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articoli tratti da rifondazione.org [ fontefontefonte ]

Ancora Frecce Tricolori

cioè....meglio brindare a Tocai !

(20 marzo 2007)
Come è difficile farsi capire e semplicemente ottenere che le cose dette vengano trasmesse: la comunicazione dovrebbe avere per fondamento l’informazione, ma non succede.
Mancano svariate attitudini: innanzitutto sembra che l’informazione sia un di più, e viene subito sostituita dalla propaganda e dal proselitismo, in genere poi se non c’è qualcosa di eclatante, sembra che non valga nulla. L’ìdea che ci si può incontrare per uno scambio di idee e propositi, alla fine dei quali le opinioni possono ancora essere differenti, non esiste.
Tutto questo per la “missione” (non basterebbe dire: visita?) della commissione Difesa a Rivolto alla base delle Frecce Tricolori. Luogo di tutti gli scandali che mi riguardano e luogo di un mio possibile (sperato?) rinsavimento. Mi spiace: continuo a credere che a uno stato non si addicono le acrobazie e che il patriottismo espresso dalle Frecce Tricolori, così di immagine e di propaganda, non sia il migliore possibile, anzi sia molto di cattiva lega. Credo sia un’ opinioone di minoranza: è così impossibile che venga tollerata?
È tanto difficile ammettere che si possano avere opinioni diverse su questo argomento? pare di sì. Nel corso della visita, che è stata molto confortevole e ospitale e ha visto una esposizione di mezzi davvero esorbitante, mi è stato chiesto di continuo se le Frecce erano belle e se ne ero orgogliosa (lo spreco di orgoglio è a fiumi, tutti sono orgogliosi di questo e di quello) e se mi ero commossa.
Le Frecce sono “belle”: ma anche le piramidi sono bellissime, tuttavia a me quando le ho viste, è venuto subito da chiedermi quanti schiavi sono morti per costruire delle tombe a dei re, e lo stesso mi viene in mente quando vedo il Colosseo: vorrei che sviluppassimo un gusto del bello meno legato al potere e alla sua magnificazione: ho una idea di bello diversa, mi piace di più un bello fondato sulle parole lievi di una lirica, sui pensieri consolanti di un testo di meditazione, sulle linee e colori di una pittura, insomma dove la materia impegnata è abile e lieve e mi piacerebbe che avviassimo il gusto ad essere meno preso dalle cose che fanno rumore e occupano spazio, esprimono prepotenza. E’ una questione di gusto e secondo me anche di etica. Quanto all’orgoglio, mi viene spesso chiesto se sono orgogliosa di essere italiana: risponderò come Biagi che non ho fatto niente per esserlo, ci sono nata, è posso dire che sì, sono contante di essere nata qui piuttosto che altrove, ma tendo a trovarmi bene ovunque ci siano persone umane e natura da vedere.
Ripeto fino alla noia che ho un’altra idea di patriottismo, che non sia quella delle esibizioni delle Frecce Tricolori, che possono anche divertirmi, ma certo non mi commuovono: vorrei che l’Italia primeggiasse nella ricerca scientifica, nella frequenza scolastica, nei servizi sociali, nella lotta alle varie mafie ecc.ecc.: certe forme di patriottismo mi sembrano un po’ alienanti.
Dalla pregevole illustrazione che il comandante della base ci ha fatto, è venuto fuori che le Frecce sono composte di piloti che debbono mostrare inclinazione al combattimento e che sono una esibizione di tecnologia, che viene venduta all’estero. Chi non ha subito il mitragliamento da aereo (come è capitato a me a Milano e a migliaiaa di donne ragazze bambini anziani, insomma alla popolazione civile) non sa che cosa è l’orrore e il panico puro, l’idea di essere odiati fino alla morte da uno che non vedi nemmeno in faccia. Mi è già capitato inoltre alla Commissione di sentire che la Finmeccanica considera la Difesa un ottimo strumento per vendere armi nel mondo e francamente non credo che la Difesa consista in ciò.
Insomma ripeto: non credo che l’acrobazia sia un buon attributo per uno stato. Sono favorevole a che le forze armate si dedichino anche a favorire la prestanza fisica e l’allenamento dei giovani e delle ragazze, addestrando atleti per le Olimpiadi e i Mondiali, ma appunto Olimpiadi e Mondiali non includono gli sport estremi, che mettono il rischio sopra tutto, e si vede che guai nascono se gli affari si mescolano al calcio o il tifo è violento e bellicoso. Non vorrei proprio che questa specie di accordo sui valori sportivi venga buttato via dalla corsa a ciò che è sensazionale ed estremo.
Credo che sia lecito avere una opinione di patriottismo non così esaltata e che rifiuta qualsiasi critica. Ho chiesto se non considerano possibili danni o fastidi arrecati alla popolazione col rumore (l’inquinamento acustico è oggi considerato anche da autostrade e ferrovie e i paesi che stanno vicino ad aeroporti lamentano questo inconveniente). Non mi si può rispondere che non volano sui paesi e che non è vero che c’è chi protesta per il rumore, e qualunque critica viene subito rintuzzata senza confronto con chi la fa. Appena eletta quando scoppiò lo scandalo delle Frecce, mi capitò di andare a Trieste per una festa di Liberazione e in quell’occasione avevo appuntamento con alcuni giornalisti: sopra di noi si esibivano le Frecce e non fu materialmente possibile fare alcuna intervista.
Insomma continuo a pensare che il simbolico che le Frecce esprimono piace a molti, a me no e lo considero alquanto retorico e dannunziano, poco utile.
Visto che dopo gli addestramenti fanno un debriefing nel quale si criticano in modo democratico tra loro, chiedo di essere io pure sottoposta a debriefing e che non succeda che ogni volta che esprimo una critica alle Frecce mi arrivino delibere di comuni che chiedono a tutti dal presidente della repubblica fino al prefetto di esprimermi la loro disapprovazione, come se non sapessero che un parlamentare non può essere ripreso per ciò che dice, e sulla scorta di campagne di stampa alquanto strumentali io venga investita da una serie di lettere talora anonime, talaltra no, di insulti (da puttana in là), invio di mie foto deturpate, anche insulti (scema, demente senile), e minacce anche di morte, che rivelano quanto una informazione tendente all’esagerazione e al sensazionalismo, invece che al ragjonare produca un incarognimento culturale del quale certo non abbiamo bisogno.
Poichè mi sono ripromessa di fare come Catone, a questo punto dirò:” Ceterum censeo” che una legge elettorale non sia democratica se non prende in considerazione prioritariamente una equilibrata rappresentanza dei generi. Inoltre ricordo al caro compagno Giordano che tra le persone da mettere in cima alla formazione di una sinistra del terzo millennio non può mancare Anna Maria Mozzoni o Anna Kuliscioff o Camilla Ravera, tanto per avere una equilibrata citazione dei generi.

Menapace in visita alle Frecce tricolori: «Meglio il Tocai»

da Corriere della sera, 20 marzo 2007, p. 6

ROMA – In passato si era fatta notare fuori dalle basi militari a urlare slogan pacifisti. Ieri, per la prima volta, in una base militare ci è entrata.

Lidia Menapace, 82 anni, ex partigiana, fondatrice del manifesto, senatrice di Rifondazione, ha accompagnato i colleghi della commissione Difesa, di cui fa parte, in visita alla caserma di Rivolto, in provincia di Udine, sede delle Frecce tricolori, proprio quel fiore all’occhiello dell’Aeronautica che lei considera «uno spreco, causa di baccano e inquinamento».

Nemmeno in casa dei piloti ha usato bon ton. Mentre il presidente della commissione Sergio De Gregorio paragonava le Frecce tricolori alla Ferrari, veicolo di prim’ordine per valorizzare l’immagine dell’Italia all’estero, la Menapace ha ribattuto che lei preferirebbe pubblicizzare l’Italia «col vino Tocai, e attraverso altre eccellenze nel campo della sanità, della salute, della parità uomo-donna e dei trasporti efficienti».

«Credevo — ha detto De Gregorio —, che volesse gettare un seme di pace». Invece la senatrice si è messa a dire che «non ha mai amato le divise», che i piloti hanno un lavoro fisso e lei si preoccupa piuttosto dei precari. Quanto alle sue dichiarazioni di voler cancellare le Frecce tricolori, le hanno procurato minacce di morte, «mi hanno scritto brutta comunista vieni che ti facciamo fuori».

Gli altri senatori ascoltavano in silenzio. Ma quando la Menapace ha sostenuto che i voli di addestramento «provocano panico fra i ragazzi delle scuole», il senatore di An Giovanni Conino è insorto dicendo che «le Frecce tricolori sono amate e quando passano i contadini si fermano ad ammirarle».

Frecce tricolori e 25 aprile

(11 aprile 2007)
Leggo con grande interesse la presa di posizione degli agricoltori friulani a proposito di inquinamento acustico e ambientale prodotto anche dalle manovre di addestramento che avvengono nella base di Rivolto. Mi ero quasi convinta di essere una visionaria o di “sentire le voci” come Giovanna d’Arco. Invece se si ragiona pacatamente, si può anche concludere che vi sono danni di questo tipo e che sarebbe bene mettervi rimedio, addestrandosi sul mare e limitando al massimo le esercitazioni sull’entroterra ecc. Resterebbe adesso da esaminare la questione delle crisi di panico che bimbi e bimbe molto piccoli hanno se le loro abitazioni vengono sorvolate per le esercitazioni. Non parlo ovviamente di quelli che vengono accompagnati dai loro genitori agli spettacoli delle Frecce, che sono preparati e si trovano in ambienti aperti e larghi, ma di quelli che vengono risvegliati improvvisamente nelle loro abitazioni e possono senz’altro spaventarsi per l’intensità del rumore ecc. A insistere si può sempre migliorare la situazione.
Lo scorso anno per il 25 aprile partecipai io pure con grande commozione alla ricorrenza alla Risiera. Non dimenticherò nè la visita dentro la Risiera, nè le immagini, nè i canti ascoltati nel cortile, in mezzo a una folla non meno commossa e partecipe. Mi fu detto che la celebrazione non era nemmeno abituale, ma che anni prima non veniva in nessun modo favorita la partecipazione della cittadinanza. Fu dunque il segno di un successo e di un riconoscimento ben meritato.
Quest’anno sarei tornata con gioia e per conferma, ma sono stata invitata da tempo a Como per una celebrazione che include un evento che mi è personalmente caro: in quella città ha sede un Istituto storico per la Resistenza che in una sua sezione si è specializzato e dedicato a un aspetto che fu sempre trascurato, quello dei forse 700.000, forse più, militari italiani, fatti prigionieri dalla Germania nazista su tutti i fronti dopo l’8 settembte 1943 e deportati in campi di concentramento o massacrati (come a Cefalonia e anche a Roma a San Paolo). Di loro circa 80.000 morirono di fame stenti bombardamenti subiti nelle fabbriche nelle quali furono costretti a lavorare, e quelli che tornarono narrarono vicende tristissime, ma anche il ricordo fiero della loro Resistenza, poichè se avessero aderito – come veniva loro richiesto ogni giorno durante l’appello – alla repubblica fascista di Salò, sarebbero stati liberati, ma la grandissima maggioranza non lo fece e quando cominciarono a dire no a Hitler egli era ancora potente. La Germania nazista non riconobbe mai che erano prigionieri di guerra (in questo caso protetti dalla Convenzione di Ginevra e visitabili dalla Croce Rossa): li chiamarono Internati militari italiani (IMI) e siccome questa dizione non esiste giuridicamente, li trasformarono in persone senza alcuna protezione giuridica, li ridussero in schiavitù, in altri termini. Come facevano con noi partigiani cui non riconoscevano questa qualifica internazionalmente protetta, ma ci chiamavano “banditi” e ci sparavano a vista senza processo, se sforavamo di venti minuti il coprifuoco. Mio padre fu uno degli IMI e ora il governo della Germania federale finalmente riconosce i torti e tra i due stati agisce una commissione che fa elenchi , trova nomi luoghi vicende ecc. Probabilmente si darà un riconoscimento morale alla memoria e un piccolo riconoscimento materiale ai superstiti che ormai sono pochissimi. A Como sono stati raccolti molti materiali di documentazione e foto e allestita una mostra molto bella. Il diario di mio padre scritto su foglietti casuali e molto commovente, fa parte con molti altri dei materiali che cito. Capite che non posso mancare, dato -oltre a tutto- che si tratta di una parte ingiustamente trascurata della Resistenza; evento del quale bisogna dare un giudizio storiograficamente preciso (cioè anche citando gli errori), ma soprattutto completo: la testimonianza di più di 700.000 soldati e ufficiali di tutte le regioni itallane convalida la mia tesi che cioè la Resistenza è stata ad oggi il massimo esempio di presa di coscienza politica democratica di massa che mai l’Italia abbia avuto. Lì, nel 25 aprile, nella Resistenza, nella Costituzione poggia la nostra storia.

Ancora sulle frecce tricolori

(in risposta a Corrado Augias)

(25 febbraio 2008)
Per non rischiare di passare alla storia per una frase sulla quale già fu imbastita una campagna che ebbe il risultato di non farmi avere la presidenza della Commissione Difesa, per la quale ero candidata dell’Unione, ripeto ciò che dissi ed è una mia opinione. La si può discutere naturalmente, ma non serve se storpiata e incompleta. Sono antimilitarista e so la differenza tra il militarismo (che a mio parere è incostituzionale) e i militari per la cui salute e rappresentanza sindacale piena mi sono impegnata, per quanto ho potuto.
A mio parere non è giusto che uno stato finanzi cose “acrobatiche” cioè propagandi il rischio per il rischio. Mi si dice che le Frecce non esercitano il rischio in quanto tale, ma perchè così possono girare il mondo per vendere i Macchi su cui volano e si addestrano, naturalmente quelli in vendita sono armati e i piloti che noi addestriamo si addestrano per bombardamenti anche su villaggi e gruppi di persone, insomma su obbiettivi molto precisi e da colpire da vicino. Sono contraria alla vendita di armi, specialmente se camuffata. Certamente abbiamo bisogno di piloti addestrati e mi sarebbe più gradito che avessimo costruito più Canadair e addestrato piloti per spegnere incendi, piuttosto che per cadere ahimè talora sulle persone o infilarsi nelle finestre di un liceo.
Inoltre in altri paesi le Frecce, che sono per lo più gestite da Aeroclub privati, non possono addestrarsi sulla terra ferma, ma sul mare, perchè nel caso di una qualsiasi avaria, il pilota che viene espulso dal suo seggiolino con paracadute, può benissimo ammarare e l’aereo, se cade im mare fa meno danni. Inoltre c’è un vigneto vicino alla base che espone il cartello “Vino al cherosene” ed è un vigneto abbandonato, perchè addestrandosi molto bassi, il cherosene che lasciano cadere è inquinante e il rumore che fanno provoca crisi di panico presso i bambini e le bambine piccolissime.
Insomma sono una istituzione della quale si può discutere e a quelli e quelle che in gran numero mi hanno investito con insulti tremendi (il più gentile era puttana, brutta vecchia bavosa ecc.) se anonimi ho cestinato, se firmati ho risposto argomentatamente; alle minacce anche di morte ho detto che mi è già capitato di essere minacciata di morte durante la Resistenza e finora ce l’ho fatta a restare viva.
La mia resta una opinione nemmeno molto originale e so che le Frecce piacciono anche ad alcuni compagni, che le trovano bellissime. Ho già risposto che ho un altro concetto di bellezza e a chi mi ha chiesto se non parevano anche a me più belle delle piramidi, ho risposto che persino quando vedo le Piramidi penso a quanti schiavi sono morti per costruirle, mi spiace che ricordare i lavoratori che muoiono sul lavoro non sia “moderno”
Grazie
Lidia

2 commenti

  1. Le frecce tricolore andrebbero mandate in pensione. Non è concepibile in un contesto storico come questo accettare sprechi economici e inquinamento nello stesso momento in cui tutto il popolo Italiano è chiamato a razionare energia elettrica gas e perfino acqua. È un insulto a tutti gli italiani.

  2. Scrivo dal Friuli, dove la grande maggioranza dei cittadini e le principali autorità sono “orgogliosi” di ospitare la Pattuglia Acrobatica Nazionale dell’Aeronautica Militare.
    Io, invece, condivido, avendola anche conosciuta personalmente, quanto scritto a suo tempo da Lidia Menapace e mi inquieto ogni volta che sui cieli della mia cittadina si addestrano i caccia provenienti dalla Base di Aviano. Certo è difficile immaginare la soppressione delle “Frecce Tricolori”, ma, davanti alla crisi climatica prodotta dalle emissioni in atmosfera e alla necessità di cambiare le nostre abitudini, sarebbe perlomeno opportuno sospendere delle esibizioni che non hanno niente di indispensabile e di utile per l’ambiente e, anzi, ci fanno pensare che possiamo continuare a fare come abbiamo sempre fatto.
    Riguardo all’incidente occorso ieri a Torino ho poi alcune riflessioni da fare.
    Come si può definire il tragico schianto? L’ennesimo “incidente” sul lavoro? Si possono paragonare i piloti delle “Frecce Tricolori” alle vittime della Stazione di Brandizzo, o agli operai che cadono da un’impalcatura o muoiono soffocati pulendo una cisterna, perché non si rispettano le norme di sicurezza? Direi di no.
    Quando capita una disgrazia sulle Alpi o in Himalaya si parla subito – sbagliando – di “montagna assassina”. Se in corrispondenza di un incrocio o di una curva pericolosa si verificano troppi incidenti, indipendentemente dalle loro cause, si scrive subito che le persone sono rimaste vittime, non della velocità, dell’abuso di alcool o di una disattenzione, ma della solita “strada assassina”.
    Non mi sembra che nessuno abbia osato parlare, dopo la tragedia di Torino, di “Frecce Assasine”. Certo non c’era alcuna intenzione del pilota di provocare quello che purtroppo è accaduto. Ma, se le decine di migliaia di spettatori che partecipano entusiasti alle esibizioni delle “Frecce Tricolori” si mettessero questa volta nei panni di quella famiglia e di quella bambina che viaggiava ignara in auto e si è vista travolgere dai resti dell’aereo in fiamme, quale definizione utilizzerebbero? Semplicemente “fatalità”?
    Rimane il fatto che ci sono persone – pensiamo ai vigili del fuoco, ai volontari del soccorso alpino, o a chi non esita a lanciarsi in un mare agitato per recuperare i migranti dai barconi che stanno per affondare – che rischiano la propria vita per salvare quella di altri. E ci sono persone – i piloti delle “Frecce Tricolori”, o quelli di Formula Uno, o dei Moto GP o dei rallies automobilistici – che rischiano la loro vita mettendo spesso a rischio anche quella degli altri.
    Dei primi ci si dimentica sempre. I secondi, invece, sono spesso considerati come “idoli” o “eroi”.

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