Ultimo aggiornamento: 19 Luglio 2021
Incontro con le Frecce Tricolori, la leggendaria pattuglia che compie quarant'anni. L'addestramento continuo è il segreto della loro perfezione
di Giancarlo Riolfo
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Il tenente colonnello Umberto Rossi, comandante delle Frecce Tricolori. A destra: l’apertura della “bomba”. Gli aerei sono gli Aermacchi MB339: jet d’addestramento spinti da motori Viper, costruiti dalla FiatAvio su licenza Rolls Royce
Capita, quando si è all’estero, di vedere la gente voltarsi al passaggio di una Ferrari. E di provare una punta d’orgoglio. Lo stesso accade con le Frecce Tricolori, altro fenomeno italiano che tutto il mondo c’invidia. Ed è così da quarant’anni. Da quando, nel settembre 1960, l’Aeronautica Militare decise di creare la Pattuglia Acrobatica Nazionale (Pan) con base a Rivolto, pochi chilometri a Est di Udine.
Un anniversario celebrato proprio in questi giorni, con un grande meeting sull’aeroporto friulano che, si prevede, attirerà un pubblico di migliaia di persone: appassionati e semplici curiosi. Tutti con il naso all’insù ad ammirare le evoluzioni dei dieci piloti con i loro agili MB339. Uno spettacolo di virtuosismo, che nasce non dall’audacia, ma dalla tecnica e dall’addestramento continuo.
«Qui ogni pilota vola in media 300 ore l’anno: il doppio degli altri reparti operativi dell’Aeronautica», spiega il tenente colonnello Umberto Rossi, 37 anni, comandante del 313° Gruppo addestramento acrobatico. «Missioni di allenamento in vista delle esibizioni, ma anche esercitazioni di supporto aereo ravvicinato: ruolo in cui i nostri aerei verrebbero impiegati in caso di necessità».
Tutti i piloti e i tecnici delle Frecce Tricolori sono volontari. La professionalità è altissima. I componenti della Pattuglia provengono dai gruppi caccia e vantano almeno mille ore ai comandi di un jet, più un’attitudine speciale all’acrobazia e al volo in formazione. I candidati sono attentamente valutati. Quelli prescelti, non più di due nuovi per volta, resteranno a Rivolto quattro o cinque anni.
In occasione delle manifestazioni aeree, i piloti della Pan si confrontano con i colleghi di altre formazioni. Nomi famosi, come i Red Arrows della Raf, la Patrouille de France, i Thunderbirds dell’Usaf e i Blue Angels della marina americana. Difficile dire chi sia il migliore, certo le Frecce Tricolori non sono seconde a nessuno. Dice il colonnello Rossi: «La nostra è l’unica pattuglia a impiegare ben dieci aerei, che, per svolgere alcune manovre, si separano in due sezioni per poi ricongiungersi. Siamo anche i soli a svolgere l’intero programma sempre davanti agli occhi del pubblico, senza buchi o interruzioni».
Il tenente colonnello Maurizio de Rinaldis, leader della formazione. A sinistra: piloti della pattuglia acrobatica si preparano a un volo d’addestramento – Sotto: lo schieramento di aerei delle Frecce Tricolori sulla pista della base di Rivolto (foto Satiz La Presse/Lobera)
A questo bisogna aggiungere due manovre che solo le Frecce riescono ad compiere. La prima è la classica “apertura a bomba”, la seconda è il Lomçevac: uno spettacolare avvitamento verticale eseguito dal solista. Nessuno è mai riuscito ad eseguirlo con un jet diverso dal “339”.
«Il nostro è un ottimo aereo, che unisce una grande maneggevolezza a una buona stabilità. Due doti che non sempre vanno d’accordo», racconta il capopattuglia Maurizio de Rinaldis. «L’unico difetto è la scarsa autonomia, che costringe a compiere numerosi scali tecnici nei trasferimenti». Nominativo radio “Pony 1”, de Rinaldis ha 34 anni e il grado di tenente colonnello. Brevetto militare negli Usa, pilota del supersonico Tornado, è arrivato a Rivolto nel ’93. Come tutti qui, è appassionato di aerei fin dall’infanzia, ma la prima volta che è salito su un’aereo è stato da allievo pilota all’Accademia. «La mia è stata una scelta a scatola chiusa», dice scherzando. Una scelta della quale è soddisfatto. «Ai comandi di un Airbus guadagnerei di più, ma mi sentirei meno realizzato».
Oltre all’amore per il volo, che cosa contraddistingue i piloti delle Frecce Tricolori? «La professionalità. E poi la capacità di lavorare in squadra: una dote fondamentale. A volte, selezionando i nuovi piloti, ne troviamo di bravi, ma che faticano a inserirsi nel team. Li dobbiamo scartare. La perfetta sincronia si ottiene solo con l’addestramento e con un’intesa che nasce vivendo insieme ogni momento della giornata».