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Dal Friuli con coraggio. La bandiera italiana sulle nuvole di Canada e USA

di Vincenzo Negro
da “Friuli nel mondo”, anno 35°, n° 383, settembre 1986, p. 9

A luglio dodici piloti vestiti d’azzurro sono sbarcati in Canada; ci sono rimasti per nove settimane e mezzo, salendo e scendendo dagli Stati Uniti, esibendosi per gli italo-canadesi di Toronto e per gli italo-americani di New York, dall’Expo di Vancouver air«Air Show», quando anche il Fnuli si è presentato con il suo presidente Adriano Biasutti e Friuli nel Mondo con Mario Toros. I dodici piloti fanno parte delle «Frecce Tricolori», la pattuglia acrobatica italiana di stanza in Friuli a Rivolto.

Non era mai stata organizzata una cosa simile, un’intera pattuglia acrobatica italiana alla scoperta dell’America e del suo formidabile universo aeronautico. Ad Abbotsford ad una quarantina di miglia da Vancouver sono arrivati gli italiani delle «Frecce». «Pronti, si parte per l’esibizione». Con calma si avviano agli aerei; il capitano «Ciampi» Gropplero di Troppenburg infila le sigarette e i foulard nella borsa che il maresciallo premurosamente gli toglie di mano. Appoggiato all’aereo indossa la tuta Anti-G, un paramento sacro che impedisce al sangue del pilota di spostarsi rapidamente verso i piedi o verso il capo mentre è impegnato nelle sue acrobazie. Piede sinistro sul predellino e Gropplero entra nell’abitacolo. L’assistente lo aiuta a legarsi le cinghie del paracadute e quelle del sedile, a indossare la cuffietta sotto casco, a calarsi il pesante elmo bianco e infine ad allacciarsi la maschera d’ossigeno.
Il capitano è pronto al volo. Giampiero Gropplero è un conte, discendente di una famiglia tedesca che nel XII secolo segui Federico il Barbarossa nella sua discesa in Italia e abitò il castello di Colloredo di Monte Albano. Suo padre, ingegnere e pilota come lui, l’8 settembre non ci pensò due volte e passò coi partigiani a combattere la sua parte di Resistenza. Oggi vive a Udine.

I piloti si avviano. Parte il leader, il maggiore Mario Naldini. dietro di lui tutti gli altri, il maggiore Ivo Nutarelli, il maggiore Alberto Moretti, Gianluigi Zanovello, Piergiorgio Accorsi, Fabio Brovedani, Augusto Petrini, Gropplero e infine il solista, Giambattista Molinaro, il Maradona della formazione. Inizia il numero.

La voce dello speaker della formazione, il maggiore Da Forno, arriva dalla torre di controllo. Gli aerei decollano in formazione, come al rallentatore salgono su, dritto nel sole. Abbotsford si gira, se potessero sposterebbero tutto l’aeroporto verso le frecce tricolori. Il primo passaggio e via coi fumi tricolori: un vento leggero e amico li sposta lievemente di lato prima che gli aerei tornino a far tremare la terra. Un looping e i Macchi si dividono, quattro da una parte, cinque dall’altra, «il solo» a rincorrere le sue acrobazie. Quella del «solo» è una specie di uovo di Colombo del circo aereo: passava troppo tempo fra un passaggio e l’altro della formazione sul pubblico, e allora qualcuno pensò bene di fare eseguire delle manovre ad uno solo dei piloti. Così mentre gli altri mirano lontano per rientrare, lui ancora impazza sulla testa della gente.

Eccoli che rientrano da sinistra, accendono i fumogeni e, a coppie, iniziano i tonneaux. Ripassa il solista per un tonneau in quattro tempi: il tonneau è una rotazione completa dell’aereo sul suo asse longitudinale. Per qualche attimo il pilota vola piegato sulla destra, poi vola capovolto, poi risale a sinistra e infine ritorna a volare dritto il tutto senza interruzioni. Quando un’ala punta verso terra, il pilota deve fare il massimo dello sforzo e manovrare con i pedali il timone verticale, che per il momento è l’unica superficie a sostenere l’aereo in volo. Molinari deve avere nei piedi la forza e la precisione delle mani di un chirurgo.

Mentre la pattuglia si invola, il comandante Bernardis la segue da terra, inginocchiato di fronte alla torre di controllo, una radio da campo a fianco. Per il frastuono dei jet il microfono è diventato una sorta di cannula d’ossigeno che entra nella bocca di Bernardis. Quando parla per correggere e guidare i suoi piloti. Bernardis sposta la mano alla bocca, come un uomo che voglia confessare in silenzio la sua sofferenza. Le «frecce» salgono, salgono ancora, si dividono e tornano insieme per un passaggio lento sulla pista: il solista li aspetta al varco, arriva dalla direzione opposta, si infila sotto l’aereo del leader ed entra rapido nei fumi della formazione, come la spada del torero colpisce la bestia. Pochi secondi e gli aerei sono rientrati a terra. Venti minuti, soltanto venti minuti di spettacolo per la gente. I piloti hanno perso un chilo e mezzo, ma la fame di volo per ora è sazia. Ci sono fra gli spettatori anche friulani e tanti italiani: quella pattuglia è un pezzo d’Italia che vola. La tournee delle Frecce Tricolori in Canada e negli USA ha riempito d’orgoglio i nostri emigrati.

Le Frecce stampano nel cielo azzurro l’ultimo tricolore. «Sentiremo la solita predica per questa fumata. …Bravi ragazzi, ci vediamo al rientro».
Il comandante della pattuglia tricolore, il Ten. Col. Bernardis, dalla «biga» a terra, saluta i suoi e le sponde dell’Ontario davanti a Toronto sembrano fremere un attimo. Poi l’applauso. Sono in 500 mila a sottolineare un altro successo di questa missione americana del team acrobatico italiano.

«È come quando l’Italia ha vinto i Mondiali di calcio. Un’emozione, una soddisfazione che non ci sono dollari per ripagarla!», esclama il presidente della Famce Furlana, di Toronto, Primo Di Luca. «Le Frecce per noi oggi sono state… tutto», fa eco un imbianchino in pensione di Azzano Decimo, Delfino Marcuz, 35 anni di Canada. «Non e vero che gli italiani sanno solo cantare e far da mangiare. Sono felice che i nostri piloti Io abbiano fatto vedere». Daniele Di Sante, di San Daniele, impiegato, da 32 anni a Toronto, non stacca gli occhi dai fumi bianco, rosso e verde. «Abbiamo dimostrato quanto possiamo valere, un motivo per andare a testa alta»; Laura Susanna, 27 anni, pordenonese, è categorica.
Quattro frasi, una piccola sintesi di come gli italiani di Toronto e dell’Ontario hanno vissuto la due giorni di spettacolo aereo legata alle esibizioni delle Frecce. In questa regione canadese i nostri connazionali sono tanti, tantissimi: mezzo milione o giù di lì e i friulani ne costituiscono la fetta più grossa. Bene integrati nella vita politica e sociale del Paese, presenti nei posti di responsailità, sono tuttavia ancora un nucleo culturalmente legato alla «piccola Patria». La Pan che, non dimentichiamolo, è di Rivolto, ha offerto un’occasione in più per sollecitare il loro spirito friulano e l’orgoglio per la loro terra.
«Ma le stesse manifestazioni di affetto, di simpatia e di entusiasmo le abbiamo raccolte in tutta la tournée». Il comandante Bernardis richiama subito uno degli elementi più positivi della missione nordamericana delle Frecce. «In molte zone degli Stati Uniti – continua – dove troppi italiani non vivono bene come qui, in Canada, la presenza delle Frecce, la loro esibizione, da tutti giudicata eccellente, superiore a quella delle altre pattuglie è stata ragione di rivincita, un momento per sentirsi più italiani e nel contempo non inferiori agli altri».

– Quindi tutto bene da questo punto di vista, ma in Italia c’è qualcuno che dice che le Frecce costano troppo…
Giuseppe Bernardis, 38 anni, di Porcia, tenente colonnello, da quattro anni alla guida della pattuglia, esplode: «AI contribuente italiano la nostra trasferta nell’America del Nord non è costata una lira in più. Ma un bel dire Rutelli (n.d.r. è il parlamentare radicale che ha fatto l’interrogazione sulle spese della Pan)! Basta fare un po’ di conti. Le ore di volo – e sono queste che incidono molto sulla spesa generale – saranno alla fine della missione le stesse o forse meno dì quelle che avremmo effettuato restando in Europa».
Eguale discorso per le spese dì manutenzione.

Venti manifestazioni, milioni di spettatori (nella sola California sono stati non meno di 800 mila), un successo costante, hanno trasformato la Pan in una specie di stand promozionale del prodotto e del lavoro made in Italy. Successo «umano», successo di esperienza; sarà anche un successo economico?
«Non è settore di mia competenza — replica Bernardis — ma la missione americana si e prestata ad incontri e contatti che potranno senza dubbio avere un seguito di «operazioni industriali» da cui l’Italia non trarrà che vantaggi».
Questa avventura a Toronto della pattuglia acrobatica non poteva avere che un finale: friulano. La Famce della capitale dell’Ontario, che hanno fatto di tutto per avere le Frecce (sin dal ’79, come ricorda il presidente De Luca), hanno voluto fare loro un saluto eccezionale. Da Gradiscutta, cinque chilometri da Rivolto, hanno fatto venire appositamente Aldo Morassutti, il titolare di un ristorante che tante volte ha accolto gli uomini della pattuglia. Accompaganto naturalmente dai suoi piatti friulani e da 1500 bottiglie del suo vino.

Adalberto Minazzi

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