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Incontrando il pubblico al termine di una esibizione ascoltai una madre spiegare al proprio bimbo quanto fosse complicato il volo del solista. Il piccolo, scettico, le chiese: “Mamma, mamma perchè è così difficile?”

del Magg. Andrea Rossi
da “Air Show”, Organo Ufficiale della Federazione Italiana Operatori Manifestazioni Aeree
anno 1, n°2, febbraio 2007 – p. 4 e segg. [ fonte – i grassetti nell’articolo sono licenza del redattore ]

Vestire i panni di pilota della PAN significa anche avere l’opportunità d’incontrare un gran numero di persone dall’estrazione, dagli interessi diversi e nelle circostanze più variegate.

Prima e dopo un’esibizione aerea in Italia od all’estero, durante una conferenza, una cena di lavoro, un incontro con i clubs Frecce Tricolori o semplicemente al bancone del bar dinnanzi al cappuccino del mattino: l’argomento “volo delle Frecce Tricolori” desta sempre notevole curiosità.

Tra le domande che come solista della Pattuglia mi vedo rivolgere ricorre spesso la seguente: “In cosa consiste la difficoltà del volo del solista?”.

Prima di fornire una risposta vale la pena ricordare, seppur nella massima sintesi, in cosa consiste il volo del numero 10 delle Frecce Tricolori. Il solista decolla in formazione insieme agli altri nove velivoli ed esegue in quella posizione le prime manovre del programma della PAN. Con l’apertura del cardioide la formazione si separa in tre sezioni. Una di questa è appunto costituita dal velivolo numero 10 che da questo punto in avanti presenterà al pubblico una serie di manovre molto tecniche e spettacolari, a velivolo singolo, alternandole a quelle della formazione degli altri nove Aermacchi.

È importante sottolineare che è una responsabilità del pilota solista scegliere il momento per l’inizio delle proprie manovre, adeguandosi al ritmo imposto dal capoformazione. Tale aspetto del volo del n° 10 prende il nome di tempistica.

La routine del solista permetterà al pubblico di apprezzare il velivolo MB339 all’interno di tutto il suo inviluppo di manovra, con velocità che vanno da zero a circa 700 km/h, fattori di carico compresi tra -4g e +8g ed in tutte le configurazioni di volo (carrello, flaps ed aerofreno nelle varie posizioni).

L’alternanza delle manovre della formazione di nove velivoli con quelle del solista consente alla PAN di vantare un programma acrobatico senza tempi morti capace di tenere gli spettatori con il naso all’insù per tutti i venticinque minuti di durata dell’esibizione.

Da quanto appena ricordato nasce la risposta alla nostra domanda: “La difficoltà del volo del 10 risiede in parte nell’esecuzione delle proprie manovre ed in parte nella tempistica”.

Approfondiamo soffermandoci sull’aspetto esecuzione delle manovre. È da notare che molte di esse prevedono una o più rotazioni intorno all’asse longitudinale del velivolo, a quota costante.

Eseguire con il 339 un tonneau sull’asse in linea di volo (cioè a quota costante) non è semplice come parrebbe a prima vista. Infatti effettuando una rotazione a tutta barra con il macchino questi tende a deprimere il proprio assetto longitudinale di circa 4°. In altre parole si perde quota e si termina la manovra in discesa. Questo è dovuto ad una caratteristica aerodinamica intrinseca del velivolo. Ne consegue che per eseguire un tonneau sull’asse il pilota dovrà intervenire sul timone di profondità, spingendo in avanti la cloche e raggiungendo la massima escursione richiesta in corrispondenza dell’assetto di volo rovescio. Ciò per sostenere il velivolo (così si dice in gergo: evitare cioè la perdita di quota) e terminare la manovra alla stessa altezza di inizio. Acquisire la capacità d’intervenire sulla cloche spostandola della misura strettamente necessaria, con la tempistica corretta, e quindi riportarla al centro, in corrispondenza della posizione iniziale richiede anche per un pilota esperto sulla macchina, molte ore di addestramento. Infatti ogni piccola imprecisione nell’applicazione di questa tecnica di pilotaggio produce un errore di manovra facilmente visibile anche dallo spettatore a terra.

Un’altra condizione di volo con la quale il solista deve continuamente confrontarsi e divenire familiare è l’assetto di volo rovescio. Tale assetto, similmente a tutti gli altri, viene riconosciuto e mantenuto dal pilota esclusivamente a vista, cioè guardando fuori dall’abitacolo per basarsi sui riferimenti esterni: l’orizzonte, il terreno o lo specchio d’acqua sorvolati. Questa capacità si sviluppa nel corso di numerose ore di addestramento in volo.

Sempre nell’ambito delle difficoltà correlate all’esecuzione delle manovre è interessante citare l’assetto di volo a coltello (presente nel tonneau a quattro tempi e nel tonneau lento). L’MB339 durante il volo a coltello (90° di bank, c.ca 350 KIAS), anche con il timone di direzione deflesso alla massima escursione, perde quota.
Ecco quindi che per contrastare questa tendenza non voluta del velivolo il pilota dovrà entrare nuovamente nel regime dei g negativi.

Vi sono poi altre manovre che pur presentando difficoltà di esecuzione di diversa tipologia richiedono tutte, per poter essere eseguite in sicurezza in prossimità del terreno, un alto grado di sensibilità e confidenza con il velivolo ed una discreta casistica.

Si pensi ad esempio al lomçovak: una manovra molto dinamica dalle violente accelerazioni che richiede un input sui comandi di volo molto energico e repentino.

Nella scampanata invece il pilota deve indossare i guanti bianchi perchè ogni minimo input non necessario pregiudica irrimediabilmente la precisa riuscita della manovra.

Il “volo folle” (erroneamente talvolta chiamato cavallo pazzo) richiede la più alta percezione e conoscenza del velivolo. Quest’ultima intesa non solo come esperienza sul tipo di aeroplano ma anche sul singolo esemplare impiegato in quel momento.

Infatti in talune manovre (il volo folle appunto è una di queste) si evidenziano piccole differenze di comportamento tra un velivolo e l’altro che debbono essere note al pilota solista.

Un tratto distintivo del programma è la quota di volo: vicino al terreno. La confidenza a manovrare in sicurezza a bassissima quota è una capacità che si sviluppa con il tempo, volo dopo volo ed è comunque funzione di molti fattori: l’esperienza è solo uno di questi. Cito a riguardo le condizioni meteo, le condizioni di luce, il tipo di superficie sorvolata, eventuali ostacoli, etc.

Come accennato in apertura un discorso a parte merita la tempistica. Il solista è responsabile di presentarsi nel momento giusto per l’inizio delle proprie manovre, con tutti i parametri di volo previsti (assetto, quota, velocità, posizione e sentiero di volo, regime motore, configurazione del velivolo).

Nella sua scelta dei tempi il solista deve analizzare in breve tempo diversi fattori quali il ritmo di volo dettato dal capoformazione, la posizione nello spazio degli altri nove velivoli, la propria posizione ed energia rispetto al centro della manifestazione, le condizioni meteo (vento, copertura nuvolosa, visibilità, fenomeni in atto), eventuali propri ritardi od anticipi ereditati dalla manovra precedente, situazioni impreviste (ritardo nel ricongiungimento delle due sezioni, passaggio ad un programma basso o piatto, volo interrotto, etc.).

Da questa analisi scaturirà il sentiero di volo percorso nelle manovre di rientro (cioè quando il velivolo 10 non è in vista del pubblico e la scena è calcata dagli altri nove velivoli). È infatti principalmente variando la traiettoria di volo che è possibile cambiare la durata della manovra di rientro e garantire pertanto una corretta tempistica.

Gli errori che il pilota può accettare sono minimi. Basti pensare che il velivolo 10 deve condividere spesso la stessa porzione di cielo lungo la display line (linea solitamente parallela al fronte del pubblico) con gli altri nove velivoli. Oltre a questo aspetto ci sono poi gli incroci con la formazione (arizona, bomba, alona) che, al fine di onorare sicurezza e spettacolarità di esibizione, altresì esigono la puntualità spaziale e temporale del pilota solista.

Volendo ripartire la difficoltà totale nell’esecuzione del volo solista potrei assegnare, sul mio personalissimo cartellino, un 60% circa per l’esecuzione delle manovre ed un rimanente 40% circa per l’aspetto tempistica. Ad onore del vero occorre sottolineare che trattasi di valori medi.

Ogni volo ha infatti una sua storia e non mancano certo i casi nei quali la tempistica ha richiesto la gran parte delle mie attenzioni.

Classe 1971, nasce a Roma il 10 aprile. Entra in Accademia Aeronautica nel 1989 con il corso LEONE IV. Consegue la “combat readiness” sui velivoli F-104-ASA e Tornado ADV presso il 21° Gruppo Caccia Intercettori del 53° Stormo. Nel 1999 è stato assegnato alla P.A.N. dove ha ricoperto le posizioni di Pony 9, Pony 7 e per tre anni consecutivi Pony 4. Dal 2005 ricopre l’incarico di Solista ed Ufficiale Sicurezza Volo delle Frecce Tricolori. Ha all’attivo circa 2900 ore di volo. È abilitato a volare sui seguenti velivoli: SIAI 208, SF260, T-37, T-38, TF-104, F-104-ASA, Tornado F3, MB-339 PAN.

Le caratteristiche aerodinamiche del 339 rendono la “serie di 5 tonneaux” una manovra ad elevato coefficiente di difficoltà

L’MB 339 in assetto di volo a coltello: per deflettere il timone di direzione a fondo corsa il pilota deve esercitare una spinta sul pedale di oltre 1100 N.

Pony 10 durante un passaggio rovescio. Anche in questo assetto il velivolo è condotto esclusivamente “a vista”.

Il velivolo N. 10 immortalato durante l’incrocio con l’alona. Trovarsi nel punto previsto al momento giusto: è questo, in estrema sintesi, ciò che si realizza quando il solista incrocia con gli altri nove velivoli.

L’uscita del “volo folle”. Questa manovra è forse la firma più celebre ed invidiata del solista della PAN. Manovrare in sicurezza a bassissima quota richiede un lungo addestramento.

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