(Ultimo aggiornamento: 16 Novembre 2020)

da “Circolo della PAN” – Notiziario riservato ai Soci del Circolo della Pattuglia Acrobatica Nazionale
anno 14, 1/03/2013, n° 25, pag. 15 e segg.

Prologo:
L'Arizona degli aviatori

Laggiù nell’Arizona, terra di sogni e di chimere ...

di Chino ERMACORA

Prima che questa “trattoria”, al limite dell’Aeroporto di Campoformido, avesse l’insegna che promette la malia dell’avventura, era una casupola con il solo pianterreno e s’accontentava del nome modesto di Osteria al Campo.
Ampliata e abbellita, prese subito quota, a cominciare dalla cucina, che col profumo della polenta sedusse persino Italo BALBO e il suo Stato Maggiore, come attestano alcune firme incorniciate nella sala d’ingresso.

Il proprietario, da parte sua, è fiero di servire i soldati dell’arma alla quale ha appartenuto. Per la verità, sono stati i commilitoni a suggerirgli l’ampliamento della casa e a battezzarla con la canzone che le belle ragazze sospirano ancora, lungo la strada napoleonica.

E basta che le lettere cubitali dell’insegna le salutino da lungi, o che i loro occhi inseguano nell’azzurro la scia d’un aeroplano, per sentirsi capinere: tema che sorvoleremo, ad evitare gli atterraggi nei campi di fortuna.

Fermiamoci invece nel recinto del campo regolare, dove assai prima che Gigi COVRE pensasse all’osteria, gli Ufficiali avevano allestito una stanza che sa di intimità, con i mobili austeri, le ceramiche colorate e il caminetto a muro, su cui gli alari e il paiolo di bronzo richiamano la poesia del focolare friulano. Persino un piatto, sopra la credenza policroma, ripete l’invito:
Culì al è ben vignût ognun ch’al rive, ma no l’è lûc di fermative.
Alle pareti, le caricature degli Ufficiali: volti glabri, labbra tumide, nasi aquilini, berretti sulle ventitré, capelli al vento. Tra essi taluno che non è più: una nota di malinconia subito fugata dal tintinnio dei bicchieri, o da una celia improvvisa.

Gli aviatori sanno staccarsi dalla terra con fulmineo abbrivo e sorridere alla morte con confidenza: i caduti rivivono nel rinnovarsi dei loro ardimenti.
Anche i Sottufficiali hanno un ritrovo, di stile «900», nel quale Emilio CAUCIGH ha preferito inquadrare vivaci aeropitture su cieli di cobalto.
Qui luce diffusa, sentore di ARIZONA… Ma la “trattoria” di questo nome è sempre la preferita, per il vino bianco che accompagna i panini al prosciutto, per la folla dei curiosi che vi sosta, per la sorpresa degli incontri.

Ecco giungere, a brevi intervalli, alcuni Piloti civili, i quali hanno coronato la passione sportiva con il loro recente battesimo del volo e col rito in uso quaggiù: un simposio offerto dal neofita prima di cimentarsi alla prova del brevetto; un secondo, più copioso, a volo compiuto.
Gli anziani, a titolo di gratitudine, allungano per turno un pugno sul casco dell’offerente, al grido: «Ghereghéz, ghez, ghez!»

Che cosa voglia dire quel grido, nessuno sa, tanto meno colui che si sente rintronare la scatola cranica sotto la scarica rituale. E guai a lui se sarà incorso in un “bum”, cioè in un atterraggio a base di colpi di coda sul campo; non gli resterà che attenuare la vergogna alleggerendo il portafogli, e assoggettarsi all’immancabile valanga dei frizzi.

C’è anzi chi ne è inseguito fino al momento che sta per partire e, quasi non bastassero le parole burlesche, deve portare nella carlinga un cartello réclame di vini di marca: chiaro ammonimento di prepararsi allo scotto.
Ma il velivolo rulla e decolla con manovra impeccabile, libellula d’argento già in linea di volo.
I rimasti si chiedono ridendo: «Gli passerà liscia, questa volta?» Ma anche lui, il Pilota, se la ride mentre sorvola macchie rosse di tetti, macchie verdi di prati, striature di strade, scacchiere di campi, venature d’acqua.
Picchiata a spirale, rullaggio da esperto.
L’elica frulla nell’ansito degli ultimi giri. Il novellino è a terra, lieto di cedere il posto all’Istruttore che sta per sottoporre all’emozione del volo una signora inguainata nella tuta, il caschetto intorno al viso cui non è mancato l’ultimo disinvolto ritocco di cipria.
– Il primo volo, signora? – Si …
– È come il primo bacio. – Allora non farà male …

Il colloquio è spezzato dal rùgghio dell’elica: di due, di cinque, di dieci eliche.

Tutto il campo è un rombo. Gli apparecchi rullano, decollano, s’allontanano contro il sole declinante, virano saettando balenii metallici; spariscono, riappaiono alti, nell’ebrezza di loopings perfetti; avanzano come gru in formazione di cuneo; danno saggio di acrobazie rabbrividenti.
Spettacolo superbo che esalta chi vi partecipa e chi lo gode, dall’osservatorio dell’ARIZONA.

A questo punto occorre sapere che il bravo Gigi non detiene soltanto le chiavi della cantina, ma i registri e i bollettari della R.U.N.A. di Udine, e conserva gli indumenti di volo dei Piloti, e persino un gabinetto da toletta per le signore; per tutti, poi, gli aperitivi e una cucina dove il girarrosto è quasi sempre in movimento. Tutti i mezzi, egli pensa, sono buoni per infondere fiducia nell’aviazione.

Ma che ci voglia poi tanto coraggio a volare? Domandiamolo alla passeggera che ha superato la prova con compostezza tale da rendere inutile un ulteriore ritocco del suo visino da bambola.
– E allora?
– Proprio come il bacio: un volo tira l’altro.

Consumato al banco il rito di prammatica, riprendiamo la via del ritorno.
All’improvviso il cielo è ferito dall’urlo del «bolide rosso», un aeroplanino che consentirebbe al Pilota di mettere il giusto intervallo tra il «Campari» all’ARIZONA e gli «agnolotti» a Torino.

Da più persone, in primis dai Piloti presenti nell’ “aula briefing” delle “Frecce Tricolori” all’inizio del 1977, sono stato invitato a raccontare come è nata la figura acrobatica poi denominata “ARIZONA” ….. ecco come .

Premessa.

Il programma acrobatico delle Frecce Tricolori è sempre stato caratterizzato dalla cura quasi maniacale dell’estetica imposta ed ereditata dal grande “maestro” SQUARCINA, ovverossia fare in modo che lo spettatore percepisse sempre la grande precisione nel mantenere invariata la geometria della formazione anche nelle sue varie trasformazioni.
Ciò comportava un grande lavoro di coordinamento tra i gregari che con piccole correzioni di posizione rispetto al parametro standard facevano sì che prospetticamente lo spettatore godesse di una visione precisa della geometria della formazione nei suoi vari assetti.
Ovviamente era un aspetto del volo acrobatico delle “Frecce Tricolori” per “palati fini” e/o “addetti ai lavori”, mentre la massa degli spettatori normalmente si entusiasmava agli incroci dei velivoli che procuravano punte di emotività e di entusiasmo molto forti. Annualmente si era sempre alla ricerca di inserire nella massima sicurezza qualche variazione al programma acrobatico.

Proposta.

Nel 1976 avevo ricoperto la posizione di 2° fanalino (n. 9) ed in autunno avevo iniziato l’addestramento da 1° fanalino (n. 6) e nelle manovre di separazione e ricongiungimento (Cardioide e Apollo 313) ho subito trovato l’affiatamento con il “leader” – GALLUS. Nei mesi invernali del 1976, a casa, consideravo l’opportunità di inserire lo sviluppo di nuove figure acrobatiche che movimentassero la formazione dando maggiore spettacolo. Così dopo attente e varie valutazioni sviluppai nuove possibili manovre da inserire nel programma acrobatico sia alto che basso, quest’ultimo tra l’altro, per ovvie ragioni, era molto statico ancorché faticoso per i Piloti.
Tratteggiai le mie nuove idee in disegni, in modo spartano su un foglio, quale utilizzo personale per la successiva presentazione al Comandante – T.Col. BARBERIS , unitamente a tutti i Piloti durante un “briefing, ovviamente avevo valutato sia i tempi e sia le difficoltà di ricongiungimento, ma ero fiducioso !

Al top del “looping in linea di fronte” dopo la trasformazione a “rombo” nella fase rovescia, la formazione si separa in due sezioni (la prima sezione di 5 a dx, la seconda sezione di 4 a sx); dopo una virata sfogata di circa 270° le due sezioni si incrociano ruotando rispettivamente un “tonneau a sx ed a dx” (lungo l’asse pista); all’uscita si rientra sempre con una virata sfogata per l’“incrocio” in “schneider” tra le due sezioni, centralmente alla “display-line”; infine continuando le rispettive “schneider”, la prima sezione si presenta impostando un “looping” a 90° della “display-line” seguita dalla seconda sezione in ricongiungimento sempre durante il “looping”.

Comunque nel ritenere che poteva esserci un elemento penalizzante, il tempo troppo lungo dello sviluppo di tutta la manovra, avevo previsto anche uno sviluppo della manovra più breve ma altrettanto efficace e relativamente meno difficoltosa.

Al top del “looping in linea di fronte” dopo la trasformazione a “rombo” nella fase rovescia, la formazione si separa in due sezioni (la prima sezione di 5 a dx, la seconda sezione di 4 a sx); effettuando una “virata sfogata” di circa 270° le due sezioni si incrociano in “schneider” centralmente alla “displayline” (leader in “schneider sx” e il 1° fanalino in “schneider dx”); il 1° fanalino continuando la “Schneider” a dx manovra impostando un “looping” a 90° della display line, mentre il leader rientra impostando un “tonneau a sx” (lungo l’asse pista) dentro al “looping” del 1° fanalino che all’uscita manovra per ricongiungere sul leader all’uscita del “tonneau a sx”.

Arrivò il giorno della proposta, ero emozionato ma nello stesso tempo, dopo avere ricalcolato con attenzione i tempi e la sequenza delle rispettive manovre, ero convinto della bontà della nuova figura acrobatica: andai alla lavagna, descrissi verbalmente e con il gesso la successione delle manovre ….. fu subito evidente che lo sviluppo della prima manovra, come presupponevo, ancorché spettacolare, era un po’ lunga nei tempi e difficoltosa nell’esecuzione; lo sviluppo della seconda manovra invece venne valutata positivamente, anche se ovviamente bisognava provarla in volo. Così, dopo una mia ulteriore meticolosa esposizione dello sviluppo delle manovre acrobatiche (seconda proposta), concentrati al massimo andammo in volo in due: GALLUS (leader, pony 1) ed io (1° fanalino, pony 6) per provare e verificare sia la fattibilità, sia la spettacolarità e sia la sicurezza della nuova figura acrobatica.
Come già detto, c’era un ottimo affiatamento tra noi due e le manovre erano normalmente molto in simbiosi e quindi eravamo molto fiduciosi sulla buona riuscita dello sviluppo delle manovre nel loro complesso.
Infatti, da subito la nuova figura acrobatica riuscì e convinse il Comandante BARBERIS, GALLUS e tutti i Piloti che era spettacolare, movimentava la formazione, inseriva un incrocio in più oltre ad un bel ricongiungimento che con il “G 91 PAN”, considerando il ridotto effetto dell’aerofreno e la ridotta disponibilità di potenza, era abbastanza difficoltoso, il tutto nel rispetto della “sicurezza”.
Proseguendo l’addestramento con i gregari si ebbe pure la conferma che la riuscita della manovra era costante …. ero molto soddisfatto!
1977 – era nata la figura acrobatica “ARIZONA”, così chiamata con immediatezza da ROCCHI ed accettata dal Comandante, a ricordo dell’ “Arizona degli Aviatori”: una Hosteria sulla Pontebbana, dirimpetto all’allora 6° Gruppo del 1° Stormo C.T.
Un posto di incontro, dove Ufficiali e Sottufficiali si trovavano per bere un bicchiere assieme, per parlare ancora di volo, per fare “fiesta” ad ogni buona occasione.
Così come la seconda parte della manovra (“tonneau” della prima sezione di 5, quella del leader che entrava nel “looping” della seconda sezione di 4, quella del 1° fanalino) venne definita “l’ago e la cruna” , chiamata in seguito (1988) “BULL’S EYE”.

Altre proposte rimaste nel cassetto.

Dopo il passaggio finale a diamante di “9”con il carrello e flaps fuori, sempre nell’ottica di dare più movimento, ma anche per dimostrare le capacità di manovra a bassa velocità mantenendo i parametri, proponevo la separazione della formazione in due sezioni: la prima di 5 a dx, la seconda di 4 + il solista (che si è ricongiunto) a sx …. con il successivo atterraggio in sequenza 5 + 5.
Nel programma basso:
Arrivando dalle spalle del pubblico, apertura/separazione delle due sezioni (la prima sezione di 5 a sx, la seconda sezione di 4 a dx), dopo 270° di virata in salita, per quanto consentito dalle nubi, rientro lungo l’asse pista ed incrocio orizzontale delle due sezioni (tipo Cardioide); subito dopo l’incrocio effettuazione del “ventaglio”.
La prima sezione di 5 continua facendo 270° a dx mentre la seconda sezione di 4 a sua volta continua facendo 270° a sx accodandosi e ricongiungendo sul leader.

Assenzio Gaddoni

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