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Il capitano Giovanni Morello, 31 anni, di Este racconta la sua esperienza che lo porterà quest'anno a far parte della pattuglia acrobatica nazionale

di Mauro Giacon
da ilgazzettino.it, 15 febbraio 2023 [ fonte ]

PADOVA – Rappresentare l’Italia in volo è un lavoro che è difficile distinguere da una missione. Per questo ci si arriva dopo una dura selezione. Del resto solo 10 uomini su milioni diventano Frecce tricolori, ovvero entrano nella Pattuglia acrobatica nazionale (la Pan). E farlo nell’anno del centenario dell’Aeronautica militare è speciale. Uno di loro è Giovanni Morello, pilota di caccia, 31 anni, padovano di Este, nuovo ingresso nella formazione.

Com’è iniziato tutto?
«Ero al liceo scientifico di Este quando è venuto un ufficiale dell’Aeronautica a presentare la Scuola Militare Giulio Douhet di Firenze. Mi è piaciuta e ho fatto il tirocinio. Poi ho vinto il concorso. E ho cominciato con l’aliante. Finita la scuola ho fatto il concorso per pilota all’Accademia Aeronautica a Pozzuoli e nel 2013 sono entrato come aspirante ufficiale pilota».

Però il destino sapeva cosa fare. Ne è uscito un buon pilota…
«Beh diciamo discreto… Sono fortunato perchè c’è stato un grande investimento nella mia formazione e nell’addestramento da parte dell’Aeronautica».

Ma lei che gusto prova a volare?
«Quando stacco le gomme da terra sento un senso di libertà, poi è una forma di lavoro che non lo è, una continua sfida ma calibrata perchè consente ogni giorno di migliorarsi sapendo che la perfezione non esiste ma è quello a cui noi piloti in generale tendiamo: un lavoro che permette costantemente di toccare la tua passione».

Con un duro addestramento. Lei è più in aria che a terra…
«Qui alla Frecce rappresentiamo le forze armate e la patria in Italia e all’estero. L’addestramento è molto peculiare ed è fatto in volo. Una giornata tipo è fatta anche di due tre voli al giorno. Si vola 30-40 minuti ma sono performance ad alti livelli dove è richiesta una concentrazione totale da prima dell’inizio a dopo il volo».

Cos’ha provato quando è stato scelto?
«L’ho vissuta con angoscia e palpitazioni. Ero fuori dai confini in missione sull’Eurofighter. Aspettavo la chiamata per chi era stato preso per la selezione annuale visto che ogni anno più di una decina di piloti sono selezionati dai reparti caccia, Tornado, Eurofighter e F35 fra quelli che hanno la qualifica “combat ready”, pronto al combattimento. La selezione si basa su valori tecnici ma soprattutto caratteriali per uno o due posti all’anno. Già partecipare è un grande traguardo. Ero molto emozionato quando mi hanno chiamato, non riuscivo quasi a parlare a parte un centinaio di grazie».

A chi ha telefonato subito dopo?
«Al mio comandante di gruppo che è come un padre di famiglia per noi e poi a casa. Erano tutti felicissimi, forse più di me. Mio padre, la mamma e mio fratello sono grandi fan. La prima uscita sarà il primo maggio a Rivolto, aperta ai club. Che poi coincide con l’ultimo addestramento acrobatico, in pratica il battesimo».

Qual è la figura più difficile e quella che le piace di più?
«Difficili lo sono tutte! Comunque si viene seguiti da un istruttore che ha ricoperto quella posizione in precedenza. Ci sono delle figure che riescono meglio da subito ,altre sulle quali si lavora di più. Però Cardioide, Arizona e Bomba sono le storiche e le mie preferite perché c’è una variazione di assetti costante, si comincia in formazione poi ci si separa. E’ mozzafiato anche dall’aereo, credetemi».

Direi, visto che andate a 650 all’ora. Lei è un pilota militare ma la sua è una performance paragonabile a una sportiva?
«Sì lo è. Nel nostro caso è particolarmente accentuata e richiede uno sforzo notevole. Si vola a vista e senza nessun ausilio idraulico o meccanico dell’aeroplano».

Ma a lei non gira mai la testa?
«Per fortuna no. Ma non è che quando si comincia si fanno subito cose difficili. Un ragazzo dell’Accademia non lo mettono su un Eurofighter che va a due volte la velocità del suono con un’accelerazione vicina a 9G».

Quale pensa sia la caratteristica principale di un pilota della Pattuglia vista da dentro?
«Da ultimo arrivato posso affermare che è il lavoro di squadra. Sapere qual è il proprio ruolo. Non è l’individuo che deve spiccare, ma l’armonia. Doti? A terra umiltà e capacità di fare amalgama».

Ci sono riti precisi da rispettare?
«Nell’aula briefing alla mattina il comandante dà le linee guida per la giornata. Ognuno di noi ha il suo posto, sempre sulla stessa sedia. Anche all’interno della formazione ognuno ha il suo ruolo a terra. Io sono addetto alla sala navigazione, mi occupo della pianificazione dei voli su input del capo formazione che individua le linee di ingresso delle manifestazioni o dello studio del terreno».

Fino ad ora lei era un eroe-fantasma adesso la gente la vedrà con la sua foto in un libro o in un poster…
«Non sarò io ma sarò un pilota delle Frecce, con onori e oneri ovvero garantire un livello di performance e un comportamento consono. Avere un compito di rappresentanza è un motivo di grande responsabilità, rappresentiamo tutti i membri della forza armata».

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