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Gli uomini e i motori della pattuglia acrobatica

di Aldo Vitè
da quotidiano sconosciuto, 1978

Famose in tutto il mondo per la bravura e l’ardimento dei suoi componenti, le «Frecce Tricolori» — pattuglia acrobatica nazionale — sono le eredi della tradizione nata a Campoformido, in Friuli, nel 1929. E’ di quell’anno infatti la creazione della prima scuola di acrobazia aerea dell’asso colonnello Rino Corso Fougier, il quale era riuscito a convincere lo Stato Maggiore che il pilota militare, bravissimo in senso sportivo, con la rinuncia dell’affermazione personale e un addestramento quotidiano in formazione, severo e continuo, poteva utilizzare l’aeroplano con la massima efficienza e assoluta padronanza.

La prima pattuglia acrobatica nazionale costituita da cinque biplani da caccia Fiat C.R. 79 si esibì in uno spettacolare carosello l’8 giugno 1930. Da quel giorno i C.R. 29 e poi i più moderni C.R. 33 passarono di successo in successo. Non soltanto in Italia. ma anche all’estero. A Bucarest, Budapest, Belgrado, Zurigo. Berlino e perfino in America Latina, rendendo celebri capi-pattuglia come Aldo Remondino, Giovanni Borzoni ed Ernesto Botto, solo per citarne qualcuno.

Dopo la parentesi della guerra mondiale, la pattuglia acrobatica è tornata alla ribalta non più con aerei ad elica ma con velocissimi aviogetti. pelle Inizialmente con l’F-86E e dal 1964 con il Fiat G.91 Pan, un adattamento per il volo acrobatico del prestigioso caccia tattico leggero adottato da diverse aviazioni della Nato. Prestigioso come le pattuglie chiamate a riprendere le tradizioni della scuola di Campoformido: il «Cavallino Rampante», i «Getti tonanti», i «Diavoli rossi», te «Tigri bianche», i «Lancieri neri» e, quindi, appunto con i Flal G 91, le «Frecce tricolori».

I programmi delle «Frecce Tricolori» di Rivolto. che richiedono un intenso, quotidiano addestramento, sono celebri in tutto il mondo, e più di una pattuglia militare straniera ne ha preso esempio. Vi è it programma “alto” eseguito quando il cielo è terso fino ad almeno 2 mila metri e quello «basso», che permette alla pattuglia, sempre una formazione di nove jet più il «solista», di evoluire con nubi basse e visibilità scarsa. Un susseguirsi di schneider, tonneau, looping e rapide trasformazioni della pattuglia, di grandissimo effetto spettacolare ed eseguiti con rigorosa precisione.

Come è ben noto, la «figura» più famosa, con la quale le «Frecce tricolori» concludono le loro esibizioni, è la bomba. All’ordine del capo-pattuglia ogni jet si stacca: dalla formazione tracciando con scie fumogene un disegno che rammenta il rapido dischiudersi di un fiore. Subito dopo, ed è qui che viene il difficile, i piloti devono abbassarsi manovrando celermente in base elle istruzioni ricevute via radio su quota, velocità e assetto, tenendo sotto controllo gli strumenti e d’occhio gli altri aerei. Così da incrociarsi a più di mille chilometri all’ora a poche diecine di metri di altezza dalla pista. Una «figura» che toglie il fiato agli spettatori, la quale non è altro che una variante della «bomba» ideata nel 1930 dal colonnello Fougier per la prima pattuglia acrobatica della nostra aeronautica militare.

Graziano Carrer – Andrea di Pauli

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