Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio 2024
da Augusto Petrini, Confesso che ho volato, 2005, pp. 86 – 89
Il “seiorista” è l’ufficiale dell’Aeronautica Militare che, avendo terminato la sua vita da pilota operativo con l’incarico di Comandante di un Gruppo di volo e con il grado di Tenente Colonnello, è passato ad incarichi superiori a livello dirigenziale.
Tali incarichi, pur importanti presso lo Stato Maggiore o altri Alti Comandi non prevedono, purtroppo, attività di volo di tipo operativo.
Per intenderci, se ci trovassimo in stato di guerra, questi ufficiali non parteciperebbero a missioni di volo, ma sarebbero impiegati nei vari posti di comando e di gestione delle operazioni.
Non che non si voli più, ma l’attività di volo è ridotta a sei ore ogni sei mesi, da cui il nomignolo “seiorista”.
I seioristi, quindi, sono in genere poco allenati e non più abilitati a volare da soli. Volano con velivoli biposto, di solito gli MB339 da addestramento, con altri piloti. Inoltre volano generalmente quando il tempo è bello, allora, per scherzare i piloti giovani, quando il tempo è buono dicono “oggi è un tempo da Colonnelli”, se poi la giornata è particolarmente serena dicono “oggi è un tempo da Generali”.
Quel giorno ero in volo con un seiorista, io ero un pilota della PAN, uno degli ultimi arrivati ai quali di solito si davano queste incombenze.
Il seiorista era un Colonnello, Comandante dell’aeroporto di Rivolto dove ha sede la Pattuglia Acrobatica. Il velivolo era, ovviamente, uno dei nostri MB339 PAN. Dovendo, nelle intenzioni, fare solo un tranquillo volo turistico, nessuno di noi due indossava la tuta anti G.
Dopo aver volato una navigazione a bassa quota sulle Alpi ed avendo ancora del carburante disponibile, il Colonnello decise di fare qualche minuto di acrobazia sull’aeroporto.
Il problema erano le nubi basse, non bassissime, ma abbastanza da entrarci dentro alla sommità di un looping.
Ora, sebbene l’acrobazia aerea sia un’attività che si fa’ esclusivamente a vista, io mi sentivo abbastanza sicuro, grazie all’allenamento quotidiano, da lasciargliela fare anche se alla sommità dei loopings si entrava per qualche secondo in nube.
Non era un grosso problema, infatti una volta entrati, bastava continuare a tirare la cloche tenendo dritte le ali con l’orizzonte artificiale e controllare alla sommità di avere la quota e la velocità giuste per poi chiudere il looping in sicurezza.
Per me che lo facevo tutti i giorni era abbastanza naturale, ma non avevo considerato che il Colonnello, pur un bravo pilota ai suoi tempi, non aveva più l’allenamento per passare velocemente dal volo a vista a quello strumentale senza rimanere disorientato.
Il primo looping andò bene, dopo aver passato la verticale con l’aereo quasi rovescio, siamo entrati in IMC (Instrument Meterological Conditions), la quota e la velocità andavano bene, le ali erano abbastanza dritte ed il Colonnello tirava costantemente la cloche per riportare il muso verso il basso. Dopo qualche attimo siamo riusciti fuori dalla nube, e tornato in vista della pista di volo il Colonnello chiuse il primo looping e ne iniziò subito un altro.
Stavolta, però, qualcosa non andò nel verso giusto, il Colonnello improvvisamente, con l’aereo già in discesa, ma ancora dentro le nuvole, smise di tirare e iniziò a farlo ruotare verso sinistra.
Nel passaggio dal volo a vista a quello strumentale si era disorientato e non sapendo più in che assetto si trovasse smise di tirare e cercò di rimettersi dritto, solo che nel frattempo l’aereo stava già puntando verso il basso ed accelerando rapidamente.
Quando si inizia un looping partendo da molto basso è importante eseguire la manovra senza esitazioni, mantenendo sempre il velivolo in una traiettoria curva che permetta di chiudere il looping in poco spazio. Inoltre, i G che si tirano aumentano anche la resistenza aerodinamica del velivolo, impedendo di far aumentare troppo la velocità.
Se invece, come stava accadendo in questo caso, con il muso già puntato verso il basso si smette di tirare, ci si trova rapidamente nei guai, con l’aereo che accelera verso il suolo spinto dal motore e dalla forza di gravità.
Io ho reagito un po’ in ritardo, non mi sono subito reso conto che lui era disorientato, il primo looping lo aveva fatto bene, e poi un Tenente esita sempre prima di togliere i comandi ad un Colonnello.
Quando ho reagito ho fatto l’unica cosa che potevo fare, ho tirato, l’aereo era praticamente in assetto verticale e la velocità già alta, non ricordo quanto, ma abbastanza da farci raggiungere rapidamente 8 G.
Siamo usciti dalla picchiata bassi, ma non in modo drammatico, d’altra parte per un looping fatto bene bastano 4 G.
Il Colonnello è svenuto immediatamente e si è svegliato qualche secondo più tardi, mentre mi stavo portando all’atterraggio, non mi disse nulla ma sentii che cercava di riprendere il controllo della cloche. Probabilmente non si era reso conto di quanto era successo.
Io, invece, gli 8 G, anche senza tuta anti G, non li ho nemmeno sentiti.
L’allenamento quotidiano ha fatto in modo che, automaticamente, senza un pensiero cosciente, mettessi in pratica la manovra di contrazione dei muscoli addominali e l’adrenalina che si riversata nel sangue a seguito del pericolo improvviso ha fatto il resto.
Ringrazio l’autore per avermi mandato copia digitale del libro, non più in commercio