(Ultimo aggiornamento: )

da Carlo Baron, Con le Frecce sempre in testa, Udine, 2013, p. 106 e segg.

Tel Aviv. 3 luglio 1998

La missione che ci ha portato in lsraele e successivamente in Giordania è quasi giunta alla fine.

Non sarà certamente facile scordare ciò che abbiamo visto a Gerusalemme, dallo sconvolgente museo della Shoah, testimonianza dell’atrocità umana al Muro del pianto, dalla tomba di re David alla Via Crucis, dal Santo Sepolcro all’Orto degli ulivi. Luoghi,questi ultimi, che non sono proprio come li vedevo disegnati nel libretto di catechismo che stogliavo da bambino ma che, credenti o non credenti, danno sempre quella strana sensazione che da queste parti sia successo veramente qualcosa d’importante.

Che dire poi della visita a Jerash, la Pompei della Giordania, una delle più belle testimonianze dell’opera d’urbanizzazione romana realizzata nel medio Oriente? Il tempio di Giove, l’ippodromo, la lunga strada lastricata da pietre originali dell’epoca con ancora visibili i solchi lasciati duemila anni fa dai carri, lo stupendo colonnato che circondava l’antica piazza ovale. Ciò he più ci aveva impressionato, però, era stato il teatro da oltre tremila posti fatto costruire dall’imperatore Domiziano, pertettamente conservato e realizzato con una cura sorprendentemente raffinata dell’acustica. L’attore, parlando con un tono di voce normale dal centro del palcoscenico, poteva essere udito distintamentea molte decine di metri dagli spettatori che occupavano le scalinate in pietra disposte di fronte. Potevamo non veriticarlo di persona? Impressionante!

E il bagno nel Mar Morto? Stare letteralmente seduti sulle sue tiepide e salatissime acque ci aveva dato una sensazione indescrivibile e fatto immaqinare a come poteva essersi sentito chi, sempre da queste parti ma molti anni prima, sulle acque aveva addirittura camminato.

Personalmente vivo in modo particolare questa missione perché per me è l’ultima con lo Scudetto delle Frecce Tricolori sul petto e da quando alcuni giorni fa siamo partiti da Rivolto il pensiero di quel distacco non mi ha mai abbandonato. La fortunata opportunità di riuscire a soddisfare anche in queste storiche località la curiosità che ho sempre avuto nel vedere, toccare, fotografare, luoghi e monumenti di cui conoscevo l’esistenza solamente tramite cartoline o pubblicazioni specitiche e documentari, mi emoziona però a tal punto da attenuare un po’ la malinconia che mi pervade.

È dura! Non ci si può allontanare a cuor leggero da un ambiente che ti ha dato tanto ma le regole del gioco stabiliscono che tutto alla fine deve avere un termine e pertanto, anche se a malincuore, vanno rispettate.

Dopo tanto tempo è dunque giunta l’ora che la tuta azzurra di rappresentanza, il giubbotto di pelle e l’olimpionica trovino finalmerte un po’ di pace sulle grucce degli armadi di casa. Per la mitica valigia Delsey, compagna di tante avventure, sbattuta per anni al freddo nel vano di carico del C130 o del G222, ma anche in camere di alberghi più che accoglienti, ci sarà un posticino di riguardo nel ripostiglio. Il genere di vita che ho fatto per diciotto anni mi ha tenuto molte e forse anche troppe volte lontano dagli affetti della famiglia che ora potrò seguire con più costanza eppure, ora che sta per finire, sento che mi mancherà moltissimo.

Sono momenti tristi, non facili da descrivere ma penso facilmente intuibili da chi ti conosce a fondo. Quanto era successo in lstaele lungo la strada per Tel Aviv conforta ampianente questa tesi.

Sul pullman che a fine attività dall’aeroporto ci riportava in albergo, assorto nei miei pensieri ero seduto al primo psto mentre di dietro la solita allegra caciara con battute, canzoni a prevalenza napoletana e lamentele di chi voleva un po’ di pace.

All’improvviso, preceduto da un autoritario “ssssssst..zitti un attimo!“, Risveglia, Pandolfo, Papa e Noia, che conoscendomi da anni avevano intuito il mio stato d’animo, allungandole braccia verso di me avevano intonato,un “ma nun ce lasså… nun darce stu turmiento. Resta a Rivolto. Facce campà.!” coinvolgendo in un coretto tutt’altro che intonato ma sicuramente indimenticabile tutti gli altri specialisti.

Un gesto inaspettato e simpaticissirmo, un “Torna a Surriento” rivisitato per l’occasIone che mi aveva fatto sorridere e che, pur sapendo che mi stavano benevolmente prendendo in giro, mi aveva dato la sensazione che, in fin dei conti, fossero un po’ displaciuti per la mia partenza. Commosso ed emozionato mi ero allora alzato per ringraziarli di quel simpatico gesto di affettuosa amicizia ma un groppo in gola grosso come una palla da tennis non me lo aveva consentito.

Prima che le sagome dei palazzi verso i quali ci stavamo dirigendo da ben nitide quali erano diventassero per me sempre più oftuscate, me la ero però cavata con un… “Ridete, ridete, prendete pure per il c… proverete con lui” indicando scherzosamente Jack Zanelli, il mio successore, ben sapendo in quali eccellenti mani li avrei lasciati.

Conserverò sempre un caro ricordo di quelle splendide persorne il cui impegno e la cui professionalità hanno notevolmente facilitato il mio lavoro. Persone che per molti anni mi hanno accompagnato in un viaggio tatto di tante soddistazioni ma anche di tanti sacrifici, al tiparo di comode strutture o accovacciati sotto il sole o la pioggia accanto alle casse del materiale di ricambio accatastato sulla mitica paletta con il tricolore ben in evidenza. Persone semplici, con le quali non sono certo mancati anche scontri, incomprensioni, divergenze di vedute che non hanno mai travalicato però il limite della correttezza. Persone che resteranno per sempre nel mio cuore.

Foto da Baron, Con le Frecce sempre in testa

di Carlo Baron
da Renato Rocchi, La meravigliosa avventura, vol. 4°, Udine, 2000, p. 227

Oggi è il 5 Luglio del 1998 – una giornata molto triste per me. È la mia ultima missione con le “Frecce Tricolori”.

Siamo ad Amman in Giordania, e fra poco i velivoli decolleranno per disegnare nel cielo il “programma alto”. Il Comandante, il T. Col. Fiore mi ha concesso l’onore di volare in manifestazione a bordo del velivolo numero uno, quello del T. Col. Umberto Rossi, il leader. Non capita a molti di avere questo privilegio, specie in una situazione come quella odierna in cui la Formazione si esibirà alla presenza di Re Hussein, appositamente rientrato da un summit in Egitto con Mubarak ed Arafat, per rivedere le “Frecce” che già nel 1985 lo avevano entusiasmato.

Stringo con forza le cinghie di vincolo al seggiolino, indosso il casco da volo più volte oggetto di simpatiche battute per la sua grossa dimensione ed infine aggancio la maschera dell’ossigeno. Che strano! Ho sempre odiato l’odore della gomma della maschera ed ora mi scopro ad inspirarlo con piacere a pieni polmoni, quasi volessi riempire ogni ricettacolo delle narici per poterlo riassaporare quando sarò lassü, da solo, in Germania, dove mi trasferirò fra pochi giorni.

Tettuccio chiuso e bloccato, spina tolta.., il leader inizia la consueta litania dei controlli prima del volo, ed infine si decolla.

La Formazione si ricongiunge e Umberto mi comunica: “Mister, oggi c’è da sputare sangue, c’è un vento della Madonna”. Looping di ingresso, la Grande Mela (com’era bello quando si chiamava Cardioide), l’Aquila… il volo continua ma il mio pensiero è rivolto ai pochi minuti che ancora mi separano dal passaggio finale con i fumi colorati che significheranno la fine del programma e, contemporaneamente, il mio distacco dalle “Frecce”. È in quei momenti che la visiera del casco si tramuta in uno schermo sul quale vedo scorrere velocemente ma nitidamente diciotto anni fatti di giornate in cui si sono alternate gioie, ansie, amicizie, soddisfazioni e lacrime. L’intenso azzurro del cielo di Giordania ed il bianco accecante delle fittissime case di Amman che ci sfilano sotto, fanno da sfondo ai miei ricordi.

Atterriamo! I velivoli si schierano di fronte al pubblico. All’ordine del leader i motori vengono spenti simultaneamente e l’affievolirsi di quel sibilo sembra segnalarmi la fine della mia “Meravigliosa avventura”.

Ora siamo tutti allineati in attesa di ricevere il saluto di Re Hussein accompagnato dal nostro Capo di Stato Maggiore, Gen. Arpino.

Il Comandante T. Col. Fiore presenta i suoi uomini. Eccoli. Si stanno avvicinando! Il Re stringe la mia mano sorridendomi e quindi si appresta a salutare il mio vicino. È a quel punto che Gigi Fiore lo ferma educatamente e, additandomi, fa presente al Sovrano di Giordania che quella che si sta conciudendo è la mia ultima Manifestazione con le Frecce Tricolori dopo diciotto anni di appartenenza al Gruppo. Hussein torna di nuovo verso di me e, fissandomi negli occhi, mi dice: “Complimenti per quello che hai fatto. Sii orgoglioso di essere stato per tanti anni un componente di un Reparto cosi prestigioso”.

Non dimenticherò mai lo sguardo dolce e nello stesso tempo penetrante di quel grande personaggio la cui vigorosa stretta di mano mi ha dato l’opportunità di toccare un importante pezzo di storia.

Tutte le foto da Rocchi, La Meravigliosa avventura tranne la 2 da Baron, Con le Frecce sempre in testa

Terminata la cerimonia ufficiale, al “rompete le righe” quei ragazzotti in tuta blu, che poco prima avevano stupito le regali pupille per la bellezza e la precisione delle loro capriole nel cielo, vengono verso me. Cavolo, penso, vuoi vedere che quei “mambrucchi” colpiti da un’improvvisa bulimia da titolo nobiliare e stravolgendo le gerarchie di corte dopo il Re vogliorno salutare un Baron, anche se solo di cognome.

È proprio cosi!

Anche se più di nome che di fatto, sono stato per anni il loro “Mister” e con tale soprannome mi hanno sempre chiamato. Sanno benissimo che quella appena terminata è stata I’ultima partita giocata assieme. Per l’occasione, a sancire la fine dell’incontro non è stato il triplice fischio di un arbitro, bensi il graduale affievolirsi del sibilo dei motori che si spegnevano al termine della manifestazione.

“Giai”, “Capoccietta”, “Pippero”, “Sbluso”, “Paccia’”, “Cudrone”, “Papin”, “Paolino”, “Rillo”, “Berisha”, “Pasquale”, “Rudy”, “Gagarin”, “Riccardino”, “Cozza” (1) sanno quanto mi mancheranno e vogliono farmi capire che per loro sarà altrettanto, con un abbraccio, una pacca sulla spalla, una carezza, un augurio, un sorriso e tanti occhi lucidi.

È il grandioso finale di una giornata che resterà per sempre scolpita nel mio cuore.

(1) Fiore, Rossi, Zanotelli, Miotto, Fiaschi, Marzaroli, Papa, Tarantino, De Rinaldis, Adamini, Giovannelli, Barassi, Zanelli, Rinaldi, Ferrante

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