Ultimo aggiornamento: 13 Agosto 2020

da Roberto Bassi, Il destino in una stella, Udine, 2019, p. 144

A dare una scossa di adrenalina a T.Col Sburlatl ci pensa il S.Ten. Giancarlo Bonollo, il 12 dicembre 1969.

Mentre una formazione di tre velivoli ai comandi di Zardo, Purpura e Gallus si appresta all atterraggio, Bonollo, reduce da un volo prova, entra bassissimo da nord, perpendicolare alla pista. L’intento è quello di effettuare un passaggio basso sulla “biga”, dove ci sono Santilli e Montanari, e sulla torre, dove ci sono alcuni colleghi con i quali giornalmente gioca a carte.

Il passaggio è eccessivamente basso e per un errore di valutazione Bonollo tocca e taglia, con l’estremità della semiala destra del G.91 (MM.6252), alcune antenne della torre di controllo. Nell’urto si lacera parte del rivestimento alare. Il velivolo ruota velocemente a destra e Bonollo è sveltissimo nel decidere di lanciarsi. Il tettuccio si stacca e il seggiolino lascia, con il pilota, la cabina. La quota è pochissima ma la fortuna aiuta Giancarlo Bonollo e il paracadute fa appena in tempo ad aprirsi, a depositarlo sano e salvo nei pressi dell’abitato di Bertiolo.

Una grana per Sburlati… ma poteva andare molto peggio.

da Renato Rocchi, La meravigliosa avventura, vol. 3°, Udine, 1990, p. 127

Per Giancarlo Sburlati – il Comandante venuto da lontano – un anno che si presentava travagliato fin già da metà dicembre.

Dopo quaranta giorni di Comando, Bonollo, durante una ripresa-volo in isolato, a briglie sciolte, – incredibile tanta libertà per lui che ricopriva in Pattuglia la posizione di 1 ° fanalino – un ruolo piuttosto scomodo, castigato, da lui, Bonollo, definitosi “nel cain dei folpi”, con il suo simpatico accento veneziano -, in un passaggio sul campo, con l’alettone urtava una antenna della torre di controllo, e riusciva a lanciarsi a 100 piedi, quando il jet iniziava l’inevitabile rotazione.

Un secondo ancora e sarebbe stato troppo tardi.

Il velivolo andava a schiantarsi in aperta campagna. Giancarlo Bonollo prendeva terra nei pressi di un deposito militare.

Un “incivolo” che lasciava l’amaro in bocca non soltanto al Comandante.

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