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Alcuni piloti della leggendaria pattuglia delle Frecce Tricolori hanno deciso di mettersi alla prova scalando una delle grandi montagne che di solito guardano dall'alto mentre sfidano la gravità con le loro fantastiche evoluzioni acrobatiche in cielo

di Michele Dalla Palma
da Magazine Outdoor, anno 7, numero 1, gennaio 2014

Una sfida e una scommessa con se stessi: questo Io motivazione che ho spinto quattro piloti d’aereo appartenenti alle Frecce Tricolori, fiore all’occhiello della nostra Aeronautica Militare o cimentarsi con la scalata di una grande cima come la Marmolada. Questi uomini sono certamente atleti eccezionali, allenati o resistere a uno stress fisico che pochi sono in grado di sopporta, ma scalare una montagna è un’altra cosa. Significa utilizzare attrezzi inusuali quali ramponi, piccozza e imbragatura, e soprattutto confrontarsi con un ambiente naturale severo e impegnativo, dove più che sulla tecnologia bisogna far conto sulle proprie risorse fisiche
LA REGINA DELLE DOLOMITI – La Marmolada è una sintesi perfetta di tutto quello che si può trovare durante una salita
alpinistica: un suggestivo avvicinamento su tavolati di pietra, l’attraversamento di un ghiacciaio con crepacci, la scalata di uno parete roccioso con l’ausilio di una via ferrata, l’arrivo sul panettone sommitale coperto di neve e, spesso, immerso nelle nuvole. Per la sua altezza, che supera abbondantemente i 3300 metri, la Marmolada, oltre a essere la cima più alta delle Dolomiti, è considerata una salito di alta montagna e, nell’arco di una giornata, il tempo e il clima possono cambiare varie volte, con sbalzi di temperatura anche importanti. È perciò fondamentale conoscere tutti i pericoli a cui si è esposti ed essere perfettamente ottrezzati per affrontare qualsiasi evenienza e imprevisto. lunico “garanzia” che si può avere in montagno è la presenza di un professionista esperto capace di “interpretare” e prevenire gli umori dello montagna: il “coach” di questa squadra di aviatori, per una volta coi piedi per terra, è stato Massimiliano Zortea, Guida Alpina di San Martino di Castrozza.
CRONACA DI UNA SFIDA – Nuvole basse e una pioggerellina insistente sono il biglietto da visita che la montagna presenta all’arrivo all’hotel Dolomio, Passo Fedaia, base per lo scalata. Prima della partenza Stefano Centioni, Filippo Barbero, Massimiliano Salvatore e Vigilio Gheser discutono con Max Zortea, Aldo Felici (responsabile commerciale di Dolomite e organizzatore di questo evento) e il sottoscritto su come gestire lascito. Dopo lo consegna dei materiali tecnici, ovvero le calzature da montagna messe a disposizione da Dolomite, l’abbigliamento Montura e l’attrezzatura tecnica di Kong, e un’irresistibile cena tipica, si va a riposo confidando in un clima più mite. Per fortuna la mattina si presenta splendida e offre orizzonti strepitosi dalla telecabina che porta fino ai 2.650 mt di Pian de Fiacconi, sotto la parete nordest dello Marmolada. Da qui, solo gambe e fiato consentono di raggiungere la cima. Il primo tratto, a gradoni di roccia che salgono ritmati verso il bordo inferiore del ghiacciaio, è un ottimo banco di provo per le scarpe. A circa 2.800 mt la prima sosta serve a indossare ramponi e imbragatura, indispensabili per progredire. Max lega in cordata tutti i componenti del gruppo e insieme si inizio a risalire il ghiacciaio, passaggio di crepaccio compreso. Ma lo Marmolada non si smentisce e verso le 11, vicini alla parete di roccia, nuvole scure awolgono rapide la montagna e il clima cambia repentino: la mattinata di sole lascia il posto a un clima umido e freddo, mentre la visibilità scompare in un limbo dove non ci sono più dimensioni e contorni. Sullo parete lo via ferrata consente di superare un primo tratto di circo 200 mt di dislivello che, senza l’ausilio del cavo d’acciaio, rappresenterebbe una difficoltà in arrampicata del II/III grado. La nebbia che avvolge tutto non consente di orientarsi né di vedere, ma alla fine della ferrata non è difficile scorgere, sulla neve che copre la cupola sommitale della Marmolada, la traccia battuta che porto verso la cima. I 3200 mt di quota si fanno sentire sui polmoni, ma lentamente, un passo avanti all’altro, viene superato anche il percorso su neve che porta alla grande croce di ferro che segna la vetta della Regina delle Dolomiti. A 3.343 mt di quota il gagliardetto delle Frecce Tricolori sbatte nel vento.
Grazie all’organizzazione di Dolomite e al supporto tecnico di Kong e Montura.

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