa il Iancio…
Quel dottore mi guardò con odio, con disprezzo e mi redarguì “ma non avete fatto abbastanza danni! Se ne stia almeno zitto!”
Al che lasciai Toni nelle Toro mani.
Lo attesi in fondo al corridoio per una buona mezz’ora.
Lo riportarono su un letto d’ospedale con Ia prognosi: “choc causato dal lancio”.
I dolori alla schiena erano dovuti alla gran botta press al momento dell’eiezione – niente ustioni – vertebre a posto.
Dio che sollievo!
Provvedevo – per prima cosa – a far parlare direttamente Toni con Elvira, Ia moglie, per rassicurarla, povera donna. Poi ci sistemarono in uno stanzone di una decina di posti-letto, bersagliati dai fotografi, straziati dai curiosi.
Quella sera stessa il Gen. Vincenzo Lucertini – Capo di Stato Maggiore dell’A.M. – fece visita al Cap. Gallus, per accertarsi personalmente delle condizioni del pilota.
Gli chiesi se ci poteva mettere a disposizione un “trasporto” per portare Toni Gallus a casa, a Udine, per il bene della famiglia e… nostro.
L’indomani Toni Gallus atterrava a Rivolto – questa volta “sdraiato” – a bordo del Convair presidenziale.
Ricoverato all’ospedale di Udine, i medici gli riscontrarono due vertebre incrinate.
Vestirà il busto di gesso per sessanta giorni.
E il G.91? Ecco com’era andata. Dopo l’impatto, Toni Gallus, sicuro di poterlo governare, si portava “sottovento” – aveva la radio “off” – un turbinio d’aria lo investiva da sotto la cabina… rumori sinistri provenivano dalle strutture… a tutta manetta riusciva a tenerlo livellato soltanto per pochi secondi… poi il muso si metteva leggermente a picchiare… la quota era sui 500 piedi… Gallus valutava che una virata per rientrare in campo lo metteva in perdita di valocità, poi con quell’assetto a picchiare era impossibile portarsi in dirittura pista… perciò decideva di lanciarsi.
Atterrò nella tenuta presidenziale di Castelporziano, mentre il velivolo imboccava un viale alberato. Nella corse perse le ali, e la carlinga pulita di fermo senza incendiarsi.
Risolto anche il giallo!
La dinamica dell'”incivolo”: nella trasformazione, Gays n° 7 (terzo di sinistra) anticipava la manovra, portandosi sotto il G.91 di Gallus – n° 9 – e andava ad impattare la pancia del velivolo del 2° fanalino.
Nella collisione, pezzi di plexiglas del tettuccio del G.91 di Gays entravano nella presa d’aria del G.91 di Gallus… ecco la causa prima di quella perdita di velocità…
Il resto l’abbiamo sofferto assieme.
testimonianza da aviazionecivile.it [ fonte ]
Quel 2 Giugno del ’73 eravamo quindi accomodati a tavola sotto la veranda nuova di zecca, aspettavamo il ritorno delle Frecce dopo il passaggio su Roma.
Li vediamo arrivare nella classica formazione a rombo, solito circuito con sottovento sul mare, virata a sinistra e passaggio sull’aeroporto.
Ricordo ancora mio zio urlicchiare “che bravi! guarda che precisione!” e poi come un lampo. O forse un riflesso, tipo il sole sui vetri o su uno specchio. Guardiamo increduli due aerei staccarsi dalla formazione, uno dei due punta il muso dritto verso terra e poi sparisce alla nostra vista.
Da dove siamo noi ci sono case, alcune collinette, alberi, le antenne del centro telecomunicazioni intercontinentali. Non si sente nulla, un silenzio surreale, poi la nuvola, a forma di fungo, nerissima, che s’innalza nel cielo.
“ma che è caduto? ma che pe’ davèro?”
Due secondi e ci infiliamo nella 128 di zio.
Arriviamo sul campo, una distesa di serre per la coltivazione dei cocomeri. I carabinieri hanno già fettucciato la zona attorno al cratere. Osserviamo muti la distesa di rottami, dell’aereo non c’è traccia. Almeno io non ricordo parti visibili abbastanza grandi e riconducibili ad un aereo.
Raccolgo due schegge di metallo contorto, pochi cm di alluminio verde con i bordi arricciati.
Chissà dove sono finite, le ho tenute come reliquie per anni.