(Ultimo aggiornamento: 27 Novembre 2020)

di Sandra Pennacini
da lacittaditrofarello.it, 2 giugno 2015 [ fonte ]

C’era un volta un bambino – che divideva con me il banco alle elementari – che aveva un sogno.

Volare.

Urbano Floreani, classe 1971, fin da piccolo aveva la cameretta tappezzata di poster di aeroplani. Un sogno realizzato, perseguito con impegno e determinazione, che lo ha portato ad una brillante carriera nell’Aeronautica Militare.

Urbano, raccontaci il tuo percorso di ingresso nell’Aeronautica

«Dopo aver frequentato il liceo a Moncalieri ho manifestato ai miei genitori l’intenzione di provare a vedere se la mia innata passione per il volo potesse trasformarsi in qualcosa di concreto. Non sapevo se sarei stato all’altezza, non avevo mai pilotato nulla. Non sapevo nemmeno se l’esplorazione della terza dimensione mi sarebbe piaciuta realmente, una volta messa alla prova dei fatti. Ho fatto il concorso pubblico e, superata la trafila di selezione, sono stato ammesso all’Accademia Aeronautica di Pozzuoli».

Quali sono stati i passaggi per diventare pilota militare?

«In Accademia ho compiuto un primo periodo di studi. Parallelamente, nel periodo estivo, a Latina venivano effettuate le selezioni al volo, che costituiscono il primo grosso scoglio da superare. Dopo questa prima selezione ho conseguito il brevetto di pilota di aeroplano, a bordo del SF-260 ad elica. A seguire il giuramento. Da allievo ufficiale pilota ho proseguito gli studi ingegneristici in Accademia, conseguendo la laurea in scienze aeronautiche. Al termine dell’accademia sono stato selezionato per il corso di pilotaggio militare, che ho frequentato in Texas (U.S.A.). Dopo un anno e mezzo sono diventato pilota militare».

Quindi sei diventato operativo.
«Sono stato selezionato per la linea di difesa aerea. A Grosseto ho imparato a pilotare gli F-104, quindi sono stato assegnato al V Stormo a Cervia, dove ho iniziato la vita operativa di pilota militare. Compito della difesa aerea, in tempo di pace, è la sorveglianza dello spazio aereo NATO, dalla quale discende direttamente la catena di comando e di controllo. Ho partecipato alle campagne di Bosnia, Kosovo e Albania».

Come sei entrato a far parte delle Frecce Tricolori?

«Durante il periodo al V Stormo sono stato selezionato per la pattuglia acrobatica nazionale. Si viene sottoposti ad un periodo di osservazione comportamentale e di addestramento, per verificare l’attitudine alla vita della pattuglia, superato il quale sono stato assegnato alla pattuglia stessa, dal 2000 al 2005».

E dopo la pattuglia acrobatica?

«Sono stato mandato in America per la transizione al nuovo velivolo che nel frattempo era stata adottato, l’F-16, e, terminato l’addestramento, nuovamente assegnato alla difesa aerea, V Stormo. Al termine della vita operativa sono stato trasferito a Milano, al Comando Forze da combattimento, e attualmente sono capo ufficio stampa dell’aeronautica militare a Roma. Continuo a volare, ma con il passare degli anni e la crescita di grado non sono più assegnato ad uno stormo operativo».

Se un giovane volesse avvicinarsi all’Aeronautica, quali strade può percorrere?

«L’accesso alle Forze Armate avviene per concorso, aperto a tutti, uomini e donne in modo paritetico. Oggi esiste anche una scuola militare dell’Aeronautica, la Giulio Douhet di Firenze, ma non è strettamente correlata all’Accademia. Si tratta di una scuola nella quale i ragazzi vivono in un contesto militare, basata su studio, sport e disciplina, modellata sulle capacità e aspettative di ragazzi di quell’età. E’ possibile frequentare la scuola e poi non scegliere la strada dell’Accademia, così come è possibile accedere all’Accademia anche provenendo da altri percorsi di studio. L’accesso infatti è legato al superamento del concorso, che si basa su esami, e non è vincolato a titoli di accesso».

Quali sono i requisiti per accedere a questa carriera?

«I pilastri della vita in Aeronautica sono etica, passione e competenza. Ci vuole tanta passione, perché gli ostacoli da superare sono tanti. Etica, perché lo status di militare impone un rigore di vita. E competenza, perché devi studiare tanto, ogni giorno c’è un nuovo esame da superare».

Per concludere, dopo aver girato tutto il mondo, cosa ti lega ancora a Trofarello?

«La mia famiglia è qui, e appena posso torno a casa. La lontananza, se vogliamo, rafforza i legami. Inoltre abbiamo avuto la fortuna di avere una maestra unica, Ivanda Aimo, che anche con il passare degli anni ci ha tenuto insieme, mantenendoci in contatto, aggiornandoci sulle rispettive vite, creando occasioni d’incontro. Così non ci siamo persi, e questo contribuisce a rafforzare il mio legame con la nostra realtà trofarellese, cui sono molto affezionato.».

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