Ultimo aggiornamento: 31 Marzo 2024

di Ferdinando Sguerri
da “Ali” – Quindicinale di aviazione, anno 13, numero 6, 28 marzo 1961, p. 115

Fare il gregario di una pattuglia acrobatica che si rispetti, è una cosa che viene iniziata in modo più facile di quanto si pensi. In compenso, però, l’allenamento per divenire parte integrante di un buon meccanismo pone certe difficoltà che vanno molto al di là di quanto è normalmente creduto.
Ho parlato di meccanismo, ed anche se il termine sembra piuttosto improprio per degli esseri umani, é invece quello più adatto per indicare in azione i piloti di una pattuglia acrobatica, quando questi debbono muoversi con quel sincronismo che a primo colpo d’occhio può sembrare avere dei miracoloso.

Il trovare il gregario, ho detto che non è una cosa difficile. Tutti i piloti arrivando ai reparti, già conoscono le basi del volo In formazione. Durante i numerosi voli di addestramento (che attraverso un complesso numero di voci, devono portare il pilota a conoscere in modo esauriente l’impiego pratico cui il suo reparto è destinato) vengono effettuate un certo numero di missioni in « coppia », in modo da rafforzare nel giovane pilota il senso del volo con altri aerei accanto al suo.

In questi voli, si cerca essenzialmente di insegnare all’individuo di « non mollare » la posizione assegnata, qualunque sia la manovra del capo-coppia. È facile quindi notare coloro che hanno più scioltezza e facilità in questo particolare genere di lavoro.

Come si vede, quando necessitano piloti per la loro azione di una pattuglia acrobatica, basta chiedere a chi di dovere, quali sono coloro che riescono bene in questa branca dell’addestramento, e chiedere agli interessati, se accettano o meno di affrontare le future fatiche. Difficilmente la proposta va incontro a rifiuti.

Nella migliore delle ipotesi, viene effettuata una selezione qualitativa tra gli individui in predicato, dopodiché il capo pattuglia si pronuncia a favore di coloro che a suo giudizio presentano le migliori caratteristiche complessive.

È bene precisare che questi piloti non esprimono il meglio di un reparto in senso assoluto, ma più semplicemente sono tra coloro che hanno maggiore facilità di volo in genere, Questo significa che altri piloti, I quali trovano qualche difficoltà nel volo acrobatico di formazione, è facile che diventino eccellenti in qualche altra delle tante voci del complesso addestramento a cui vengono sottoposti.

A questo punto il gregario della pattuglia acrobatica, inizia un genere di vita che in principio sembra facile, simpatica e foriera di non lontani allori. Ancora però non sa che quegli allori (che non sempre sono molti) costeranno, via via, moltissima dedizione, un’usura fisica che in certi casi sfiora le possibilità di un individuo, ed una vita, che in certi momenti assomiglia molto da vicino alla vita quaresimale degli atleti di certe squadre di calcio in pericolo di retrocessione.

Se prima il pilota cambiava ogni giorno il tipo di missione, d’ora in avanti si specializzerà esclusivamente nel volo acrobatico sia in formazione che da solo. La cosa, a poco a poco, diventa assillante, abitudinaria, fino a divenire quasi automatica. Proprio a questo deve arrivare la formazione: l’automatismo dei riflessi, se si vuole che in ogni manifestazione l’esibizione spettacolare si ripeta, perfetta ed impeccabile, con una superba prova di assieme, tale da lasciare un vastissimo pubblico ammirato ed entusiasta.

Non si creda però che li lungo addestramento porti i piloti a volare a cuor leggero, con facilità. Lo sforzo di quegli uomini, che con le loro macchine affiancate fanno bella mostra della loro abilità, è veramente notevole. Con tutti i sensi ed i nervi tesi, a dare il massimo, i piloti fanno l’impossibile per non sbagliare neanche una virgola del programma in corso, ben sapendo che la posta in gioco è molto grossa.

Tanto per usare una frase un po’ retorica ma molto efficacie, durante una esibizione, i Piloti della pattuglia acrobatica « lavorano » con il cuore sulla punta delle dita, quelle stesse dita che devono stringere la cloche e la manetta, e con gli occhi incollati sulla punta dell’ala dell’aereo vicino, o sulla coda di quello avanti, pronti ad apprezzare variazioni dell’ordine di poche decine di centimetri.

Raggiungere automatismo di riflessi, sincronizzazione di movimenti, e occhio sveglio, è il risultato di un lunghissimo addestramento quotidiano, in cui le figure acrobatiche devono essere ripetute decine di volte. Tutto deve essere fatto secondo uno schema non codificato, s’intende, ma che istintivamente deve essere seguito nell’allenamento della pattuglia, a meno che il capo formazione non voglia rischiare a fallimento di tutte fatiche, sue e dei piloti che lo seguono.

Aiutato dal fido specialista, il gregario sta apparecchiando « le vestimenta », piuttosto complicate, prima del decollo.
Decollo di due « Sabre » per un volo di addestramento in coppia; le coppie acrobatiche fanno parte del normale programma addestrativo di reparto e servono proprio a far fare le ossa al volo collettivo ai pivelli giunti ancora implumi dalle scuole.

Per prima cosa sarà data la preferenza al volo in formazione serrata, senza alcuna trasformazione, e senza un programma di figure prestabilite, in modo che il gregario si abitui alla « mano » del capo pattuglia, cioè al suo modo di « tirare » l’acrobazia, cosa che, naturalmente, varia da individuo ad individuo. Ogni giorno il gregario dovrà cercare di migliorare il suo comportamento cercando di vincere i suoi piccoli difetti e le sue piccole diffidenze, che sorgono automaticamente, quando ancora non è troppo abituato a vedersi intorno altri aerei, vicirrissinti, con relativo continuo pericolo di collisione.

Quando la pattuglia darà un sicuro affidamento nel volo a formazione fissa, allora si passerà a studiare ed a mettere in pratica le variazioni sul tema.

Il comandante prospetterà ciò che vuole realizzare, dando utili suggerimenti sul come dovranno essere eseguite le trasformazioni, e quali saranno segnali radio convenzionali per iniziare la trasformazione stessa Tocca poi al gregario, fissare nella mente, il « suo » modo di realizzare ciò che viene a lui richiesto.

Generalmente quando ancora non è preteso il perfetto sincronismo, e viene data poca importanza alla giusta posizione, tutto diviene abbastanza facile, e l’euforia aumenta rapidamente. Purtroppo, però, Ia doccia fredda arriverà puntuale, quando si ricercherà la sincronizzazione accoppiata alla posizione, supponendo per quest’ultima raro scarto di poche decine di centimetri.

Per chi à pratico di aeroplani in genere, sa che essi volano in un ambiente (l’aria) che raramente ha il buon senso di starsene tranquilla. permettendo agli aerei do andare via « lisci ». Spesse volte, specie alle bassissime quote (dove generalmente opera la pattuglia), e nei momenti meno opportuni, i moti convettivi dell’aria finiscono per romper le uova nel paniere, creando turbolenze a non finire, le quali generano nel volo degli aerei il cosidetto « ballo » notoriamente antipatico a tutti.

Inutile descrivere lo strazio del povero pilota, dal capo-pattuglia all’ultimo gregario, che si trova obbligato a mantenersi nei limiti di posizione sopra descritti, e costretto quindi a lottare a denti stretti, contro quegli improvvisi colpi d’aria, che sembrano volere fare l’impossibile per scompigliare la formazione.

È chiaro, quindi, che oltre alle difficoltà ovvie incontrate nella ricerca della « posizione » e del sincronismo, bisogna anche imparare bene come difendersi dall’ assalto dei fenomeni di cui la natura ci gratifica senza badare alle esigenze di nessuno.

Ore ed ore di lavagna e gesso, occorrono per studiare i movimenti delle trasformazioni. È necessaria molta pazienza da parte del capo formazione, e molta fatica (con un numero indicibile di gocce di sudore) da parte dei gregari, prima di raggiungere dei risultati soddisfacenti.
Ho citato fatiche e sudori, ma ho dimenticato le innumerevoli « strette al cuore » che si hanno ogni qualvolta qualche collega, per una qualsiasi ragione, ritarda una trasformazione di un solo secondo. l due o più aeroplani sembrano avventarsi uno contro l’altro, per schiantarsi e divenire un ammasso dl ferraglia contorta; ma è evidente che da qualche parte dell’universo, non ancora raggiunto dai nostri inopportuni satelliti, c’è qualche spirito bonario e paziente che protegge gli entusiasti (che è come dire incoscienti) e nel novantanove virgola nove per cento, tutto si risolve in un forte scossone dovuto al getto dell’aereo che precede, o a qualche sfioramento millimetrico, tale da lasciare inorridito qualunque individuo di buon senso.

Ma l’entusiasmo, l’amor proprio ed i vent’anni da poco superati, fanno apparire queste cose abbastanza ovvie, salvo qualche goccia di sudore freddo, che in casi del genere si aggiunge alla citata normale traspirazione del corpo.

Infine si arriva al ciclo manifestazioni ufficiali, e da quel momento in poi, la tacita parola d’ordine che corre tra tutti i piloti della pattuglia, é quella di non permettersi errori di sorta, e nemmeno per una volta. Se si pensa che errare è umano si comprende come questo impegno reciproco, sia particolarmente innaturale per la nostra indole, e tale da impegnare a fondo.

Un errore solo, compiuto durante un’esibizione, rappresenterebbe un brutto colpo per la propria Aviazione (se si è in competizione internazionale) per il proprio Reparto (a cui i piloti tengono come alla luce dei propri occhi, ed infine, diciamolo pure, anche per l’amor proprio di ciascuno di essi.
In fondo, è sempre il valore unano che spicca anche nelle più grandiose prove di assieme, e quindi tutti coloro che hanno fatto della pattuglia acrobatica la ragione della loro vita per un periodo più o meno lungo, sanno che ogni qualvolta scende a terra dopo un’esibizione ben riuscita, non è difficile sorprendersi a pensare che, ancora una volta, è stata posta un’altra piccola pietra, sull’edificio creato dalla fama che le pattuglie italiane, hanno saputo validamente guadagnarsi da tempo ormai immemorabile.

E questa, forse, più ancora degli applausi, è la più riposta ma anche la maggiore soddisfazione che ogni pilota ricava dall’avere fatto onestamente il suo dovere, anche in un ruolo così eccezionale quale può essere quello svolto dalle pattuglie acrobatiche.

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